Verbum Analecta Neolatina XXI, 2020/1–2

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1 Introduzione

Kubati è un autore albanese italofono che vanta ormai una vasta e importante produzione letteraria. Con La vita dell’eroe (2016) conferma la maturità artistica e sancisce il suo status nel panorama della letteratura della migrazione. La lingua applicata al testo risulta scorrevole e asciutta. Sebbene vi siano rintracciabili alcune parole albanesi, esse non generano perplessità, il senso del messaggio risulta chiaro. La trama, al contrario delle opere dello scrittore pubblicate precedentemente,1 non si riferisce direttamente alla sua esperienza migratoria, tuttavia l’autobiografismo vi si percepisce fin dall’inizio attraverso diversi riferimenti all’Albania.

Raffaele Taddeo afferma che Kubati ci porta “nel vivo della guerra di liberazione dall’occupazione fascista”, la trama “si estende anche alle vicende postbelliche”2 e indaga su alcuni fenomeni caratteristici nella realtà albanese ai tempi del comunismo.3

Nelle opere La mano che non mordi (2007) di Ornela Vorpsi ed Eduart (2005) di Artur Spanjolli viene problematizzata l’identità del migrante dopo il ritorno nella terra natale, ne I grandi occhi del mare (2005) di Guaci ci imbattiamo in una visione approfondita della questione dell’identità culturale. Ne La teqja (2006) e nella Cronaca di una vita in silenzio (2003) Spanjolli si concentra sugli elementi che forgiano il senso di appartenenza dei protagonisti alla propria famiglia. Kubati invece presenta il fenomeno dell’identità nazionale, fornendo così una nuova prospettiva della tematica identitaria che caratterizza la produzione in italiano dei suoi connazionali.4

Il tema dell’identità nazionale nella letteratura contemporanea ha attirato anche l’attenzione della critica italiana, tuttavia mancano contributi sulla letteratura della migrazione.5 La nostra disamina aspira a colmare parzialmente questa lacuna.6

Analizzeremo il fenomeno dell’identità nazionale concentrandoci sull’esempio di Sami, il protagonista indiscusso del romanzo in questione7. Ci siamo posti le seguenti domande di ricerca: quali sono i fattori che contribuiscono alla costruzione dell’identità nazionale e come si manifesta quest’identità? Quale obiettivo l’autore intende raggiungere, facendone uno degli elementi principali della sua narrazione?

2 Un’identità forte che si palesa

La problematica identitaria costituisce il punto d’interesse di parecchie discipline, dalla politologia all’etnologia passando per la sociologia. Da un lato l’identità significa l’autocoscienza, il legame psichico che l’individuo instaura con il proprio “io”, dall’altro lato essa consente di scorgere l’atteggiamento dell’individuo verso gli altri, la tradizione, la storia e la cultura. In tal modo l’identità svolge un ruolo particolare, facendo parte della vita interiore dell’uomo e al contempo trasmettendo il messaggio su questa vita. La costruzione psichica dell’uomo, il suo bisogno di appartenere a una realtà sovraindividuale, lo spingono a ritrovare elementi che gli garantiscano l’equilibrio emozionale. La sua vita va avanti all’insegna di una ricerca continua di valori classificabili in categorie concrete e anche per tale motivo l’identità possiede le sue varianti, si rivela un fenomeno poliprospettico, condizionato da parecchi contesti. È possibile parlare di identità solo quando esiste una zona particolare a cui essa si riferisce e che determina la sua esistenza.

Il termine “identità nazionale” diventa ricorrente negli studi accademici a partire dagli anni Novanta del Novecento. Lo intendiamo qui nella sua accezione più diffusa come senso di appartenenza a una data nazione, essendo al contempo coscienti che, sebbene l’identità nazionale dipenda evidentemente dall’etnia, rappresenta soprattutto un fatto culturale. Anche il filosofo Leszek Kołakowski dimostra tale atteggiamento verso il problema, elencando i seguenti elementi fondatori di quest’identità: lo spirito nazionale che si palesa nella vita interiore e culturale; la memoria storica composta da simboli, dal patrimonio della cultura; la visione di un futuro comune; l’appartenenza a un territorio dai confini precisi nonché la capacità di indicare l’inizio della nazione, di riportare in vita i suoi riti e le sue leggende.8 Nelle nostre analisi seguiremo tra l’altro questa teoria in quanto essa ci consentirà di immergerci nelle zone della vita del protagonista in cui si esprime la sua appartenenza alla nazione albanese. Metteremo in risalto come l’identità nazionale sia un fenomeno complesso palesato nelle sue azioni e riflessioni. Attraverso l’opera di Kubati potremo capire come la letteratura rispecchi l’identità nazionale albanese nel corso del Novecento, puntando sui suoi elementi costitutivi e sulle trasformazioni che subisce sotto l’influenza di avvenimenti concreti.

