Verbum – Analecta Neolatina XXII, 2021/2

ISSN 1588-4309; ©2021 PPKE BTK



1 Il corpus, il mittente e il contesto

L’interesse verso le lettere di Tommaso Daineri si inserisce nel panorama di ricerche volte allo studio di materiali di ambito ungherese conservati in Italia.2 Il materiale da me esaminato si conserva presso l’Archivio di Stato di Modena, con segnatura ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, ed è digitalizzato nella banca dati Vestigia.3 Consiste in ventisette lettere di mano di Tommaso Daineri, ventisei in volgare e una in latino, inviate dall’Ungheria tra il 1501 e il 1503 a Ercole I d’Este, in prevalenza, o a suoi funzionari.4 Quattro di queste lettere sono state in parte pubblicate da Cesare Foucard in occasione del Congresso Geografico Internazionale a Venezia nel 1881.5

Apprendiamo dal carteggio che Daineri si trovava in Ungheria come segretario al seguito di Pietro Isvalies,6 il legato pontificio che era stato incaricato da papa Alessandro VI di svolgere una missione diplomatica in Ungheria per sollecitare re Vladislao II alla difesa della cristianità. In quegli anni, infatti, era vivo il desiderio di organizzare una crociata in Europa, per tentare di frenare l’avanzata dei Turchi.7 Era soprattutto Venezia a cercare l’appoggio dei sovrani europei per organizzare un’azione congiunta contro l’impero ottomano. Nel 1499 il sultano Bayezid aveva riacceso le ostilità con la Serenissima, che si sentiva, dunque, sempre più minacciata.8 Il 13 maggio 1501 venne così siglata a Buda una lega antiturca che vedeva, però, come contraenti solo Venezia, Santa Sede e Ungheria.

Proprio nel giorno della sigla della lega viene scritta la prima lettera di Tommaso Daineri inclusa nel corpus che qui si presenta. L’ultima lettera è invece del 23 luglio 1503, quando ormai era stata siglata una tregua con il nemico. Le lettere aggiornano periodicamente Ercole I sugli eventi più significativi accaduti nel Regno d’Ungheria, con particolare interesse verso l’organizzazione della spedizione contro i Turchi e l’operato di Isvalies; offrono, inoltre, colorite immagini della quotidianità e delle abitudini del popolo magiaro attraverso gli occhi di uno straniero.

Prima di presentare il contenuto delle lettere, si fornisce qualche informazione biografica su Tommaso Daineri.9 Egli nacque a Modena in data ignota e studiò a Padova e a Ferrara, dove divenne dottore in Arti e Medicina il 12 giugno 1490. Nella Biblioteca estense di Modena si conserva l’unico esemplare oggi superstite di una sua breve operetta a stampa, di un solo foglio e di contenuto astrologico, intitolata Coniunctiones et oppositiones luminarium anni Christi 1496. Calculate ad meridianum inclitae civitati mutine per clarissimum artium et medicine doc. d. magistrum Thomam Dainerium mutinensem.10

Non è chiaro quale specifico tipo di rapporto legasse Daineri a Ercole I d’Este, ma egli deve essere stato in qualche modo, nel tempo precedente alla sua permanenza in Ungheria, al servizio del duca, che gli doveva aver chiesto di informarlo sui fatti d’Ungheria mentre risiedeva in quel territorio.11

Grazie alla pubblicazione della lettera datata 1501.02.25 da parte di Cesare Foucard,12 oggi non più reperibile, sappiamo che Daineri era giunto a Buda il 28 gennaio.13 Anche se la corrispondenza si arresta in data 1503.07.23, supponendo che Daineri abbia fatto ritorno in Italia con Isvalies, possiamo ipotizzare che egli sia tornato in patria nel settembre‒ottobre di quell’anno.14 Le ultime notizie sulla sua esistenza risalgono al 12 novembre 1505, data dell’ultima lettera di sua mano oggi nota.15

