Verbum Analecta Neolatina XXI, 2020/1–2

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1 Cenni biografici

A Perugia, nella seconda metà del XV secolo, si colloca l’eclettica figura di Lorenzo Spirito Gualtieri: soldato, funzionario pubblico, poeta e amanuense. “Figura di assoluto rilievo, di fascino inconsueto”,1 secondo il parere di Roberto Pasanisi; “il letterato e il poeta umbro in volgare più notevole del Quattrocento”,2 lo ha definito Ignazio Baldelli. Abd-El-Kader Salza, che del poeta perugino si occupò agli inizi del secolo scorso, pur riconoscendo i limiti della tecnica poetica dello Spirito, parlò di “una figura originale ed attraente nella letteratura perugina”.3 Tralasciando gli elogi degli eruditi sei-settecenteschi, mossi da uno spirito d’amor patrio, i giudizi degli studiosi moderni confermano che, pur non collocandosi fra le più alte figure del Parnaso italiano, Gualtieri fu di fatto il principale letterato che scrisse in volgare a Perugia e forse in Umbria nel Quattrocento, ma resta ancora poco noto al di fuori delle mura cittadine e del lavoro degli specialisti.

Degna di rilievo è l’immagine che di Lorenzo Spirito è venuta delineandosi negli ultimi decenni, grazie alle ricerche che lo hanno riguardato, portando alla luce – e ancora non appieno – una personalità versatile e multiforme, intensamente calata nella vita pubblica cittadina. La data di nascita dello Spirito, dedotta da indicazioni interne alle sue opere, è stata ampiamente dibattuta4 e può collocarsi approssimativamente fra il 1422 e il 1425. Figlio di un apprezzato notaio perugino, ser Cipriano Gualtieri, ebbe con ogni probabilità una formazione di tipo umanistico e fu avviato da “giovinecto” al mestiere delle armi; lo stesso Spirito racconta di aver assistito – ma non è chiaro se da spettatore o se partecipò effettivamente alla battaglia – alla presa di Assisi del 1442 ad opera di Niccolò Piccinino:

   E maggiore e minore e d’ogne grado
andarono ad Asese volonthiere,
per darlo la pegior volta dil dado,
   con numer d’infiniti balestriere
e con altri arme molti homini assay
ad siquitar dil papa le bandiere,
   a sostener con gioia e pene e guay
et io mi ni recordo, giovinecto,
che ’n compagnia dil mio padre v’andai;
   io viddi il popul d’Asese restrecto
dal capitano e sempre, a giorno a giorno,
teneva la città com più difecto.5

Sotto il comando forse di Niccolò Piccinino, sicuramente al seguito del più noto dei suoi figli, Jacopo, militò Gualtieri; ebbe contatti diretti con la famiglia di condottieri, tanto che è stato ipotizzato che lo Spirito fosse lo storiografo stipendiato di Jacopo,6 ultimo capitano della compagnia di soldati originariamente guidata da Braccio Fortebracci, i bracceschi. Nel capitolo in morte di Jacopo Piccinino, Sforzami sdegno, amore, giustitia et ira, pubblicato in apertura dell’edizione dell’Altro Marte uscita a Vicenza nel 1489, vengono narrati gli ultimi mesi di vita del condottiero e il viaggio intrapreso prima alla volta di Milano alla corte di Francesco Sforza e in seguito verso Napoli, dove fu inizialmente accolto dal re Ferdinando d’Aragona, ma poi fu fatto imprigionare a Castelnuovo e ucciso nel luglio del 1465. Gualtieri dichiara di essere stato al fianco del condottiero per una parte del viaggio:

   Dopo tre giorni, el benigno signore
l’acompagnò per Po presso ad Argenta,
dove s’alicenciaro con grande amore;
   el conte, puoi, coll’anima contenta
a lLugo venne la sequente sera
con tanto honor che ancora mi ramenta.
   Puoi in Faenza con allegra cera
fu recevuto dal signore Extorre:
io lo scrivo, ch’io el so, ché presente era.7

Lo Spirito fece parte anche dell’entourage della potente famiglia perugina dei Baglioni, che per anni di fatto governò la città attraverso la rete di appoggi e conoscenze che aveva intessuto. Alla corte baglionesca, situata in un maestoso palazzo che dominava la città dal colle Landone, in cui Braccio Baglioni fece dipingere i ritratti degli uomini illustri di Perugia, per i quali l’umanista Francesco Maturanzio scrisse quattordici epitaffi,8 lo Spirito poté incontrare gli altri intellettuali che, come lui, si riunivano per feste, letture e celebrazioni pubbliche, come quella promossa da Braccio per onorare la bella Margherita Montesperelli nel 1460, a cui prese parte anche Lorenzo.9 Ma in città lo Spirito avviò anche una carriera fatta di cariche pubbliche più o meno importanti, di cui resta un’ampia documentazione d’archivio: nel secondo semestre del 1458 fu nominato capitano della guardia del palazzo dei priori10 e nello stesso periodo si recò in visita al duca di Milano con il seguito di Braccio Baglioni.11 Nel 1464 divenne ufficiale dell’armario12 e successivamente ufficiale di custodia,13 carica nuovamente ricoperta nel 1470;14 lo stesso anno accompagnò Rodolfo Baglioni in un’ambasceria a Firenze.15 Nel 1472 fu priore per un bimestre16 e, in seguito, raggiunse quello che fu forse l’apice del suo cursus honorum, divenendo podestà di Tolentino, come informa in un suo manoscritto.17 Nel dicembre del 1473 parlò in qualità di camerlengo in un’adunanza che si tenne su una disputa relativa alla reliquia del Sant’Anello, e durante la quale prese la parola dopo il console Ranaldo di Rustico e Braccio Baglioni.18 Un altro importante incarico gli venne affidato nel maggio del 1479, quando fu inviato a Venezia per presentare al doge una petizione relativa alla tratta di sale per Perugia.19 Fu nuovamente priore nel 1480, nel 1485 e nel 1488:20 negli stessi anni fu eletto nel consiglio dei camerlenghi (1481)21 ed entrò a far parte della Camera dei Conservatori della Moneta (1482) come copista delle registrazioni dei debitori arretrati del sussidio focolare, lavoro per cui redasse alcuni registri, oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Perugia.22 Nel 1483 fu uno dei due soprastanti alla costruzione di un pozzo nella piazzetta di San Silvestro,23 mentre nel 1485 assunse la carica che mantenne fino alla morte, divenendo esecutore fiscale del comune.24 Un’ultima curiosità relativa alla vita di Lorenzo Spirito e che coinvolse anche il fratello Niccolò è stata da me rintracciata fra la documentazione d’archivio, che attesta una grande iactura che colpì i due Gualteri nel 1492, quando le loro case, adiacenti e situate in Porta San Pietro (uno dei cinque rioni in cui era suddivisa anticamente la città) andarono distrutte in un grande incendio. Lorenzo chiese al consiglio dei priori un risarcimento per ricostruire le due abitazioni, che venne loro concesso per la somma di trecento fiorini.25 Il 1° maggio 1496 lo Spirito morì.26