Kubati fornisce informazioni sull’autocoscienza di Sami, dedicando un’attenzione meticolosa al suo senso di appartenenza alla nazione albanese. Nell’animo del protagonista rimane sempre vivo il ricordo del passato dell’Albania, e soprattutto delle vicende gloriose del padre: “Il padre, morto da non molti anni, durante la prima guerra mondiale aveva combattuto contro i serbi nel nord del paese, poi aveva lavorato per l’amministrazione di Re Zog, fuggito all’estero alla vigilia dell’occupazione italiana del ’39. A casa si respirava un patriottismo tradizionalista”.9

Il coinvolgimento di un membro della famiglia nella difesa del Paese, nel miglioramento della sorte degli abitanti, ha senz’altro un ruolo catalizzatore, rendendo durevole il legame identitario di Sami con la propria nazione. Così è capace di tratteggiare la visione del futuro del popolo da cui proviene, imperniata sugli ideali ritenuti lodevoli quali il patriottismo, la lealtà e la fiducia; egli conosce bene la topografia dell’Albania, i confini che la dividono dai territori stranieri ed è pronto a seguire l’esempio del genitore per proteggerli. La terra natale gli appare nell’autocoscienza come un organismo unito e non di rado vi dedica ampie riflessioni.

Da un lato l’identità nazionale nasce nell’animo, il che la rende soggettiva, dall’altro lato può essere condivisa dai membri della medesima nazione e così si configura come un’esperienza collettiva. Se ha tale carattere, è senz’altro portatrice di informazioni sullo status dell’individuo all’interno della propria nazione, assume la funzione di “ispirare emozioni e legami di fedeltà molto intensi”.10 L’identità nazionale svolge un ruolo conoscitivo, stimolando l’atteggiamento dell’individuo verso la realtà. Per caratterizzarla, Renata Kodilja fa ricorso alla nozione di “comunità immaginaria” con cui intende la nazione, e sviluppa le riflessioni proposte precedentemente da Benedict Anderson, che definisce la nazione come un gruppo immaginario poiché i suoi singoli membri non si conoscono tutti e ciò nonostante spiritualmente si considerano come una comunità.11 Kodilja pone l’accento sul funzionamento della nazione nell’interiorità del soggetto e sottolinea che essa è “una comunità con un passato peculiare, un destino comune, ed un’espansione su un territorio chiaramente delimitato”.12 La nazione si presenta come una categoria spirituale, vive nell’interiorità dell’individuo e si impernia su elementi storici, ideologici e spaziali.

Degli albanesi da cui è accompagnato, Sami condivide i valori, al contempo si sente molto legato agli altri connazionali. La nazionalità, che hanno in comune, consente al protagonista di supporre che essi intendano l’‘albanesità’ nel suo stesso modo. Parlano la stessa lingua, rappresentano la stessa etnia, li caratterizza la stessa ‘etnicità fittizia’.

Étienne Balibar13 ritiene l’etnicità fittizia come un meccanismo mentale, che codifica l’appartenenza a un gruppo con i cui membri si condividono le origini, la cultura nonché gli interessi. Secondo lo studioso l’etnicità si forma sulla base di elementi precisi e la nazione può essere intesa come gruppo etnico proprio per via dell’identità. Di solito però un gruppo etnico è rappresentato da una minoranza all’interno di una nazione. Lo possiamo scorgere anche nel romanzo in esame in quanto vi viene delineata l’immagine della comunità degli jevg14:

li identificavi non per i tratti somatici, poco o affatto differenti dal resto della popolazione, ma per i vestiti laceri, la miseria delle abitazioni e soprattutto per la pallida pelle olivastra. […] Per la popolazione di etnia albanese, gli jevg erano sempre stati lì, a pulirli, accudirli, divertirli. Nelle città, almeno per buona parte del Novecento, si era creato uno strano equilibrio. A ogni famiglia ricca ne corrispondeva una di jevg, le cui donne per lo più facevano le serve e le badanti.15

Kubati concentra il suo sguardo sullo status degli jevg nel Paese ospitante, sul modo di percepirli nonché sull’impatto che esercitano sugli autoctoni. La presenza degli stranieri, l’alterità di cui sono portatori, rafforzano il senso di appartenenza degli albanesi, e ovviamente quello di Sami.