2 Il contenuto delle lettere

Dopo aver dato informazioni, con la lettera del 13 maggio, circa la sigla della lega, nella lettera dell’8 agosto 1501 Daineri dà invece notizia dei festeggiamenti che si tennero a Buda per celebrare l’evento. Racconta in particolare che sul sagrato della chiesa di San Mattia era stato inscenato uno spettacolo in cui la rappresentazione di una moschea, con al suo interno la cassa sepolcrale di Maometto circondata da un gruppo di Turchi, veniva incendiata. Comunica inoltre che

il residuo autem che restò, che non puote brusiare, fu da gran multitudine de Ungari circumstanti, che stavano a vedere, assalita come da cani arabiati; et chi li bateva cum legni, chi li gietava pietre, chi cum mane, chi cum denti li straciava, tal che de la moschea, archa16 et Turchi non li restò peccio de la quantità de uno palmo. Era cossa incredibile et de gran piacere vedere cum quanto impeto irruevane in quelli, quasi come facessene una lor gran vendecta.17

E riferisce in seguito che

era congiegnata in megio del piazale una fontana molto pulita,18 che tuto il giorno e la nocte sequente gietò uno optimo vino. Dio volesse che a la capsa19 del Iubileo fusse stata la frequentia de le persone che era a quello vino, qual cum pinte, qual cum pignate, chi cum lo proprio capello et chi cum la bocha aperta, beato che ne poteva haver meglior parte! Non se vedeva se non spingere, urtarse et gietarse per adosso bochali e pentule: non fu mai la magior festa. Molti ebrii stravachati lì dormevano a cercha20 in similitudine de quelli custudi del monumento de Christo, multi presi per mane e pedi erane portati a le case lor: è cossa stupenda il piacere se detono tuto quello giorno. Agiungeva a le lor rixe che da le fenestre nostre tutavia quando li era mai magior calcha erane gietati giù caponi, papari et pizoni, dove li concurreva tanti a pigliarli che erane discerpti in cente parte; uno non se ne haveva integro.21

Questi stralci si rivelano significativi per mostrare un aspetto caratterizzante della corrispondenza di Daineri: la sua indole descrittiva e la sua propensione a narrare a Ercole I tutto ciò che più lo sorprende e lo incuriosisce.

Da questo momento in poi, il carteggio informa periodicamente Ercole I degli sviluppi concernenti la spedizione contro i Turchi, dando, in particolare, notizie riguardanti il ruolo di Isvalies e le azioni intraprese dai quattro capitani posti a capo delle armate. In occasione della dieta svoltasi a Tolna nell’agosto 1501, infatti, il re aveva affermato di non voler scendere personalmente in campo contro l’impero ottomano e aveva scelto, invece, di suddividere le forze del regno, affidandole a diversi capitani. I prescelti furono Giovanni Corvino,22 bano di Croazia, il conte palatino Vingárti Geréb Péter,23 Józsa Somi,24 ispán del comitato di Temes, e il voivoda di Transilvania Péter Szentgyörgyi.25 Le lettere di Daineri si rivelano particolarmente significative per quanto riguarda gli esiti della spedizione in Bosnia, dal momento che le fonti in merito non sono numerose.26

Il filo conduttore del carteggio è, dunque, la spedizione contro i Turchi, ma all’interno delle lettere si possono riscontrare anche altre tematiche. Daineri dedica innanzitutto ampio spazio alla descrizione del territorio ungherese e dei paesi limitrofi, per facilitare la comprensione degli eventi da parte di Ercole I. Con questo obiettivo, allega perciò a una lettera anche una carta geografica dell’area realizzata di suo pugno.27 Informa inoltre Ercole I degli sviluppi relativi agli sforzi per risolvere il delicato problema della separazione della chiesa boema dalla chiesa cattolica: Vladislao nutriva infatti fiducia nel fattto che Isvalies riuscisse a trovare un accordo con i Boemi per reintegrarli nella comunità cattolica.28 Da inizio ’400, infatti, in Boemia si erano sviluppati atteggiamenti di protesta verso la chiesa cattolica, i quali, confluiti nel cosidetto ‘movimento ussita’, avevano determinato la diffusione di pratiche dottrinali non conformi alle tradizioni cattoliche e la rivendicazione da parte della chiesa boema di autonomia dalla chiesa romana.29