2 L’impegno letterario

Parallelamente agli incarichi di pubblico funzionario Gualtieri lavorò alle proprie opere letterarie, conservate tutte in forma autografa, ad eccezione del lamento in capitoli ternari intitolato Il Publico o Il lamento di Perugia, in cui viene denunciata la crisi delle istituzioni cittadine e della moralità pubblica, afflitta dal morbo del denaro e del potere, su cui deve tornare a trionfare la virtù, unica vera nobiltà dell’uomo. La tematica amorosa prevale invece nella Fenice, poemetto acefalo in cui viene celebrata la donna amata che dà il titolo all’opera,27 esemplato sulla falsariga dei Trionfi di Petrarca. Nello stesso manoscritto contenente la Fenice, il codice H 64 (579) della Biblioteca Augusta di Perugia, si trova la prima redazione autografa del Canzoniere, costituita da 218 componimenti; la seconda e più ampia stesura dell’opera è oggi conservata presso la Biblioteca Classense di Ravenna nel manoscritto 232, in cui il numero dei testi sale a 582.28 Lo Spirito si cimentò anche in un esercizio di volgarizzamento, volgendo in terzine i libri XI–XV delle Metamorfosi di Ovidio, conservate nel manoscritto XIII F 35 della Biblioteca Nazionale ʻVittorio Emanuele IIIʼ di Napoli;29 stampata a Perugia il 23 novembre 1519 da Girolamo Cartolari e Bianchino del Leone,30 costituisce la prima traduzione in versi dell’opera ovidiana, dopo la versione in prosa di Giovanni di Bonsignori. L’opera di Gualtieri che ebbe maggior fortuna, in Italia e all’estero, è il Libro delle sorti, di cui esiste un prezioso manoscritto autografo, miniato da artisti della scuola del Perugino e di Raffaello,31 nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (ms. It. IX 87). Il successo del libro, uscito per la prima volta a Perugia nel 1482 dai tipi di Stephan Arnds, Gherard Thome e Paul Mechter, si deve al genere ludico del testo, trattandosi di un gioco di divinazione. Dopo la rarissima princeps,32 di cui resta un solo esemplare presso la Stadtbibliothek di Ulm, l’opera fu più volte ripubblicata in Italia e all’estero, tradotta in castigliano, francese, olandese e inglese.33

3 L’Altro Marte: argomento e tradizione testuale

Composto con buona probabilità all’inizio degli anni Sessanta del XV secolo, l’Altro Marte è un lungo poema di oltre 20.000 versi, in cui vengono celebrati i grandi condottieri perugini del Quattrocento: Niccolò Piccinino, il cui epiteto Mars Alter dà il titolo all’opera, e i figli Francesco e Jacopo. I 101 capitoli di cui si compone sono suddivisi in tre libri di 39, 23 e 39 capitoli, ma si può individuare anche una seconda tripartizione dell’opera, a seconda di quale eroe viene celebrato: dopo un capitolo di apertura con le invocazioni ad Apollo e a Fenice e uno in cui la vocazione alle armi di Niccolò viene calata nella finzione letteraria di una visione del dio Marte avuta in sogno (cap. II), i capitoli fino al LXXIII sono incentrati sulla figura di Niccolò Piccinino, che dunque occupa i tre quarti del poema; in questa prima, ampia parte trova spazio anche la celebrazione del capitano di ventura Andrea Fortebracci da Montone, detto Braccio, al seguito del quale iniziò la carriera militare di Niccolò, che guidò i bracceschi dopo la morte del loro condottiero. Dopo una nuova invocazione a Minerva e a Fenice, sono dedicati alla figura di Francesco Piccinino i capp. LXXIV–LXXXII; dal cap. LXXXIII iniziano le gesta di Jacopo Piccinino, definito novo Cesaro e Cesaro secondo. Il breve capitolo CI è una chiusa in cui, retoricamente, l’autore si scusa per la composizione dell’opera e promette di continuare a cantare le gesta dell’ultimo dei Piccinino. L’opera mette in rima la narrazione quasi annalistica degli eventi e delle battaglie a cui presero parte i protagonisti, fornendo interessanti e dettagliate informazioni, in quanto lo Spirito disponeva di testimoni oculari degli avvenimenti, come il padre Cipriano, che fu l’ambasciatore designato a recarsi a Milano presso Niccolò Piccinino; inoltre, l’autore stesso partecipò ad alcuni degli eventi narrati.