Silvana Patriarca rileva una certa intimità inerente all’identità nazionale, il suo carattere specifico e l’impatto che esercita sullo stesso individuo, affermando che “l’identità nazionale tende a indicare una dimensione più soggettiva di percezione e di auto-immagini che possono implicare un senso di missione e di proiezione nel mondo”.16 Sulla base di questa affermazione, constatiamo che l’identità nazionale del protagonista fa sì che si costruisca nell’interiorità un’immagine precisa di sé, sentendosi fiero delle proprie radici e dell’‘albanesità’, il che però non lo rende ostile agli jevg. Al contrario, Sami dimostra un atteggiamento cordiale nei loro confronti, vive addirittura un’avventura amorosa con la già menzionata Vera, appartenente a questo gruppo. Egli considera la relazione con la jevg come una specie di missione in quanto, cosciente degli ostacoli che la differenza di etnia provoca alla donna, la aiuta economicamente, migliorando le sue condizioni di vita. In tal modo ci inoltriamo in una visione dell’identità nazionale che non genera attacchi e non ha neppure bisogno di essere difesa. Le due identità, quella di Sami e quella di Vera, entrano in contatto e coesistono in armonia. Il fatto di possedere un’identità nazionale diversa non spinge Sami a disprezzare la jevg, e su ciò influisce indubbiamente l’atteggiamento docile della protagonista, infatti Vera, convinta della propria inferiorità, non manifesta la propria appartenenza etnica. Nel romanzo possiamo però osservare anche uno scontro violento di identità, che avviene durante l’arrivo in Albania degli italiani e dei tedeschi.

La costruzione e l’espressione dell’identità risultano senz’altro indissolubilmente legate alla differenziazione. Accettando una data etnicità fittizia, una data appartenenza, identificandosi con una data lingua ed etnia, rifiutiamo altre lingue e altre etnie. Come afferma Kodilja l’altro è membro di una nazione diversa dalla nostra e può addirittura diventare nostro nemico nel caso glorifichi valori che non consideriamo ‘giusti’ oppure ci attacchi facendo ricorso alla violenza fisica.17 La studiosa mette in risalto come “le emozioni correlate all’immagine dello straniero e del nemico sono date frequentemente da un insieme di sentimenti di ostilità, paura di essere oltraggiati, senso di minaccia, bisogni di difendersi e di aggredire”.18 In caso di aggressione o occupazione la lotta contro lo straniero costituisce una delle modalità con le quali si palesa l’identità nazionale ed è naturale per ogni nazione combattere per difenderla.

Gli jevg parlano la stessa lingua degli albanesi, non hanno creato un’unità politica e territoriale omogenea e non dimostrano loro nessuna forma di ostilità. Gli italiani e i tedeschi invece rappresentano nazionalità totalmente indipendenti, sono invasori che tiranneggiano la gente del luogo. La loro presenza oppressiva costituisce un formidabile attivatore dello spirito nazionale nell’autocoscienza di Sami, spingendolo a riflettere sul carattere ineluttabile della lotta per difendere il Paese natale:

Veloce allestiva di nuovo il campo di battaglia: cavalli, uomini, campi, colline, spade. Si vedeva nei panni del condottiero, che dall’alto dominava l’esercito nemico. Prima attaccava con un’ala, poi con l’altra e, infine, con la cavalleria. Non contento, lui stesso si gettava nella mischia, mulinando la spada con grande vigore. Cercava lo scontro fisico. Non badava alle vittime. Non le vedeva affatto. Dalla collina controllava l’entità delle truppe nemiche, da vicino vedeva le spade da incrociare.19

Fronteggiando il nemico, esponendosi di frequente al rischio di perdere la vita, il protagonista esprime – al livello dell’identità – la fedeltà alla nazione, nonché il suo senso di appartenenza, e attesta la propria forza e determinazione:

A Tirana molto presto si formarono piccoli gruppi di resistenza, delle unità di guerriglia composte ognuna da quattro o cinque persone. Sami fin da subito ne diresse una. Prendeva decisioni rapide e ogni tanto tendeva a fare di testa sua. Passò in breve tempo alla clandestinità. Organizzava attentati, raccoglieva armi e coordinava le attività con le prime formazioni partigiane sorte appena fuori città. […] E quando non c’era spazio di interpretazione, prendeva il sopravvento il suo individualismo eroico. Era guerra e in guerra gli eroi servivano.20

Il protagonista si considera un vero uomo e un fervente cittadino, desiderando essere percepito in tale modo dagli altri: raggiungerà pienamente il suo scopo proprio al tempo dell’occupazione fascista e nazista:

Dissero che Sami aveva individuato il segnale, i tre brevi fischi, con cui i tedeschi comunicavano, e si era finto uno di loro. Dissero che ne aveva fatti fuori cento, e questa era un’esagerazione. Dissero che anche a Tirana aveva compiuto imprese simili, e questo era vero. Dissero che era un eroe. La sua storia, passando di bocca in bocca, si arricchì e si diffuse rapidamente.21

Sami acquisisce lo status dell’eroe che, compiendo atti di coraggio, si sacrifica per tutto il popolo. Risulta un soldato dalle doti particolari in quanto riesce a salvare la vita in situazioni disperate come se fosse dotato di capacità divine, diventando un “mito” vivente che entrerà nella storia della nazione:

