Verbum – Analecta Neolatina XXV, 2024/2
ISSN 1588-4309; https://doi.org/10.59533/Verb.2024.25.2.13
Abstract: Alfred de Musset is one of the daredevils of French Romanticism and one of the most exciting and individual figures of the 19th century. His play is a fascinating reflection of the traditions and historical scene of the Medici period, with the language and spirit of romantic theatre. Musset reads the assassination of Alessandro de’ Medici and the story of Lorenzaccio as a representation of the inner nature of rebellion and as a romantic paraphrase of William Shakespeare’s Hamlet. My lecture will explore how the political and love scene of the Medici era appears in the Romantic and French interpretation of Musset, and will examine the visions of one of the most important directors of our time, the Romanian Ioan Victor Frunză. I am especially interested in how different cultures interpret the Medici period, and how the language of art and the ways of thinking can connect different societies, groups and people.
Keywords: Italian theatre, Renaissance Florence, Medici, Alfred de Musset, French Romanticism, Timisoara, Hungarian and Romanian theatre
Abstract: Alfred de Musset è uno dei temerari del Romanticismo francese e una delle figure più emozionanti e individuali dell’Ottocento. La sua opera è un’affascinante riflessione sulle tradizioni e sulla scena storica del periodo mediceo, con il linguaggio e lo spirito del teatro romantico. Musset legge l’assassinio di Alessandro de’ Medici, e la storia di Lorenzaccio come una rappresentazione della natura interiore della ribellione, e come una parafrasi romantica dell’Amleto di William Shakespeare. La mia conferenza esplorerà come la scena politica e amorosa dell’epoca medicea appaia nell’interpretazione romantica e francese di Musset, ed esaminerà le visioni di uno dei più importanti registi del nostro tempo, il rumeno Ioan Victor Frunză. Mi interessa molto il modo in cui le diverse culture interpretano il periodo mediceo, e come le diverse culture si relazionano attraverso l’arte, e il linguaggio del teatro.
Parole chiave: teatro italiano, Firenze rinascimentale, Medici, Alfed de Musset, romanticismo francese, Timisoara, teatro ungherese e rumeno
Il Lorenzaccio è un dramma romantico in cinque atti scritto da Alfred de Musset nel 1834 da un’idea di George Sand, che a lui aveva affidato il manoscritto della sua scena storica inedita intitolata Une conspiration en 1537 (‘Una cospirazione nel 1537’). Il dramma di Musset fu pubblicato nell’agosto dello stesso anno, in un primo volume del secondo tomo di Un spectacle dans un fauteuil (‘Uno spettacolo in una poltrona’).
Nel giugno del 1833 George Sand incontrò il poeta Alfred de Musset, enfant prodige dei salotti parigini romantici. Il rapporto sentimentale che ne nacque li spinse ad intraprendere un viaggio insieme, scegliendo l’Italia e in particolare Venezia. Durante il viaggio verso la laguna, gli scrittori-amanti si fermarono anche a Firenze. La capitale della cultura rinascimentale ebbe un effetto profondo su entrambi. L’impatto delle esperienze di viaggio ha rafforzato l’importanza dell’opera precedente e frammentaria di Sand, Une conspiration, scrittanel 1831. Quando vede di persona la scena dell’omicidio di Lorenzino, la scrittrice è ancora più preoccupata dal dilemma della scelta tra l’azione violenta e la vile acquiescenza; dalla questione della libertà vivente e dalle possibilità di ribellione. Le pietre di Firenze, i suoi monumenti artistici, il suo centro storico rinascimentale, evocano in carne e ossa l’epoca in cui è stato concepito il concetto d’Une conspiration.1 Qeusto saggio drammatico, che George Sand non prese molto sul serio, fu tratto da un evento storico riportato da Benedetto Varchi nella sua Storia di Firenze: il 6 gennaio del 1537 Alessandro de’ Medici, duca di Firenze e tiranno, fu assassinato dal cugino Lorenzo de’ Medici. Nell’opera di George Sand, Lorenzo, che si avvicina al duca con l’obiettivo di farlo cadere e interrompere così la tirannia, si rende conto che la morte del duca non porterà ad un cambio di regime (Sand stesso provò un analogo sentimento di frustrazione e impotenza dopo il fallimento della Rivoluzione francese del 1830). Tuttavia, Lorenzino o Lorenzaccio (questi sono i suoi nomignoli) uccide il duca quando quest’ultimo pretende di comprare sua sorella Caterina. George Sand non pubblicò mai quest’opera, e la diede ad Alfred de Musset che la utilizzò per scrivere il suo Lorenzaccio.