Da un punto di vista filologico l’opera suscita un notevole interesse, in quanto gode di una singolare tradizione, formata da cinque autografi, due copie coeve o di poco posteriori agli originali, di cui una parziale, e un’edizione a stampa uscita quando l’autore era ancora in vita. Dalla collazione puntuale del testo, effettuata confrontando tutti i testimoni, è emerso un elevato numero di varianti di sostanza; inoltre, cinque degli otto testi tràditi (fanno eccezione la copia parziale e i due frammenti autografi non datati) sono collocabili su un asse cronologico ben preciso, che va dal 1463 al 1472. Delle varianti d’autore risultanti dalla collazione solo una percentuale limitata è di tipo redazionale, andando a modificare un passo con l’omissione o l’aggiunta di terzine, mentre la stragrande maggioranza è di tipo indifferente, sebbene sia importante sottolineare che con tale definizione, mutuata dalla fenomenologia della copia, si intende indicare lezioni d’autore che non risultano orientate da scelte stilistiche o contenutistiche, quanto piuttosto dalla creatività momentanea di Gualtieri. La cifra stilistica dello Spirito appare essere, infatti, quella dell’instancabilità della riscrittura, testimoniata dalle diverse stesure del testo conservate, in cui compaiono sempre nuove e numerose varianti e microvarianti sostanziali. È quindi ipotizzabile che Lorenzo Spirito intervenisse a variare il testo ad ogni riscrittura dell’Altro Marte, che peraltro veniva realizzata con rapidità e disinvoltura, dovute alla familiarità con il lavoro di copia derivante dalla professione di amanuense. Dunque, da questa tipologia di varianti e dall’assenza di errori significativi (trattandosi, del resto, per lo più di testi autografi) non è possibile delineare parentele fra i testimoni, ad eccezione di tre codici (ma in realtà due, per cui cfr. infra), quello conservato a Oxford e i due frammenti autografi: i manoscritti in questione condividono un elevatissimo numero di varianti, per cui ho ipotizzato che derivino dal medesimo antigrafo, pur essendo ciascuno latore di altre varianti sostanziali singolari.

Procedendo cronologicamente, il primo testimone porta, appunto, la data del 1463, ma occorrono delle precisazioni. Il codice in questione è il ms. 1241–1242 della Biblioteca civica di Verona, unanimemente considerato autografo, anche in virtù della sottoscrizione che reca: “Qui feniscie l’ultima parte del libro chiamato Altro Marte, conposto per me Lorenzo Spirito da Peroscia e scripto per mia propria mano, finito a dì quattro di septembre nel millequattrocentosexantatré. Deo gratias amen. LAURENTIUS SPIRITUS”.34 In realtà, sulla base dell’osservazione della scrittura dello Spirito in tutte le testimonianze autografe ad oggi note, sia librarie che documentarie, ritengo che la trascrizione del codice veronese sia da attribuire a un’altra mano. È probabile che la copia sia avvenuta in area veneta, se non addirittura proprio a Verona, come sembrano suggerire alcune forme linguistiche non riconducibili all’area perugina e lo stesso supporto cartaceo, che presenta una filigrana attestata in documenti veronesi del periodo 1472–1482. Si tratta dunque di una copia di datazione alta e di notevole importanza, in quanto tramanda quella che – facendo fede alla data riportata dal copista – potrebbe essere la primissima stesura dell’opera, terminata il 4 settembre 1463, a soli due mesi di distanza dagli ultimi avvenimenti narrati. Un verso dell’LXXXIII capitolo sembrerebbe confermare che l’opera fu composta prima della morte di Jacopo Piccinino; infatti, nel capitolo in cui inizia a narrare le di lui imprese l’autore scrive:

   Un sol che splende di suoi glorie tante
oggi inn Italia è più che may splendente,
facendo più che chi passò davante,
   né temerò di scriver, lui vivente,
l’eterne lode, che virtù laudata
cresscie nell’alme di virtute ardente.35

Sicuramente destinataria del manoscritto era la famiglia Montagna di Verona, più in particolare (delle due casate esistenti con questo nome nella città veneta) quella originaria di Firenze e che un tempo portava il nome Dei Vitelli, di cui resta traccia nell’arme familiare. A darne conferma è appunto lo stemma che campeggia nel margine inferiore della carta iniziale dell’opera, in cui sopra lo scudo si trova la testa di un bue; ai margini compaiono le iniziali “N. M.”, mentre la nota di possesso presente a c. 4r ci informa che il libro appartenne a un Francesco di Pietro Montagna nel 1499. Pertanto, il manoscritto fu trascritto e decorato da un amanuense in area veronese entro il 1499, forse direttamente da un autografo di Lorenzo, di cui viene riportato il colophon. È possibile che il miniatore imitasse anche la decorazione del suo antigrafo: infatti la lettera iniziale della tavola contenente i titoli dei capitoli (c. 5r) e quella nella carta iniziale dell’opera (c. 9r) sono decorate in oro con intrecci di girari bianchi su campo azzurro, magenta e verde, proprio come in alcuni autografi dell’Altro Marte.