Nelle prime fasi tutto andò come previsto. Sami giunse sul viale dove sarebbe passato il bersaglio, controllò che i compagni fossero in posizione e proseguì oltre […]. Sami bloccò il colonnello, gli diede il biglietto […], che avrebbero ritrovato sul cadavere. – Nel nome del popolo! – gridò, a mo’ di sentenza. Ma sparò già tra la prima e la seconda parola. […] Anche questa via d’uscita era chiusa da soldati. Sparò ancora, […] era l’ultima chance, o lui o loro. Sparò a raffica. […] La mano gli sanguinava […] Capì di essere in trappola. […] La notizia dell’attentato al colonnello scosse la città. Si diceva che anche l’uccisore era morto. […] L’ultima volta che era stato visto, Sami imboccava di corsa la strada sulla destra della piazza. Gli amici decisero di fare lo stesso percorso. […] Arrivati all’imboccatura del pozzo, con una mazza smossero tra le foglie, la spazzatura e la calce. E apparve il corpo di Sami. In un primo tempo pensarono che fosse morto, ma quando to tirarono fuori, videro che respirava.22

Nell’immaginario degli albanesi il protagonista incarna ideali di giustizia e senz’altro modella il loro senso di appartenenza. Manifestando la propria identità nazionale, egli forgia l’identità nazionale degli altri, che spinge a seguire il suo esempio e a difendere la terra natia dall’oppressore. Conformemente alle già citate affermazioni di Patriarca, l’identità nazionale ci consente di capire in cosa consista la funzione sociale del protagonista.

Riportiamone un esempio concreto, quello di Ana, una donna albanese con cui Sami instaura un rapporto amoroso. La protagonista lo emula, si impegna nella lotta contro gli invasori attraverso azioni di propaganda e di coordinamento dell’unità di guerriglia, mirando a diffondere nel modo più intenso possibile lo spirito nazionale. Esprime la sua identità, accresciuta dall’odio verso gli invasori, dall’ammirazione e dall’amore per Sami, che ai suoi occhi appare come un uomo forte e deciso, portatore di ‘albanesità’:

Ad Ana piaceva Sami e Sami era un eroe. La guerra era pathos e il pathos incendiava Ana. I generali, le uniformi, i discorsi, le macchine, le bombe, la resistenza, finivano dritto nei suoi ritmi biologici, circolavano sotto la pelle giovane, le arrossivano le guance, la facevano arrabbiare, odiare, sognare. […] Lei continuava ad amare Sami come un’abitudine identitaria a cui aggrapparsi, come a un tronco gettato in un torrente che si trascina via il resto.23

3 Verso la perdita dell’identità

La percezione della situazione del protagonista in Albania cambia radicalmente nell’epoca di Enver Hoxha. Gli albanesi sono riusciti a vincere i nemici esterni e a conservare la propria identità nazionale. Paradossalmente, poco dopo la fine dell’occupazione, essa risulta nuovamente in pericolo, questa volta a causa dei comunisti. Nel loro immaginario l’identità nazionale si identifica con la fedeltà al partito, con la sottomissione totale alle sue idee e tutto questo, nella prospettiva del lettore, appare come un fenomeno che limita la libertà. Le autorità eliminano qualsiasi forma di opposizione, si servono di meccanismi spregevoli, negando agli albanesi i diritti fondamentali poiché non mirano che alla realizzazione dei propri scopi:

Hoxha lo approvò in silenzio, ma il segretario del partito, Koci Xoxe, esplose furibondo: - Disfattista, trozkista, reazionario!… Proporrò al plenum la tua immediata espulsione – disse d’un fiato. – E poporrò anche il resto – aggiunse. Il resto era la prigione e la fucilazione. Si iniziava sempre con l’espulsione, le altre tappe seguivano quasi per inerzia. Solo in pochisimi casi si evitava la pena capitale. Ai presenti il sangue si gelò nelle vene.24

All’identità nazionale è strettamente legato il senso di dignità nazionale, comunemente definito come fenomeno positivo. A volte però va visto in una luce completamente diversa. Se l’individuo è troppo convinto della perfezione della propria nazione, la dignità nazionale si trasforma in una sorta di fanatismo, in un orgoglio eccessivo, e può dare luogo alla nascita del nazionalismo che, per dirla con Kodilja, non è solo un’ideologia, ma anche “un tipo di comportamento sociale definibile dai suoi correlati cognitivi (pregiudizio, stereotipo, bias di giudizio ecc.), di identità (appartenenza al gruppo, identità nazionale), di atteggiamento (favoritismo dell’in-group, discriminazione dell’out-group) e comportamentali (aggressività, conflitto)”.25 In Kubati la dignità nazionale si trasforma in una forma di nazionalismo che, conformemente alla teoria di Kodilja, va visto come un’ideologia composta da elementi concettuali di tipo sociale, comportamentale e identitario. I comunisti costituiscono un vero e proprio “in-group”, sono troppo soddisfatti di se stessi, troppo convinti della perfezione del mondo che intendono costruire e così la loro dignità nazionale acquista un carattere degenerato. Essi impongono agli albanesi modelli precisi da seguire nella vita privata e pubblica, facendo ricorso alla violenza e dimostrando atteggiamenti discriminatori nei confronti di altre nazioni e di altre identità nazionali.