Daineri tiene poi aggiornato Ercole I sulle vicissitudini relative al matrimonio di Vladislao con Anna di Foix‒Candale e a questo proposito molto interessante si rivela la descrizione dell’arrivo della regina in Albareale (Székesfehérvár) e delle relative cerimonie per l’incoronazione: egli descrive infatti, con dovizia di particolari, l’ingresso della regina nella città, la comitiva che l’accompagna, l’incontro tra gli sposi, i festeggiamenti e la disposizione degli invitati attorno al tavolo durante il banchetto.30 Daineri tende spesso, infatti, a illustrare a Ercole I le abitudini straniere che lo colpiscono, mettendone in risalto le differenze rispetto alle consuetudini italiane. Si stupisce, per esempio, di come sono organizzate le truppe31 e della scarsa attenzione che il sovrano ungherese sembra dedicare alla raccolta di notizie di prima mano e aggiornate. Quest’ultimo fatto, con tutta evidenza, deve averlo molto colpito, specie se considerato in rapporto alla prassi coeva dei signori italiani e delle relative cancellerie: Daineri, infatti, racconta a Ercole I di aver appreso alcune informazioni prima che il sovrano ne fosse stato avvisato da suoi corrispondenti:

cavalcando heri l’altro Monsignor mio Reverendissimo a la maiestate del re, l’ò inteso32 lì come per vulgar fama, ma littere non haveva anchora havuta questa maiestate, che parereve grande cossa tra ’ Signori italiani, ma qua non hè maraviglia, perché la maiestate prefata non ha più specialmente le nove se non come ha li altri, se non può in processo de tempo. Il che gielo impropera assai il patrone mio, ma in queste cosse dove lhori gie33 hanno già facto il callo è una difficil cossa a removerli.34

Altro elemento di stupore è dato dal constatare che la convalescenza viene gestita con molto meno riguardo rispetto a quanto accade in Italia. Egli riferisce, infatti, che re Vladislao, nonostante soffrisse in quei giorni di febbre terzana,35 aveva accolto la futura regina Anna di Foix‒Candale in Albareale (Székesfehérvár) e aveva partecipato alla cerimonia d’incoronazione. Pare piuttosto naturale che questo avvenimento abbia suscitato interesse da parte di Daineri data la sua formazione di medico; egli commenta infatti così l’episodio: “Non se fa” in Ungheria “quella custodia ne le egritudine come in Italia”, dove non ci sarebbe stato “citadino privato […] che non havesse differito la cossa o non andatoli incontra stante la febre etiam in die quietis, ma qui non se li può persuadere tal cosse”.36

Egli si stupisce, poi, nel constatare la violenza del trattamento riservato ai prigionieri turchi, contro i quali gli Ungheresi incrudeliscono senza pietà:

conduserno etiam li prefati capitanei una grande quantitate de Turchi ligati a questa regia maiestate de quelli che parsono ad epsi più nobili de tuti li presoni lori, deli quali una parte heri ne fece decapitare, l’altra parte li tenne presoni per dare a lo incontro de’ Hungari quando fusserne facti captivi da’ Turchi. Grande spectaculo deterno quelli a tuto il populo prima de la constancia lor qual andavano a l’ultimo supplicio, item doppo che furne decapitati e gietati per li campi a li ucelli et cani. Del populo lì concurreva, presertim puti, quali facevano uno giocho del facto loro: chi se gietava quelli capi l’uno dreto l’altro, chi ne pigliava uno per li pedi et strassinavali dreto, chi ne faceva uno distratio et chi uno altro; insumma sono edocti se non da altri da le matre proprie de persequitare Turchi et incrudelirli et incarnarli37 in epsi, come tra nui se costuma incarnare uno cane over uno falcone >con< tra le fere.38

L’interesse verso abitudini e cultura straniera si manifesta anche in un’accurata descrizione dei costumi dei tartari.39

Ad attrarre l’attenzione di Daineri erano, però, anche oggetti di lusso e strumenti a lui sconosciuti. Significativa a questo riguardo è la lettera dell’8 agosto 1501,40 nella quale descrive alcuni oggretti che il sovrano ungherese aveva mandato in dono a Isvalies: un astrolabio, un orologio e uno “spolverino da hore”, ovvero una clessidra.41 Egli presenta a Ercole I questi strumenti in modo molto dettagliato, mostrando di avere buone conoscenze di astrologia. Anche la composizione del trattato di astrologia conservato presso la Biblioteca estense di Modena42 doveva dunque corrispondere a una sua passione verso questo tema. Occorre del resto considerare che nelle università del ’400, e a Ferrara in particolar modo, l’astrologia era una disciplina ritenuta di grande importanza e fondamentale per chi svolgesse la professione di medico.43 Ercole I d’Este, grande amante dell’astrologia, accolse di buon grado la descrizione fornita da Daineri e anzi gli chiese di procurargli strumenti simili.44 Il duca si mostrò interessato, inoltre, alla possibilità di acquistare per suo tramite pellicce45 e Daineri gli assicurò che, se ne avesse avuto l’occasione, avrebbe provveduto a esaudire questa sua richiesta.