Ammessa l’ipotesi della non autografia del codice veronese, il primo autografo datato pervenutoci dell’Altro Marte è il codice Canon. Ital. 41 della Bodleian Library di Oxford. Anche il destinatario di questo esemplare pertiene all’area veneta, più in particolare a Venezia: il codice si conclude con la sottoscrizione dell’autore e un’esplicita dedica ad Antonio Priuli, membro di una famiglia che diede dogi alla città di San Marco e che in prima persona “rivestì un ruolo di prestigio nella politica veneziana del secondo Quattrocento”.36 Così si chiude il manoscritto: “Qui finissci il libro chiamato Altro Marte, fatto e composto per mano di me, Lorenzo Spirito da Perugia, de la vita e gesti de lo illuxtrissimo capitano Nicolò Picinino, Francesco Picinino et conte Jacomo, e copiato per mia propria mano. Al magnifico mesere [An]tonio Priolj di Vinegia, al millequattrocentosexantanove a dì 15 di marzo. Deo gratias | LAURENTIUS SPIRITUS | IMPERATRIX FENIX | AMEN”.37 Che il destinatario fosse un ricco e potente personaggio si evince anche dal pregio della miniatura che impreziosisce l’intero codice, in cui la C iniziale della tavola dei titoli dei capitoli, in apertura del manoscritto, è decorata in oro e bianchi girari e ogni lettera iniziale di capitolo è miniata con oro in foglia, all’interno di un riquadro bipartito policromo. La c. 7r, la prima dell’opera, presenta un fregio ornamentale a piena pagina, a partire dalla D incipitaria in verde, al titolo in lettere capitali decorate in oro, fino alla cornice con elementi fitomorfi e zoomorfi, mentre nel margine inferiore, al centro, compare lo stemma dei Priuli all’interno di una corona d’alloro. Un manoscritto di gran pregio, dunque, per un dedicatario altrettanto prestigioso, che con ogni probabilità Gualtieri poté conoscere nel gennaio del 1469. Antonio Priuli, infatti, funzionario pubblico di Venezia, che già aveva ricoperto importanti cariche, nel novembre del 1468 fu nominato ambasciatore insieme a Paolo Morosini presso l’imperatore Federico III, che avrebbero dovuto attendere a Ferrara e successivamente accompagnare a Roma, per stringere accordi con papa Paolo II. Il 23 dicembre raggiunsero la sede pontificia e poco dopo ripresero il viaggio alla volta di Venezia:38 sulla strada del ritorno fecero una sosta a Perugia, dal 14 al 16 gennaio 1469.39 Una miscellanea di storia perugina informa dell’arrivo in città dell’imperatore con gli ambasciatori veneziani (che saranno stati appunto Priuli e Morosini), accolti con tutti gli onori e ospitati dalla famiglia più potente di Perugia: i Baglioni.40 A palazzo soggiornarono per tre giorni, durante i quali Lorenzo Spirito poté entrare in contatto con Antonio Priuli. In quest’occasione, con buona probabilità, lo Spirito decise di trascrivere un nuovo esemplare dell’opera sua più estesa e impegnativa, per poi farne dono al potente savio veneziano.

Sempre alla corte baglionesca si presentò a Gualtieri un’occasione simile, due anni più tardi, quando il 24 marzo 1471 arrivò in città il poeta Niccolò da Correggio, al seguito del duca di Ferrara Borso d’Este.41 Questa volta, però, fu lo stesso Braccio Baglioni a donare un esemplare dell’Altro Marte a Niccolò, oggi il ms. XIII C 32 della Biblioteca Nazionale di Napoli, terminato di trascrivere pochi mesi prima: “Qui fenisscie il libro chiamato Altro Marte, composto e scricto per mano di me, Lorenzo Spirito da Perogia, finito di copiare nel millequattrocentosectanta a dì vintitré del mese di novembre. Laus Deo | VITA NICOLAI PICININI VICECOMITI DE ARAGONIA | SPIRITUS”.42 In una delle carte di guardia finali del codice compare infatti una postilla autografa del poeta di Correggio, in cui lo stesso dichiara di aver ricevuto il libro dalle mani di Braccio, in occasione del suo soggiorno a Perugia insieme al corteggio del duca. In precedenza il codice era però appartenuto alla famiglia perugina dei Petrozzi, di cui compare lo stemma nell’elegante decorazione della pagina iniziale dell’opera, interamente incorniciata da bianchi girari e oro in foglia. Anche a Borso d’Este, nel 1467, era stato donato un testimone dell’opera non pervenutoci, di cui si ha però notizia grazie al Zornale de Ussita, che registra un pagamento di cinquanta fiorini d’oro allo Spirito per aver portato a Borso un codice di pregio in cui venivano narrate le gesta di alcuni uomini d’arme.43

L’autografo con datazione più bassa è il ms. D 5 (187) della Biblioteca Augusta di Perugia, realizzato per la famiglia Perinelli alla fine del 1472: “Qui finissci l’ultima parte de l’Altro Marte, scripta per mano de me Lorenzo Spirito in Tolentino, retrovandomi io podestà de la dicta terra. Finito a dì vintaquattro de dicembre nel millequattrocentosettantadoy. Deo gratias amen”.44 Anche questo testimone è decorato nella carta iniziale dell’opera (c. 8r), in cui la D incipitaria è miniata in rosa su fondo dorato e all’interno della lettera è raffigurata una melagrana sopra un giglio. La decorazione a garofanini e foglie d’acanto si estende sul margine sinistro e inferiore della carta, dove si trova l’arme dei Perinelli. Il manoscritto fu forse eseguito su commissione, poiché per la stessa famiglia perugina lo Spirito trascrisse un esemplare del Filocolo di Boccaccio, oggi il ms. B 35 (91) della Biblioteca Augusta, che presenta la medesima decorazione del D 5.