Il contesto storico del dramma francese è il seguente: la storia si svolge a Firenze, negli ultimi due anni del regno di Alessandro de’ Medici (1536–1537). In questo periodo la città di Firenze è controllata da Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, e dal Papa Clemente VII. Quest’ultimo nomina Alessandro de’ Medici, persona vile e dissoluta (secondo le fonti storiche e credenze popolari), a capo della città.2
“Il giovane duca aveva un carattere volubile e istintivo capace peró di prendere iniziative interessanti –come imporre la stesura dei contratti non piú in latino curiale, ma in lingua volgare – o atteggiamenti stravaganti. […] Anche dopo la morte di Clemente VII – Giulio de’ Medici, il membro più potente della famiglia Medici che era stato il suo potente sostegno – Alessandro proseguiva a condurre una vita dissoluta abbandonandosi ad atti di sfrenata lussuria”.3 Il 5 gennaio del 1537 il duca dissoluto venne ucciso dal suo giovane parente e ‘compagno di scelleratezze’,4 Lorenzino, che allora aveva ventidue anni ed apparteneva al ramo caddetto dei Medici.
Lorenzino de’ Medici nacque il 22 o 23 marzo 1514 a Firenze. Era figlio di Pierfrancesco de’ Medici il Giovane (1487–1525) e di Maria Soderini. Nel 1526 fu portato con i fratelli Alessandro e Cosimo a Venezia per sfuggire ai problemi di Firenze. Un anno dopo, in seguito al sacco di Roma, che destabilizzò profondamente Papa Clemente VII, furono nuovamente cacciati dai fiorentini. Nel 1530, Lorenzo si recò a Roma, dove acquisì una cattiva reputazione come tagliatore di statue antiche (in un momento di ubriachezza, decapitò gli otto re barbari dell’Arco di Costantino), che lo portò all’esilio dalla città.5Tornato a Firenze nello stesso anno, divenne l’inseparabile compagno di suo cugino, il duca Alessandro de’ Medici, da poco riabilitato alla guida della città. Era complice dei suoi eccessi, del libertinaggio e della dissolutezza, oltre che di molte azioni criminali. I due accoliti venivano spesso visti in pubblico in sella allo stesso cavallo e si dice che condividessero regolarmente lo stesso letto.6 La sera del 5 gennaio 1537, Alessandro si recò negli appartamenti di Lorenzo. Quest’ultimo promise di tornare rapidamente con la sorella e con la moglie di Leonardo Ginori per una notte di orgia. Lorenzo era in ritardo e Alessandro si addormentò. Poche ore dopo Lorenzo ritornava, ma con un sicario di nome ‘Scoronconcolo’. Trovando il duca addormentato, come si aspettava, ordinò di ucciderlo. Il duca, tuttavia, si destò e cedé solo dopo una violenta lotta.Fra le ragioni del tradimento di Lorenzo c’era, da un lato, il desiderio di liberare Firenze da un tiranno; dall’altro, uno screzio personale tra i due compagni potrebbe aver motivato l’assassinio.
Firenze vide la morte del tiranno come una liberazione. Cosimo de’ Medici fu scelto come nuovo duca della città, con la benedizione di Firenze e dell’imperatore Carlo V. Tuttavia, Lorenzino, costretto a fuggire da Firenze, si rifugiò prima a Parigi. Nello stesso anno si unì alle truppe del fiorentino Filippo Strozzi contro Cosimo I, combattendo nella battaglia di Montemurlo. Temendo gli scagnozzi di Cosimo, si recò a Costantinopoli e poi in Francia, dove visse per diversi anni, dal 1537 al 1541, protetto da Caterina de’ Medici. Nel 1542 tornò in Toscana per cercare di impedire a Cosimo I di unificare lo Stato toscano, prima di tornare a Venezia. Nel 1544 tornò in Francia e poi di nuovo in laguna. Il 26 febbraio 1548, Lorenzo fu pugnalato da due uomini, e morì davanti alla casa della sua amante Elena Barozzi in Campo San Polo.7 Lasciò una figlia, Lorenzina, che fu allevata da parenti e sposò un nobile romano, Giulio Colonna.
Lorenzo fu, tra le altre cose, uno scrittore. È in particolare l’autore dell’ Apologia, una difesa pubblica in cui sostiene che, come erede ideale di Marco Giunio Bruto, la devozione alla libertà umana lo ha costretto a uccidere Alessandro (anche se in realtà il Lorenzo storico – a differenza dell’eroe drammatico – potrebbe aver avuto motivi molto più meschini per l’omicidio).