3 La lingua

La lingua delle lettere si uniforma alla lingua cancelleresca settentrionale e manifesta, perciò, mescolanza tra latino e koinè settentrionale, con un’estesa aderenza al toscano da una parte e un diffuso mantenimento di tratti locali e generalmente settentrionali dall’altra.

Si riscontrano, quindi, le caratteristiche messe in luce da Massimo Palermo46 per testi ascrivibili all’ambito cancelleresco e individuate da Maurizio Vitale nei suoi studi sulla cancelleria milanese.47

L’influsso del latino è intenso e visibile nelle formule di salutatio, datatio e subscriptio, oltre che in preposizioni e congiunzioni (cum, et, che alterna con e) e nelle consuete formule della scrittura cancelleresca e notarile, quali per esempio non solum, etiam, item, tamen ecc. Occasionalmente sono inserite, inoltre, intere frasi in latino e appare evidente l’ibridismo prodotto dall’influsso del latino a livello grafico. Si rileva poi una generale tendenza di adeguamento alla koinè settentrionale attraverso la spinta data dal toscano, che si configurava uno strumento unificante per garantire la realizzazione di una lingua cancelleresca in cui i tratti marcatamente locali fossero evitati.48 I tratti evolutivi del toscano, come accade generalmente nelle produzioni cancelleresche, non vengono invece accolti. Dunque nelle lettere si riscontrano, per esempio, la tendenza a non accogliere il dittongo toscano ‑uo, l’assenza della chiusura di e atona, il mantenimento di ‑ar‑ atono, l’assenza di anafonesi, il mantenimento delle desinenze etimologiche di prima persona plurale dell’indicativo presente contro l’uniformazione fiorentina nell’unica desinenza anetimologica ‑iamo, il condizionale in ‑ia, il mantenimento della vibrante negli esiti del nesso latino ‑rj‑ e, infine, i tipi fusse, debia, como, contra. Ulteriori indagini più specifiche sulla patina linguistica di questi materiali sono comunque rinviate ad altro momento.


  1. Il presente intervento nasce dalle ricerche svolte per la mia tesi di laurea magistrale dal titolo Le lettere di Tommaso Daineri dall’Ungheria (1501–1503). Edizione critica e commento, rel. Prof.ssa Simona Brambilla, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, 2020–2021.↩︎

  2. A partire dal 2010, in particolare, l’intento di ricostruire la storia d’Ungheria tra i secoli XIV e XVI, attraverso un’approfondita ricerca documentaria negli archivi e nelle biblioteche italiane, è stato alla base del progetto Vestigia, ovvero Documenti con riferimenti ungheresi del periodo 1300‒1550, nelle biblioteche e negli archivi pubblici di Modena e Milano (Progetto di ricerca del Fondo Nazionale delle Ricerche dell’Ungheria OTKA, n. 81430) a cura del Prof. György Domokos. Una sintetica presentazione del progetto è in Quaderni Estensi 4, 2012: 393–394, consultabile all’indirizzo http://www.quaderniestensi.beniculturali.it/QE4/36_QE4_notizie_domokos.pdf. Cfr. anche P. Cremonini: ‘Note sulle testimonianze dell’Archivio di Stato di Modena con riferimento alle relazioni Stato estense‒Regno d’Ungheria’, RSU. Rivista di Studi Ungheresi 16, 2017: 105–154 (l’intera rivista è consultabile all’indirizzo epa.oszk.hu/02000/02025/00033/pdf/EPA02025_RSU_16_2017.pdf).↩︎

  3. Consultabile all’indirizzo http://vestigia.hu. Ho esaminato il materiale attraverso le fotoriproduzioni presenti nella banca dati.↩︎

  4. Le lettere datate 1501.12.02 (ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 11) e 1502.03.18 (ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 16) sono indirizzate a Tebaldo Tebaldi, segretario e cancelliere del duca, mentre quella del 1502.02.27 (ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 15) al consigliere Giovan Luca Castellini.↩︎