4 L’identità del miniatore dei codici autografi

Finora non si è detto chi fu l’artista miniatore dei manoscritti autografi; a tal proposito di fondamentale importanza è il codicetto contenente la Matricola del Monte di Pietà, conservato presso l’Archivio di Stato di Perugia.45 Nel 1465 il Monte di Pietà, fondato a Perugia nel 1462 “per soventione di le povere persone”,46 incaricò lo Spirito di trascrivere e decorare tale codice, lavoro di cui si conserva il bollettino di pagamento,47 che conferma che le decorazioni furono realizzate da Lorenzo. Se questo non bastasse, nella carta iniziale della Matricola, miniata a bianchi girari, in maniera affine al codice napoletano dell’Altro Marte, nel margine superiore della cornice figura un tondo in azzurro in cui si legge il nome “LAURENTIUS SPIRITUS”. Negli altri tondi presenti nella cornice è raffigurato il grifo rampante, simbolo di Perugia, mentre a fianco della lettera A iniziale compare una melagrana sopra un giglio. Lo stesso elemento decorativo della melagrana ritorna anche nell’intestazione del catasto di un membro della casata dei Perinelli, miniatura che ritengo debba essere attribuita alla mano di Gualtieri.48 Dunque, grazie alla documentazione relativa alla Matricola, nonché alla ʻfirmaʼ presente in tale codice, e dal confronto tra questa decorazione e le altre presenti negli autografi di Lorenzo Spirito, è possibile attribuire a lui anche i lavori di miniatura. Ulteriore prova è presente nel codice 2360 della Biblioteca Universitaria di Bologna, contenente il De gestis et vita Braccii di Giovanni Antonio Campano, trascritto da un altro copista, ma miniato dallo Spirito, che sottoscrisse il lavoro in un cartiglio: “SPIRITUS DE PERUSIO FECIT”.

5 Testimoni frammentari

Dell’Altro Marte si conserva anche un esiguo frammento autografo costituito di sole 15 carte, il ms. C 8 (125) della Biblioteca Augusta di Perugia, che tramanda lacerti del poema storico dal V al XIII capitolo. Anche questo codice doveva essere di pregio, infatti le iniziali di capitolo sono decorate in oro su un riquadro magenta e azzurro filigranati, come nel testimone oxoniense. L’ultimo autografo ad oggi noto dell’Altro Marte, da me segnalato come tale,49 è il codice Vat. lat. 5893 della Biblioteca Apostolica Vaticana, anche questo anepigrafo, acefalo e mutilo, come il precedente. Nella scheda in cui do notizia di tale manoscritto, ho avanzato l’ipotesi che questo ampio frammento di 200 carte, che tramanda il testo dal XIII al XCIV capitolo, costituisca la parte mancante del frammento perugino C 8. È stato inoltre possibile ricostruire la storia del codice, almeno a partire dal 1582, quando fu di proprietà di un Fabrizio Torelli, come informa la nota di possesso a c. 138v, probabilmente lo stesso Torelli condannato a morte a Perugia nel 1587.50 In seguito, verosimilmente quando il codice era ancora integro e in buono stato di conservazione, entrò a far parte della ricca collezione libraria di Prospero Podiani, il bibliofilo che diede vita alla Biblioteca Augusta, donando alla città di Perugia la propria libreria.51 Tuttavia, in seguito alla morte di Podiani, avvenuta nel novembre del 1615, il pontefice Paolo V inviò uno scriptor latinus a selezionare alcuni manoscritti ritenuti interessanti, affinché venissero trasferiti in Curia: al primo posto nella lista degli 83 codici inviati a Roma compaiono le “Rime volgari in carta pecora in quarto foglio della Vita di Braccio Fortebraccio da Montone, Nicolò Piccinini, et altri sig.ri perugini senza principio”.52 L’indicazione suggerisce che già nel 1616 il manoscritto era mutilo, sicuramente acefalo e probabilmente anche privo della parte finale, in cui si può immaginare che fosse presente un colophon con il titolo dell’opera (all’epoca non identificata), la sottoscrizione dell’autore e la data di trascrizione.53 Dall’esame paleografico di alcuni tratti significativi della scrittura di Gualtieri, effettuato nella mia tesi di dottorato, sembra emergere che il codice così ricostruito sia più antico degli altri autografi dell’Altro Marte ad oggi noti.

Ultimo testimone manoscritto della lunga cronaca rimata è il codice H 47 (562) della Biblioteca comunale Augusta di Perugia, che tramanda solamente i capitoli relativi alle gesta di Jacopo Piccinino (capp. LXXXIII–CI). Si tratta di una miscellanea interamente trascritta dal copista Pierantonio di Rodolfo di Giovanni da Camerino, che allestì il manoscritto a partire dal 1464: questa è infatti la data riportata in calce alla prima opera contenuta nel codice, il Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio;54 seguono due sonetti adespoti, gli ultimi 19 capitoli dell’Altro Marte, 14 epitaffi di Francesco Maturanzio,55 scritti per i ritratti degli uomini illustri di Perugia dipinti a palazzo Baglioni, tra i quali sono presenti anche gli epitaffi di Niccolò, Francesco e Jacopo Piccinino, e la Passione di Niccolò Cicerchia.56 Il testimone, che reca traccia della patina linguistica del suo copista, non è un descriptus ed è forse più antico degli autografi: verosimilmente la trascrizione della seconda parte del manoscritto (quella che segue il Ninfale) non si discostò di molto dall’anno 1464, ma fu almeno successiva al luglio del 1465, quando morì Jacopo Piccinino, di cui compare l’epitaffio a c. 144r (num. ant.).