Sami prende piena coscienza del fatto che il comunismo limita la sua libertà, si accorge di tutto il male che il sistema provoca nella vita degli albanesi, tuttavia inizialmente non esprime il suo dissenso.

Il già menzionato Balibar afferma che lo stato può usare l’etnicità fittizia per controllare i cittadini, li può manipolare poiché possiede informazioni sui valori a cui i cittadini intendono rimanere fedeli.26 Il regime sfrutta, per dirla con Balibar, l’etnicità fittizia del protagonista, facendone un mezzo di manipolazione. L’uomo sogna un’Albania forte e le autorità riescono a convincerlo che esse sono in grado di renderla tale. In un certo senso, il protagonista accetta l’idea di identità nazionale che i comunisti diffondono, decide addirittura di lottare contro i capitalisti, compiendo una missione segreta in Italia. Per sua grande sorpresa, il soggiorno sull’altra sponda dell’Adriatico esercita un impatto enorme sul senso di appartenenza:

Sami si guardava intorno stranito. Viva la patria e viva il comunismo erano slogan che, in quella città sconosciuta, gli davano il conforto della sua identità. Quando si alzava la mattina, in una villa al mare fuori stagione, si stropicciava gli occhi cercando di cogliere qualche traccia oltre l’orizzonte. […] Come erano politiche le sue emozioni, come era politica la sua identità.27

Il protagonista ha nostalgia della terra natale e in un primo tempo continua a identificarsi con il comunismo che nel suo immaginario non smette di essere l’ideologia giusta, garanzia del benessere e della gloria. Sente quindi lo stesso spirito nazionale che già avvertiva. Pervicacemente intende realizzare il compito assegnatogli, anche perché in tal modo crede di dare prova della sua identità. Sempre secondo le tesi di Patriarca e Kodilja, diremo che l’identità nazionale di nuovo ha un ruolo conoscitivo e stimolatore, spinge Sami ad agire e a percepire se stesso come un personaggio di valore. Arriva però il momento in cui sperimenta un’amara delusione, rendendosi conto del fatto che i comunisti l’hanno sfruttato:

Il mattino dopo i suoi timori furono confermati. Sami e i suoi stavano facendo colazione, quando Radio Londra diede la notizia che il noto esponente comunista albanese Sami Keҫi era fuggito dal paese delle aquile diretto negli Stati Uniti. Sami chiese conferma agli altri. Aveva sentito bene? Sì, avevano detto che aveva disertato, che era fuggito. In America!28

Il sistema di valori di Sami crolla quando l’uomo prende coscienza del fatto che, mandandolo in terra straniera, le autorità hanno mirato a eliminarlo dalla vita pubblica. Inoltre hanno diffuso nella comunità albanese informazioni false sulla sua persona, l’hanno dichiarato un traditore che collabora con i capitalisti.

Quando una voce proveniente da un luogo lontano e misterioso disse che lui, Sami Keҫi, eroe comunista di guerra, esponente di un servizio di controspionaggio dell’Est, era fuggito portando con sè importanti segreti militari, si guardò come se fosse un altro. Quell’essere nominato da un’entità distante e potente lo rendeva vulnerabile e al tempo stesso allargava la sua consapevolezza del mondo fino ad annullare la percezione di sé. […] Un filo tagliente di paura lo attraversò da parte a parte, come se un lui nascosto in qualche piega della sua mente fosse quell’estraneo di cui parlava la radio.29

Se ora torniamo alla teoria di Kołakowski, constatiamo che in Italia Sami perde per sempre il senso di appartenenza alla nazione albanese, perché l’animo del protagonista è privo degli elementi che lo studioso ritiene capaci di plasmarlo. In Italia si spegne il suo spirito nazionale, nonché il ricordo del passato dell’Albania, di un patrimonio comune. Non percepisce più la terra natale come un Paese dai confini ben definiti e dalle origini portartici di miti e leggende, ma come una dimensione politica assurda. Paradossalmente stavolta il nemico appartiene alla sua stessa nazione e ciò di sicuro provoca in lui una forte crisi esistenziale. A questo punto ci si potrebbe chiedere se esista per lui una luce di speranza. Dalla prospettiva del lettore è giusto dare una risposta affermativa. Giungendo in Italia, Sami diventa un migrante clandestino in un Paese occidentale dove col tempo, come molti migranti le cui vicende popolano la letteratura della migrazione, avrà l’opportunità di integrarsi nella società d’accoglienza. Tale prospettiva è caratteristica in altri romanzi dello stesso Kubati. Con M e Va e non torna ci inoltriamo in una visione profonda della condizione dei “nuovi italiani”, sottoposti a un intenso processo di integrazione e capaci di costruirsi, nell’autocoscienza, un futuro positivo.