Il teatro è la destinazione ideale per questa emozionante serie di eventi storico-politici dai risvolti avventurosi. Nel Rinascimento, lo spettacolo conosce una rinascita propria come tutte le altre arti. Nella Firenze medicea il teatro riveste un’importanza particolare: i signori della città raffinati diplomatici, oltre che grandi uomini d’affari e banchieri, riconoscono nel teatro un grande strumento di propaganda per diffondere e sostenere i loro obiettivi politici, e la loro gloria, una forma ludica al servizio dell’apoteosi del loro potere. Per i Medici, infatti, lo spettacolo non è soltanto un mezzo d’evasione, dato in pasto al popolo per distrarlo dai problemi ben più gravi in cui spesso versava, ma principalmente un instrumentum regni, atto a suscitare meraviglia e ammirazione da parte degli ospiti stranieri che giungevano a Firenze in occasioni particolari. Come il resto delle arti anche il teatro era un’arma della “politica dell’immagine”, una vetrina attraverso la quale i signori della città ostentavano ricchezza, potenza, ingegno, creatività, risvegliando nei cittadini tutti l’orgoglio di appartenere a quella realtà.8 Lo spettacolo progredisce velocemente guadagnando a Firenze e alla dinastia prestigio internazionale; la corte diviene il centro unitario di ogni manifestazione pubblica e gli artisti vedono nell’associazione al potere l’unica forma possibile di attività.
Fu questo il momento in cui il teatro cinquecentesco segnò la sua differenza nei confronti del teatro antico e medievale, accordando alla scenografia un ruolo non più accessorio ma essenziale all’interno dell’ambiente teatrale. L’attenzione attribuita ai diversi modi di rappresentare lo spazio era uno dei risultati non irrilevanti del progresso scientifico e culturale del periodo. La creazione di un nuovo spazio prospettico sul palco stabilì un nesso più stretto fra teatro, pittura, architettura e geometria spingendo un numero relativamente alto di artisti a usare la loro sapienza scientifica per realizzare la scenografia di rappresentazioni di genere diverso.9
Forse questo segmento può aver contribuito al fatto che uno degli episodi più emozionanti – ma non il più importante in termini di storia nel suo complesso – dell’epoca medicea abbia trovato la sua migliore e più famosa espressione nel dramma, attraverso lo sguardo di un alto popolo latino, e di uno scrittore supersensibile e creativo.10 Qui Musset esamina la scena medicea attraverso gli occhi di un poeta da un’ epoca diversa, dopo tre secoli; trova un vero dramma storico nella Firenze rinascimentale, un evento shakespeariano che si esprime davvero al meglio a teatro. L’epoca medicea, che utilizzava il teatro per esprimersi in modo artisticamente molto efficace, produsse anche diversi soggetti per i quali il teatro era l’ambientazione ideale – e uno dei più “teatrali” fu la storia di Lorenzino e Alessandro.
Se consideriamo gli aspetti filosofici e ideologici del tema principale, nel suo Lorenzaccio lo scrittore francese passa dalla filosofia del Rinascimento, dal modo di pensare machiavellico, alla perdita dell’illusione e al culto dell’individualità del Romanticismo (che in questo senso si ricollega al Rinascimento). Denuncia l’inefficienza dell’azione individuale come pure la mancanza di un’azione collettiva. Questo tema, ancora attuale, implica un ulteriore elemento da tenere in considerazione: secondo Edgar Morin11 i politici faticano a pensare in modo globale ed a porre le basi per un’azione efficace, dopo i numerosi sconvolgimenti che la globalizzazione ha provocato nella società. Tre diverse epoche si incontrano nel dramma di Musset (Rinascimento, Barocco e Romanticismo), e ciò che le accomuna, oltre a una situazione politica in evoluzione, è l’espressione di dubbi, speranze e disillusioni. Questa è la modernità dell’opera, come pure la dimensione del viaggio che trasforma una perfetta storia rinascimentale, un affascinante racconto di potere, passione e intrighi, in un’analisi sfumata e attualissima della personalità umana. Perché Musset, l’eroe ambivalente del Romanticismo, è il nostro contemporaneo: non è un caso che si sia ‘distinto’ anche dal suo tempo.12