  5. C. Foucard (ed.): ‘Lettere di Tommaso Dainero ad Ercole Duca di Ferrara 1501‒2’, in: Modenai és velenczei követek jelentései Magyarország földrajzi és culturai allapotáról a XV. és XVI. században [Relazioni di ambasciatori modenesi e veneziani sulle condizioni geografiche e culturali dell’Ungheria nei secoli XV e XVI], Budapest: Athenaeum, 1881: 5–25.↩︎

  6. Egli nacque a Messina intorno alla metà del 1400 da una famiglia di origini spagnole. Tra gli incarichi più significativi, rivestì la carica di protonotaro apostolico e vicecancelliere e, dall’agosto 1496 al novembre 1500, fu governatore di Roma. Venne nominato arcivescovo di Reggio Calabria e il 28 settembre del 1500 fu creato cardinale da Alessandro VI. Risiedette in Ungheria tra il 1501 e il 1503 con il compito di sollecitare il sovrano ungherese a impegnarsi nella lotta contro gli Ottomani. Il 21 giugno 1503 fu nominato amministratore della diocesi di Veszprém. Nel 1507 ricevette l’incarico di protettore di Polonia, Ungheria e Boemia e continuò anche in seguito a svolgere missioni diplomatiche. Nel 1510 divenne amministratore della diocesi di Messina. Prese parte ad alcune spedizioni militari promosse da Giulio II. Morì il 22 settembre del 1511, probabilmente a Cesena (cfr. F. Crucitti: ‘Isvalies, Pietro’, in: Dizionario biografico degli italiani, LXII, Roma: Istituto dell’enciclopedia italiana, 2004: 679‒683; G. Nemes: ‘Pietro Isvalies bíboros Veszprémi püspök [Pietro Isvalies cardinale e vescovo di Veszprém]’, in: B. Karlinszky & T. L. Varga (eds.): Folyamatosság és Változás. Egyházszervezet és hitélet a Veszprémi püspökség területén. A 16‒17. Században [Il sistema ecclesiastico e la vita religiosa nel territorio del vescovado di Veszprém, nei secoli XVI‒XVII] (A Veszprémi Érseki Hittudományi Főiskolán 2017. Augusztus 30‒31‒én rendezett konferencia előadásai [Relazioni della conferenza organizzata il 30‒31 agosto 2017 presso l’Accademia Arcivescovile delle Scienze Religiose di Veszprém]), Veszprém, 2018: 9‒46).↩︎

  7. Altri legati pontifici avevano ricevuto l’incarico di compiere la stessa missione presso le corti di altri sovrani europei: il cardinale Juan Vera nella zona occidentale (Francia, Spagna, Portogallo, Inghilterra) e il cardinale Raymond Pérault in Germania e nei territori del Nord (cfr. L. Barone von Pastor: Storia dei papi dalla fine del Medio Evo, nuova versione italiana di Mons. Prof. A. Mercati, III, Roma: Desclée & Ci. editori pontifici, 1958: 539; K. M. Setton: The Papacy and the Levant (1402‒1571), II, Philadelphia: The American Philosophical Society, 1978: 531‒532).↩︎

  8. K. Fleet: ‘Ottoman Expansion in the Mediterranean’, in: S. N. Faroqhi & K. Fleet (eds.): The Cambridge History of Turkey, II, Cambridge: Cambridge University Press, 2013: 141–172, pp. 149‒152.↩︎

  9. Cfr. G. Corsi: ‘Daineri, Tommaso’, in: Dizionario biografico degli italiani, XXXI, Roma: Istituto dell’enciclopedia italiana, 1985: 695‒696.↩︎

  10. Modena, Biblioteca Estense, Alpha.C.4.25(1), ISTC No. id00000600.↩︎

  11. In una delle due lettere di Ercole I d’Este a Daineri oggi reperibili, il duca lo esorta a continuare a scrivere con queste parole: “rengratiamo de tuto il scrivere vostro perché veramente, sì come le lettere vostre contengono boni advisi et sono bene ordinate, cussì le legemo voluntieri, et legendole ne recevemo singulare piacere et delectione; et exhortamovi a continuare in scriverni domente che stareti in quelle regione, perché non poreste fare cosa che più ne fusse grata” (ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 1, 1501.09.15).↩︎