Sebbene Kubati intitoli una delle parti da cui è composto il romanzo Sami in Italia, in essa egli fornisce poche informazioni su questo Paese. Si concentra invece sulla realtà albanese come se intendesse suggerire che la negatività che la caratterizza risulti comprensibile appieno soltanto quando si parte. Dobbiamo ricordare che lo stesso autore ha potuto lasciare l’Albania e recarsi a Bari solo dopo la caduta del comunismo, agli inizi degli anni Novanta.30

Visto il dubbio sulla sorte del personaggio principale, la struttura dell’opera analizzata rimane aperta. Si può supporre che Sami non tornerà in Albania e che si costruirà un futuro felice all’estero. L’informazione sulla sua morte presunta che Vera riceve dai comunisti, porta una certa confusione. Dal punto di vista del lettore però ciò sembra poco credibile, anzi questa informazione dev'essere letta in senso figurato. Secondo le autorità Sami non vive più in quanto si trova sull’altra parte dell’Adriatico. Il soggiorno in una realtà capitalista, la forte probabilità che egli abbia fatto sue le idee reazionarie, lo rendono morto agli occhi del potere.

4 Conclusioni

L’autore albanese analizza l’identità del personaggio principale nel periodo storico in cui è ambientata la sua narrazione, caratterizzando anche il suo impatto sull’identità altrui. L’identità nazionale risulta un concetto fluido31, è un processo che dura nel tempo e subisce trasformazioni in quanto viene condizionato dalle esperienze di vita e dall’evoluzione della situazione politica. Si distingue per le sue diverse valenze, sia positive che negative, e riguarda due prospettive. In primo luogo l’identità nazionale si costruisce sulla base dell’‘albanesità’, che include gli eventi gloriosi del passato dell’Albania, riflette la sua cultura e la sua storia. In secondo luogo è inerente alle idee delle autorità comuniste albanesi: rimanendo fedele all’identità nazionale che esse diffondono, alla concezione di un’Albania forte e totalmente isolata dai Paesi capitalisti, il protagonista vive però uno shock, una crisi interiore e in fin dei conti si scopre privo di identità. Il sistema rovina il suo senso di appartenenza alla nazione albanese. Kubati, facendo ricorso a questa particolare organizzazione tematica, intende senz’altro mettere in evidenza la tragedia che l’utopia comunista ha provocato negli albanesi, costringendoli a diventare migranti e a cercare migliori opportunità di vita oltre i confini della loro terra natale.

Bibliografia

Opere letterarie:

Guaci, L. (2005): I grandi occhi del mare. Nardò: Besa.

Kubati, R. (2016): La vita dell’eroe. Nardò: Besa.

Kubati, R. (2002): M. Nardò: Besa.

Kubati, R. (2000): Va e non torna. Nardò: Besa.

Spanjolli, A. (2006): La teqja. Nardò: Besa.

Spanjolli, A. (2003): La cronaca di una vita in silenzio. Nardò: Besa.

Vorpsi, O. (2007): La mano che non mordi. Torino: Einaudi.

Opere critiche e teoriche:

Anderson, B. (1997): Wspólnoty wyobrażone. Rozważania o źródłach i rozprzestrzenianiu się nacjonalizmu. Kraków: Znak.

Balibar, É. & I. Wallerstein (1988): Race, Nation, Classe. Les identités ambiguës. Paris: La Découverte.

Camilliotti, S. (2012): Ripensare la letteratura e l’identità. La narrativa italiana di Gabriella Ghermandi e Jarmila Očkajová. Bologna: Bononia University Press.

Halili, R. (2013): ‘Uno sguardo all’altra sponda dell’Adriatico: Italia e Albania’. In: D. Comberiati & E. Bond (eds.): Il confine liquido. I rapporti letterari e interculturali fra Italia e Albania. Nardò: Besa. 31–71.

Kodilja, R. (1999): ‘Identità nazionale e nazionalismo nell’ex-Jugoslavia. Un’analisi psico-sociale’. Studi politici 3: 239–254.

Kołakowski, L. (1995): ‘O tożsamości zbiorowej’. In: K. Michalski (ed.): Tożsamość w czasach zmiany. Rozmowy w Castel Gandolfo. Warszawa & Kraków: Znak. 44–55.

Luciani, S. (2013): ‘I rapporti fra Albania e Italia subito dopo la caduta del regime’. In: D. Comberiati & E. Bond (eds.): Il confine liquido. I rapporti letterari e interculturali fra Italia e Albania. Nardò: Besa. 85–97.