6 L’incunabolo del 1489

A chiudere la tradizione dell’Altro Marte è la stampa impressa a Vicenza il 9 aprile 1489, l’unica edizione mai realizzata, uscita senza indicazione del tipografo, individuato in Simone Gabi, detto Bevilacqua.57 Il manoscritto utilizzato per la stampa, come avviene quasi sempre, non si è conservato, ma si trattava di un autografo o di una copia che ne riproduceva la sottoscrizione finale: “Qui finisscie il libro chiamato Altro Marte, composto e scripto per mano de me Lorenzo Spirito da Peroscia, a Batiste de Ranaldo da Peroscia, finito a dì doi de aprile millequattrocentosetanta”. Non era dunque una copia di servizio, ma una stesura in pulito, se era destinata a un dedicatario preciso, che credo sia identificabile con Battista di Ranaldo della nobile e potente famiglia perugina dei Montemelini; Battista fu capitano delle porte di Perugia nel 1487 e l’anno successivo fu nominato ambasciatore presso la sede pontificia,58 proprio durante il bimestre in cui fu priore per l’ultima volta Lorenzo Spirito. Rispetto agli altri testimoni, la stampa presenta in apertura un capitolo in terza rima in cui viene compianta la morte di Jacopo Piccinino (cfr. supra), componimento che è presente anche nella seconda e più ampia redazione del Canzoniere dello Spirito. L’alto numero di errori del compositore presenti nel testo dell’Altro Marte dà adito a pensare che la stampa non fosse stata sorvegliata dall’autore, che forse non si recò mai a Vicenza, anche in considerazione dell’età avanzata che Gualtieri doveva avere nel 1489 (circa sessantacinque anni). Se pure fosse stata sua l’iniziativa di dare alle stampe l’opera, è possibile che i contatti con l’editore vicentino fossero stati allacciati e mantenuti tramite un’altra persona, forse uno dei figli o – ipotesi suggestiva, ma di cui non si hanno prove documentarie – l’umanista Francesco Maturanzio, che fin dagli anni giovanili aveva stretto legami con Vicenza, dove in seguito fu impiegato nello Studium.59

7 Conclusioni

Come emerge dalla descrizione offerta dei testimoni, caratteristica preponderante dei codici che formano la tradizione dell’Altro Marte è la loro specifica destinazione, in altre parole il fatto che siano tutti codici di presentazione o di dedica. Quest’ultima condizione riguarda in realtà il solo codice di Oxford, che reca nel colophon la dedicatoria dell’esemplare ad Antonio Priuli (e così sarebbe stato anche per l’antigrafo della stampa, indirizzato a Battista Montemelini). Per tutti gli altri manoscritti, anche questi esemplari di pregio, di dimensioni medio-grandi e recanti raffinate miniature, si potrà più propriamente parlare di codici di presentazione, in quanto privi di un’esplicita dedica. Il consistente numero di testimonianze autografe di questo tipo porta a formulare l’ipotesi che lo Spirito cercasse in questo modo di far circolare la propria opera, che stesse in questa maniera pubblicando, vale a dire diffondendo, il proprio monumentale lavoro, quell’opera che – come lui stesso scrive – “è d’ogne altra mia regina”.60


  1. R. Pasanisi: ʻLorenzo Spirito: note sulla possibile data di nascita e sul nome. Due questioni preliminari sul Gualtieriʼ, Annali dell’Istituto universitario Orientale di Napoli. Sezione Romanza 31, 1, 1989: 211–220, p. 211.↩︎

  2. I. Baldelli: ʻL’umanesimo volgare in Umbriaʼ, in: L’umanesimo umbro. Atti del IX Convegno di Studi umbri. Gubbio, 22–23 settembre 1974, Gubbio: Centro di Studi Umbri, 1977: 67–85, p. 78.↩︎

  3. A. Salza: ʻLorenzo Spirito Gualtieri, rimatore e venturiere perugino del secolo XVʼ, in: Raccolta di studii critici dedicata ad Alessandro D’Ancona, Firenze: Barbera, 1901: 277–294, p. 278.↩︎

  4. Il più recente studio biografico si deve a G. Arbizzoni: ʻGualtieri, Lorenzo (Lorenzo Spirito)ʼ, in: Dizionario Biografico degli Italiani, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani 60, 2003: 208–212, p. 208. In precedenza, tuttavia, discussero dell’argomento M. Iraci: Lorenzo Spirito Gualtieri, Foligno: Campitelli, 1912: 23–27; A. Salza: ʻLorenzo Spirito Gualtieri...ʼ, op.cit.: 279–282; R. Pasanisi: Lorenzo Spirito: note sulla possibile data di nascita..., op.cit.: 211–218.↩︎

  5. Lorenzo Spirito Gualtieri: Altro Marte, cap. LXVI, vv. 82–93. Cito dal testo dell’edizione realizzata per la mia tesi di Dottorato di Ricerca in Scienze letterarie, librarie, linguistiche e della comunicazione internazionale, indirizzo in Scienze linguistiche e filologiche, presso l’Università per Stranieri di Perugia: C. Passeri: L’“Altro Marte” di Lorenzo Spirito Gualtieri. Indagine sulla tradizione e proposta di edizione (docente guida prof. Daniele Piccini); per le informazioni sulla collazione dei testi cfr. infra.↩︎