Il personaggio di Lorenzo è tipico degli eroi romantici. Complesso, ambiguo, con emozioni contraddittorie, è allo stesso tempo idealista e dissoluto, vittorioso e sconfitto.La sua parte ideale si manifesta nella duplice prospettiva dell’assassinio di Alessandro de’ Medici: nell’istituzione di un nuovo regime politico vicino al popolo e repubblicano, così come nel suo desiderio di riscatto. Il suo carattere dissoluto si esprime attraverso il suo stile di vita e il modo in cui porta avanti il suo piano: Lorenzo finge di abbandonarsi al vizio, facendolo diventare parte della sua vita quotidiana per essere vicino al suo nemico e facendo così un doppio gioco permanente. Filippo Strozzi gli dice: “Hai preso una strada orrenda per uno scopo sublime.”13
Per Musset, l’idea di ‘colore locale’è la stessa di couleur locale di Victor Hugo. Hugo, che vedeva in questa qualità dello stile una delle qualità essenziali del dramma, che “deve essere radicalmente impregnato di questo colore dei tempi”.14 Tuttavia, lui non cade negli eccessi di Hugo, si accontenta di pochi tocchi e, con questo rifiuto di un facile ’pittoresco’ alla maniera di Walter Scott, ci dà un’impressione più vivida della realtà. L’approfondimento psicologico dei personaggi, in ultima analisi, rende il vero colore locale. L’esempio più perfetto di questa tecnica è la presentazione delle classi sociali di Firenze attraverso i personaggi dell’orafo e del mercante di seta. Anche il ritratto di Lorenzo che prende forma, battuta dopo battuta, davanti al pubblico, ci mostra un giovanotto dissoluto, corrotto e perverso, mentre nei monologhi egli si presenta come un personaggio sensibile, riflessivo e combattuto. Si tratta di uno studio psicologico estremamente interessante. Dall’atto II, scena IV, iniziamo a scoprire quest’altro Lorenzo che nell’atto III, scena III, rivela a Filippo Strozzi chi è realmente: “La mia giovinezza era pura come l’oro.”15
Il teatro di Musset ha una struttura discontinua che ha contribuito notevolmente al suo successo. La sua unità si trova solo nella visione drammatica. Questa discontinuità è segnata da pause con le quali l’autore taglia il clima nervoso che rischierebbe di scoppiare senza queste opposizioni di sublime e grottesco. La presenza dei burattini, per quanto tragici nella realtà, ridimensiona la grandiosità a cui i personaggi principali sarebbero fatalmente portati. Allo stesso tempo, il fatto che Musset utilizzi in un certo senso dei burattini, delle marionette, dimostra il suo consapevole legame con la tradizione teatrale italiana della commedia barocca e rinascimentale. Nell’opera c’è anche un forte rifiuto dell’eroe. Questo rifiuto è molto chiaro nel personaggio di Lorenzo, sia eroe che furfante, lui stesso sublime e grottesco. Il nichilismo che lo possiede è l’essenza stessa della tragedia. Lorenzo sa che l’omicidio di Alessandro sarà inutile, eppure lo porta a termine e alle parole di Filippo Strozzi, che gli chiede perché non sia uscito dalla camera da letto con la testa di Alessandro in mano, risponde con disprezzo: “Ho lasciato il cervo ai cani, in modo che cani a fare da soli le uccisioni.”16 La risposta di Lorenzo segna non solo il rifiuto di un atteggiamento melodrammatico e ‘teatrale’ ma, soprattutto, la consapevolezza dell’inutilità del suo atto.17 La situazione storica e sociale di Lorenzo a Firenze rinascimentale è simile a quella di Musset nel suo secolo. Anche lui, come Musset, vuole vendicare il suo popolo, liberarlo liberando sé stesso, agire contro gli oppressori e i carnefici, recuperare la sua purezza e dare la libertà al mondo. Anche lui, come Musset, si rende conto che questo sogno non può essere realizzato e che profondamente non c’è una comunicazione vera e propria con gli altri. Per sfuggire al tragico nichilismo a cui lo ha ridotto il suo gesto, Lorenzo non sceglie il suicidio ma il gioco d’azzardo. Rischia. Giocando con la sua vita e con la sua morte si libera dalla noia. Un’ulteriore successiva tappa della metamorfosi della storia di Alessandro e Lorenzino Medici – nel tempo e nel luogo – fu lo spettacolo di Ioan Victor Frunză del 1998 al Teatro Ungherese di Csiky Gergely di Timisoara, Transilvania. Questa rappresentazione è un interessante momento di incontro tra due culture, quella rumena e quella