Verbum – Analecta Neolatina XXIV, 2023/1

ISSN 1588-4309; https://doi.org/10.59533/Verb.2023.24.1.10





Gli studi contenuti in questo volume sono preceduti da un’introduzione che delinea le due principali tendenze che hanno segnato la nascita e la storia del papato e dello Stato ecclesiastico: la prima è stata la mescolanza di elementi secolari ed ecclesiastici, la seconda la trasformazione dello Stato pontificio. Altri due fattori giocarono un ruolo fondamentale nel consolidamento dell’apparato assolutistico: uno fu il tentativo del papato di raggiungere una posizione di equilibrio, l’altro fu l’impatto negativo della Riforma protestante sull’amministrazione finanziaria papale e sulle monarchie secolari. Le conseguenze, nella loro complessità, si sono manifestate durante il pontificato di Urbano VIII. All’inizio del suo pontificato, lo Stato Pontificio era uno dei centri politici dell’Europa cattolica, ma nel 1644 non era ormai che una delle potenze in Italia, con un ruolo puramente cerimoniale, a guardia della tradizione, piuttosto che di potere reale.

Gli studi di questo volume sono presentati in ordine cronologico, in questa rassegna vengono invece presentati in ordine geografico.

Dalla corte romana si parte da est. Francesca de Caprio tratteggia il ritratto di un mercante fiorentino audace e avventuroso nel contesto della Relazione di Moscovia, il resoconto di Raffaello, zio di Maffeo Barberini, poi Papa Urbano VIII, sul suo viaggio commerciale a Mosca. Dietro il personaggio e la relazione di Raffaello, tuttavia, si celano le complesse realtà economico-politiche della rivalità anglo-olandese, il declino della Lega Anseatica e i tentativi dei mercanti italiani di farsi strada nella regione. La relazione offre anche uno sguardo sul mondo lontano, esotico e sconosciuto della Russia e della corte degli zar, dove giunse Raffaello nell’ambito di questo viaggio.

La tappa successiva è il Regno di Polonia: lo studio in lingua inglese di Alessandro Boccolini sulla pretesa al trono polacco di Rinaldo d’Este. I dettagli della sua pretesa al trono si trovano nell’ampio carteggio di Francesco Barberini. E sebbene si possa dire che la candidatura di Rinaldo si inserisca in un tentativo analogo dei Medici e dei Gonzaga, con scarse possibilità di successo, dal punto di vista della costruzione di relazioni e della diplomazia, la corrispondenza di Francesco viene analizzata non come un episodio unico ed esotico, ma come una strategia ben ponderata per riconquistare e ricostruire l’antico prestigio di una famiglia in declino.

Dopo Rinaldo d’Este, passiamo a Carlo Barberini, cardinale protettore di Polonia. Gaetano Platania presenta il suo carteggio, che copre un arco di tempo di 20 anni. Essa comprende gli eventi più importanti riflessi dalla corrispondenza del cardinale, i momenti chiave della storia europea del 17. secolo, tra cui la liberazione di Vienna dall’assedio turco nel 1683, in cui le truppe del re polacco Sobieski giocarono un ruolo decisivo. Questo successo portò alla conclusione della Lega Santa e alle guerre di riconquista, nelle quali il Cardinale Protettore giocò un ruolo importante grazie ai suoi contatti con i segretari reali italiani della corte di Varsavia.

Di seguito sono riportati due studi che conducono dalla Polonia alla corte asburgica. Péter Tusor indica nel titolo del suo studio che la sua ricerca si è concentrata principalmente sui rapporti tra i Barberini e gli ungheresi, e non specificamente sulla monarchia asburgica o sulla corte viennese o sul papato in generale. Prendendo in esame fonti edite e inedite, l’autore analizza la natura del rapporto tra i Barberini e l’Ungheria, tipologizzandole al tempo stesso. Sottolinea che la loro intensità raggiunse l’apice nel periodo della Guerra dei Trent’anni, durante il pontificato di Urbano VIII, notoriamente anti-asburgico e favorevole alla Francia.

Sempre nell’Europa centro-orientale, grazie a Silvano Giordano, si approfondiscono gli sforzi diplomatici compiuti dal Papato per normalizzare le relazioni tra la monarchia francese e quella asburgica, le due potenze cattoliche, e, di conseguenza, per aumentare lo spazio di manovra del Papato in Italia. Attraverso la lettura dei sette volumi pubblicati fino ad oggi, l’autore tenta di reinterpretare questo rapporto complesso e sfaccettato, facendo più luce che mai sull’altrimenti nota politica filofrancese del Papa, che aveva portato i Barberini ad avere rapporti difficili con gli Asburgo, che accusarono Urbano VIII non a torto di essere filofrancese. Le gravi conseguenze di ciò si sono manifestate dopo la morte di Urbano VIII.

Giuseppe Mrozek Eliszezynki, sulla base del ricco carteggio conservato negli archivi di Simancas, fa il punto sugli attacchi lanciati contro la famiglia dopo la morte del Papa, sulle accuse aggravate dall’azione spagnola, che portarono alla fuga dei membri della famiglia, rimasti senza sostegno, verso la corte di Parigi. Il loro ritorno fu sostenuto dai francesi e dal Papa (Innocenzo X), anche se quest’ultimo riuscì a salire al trono papale con l’appoggio degli spagnoli. L’autore sottolinea che la loro rimozione fu il risultato di una solida e ponderata strategia della corte di Madrid, che mirava a epurare il Collegio cardinalizio dai membri della fazione Barberini, o almeno a ridurne l’influenza, attraverso il nuovo papa, Innocenzo X, al secolo Giovanni Battista Pamphili che loro avevano sostenuto.