  6. A. Salza: ʻLorenzo Spirito Gualtieri...ʼ, op.cit.: 287.↩︎

  7. Lorenzo Spirito Gualtieri: Sforzami sdegno, amore, giustitia et ira, vv. 184–192.↩︎

  8. Cfr. nota 55.↩︎

  9. O. Scalvanti: ʻCronaca di Pietro Angelo di Giovanniʼ, Bollettino della regia Deputazione di Storia patria per l’Umbria 4, 1898: 303–400, pp. 389–390.↩︎

  10. Perugia, Archivio di Stato (d’ora in poi ASPg), Archivio Storico del Comune di Perugia (d’ora in poi ASCP), Offici, 10, c. 24r.↩︎

  11. O. Scalvanti: ʻCronaca di Pietro Angelo di Giovanniʼ, op.cit.: 348.↩︎

  12. ASPg, ASCP, Offici, 10, c. 75v.↩︎

  13. ASPg, ASCP, Offici, 10, c. 80r; ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 100, c. 80v.↩︎

  14. ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 106, c. 90r.↩︎

  15. O. Scalvanti: ʻCronaca perugina inedita di Pietro Angelo di Giovanni (già detta del Graziani)ʼ, Bollettino della regia Deputazione di Storia patria per l’Umbria 9, 1903: 27–113, p. 69.↩︎

  16. ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 108, c. 1r.↩︎

  17. Perugia, Biblioteca comunale Augusta (d’ora in poi BAP), ms. D 5 (187), c. 234v: si tratta dell’ultimo autografo datato dell’Altro Marte.↩︎

  18. O. Scalvanti: ʻCronaca perugina inedita di Pietro Angelo di Giovanni (già detta del Graziani)ʼ, op.cit.: 86.↩︎

  19. ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 115, cc. 51v–52rv.↩︎

  20. Rispettivamente: ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 116, c. 43r; ibid., 119, c. 71r; ibid., 120, c. 91r.↩︎

  21. Ho reperito la notizia in ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 117, c. 18v.↩︎

  22. I due registri in questione, insieme ad alcune annotazioni di mano dello Spirito presenti in altri due libri del primo semestre del 1494, furono individuati e segnalati da G. Cecchini: ʻGli ultimi autografi di Lorenzo Spiritoʼ, Perusia, rivista d’arte, cultura e turismo, luglio 1952: 3–4.↩︎

  23. Ho individuato la notizia in ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 118, c. 41v.↩︎

  24. ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 119, c. 67r.↩︎

  25. ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 121, c. 105v–106r.↩︎

  26. ASPg, Ex Congregazione di carità, Ospedale di S. Maria della Misericordia, Misc. 5, c. 2v; BAP, ms. 1343, pp. 255–256 (num. ant.).↩︎

  27. Cfr. R. Pasanisi: ʻLorenzo Spirito e la sua “Finice”ʼ, Esperienze letterarie 15, 2, 1990: 83–96.↩︎

  28. Cfr. D. Piccini: ʻLorenzo Spirito Gualtieriʼ, in: A. Comboni & T. Zanato (eds.): Atlante dei canzonieri in volgare del Quattrocento, Firenze: SISMEL – Edizioni del Galluzzo, 2017: 556–564. Altri studi sul Canzoniere in A. R. Rati: ʻSul “Canzoniere” di Lorenzo Spirito Gualtieriʼ, Critica letteraria 45, 4, 2017: 667–685; M. Santagata: ʻFra Rimini e Urbino: i prodromi del petrarchismo cortigianoʼ, in: M. Santagata & S. Carrai (eds.): La lirica di corte nell’Italia del Quattrocento, Milano: Franco Angeli, 1993: 43–95; R. Blomme: ʻNote sur la sextine. Cinq sextines inédites de Lorenzo Spiritoʼ, Les Lettres romanes 26, 3, 1972: 270–285.↩︎

  29. L’autografo fu segnalato da B. Guthmüller: ʻUn altro autografo di Lorenzo Spirito Gualtieriʼ, Studi e problemi di critica testuale 2, 1971: 213–221.↩︎

  30. Sui tipografi perugini si veda A. Capaccioni: Lineamenti di storia dell’editoria umbra: il Quattrocento ed il Cinquecento, Perugia: Volumnia, 1996; Id.: Cosimo detto Bianchino dal Leone. Un tipografo a Perugia nel Cinquecento, Perugia: Volumnia, 1999.↩︎

  31. Cfr. S. Urbini: Il libro delle sorti di Lorenzo Spirito Gualtieri, con una nota di Susy Marcon, Modena: Panini, 2006.↩︎

  32. Dell’incunabolo è stata realizzata una riproduzione anastatica: Lorenzo Spirito Gualtieri: Il libro delle sorti o libro della ventura, Perugia: Volumnia, 1980.↩︎

  33. Cfr. T. De Marinis: Appunti e ricerche bibliografiche, con 272 tavole in eliotipia, Milano: Hoepli, 1940: 69–83; e M. Zollinger: ʻGiocare il libro. I libri delle Sorti nell’editoria dei secoli XV–XVIIIʼ, in: P. Procaccioli (ed.): Studi per le Sorti. Gioco, immagini, poesia oracolare a Venezia nel Cinquecento, Treviso & Roma: Edizioni Fondazione Benetton Studi Ricerche & Viella, 2007: 175–187.↩︎