ungherese. A tutto questo si aggiunge un panorama storico vario e complesso, in quanto la Transilvania e Timisoara sono state a lungo parte dell’Ungheria e della civiltà ungherese, e nel corso dei secoli hanno ospitato molte nazionalità diverse oltre agli ungheresi e ai rumeni: serbi, tedeschi, turchi, greci, solo per citare i piú importanti. La convivenza – a volte forzata, a volte per scelta – ha ovviamente creato anche molte tensioni, ma altrettanto importanti sono l’interazione culturale e il dialogo. Nel nostro caso, l’interpretazione congiunta rumeno-ungherese di una lettura francese di una storia italiana rinascimentale è particolarmente interessante e ha dato luogo ad un linguaggio teatrale molto stimolante e complesso. La tragedia romantica di Musset è diventato uno sfarzo grandioso nella visione di Victor Ioan Frunză e di Adriana Grand (la sceneggiatrice). La storia dell’assassinio di Alessandro de’ Medici si è trasformata in una visione piena di colori, di metafore eterne e soprattutto di passione decadente. La decoratività dei manierismi scenici, la teatralità accentuata, le battute, gli elementi scenici (auto)ironici hanno contribuito ad esprimere il disappunto e la disillusione della ‘generazione perduta’ del 1989, quella dei giovani del cambio di regime in Europa orientale, similmente alla generazione di Musset. Poiché il regista Frunză non parlava l’ungherese, lingua in cui si svolgeva lo spettacolo (anche i suoi collaboratori erano per lo più rumeni, mentre gli attori erano ungheresi), non si è concentrato sulla verbalità nella sua rappresentazione, ma sulle maschere carnevalesche, sui costumi sfarzosi, sui tic e le peculiarità di espressione, sul modo di parlare.18 Questa accentuata teatralità ha conferito allo spettacolo un carattere musicale, e insieme ne ha riportato lo stile alla ‘culla’ fiorentina: il mondo delle macchine teatrali, degli spazi costruiti e degli effetti scenici. Questa interpretazione, contemporanea e fresca, è un esempio bello ed emozionante di come membri di due popoli molto diversi, con un’eredità storica difficile, che non parlano necessariamente la lingua dell’altro, trovino un terreno comune nel linguaggio universale del teatro. Nasce qui un nuovo ed entusiasmante linguaggio teatrale, con un’enfasi particolare su gesti, costumi, luci, movimento, musica e altri mezzi espressivi. I vasti affreschi di Frunză uniscono l’antico e il moderno, dando una nuova veste e una nuova chiave di lettura a una storia rinascimentale che include anche l’originale scena medicea, sebbene riflessa attraverso uno specchio molto particolare.
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George Sand: Une conspiration en 1537, Paris: Pocket, 1998.↩︎
Stefano Giannetti-Vincenzo Giannetti: I Medici, Firenze: Pontecorboli, 2019.↩︎
Cfr. ivi.↩︎
Stefano Dall’Aglio: L’assassino del duca. Esilio e morte di Lorenzino de’ Medici, Firenze: L. S. Olschki, 2011.↩︎
Cfr. Joyce G. Bromfield: De Lorenzino de Médicis à Lorenzaccio: étude d’un thème historique, Paris: Didier, 1972: 29.↩︎
Lorenzino de Médicis: L’Aridosia, édition bilingue français-italien, Les Belles Lettres, 2005cit., pagina 27.↩︎
Sara Mamone: Il teatro nella Firenze medicea, Milano: Mursia, 1981.↩︎
Beáta Tombi: ‘Fra scienza e teatro: Leonardo da Vinci scenografo di Ludovico il Moro’, Nuova Corvina 32, 2020: 182–191.↩︎
Sara Mamone: ‘Drammaturgia di macchine nel teatro granducale fiorentino. Il teatro degli Uffizi da Buontalenti ai Parigi’, Drammaturgia 12(2), 2015: 17–43.↩︎
Edgar Morin: Leçons d’un siècle de vie, Paris: Denoël, 2021: 73–74.↩︎
Florence Naugrette: Le théâtre romantique: histoire, écriture, mise en scène, Paris: Éditions du Seuil, 2001.↩︎
Musset: Lorenzaccio. Larousse, Petits Classiques, 2012. Atto III, scena 3.↩︎
Florence Naugrette: Le théâtre romantique…, op.cit.↩︎
Ivelise Coelho de Araújo: Une étude sur ‘Lorenzaccio’ d’A. de Musset, https://revistas.ufpr.br/letras/article/view/19852 (ultimo accesso: 12 gennaio 2023).↩︎
Musset: Lorenzaccio, Larousse, Petits Classiques, 2012. Atto quinto, scena seconda.↩︎
Cfr. ivi.↩︎
Adrienne Darvay Nagy: A fekete herceg (Le Duc maure) [Ducele Negru]. https://andrasdemeter.blogspot.com/2012/09/evfordulok-hatarkovek-2012-198725-2012.html, 2012.↩︎