Patriarca, S. (2010): Italianità. La costruzione del carattere nazionale. Roma & Bari: Laterza.

Raimondi, E. (1998): Letteratura e identità nazionale. Milano: Mondadori.

Rizzo, G. (2001) (ed.): L’identità nazionale nella cultura letteraria italiana. Lecce: Mario Congedo.


  1. Cfr. M (2002) e Va e non torna (2000).↩︎

  2. http://www.el-ghibli.org/la-vita-delleroe (8.10.2019)↩︎

  3. La trama descrive la presenza dei fascisti in Albania, sottolineandone il carattere oppressivo. Gli stessi italiani però non sono mostrati in una luce completamente negativa, ma vengono definiti come “persone determinate, preparate e idealiste”. Cfr. R. Kubati: La vita dell’eroe, Nardò: Besa, 2016: 55. La struttura dell’opera è imperniata su quattro parti intitolate rispettivamente: Gent, La guerra, Vera e Sami in Italia, che illustrano i cambiamenti avvenuti nella società e nella cultura dell’Albania del Novecento, portandola a diventare un Paese comunista. Abbiamo a che fare con un romanzo transgenerico che amalgama elementi tipici di generi come il romanzo sociale, il romanzo storico o il romanzo d’avventura. Nella prima parte Kubati si concentra sulla relazione extraconiugale del personaggio principale con Vera, da cui nasce il figlio Gent. La seconda parte è prevalentemente dedicata alle avventure tumultuose di Sami nel periodo della lotta contro i fascisti e rileva come sia diventato un eroe di guerra. La terza parte tratteggia il quadro della vita di Vera e Gent, nonché del rapporto tra Gent e il padre, di sicuro definibile come buono. Vi sono parecchi accenni ai problemi che i comunisti provocano agli albanesi. Nell’ultima parte Kubati descrive minuziosamente il soggiorno del protagonista in Italia, puntando in modo particolare sull’impatto che esercita sulla sua esistenza. I rapporti italo-albanesi nel XX secolo sono analizzati in diversi studi importanti, tra cui quelli di R. Halili (2013) e S. Luciani (2013).↩︎

  4. Il romanzo potrebbe essere definito innovatore nel panorama della letteratura italo-albanese contemporanea in quanto Kubati è il primo degli autori “migranti” a presentare il protagonista di origine albanese la cui identità si costruisce sotto lo stimolo della tradizione, dell’albanesità. Dall’altro lato lo scrittore parla dell’influenza negativa del comunismo sull’identità e la stessa tecnica è rintracciabile, ad esempio, nel romanzo I grandi occhi del mare di Guaci, nel quale molti individui, spinti dall’odio verso il comunismo, acquistano l’identità culturale italiana.↩︎

  5. Il tema dell’identità nazionale nella letteratura italiana è stato analizzato in almeno tre studi importanti. Nella miscellanea intitolata L’identità nazionale nella cultura letteraria italiana (2001), curata da Gino Rizzo, frutto di un convegno organizzato dall’Associazione dei docenti di Italianistica, vengono esaminate le opere pubblicate fino all’età giolittiana. Nel saggio Letteratura e identità nazionale (1998) di Ezio Raimondi l’attenzione è focalizzata sulla produzione di vari esponenti della letteratura italiana, quali ad esempio Manzoni, Leopardi, Carducci e Gramsci. Raimondi vi si pronuncia sul rapporto fra letteratura e identità, rilevando come la letteratura influisca sull’identità nazionale degli italiani, come essa la crei attraverso la presenza di valori importanti per tutto il Paese. Lo studioso pone anche l’accento sul fatto che l’identità nazionale può palesarsi attraverso la conoscenza della letteratura. Nel saggio intitolato Ripensare la letteratura e l’identità. La narrativa italiana di Gabriella Ghermandi e Jarmila Očkajová (2012) Silvia Camillotti, come afferma Raffaele Taddeo, “mette a fuoco alcuni aspetti di rifocalizzazione dell’identità degli italiani che subisce alterazioni e modificazioni notevoli a partire dagli scritti degli autori della Letteratura-mondo italiana”. La recensione di Taddeo a Camilliotti è stata consultata sul sito: www.el-ghibli.org.↩︎

  6. Il nostro articolo è il primo tentativo di presentare la tematica identitaria riscontrabile nel romanzo di Kubati. I critici letterari non hanno finora dedicato molta attenzione a quest’opera. In vari studi possiamo scorgere riferimenti ad essa, soprattutto di carattere comparativo, ma di sicuro non è stata sottoposta ad approfondite analisi scientifiche.↩︎