  34. Verona, Biblioteca civica, ms. 1241–1242, c. 132v.↩︎

  35. Lorenzo Spirito Gualtieri: Altro Marte, cap. LXXXIII, vv. 7–12.↩︎

  36. G. Gullino: ʻPriuli, Antonioʼ, in: Dizionario Biografico degli Italiani op.cit.: 85, 2016: 412–414, p. 414.↩︎

  37. Oxford, Bodleian Library, ms. Canon. Ital. 41, cc. 252v–253r.↩︎

  38. G. Gullino: ʻPriuli, Antonioʼ, op.cit.: 413.↩︎

  39. BAP, ms. 1155, c. 131rv.↩︎

  40. La miscellanea conferma che si trattava della stessa ambasceria di cui fece parte Priuli, riportando: “Il detto imperatore veniva da Roma, dove era andato per Folignio dal Pontefice Paolo 2°, in prescia con 700 cavalli, e vi era arrivato alli 24 decembre 1468” (BAP, ms. 1155, c. 131r).↩︎

  41. L’arrivo in città del duca d’Este con una sfarzosa corte è testimoniato dalle cronache locali: O. Scalvanti: ʻCronaca perugina inedita di Pietro Angelo di Giovanni (già detta del Graziani)ʼ, op.cit.: 73.↩︎

  42. Napoli, Biblioteca Nazionale ʻVittorio Emanuele IIIʼ, ms. XIII C 32, c. 238r.↩︎

  43. Così recita la nota di spesa nel Zornale de Ussita del 1467, secondo quanto riportano A. Venturi: ʻL’arte a Ferrara nel periodo di Borso d’Esteʼ, Rivista Storica Italiana 2, 4, 1885: 689–749, p. 690; e G. Bertoni: Guarino da Verona fra letterati e cortigiani a Ferrara (1429–1460), Ginevra: Olschki, 1921: 128.↩︎

  44. BAP, ms. D 5 (187), c. 234v.↩︎

  45. ASPg, Ex Congregazione di Carità, Monte di Pietà, Misc. 1. Cfr. T. Biganti: ʻLe redazioni statutarie di Lorenzo Spiritoʼ, in: C. Cutini (ed.): Per soventione de le povere persone: aspetti del credito a Perugia dal Monte di Pietà alla Cassa di Risparmio (catalogo mostra Perugia 1999–2000), Perugia: EFFE, 2000: 66–76.↩︎

  46. ASPg, Ex Congregazione di Carità, Monte di Pietà, Misc. 1, c. 1r.↩︎

  47. ASPg, ASCP, Consigli e riformanze, 102, c. 36v.↩︎

  48. ASPg, ASCP, Catasti, II, 2, c. 25r.↩︎

  49. C. Passeri: ʻUn nuovo autografo dell’“Altro Marte” di Lorenzo Spirito Gualtieriʼ, Studi di filologia italiana 77, 2019: 393–408.↩︎

  50. BAP, ms. 1897, c. 168v: “Alli 10 di Ottobre 1587 fu tagliata la testa […] a Fabrizio Torelli per molte scelleraggini”.↩︎

  51. Su Podiani e la storia della Biblioteca Augusta si veda A. Bartoli Langeli & M. A. Panzanelli Fratoni: L’invenzione della biblioteca: Prospero Podiani, Perugia e l’Augusta (catalogo mostra Perugia, 9 novembre–18 dicembre 2016), Perugia: Deputazione di Storia patria per l’Umbria, [2016].↩︎

  52. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Arch. Bibl. 11, c. 228r. Si veda anche J. Bignami Odier: ʻDes manuscrits de Prospero Podiani à la Bibliothèque Vaticaneʼ, in: Studi di bibliografia e di storia in onore di Tammaro De Marinis, Verona: Tipografia Valdonega, 1, 1964: 91–134.↩︎

  53. Per le ipotesi che ho formulato al riguardo si veda la succitata scheda.↩︎

  54. La parte relativa al Ninfale è stata studiata da Armando Balduino negli articoli preparatori all’edizione dell’opera di Boccaccio: A. Balduino: ʻPer il testo del “Ninfale fiesolano”ʼ, Studi sul Boccaccio 3, 1965: 103–184, pp. 129–130.↩︎

  55. Per l’edizione degli epitaffi cfr. C. Gambacorta: ʻI “Pataphii” in volgare dell’umanista perugino Francesco Maturanzioʼ, Contributi di Filologia per l’Italia mediana 24, 2010: 5–26. Cfr. anche L. Teza: Fra ei poggi e l’aqque al laco Transimeno. Pietro Vannucci, Maturanzio e gli Uomini Famosi nella Perugia dei Baglioni, Perugia: Quattroemme, 2008: 78, 153–155.↩︎

  56. Cfr. G. Varanini: Cantari religiosi senesi del Trecento. Neri Pagliaresi – Fra Felice Tancredi da Massa – Niccolò Cicerchia, Bari: Laterza, 1965: 554.↩︎

  57. Incunabula Short Title Catalogue, n° is00685000: data.cerl.org/istc/is00685000↩︎

  58. P. Pellini: Dell’historia di Perugia, Bologna: Forni, 1968 (rist. anast. dell’ediz. in Venetia: appresso Gio. Giacomo Hertz, 1664), II: 834, 854.↩︎

  59. Sul Maturanzio si veda P. Falzone: ʻMaturanzio (Mataratius), Francescoʼ, in: Dizionario Biografico degli Italiani op.cit. 72, 2009: 338–341; e A. M. Sartore: Francesco Maturanzio: le rotte dell’Umanesimo. 500 anni dalla morte di Francesco Maturanzio (guida alla mostra 25 ottobre 2018–26 gennaio 2019), Perugia: EFFE, 2018.↩︎

  60. Lorenzo Spirito Gualtieri: Altro Marte, cap. XVII, v. 24.↩︎