Isabella Ianuzzi e Gaetano Sabatini descrivono il rapporto tra il Portogallo, sotto occupazione spagnola nel 1580, e i Barberini: se da un lato Urbano VIII non trovava nulla di sbagliato nella visione di una monarchia unificata, compresa l’unione dei due regni, dall’altro resisteva agli sforzi di Madrid per completare l’accentramento e il controllo, in particolare facendo ciò indipendentemente da Roma. I temi riflessi nella corrispondenza del nunzio portoghese Giulio Sachetti, che come i Barberini proveniva da una famiglia fiorentina, illustrano questa dualità e come il papa Barberini cercasse di riconquistare le posizioni perse nel secolo precedente, non solo nella politica e nella fede ma anche nella finanza.

Lo sfaccettato rapporto tra gli Asburgo austriaci e spagnoli e i Barberini è presentato da Olivier Poncet, che ha posto al centro della sua ricerca la persona di Maffeo Barberini, poi Papa Urbano VIII. La prima missione diplomatica di Maffeo a Parigi ebbe luogo nel 1601, e seguito poi dalla sua missione come inviato straordinario tra il 1604 e il 1607. Questo sistema di relazioni, che era stato molto personale fino alla sua ascesa al soglio pontificio, lasciò il posto, dopo il 1623, a un sistema molto funzionale di relazioni tra interessi e ambizioni di potere: Parigi cercò di usare il Papa che sosteneva per raggiungere i suoi obiettivi politici e di altro tipo, e viceversa, Urbano VIII fece lo stesso. La vicinanza tra Francia e Papato non deve essere vista come una relazione unilaterale e monoplanare.

Matteo Binasco ha esaminato un argomento poco conosciuto e poco studiato, il rapporto tra l’Inghilterra e i Barberini. Come in Francia, Maffeo Barberini svolse un ruolo fondamentale. Nel 1608, l’anno successivo al suo ritorno da Parigi, divenne protettore della Scozia. Gli successe in questa carica il cardinale Francesco Barberini, prima come cardinale protettore della Scozia e poi dell’Inghilterra. Cercò di aiutare il cattolicesimo in Inghilterra come protettore e tramite il Collegio inglese. Binasco mostra come Francesco Barberini cercasse di sostenere la missione in Inghilterra attraverso i missionari che inviava nella nazione insulare, i visitatori, spesso rifugiati, che provenivano da lì e l’istruzione universitaria di giovani nobili inglesi e scozzesi. Ripercorre la vita del Collegio dal 1629 al 1676, mostrando la rete che questo cardinale costruì per mantenere vivo il cattolicesimo in Inghilterra.

Lo studio di Giovanni Pizzorusso ci riporta a Roma: l’autore ha tracciato per quasi un secolo il rapporto tra la famiglia Barberini e la Congregazione de Propaganda Fide, fondata nel 1622. È una sorta di spunto obbligatorio per la ricerca sui Barberini, visto che in questo periodo, dalla fondazione della congregazione fino al 1738, sei membri della famiglia facevano parte della congregazione. Il primo di questi era Maffeo, che fungeva anche da promotore intorno alla fondazione. Il ritorno da Parigi aprì la strada a una nuova generazione di Barberini nello stretto rapporto tra la famiglia e la Congregazione: lo studio di Pizzorusso offre nuovi dati su questi membri della famiglia per questo lungo e complesso rapporto.

Lasciamo il continente con Matteo Sanfilippo, ma non lasciamo la Propaganda Fide. I punti di contatto nella storia dei Barberini e delle colonie europee in Nord America nel 17. secolo rivelano un altro aspetto delle attività della famiglia: le ricerche negli archivi di Propaganda Fide e del Sant’Uffizio fanno luce sul ruolo e sulle attività dei membri della famiglia nella congregazione delle missioni. In questo caso, i Barberini, andando oltre i loro stretti interessi francesi, seguirono il bene superiore, il percorso utile e salutare della strategia della Congregazione nei confronti della politica, nella diffusione della fede. Ciò è stato dimostrato in due casi specifici, l’imposizione di un divieto di ingresso agli ugonotti e gli sforzi per istituire la diocesi di Québec tra il 1666 e il 1674.

L’ultima tappa del nostro viaggio è lo studio di Dalma Frascarelli che, a differenza degli altri autori, si concentra sull’arte. Il collezionismo dei Barberini non solo mette in luce l’irrinunciabile mecenatismo di una famiglia ricca e influente dell’epoca, ma anche l’universo intellettuale che si cela dietro la passione per l’arte e il collezionismo. Tra il marmo e la tela, l’autore vede delinearsi un grandioso programma culturale e politico, la cui fedele impronta filosofica è l’Et in Arcadia Ego di Antonio da Guercino. Il dipinto è stato di proprietà di Antonio Barberini il Giovane fino al 1644. Era entrato in suo possesso forse per acquisto, ma è anche possibile che grazie alla cortesia di Maffeo, che in gioventù era stato associato all’Accademia stoico-epicurea dei Pastori Antellesi.

Questo panorama, ripreso da un’angolazione un po’ insolita, si spera abbia fornito un’immagine più vivida di una presentazione cronologica, avvicinando la storia di una famiglia di mercanti di origine fiorentina, il cui talento, abilità e fortuna li aveva elevati a livelli quasi inimmaginabili vincendo la tiara papale, e che è anche un coloratissimo quadro senza pari dell’Europa contemporanea. Sembra anche aver rivelato che il centro di gravità della storia della famiglia Barberini è la persona di Maffeo Barberini, Papa Urbano VIII, il cui pontificato coincide con un periodo importante nella storia di Roma, dell’Italia e, attraverso di essa, dell’Europa del 16. e 17. secolo.


  1. Viterbo: Sette Città, 2022, 322 pp.↩︎