  7. Sami Keҫi è un uomo coraggioso, proveniente da una famiglia albanese benestante, soprannominato Tomtuleri, in ricordo del protagonista di una serie di film americani, noto per la sua forza e lealtà. Riscuote grande successo nella lotta ai tempi della resistenza, diventando un colonnello e guadagnandosi fama e rispetto. Il passato glorioso gli consente di cooperare con i comunisti come membro di spicco dei servizi segreti. Le sue azioni, le sue relazioni ed emozioni cosituiscono il fulcro dell’opera. Le altre figure più visibili nella trama si possono dividere in due categorie. La prima categoria comprende le donne con cui Sami ha vissuto un’avventura amorosa nei vari momenti della vita, ossia: Ana, Drita e Vera. La seconda categoria ingloba invece due personaggi maschili: il fratello di Ana, Demi, il compagno di lotta del protagonista ai tempi della resistenza e il figlio Gent.↩︎

  8. L. Kołakowski: ‘O tożsamości zbiorowej’, in: K. Michalski (ed.): Tożsamość w czasach zmiany. Rozmowy w Castel Gandolfo, Warszawa & Kraków: Znak, 1995: 44–45.↩︎

  9. R. Kubati: La vita dell’eroe…, op.cit.: 25.↩︎

  10. R. Kodilja: ‘Identità nazionale e nazionalismo nell’ex-Jugoslavia. Un’analisi psico-sociale’, Studi politici 3, 1999: 242.↩︎

  11. B. Anderson: Wspólnoty wyobrażone. Rozważania o źródłach i rozprzestrzenianiu się nacjonalizmu, Kraków: Znak, 1997: 19.↩︎

  12. R. Kodilja: ‘Identità nazionale…’, op.cit.: 241.↩︎

  13. Cfr. É. Balibar & I. Wallerstein: Race, Nation, Classe. Les identités ambiguës, Paris: La Découverte, 1988.↩︎

  14. Gli jevg, sovente definiti anche come ashkali, sono giunti in Albania dall’Egitto ai tempi antichi e vi rimangono a tutt’oggi. Sono una comunità molto povera, sottoposta a vari atti discriminatori e sfruttata dai locali. Il processo della loro integrazione nella società d’accoglienza è maturato soprattutto nell’acquisizione della lingua, che sono riusciti a padroneggiare bene.↩︎

  15. R. Kubati: La vita dell’eroe…, op.cit.: 11–14.↩︎

  16. S. Patriarca: Italianità. La costruzione del carattere nazionale, Roma & Bari: Laterza, 2010: 5.↩︎

  17. R. Kodilja: ‘Identità nazionale…’, op.cit.: 241–242.↩︎

  18. Ibid.: 242.↩︎

  19. R. Kubati: La vita dell’eroe…, op.cit.: 58.↩︎

  20. Ibid.: 32–51.↩︎

  21. Ibid.: 65.↩︎

  22. Ibid.: 43–46.↩︎

  23. Ibid.: 36–63.↩︎

  24. Ibid.: 77.↩︎

  25. R. Kodilja: ‘Identità nazionale…’, op.cit.: 239.↩︎

  26. É. Balibar: op.cit.↩︎

  27. R. Kubati: La vita dell’eroe…, op.cit.: 101.↩︎

  28. Ibid.: 104.↩︎

  29. Ibid.: 109.↩︎

  30. Kubati è autore migrante per eccellenza. Dopo alcuni anni trascorsi in Italia si è trasferito negli Stati Uniti dove ha composto il romanzo qui analizzato. Fra gli altri scrittori italofoni albanesi di una certa fama, che si spostano tra nazioni e culture diverse, vanno annoverate Ornela Vorpsi ed Elvira Dones. La Vorpsi prima ha vissuto in Italia, dal 1997 si è stabilita in Francia e di recente ha smesso di pubblicare in italiano, dal momento che, le sue ultime due opere letterarie sono state pubblicate in francese. La Dones, dopo la fuga dall’Albania, si è recata nella Svizzera italiana e ha scritto in albanese. Nel 2004 è partita per gli Stati Uniti dove ha elaborato il suo primo romanzo in italiano intitolato Vergine giurata (2007). Nel 2015 è tornata in Svizzera.↩︎

  31. Il carattere fluido dell’identità è caratteristico nel già menzionato romanzo La mano che non mordi di Ornela Vorpsi. L’identità vi è tematizzata nell’ottica dell’esperienza migratoria della protagonista. Il suo ritorno nei Balcani, dopo un periodo vissuto in Francia, la rende cosciente dell’impossibilità di determinare precisamente la propria appartenenza. Sia in Vorpsi che in Kubati la fluidità dell’identità mostra come il soggetto viva disagi interiori e diventi una sorta di fantoccio tenuto in balia dalla sorte. In Vorpsi il carattere problematico dell’identità è un prodotto della migrazione, in Kubati, invece, deriva dalle azioni nefaste commesse dai comunisti.↩︎