  12. C. Foucard (ed.): ‘Lettere di Tommaso Dainero…’, op.cit.: 7–8.↩︎

  13. Nella lettera si può leggere anche un resoconto del tragitto seguito durante il viaggio verso l’Ungheria.↩︎

  14. Da una lettera datata 1503.09.08 (ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/29) di Taddeo Lardi, governatore della diocesi di Eger (Agria), sappiamo che Isvalies era presente al battesimo della figlia di Vladislao II e Anna di Foix‒Candale (avvenuto a Buda il 15 agosto 1503). Nella stessa lettera Lardi riferisce, però, che probabilmente Isvalies era ormai partito da Buda e che si era diretto a Veszprém, diocesi della quale era stato nominato amministratore, e che da lì sarebbe andato a Roma passando per Ferrara. Daineri, presumibilmente, intraprese il viaggio insieme a lui.↩︎

  15. ASMo, ASE, Cancelleria ducale, Particolari, b. 453.↩︎

  16. ‘sarcofago’ (cfr. S. Battaglia: Grande Dizionario della Lingua Italiana, Torino: Unione Tipografico–Editrice Torinese, 1981, d’ora in poi GDLI: s.v. arca, §2).↩︎

  17. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 4, 1501.08.08. Qui e nelle citazioni successive dalle lettere di Daineri, si trascrive rispettando le abitudini grafiche dello scrivente, anche per quanto riguarda le grafie dotte o latineggianti. Si regolarizza tuttavia l’alternanza u/v e si inseriscono punteggiatura e segni diacritici. Si sciolgono le abbreviazioni in corsivo e si indicano le cancellazioni dello scrivente con i segni ><.↩︎

  18. ‘ben fatta’ (cfr. S. Battaglia: GDLI, op.cit.: s.v. pulito, §11).↩︎

  19. ‘cassa’, latinismo da capsa.↩︎

  20. ‘in cerchia’.↩︎

  21. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 4, 1501.08.08.↩︎

  22. A. Berzeviczy: ‘Hunyadi, Giovanni detto Corvino’, in: Enciclopedia Italiana, XVIII, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 1933: 607.↩︎

  23. N. C. Tóth, R. Horváth, T. Neumann & T. Pálosfalvi: Magyarország világi archontológiája 1458‒1526 [Arcontologia laica d’Ungheria 1458‒1526], I, Budapest: MTA Bölcsészett udományi Kutatóközpont Történett udományi Intézet, 2017: 81.↩︎

  24. Ibid.: 124.↩︎

  25. Ibid.: 88.↩︎

  26. Un dettagliato resoconto della spedizione contro i Turchi in questi anni si può leggere in T. Pálosfalvi: From Nicopolis to Mohács. A History of Ottoman‒Hungarian Warfare. 1389‒1526, Leiden‒Boston: Brill, 2018: 298–323. In questo studio le lettere di Daineri sono spesso citate come fonte, talvolta unica.↩︎

  27. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 24, 1502.10.07.↩︎

  28. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 8, 1501.11.05.↩︎

  29. Per un’analisi approfondita degli avvenimenti cfr. H. Kaminsky: A History of the Hussite Revolution, Berkely: University of California Press, 1967; F. Gui & D. De Angelis: Boemia e Moravia nel cuore dell’Europa, Roma: Bulzoni, 2009: 173ss; L. Vogel: ‘Utraquismo e riferimento alla chiesa antica nella riforma boema’, Paideia 75, 2020: 675‒696.↩︎

  30. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 23, 1502.09.29.↩︎

  31. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 6, 1501.10.22.↩︎

  32. Daineri deve aver, dunque, accompagnato Isvalies dal sovrano.↩︎

  33. Pronome in caso dativo: ‘fatto il callo a queste cose’.↩︎

  34. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 8, 1501.11.05.↩︎

  35. ‘febbre (di natura per lo più malarica) il cui accesso si verifica ogni terzo giorno (contando come primo il giorno dell’accesso precedente, perciò a giorni alternati)’ (cfr. S. Battaglia: GDLI, op.cit.: s.v. terzana1, §9.1).↩︎

  36. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 8, 1501.11.05.↩︎

  37. ‘abituarsi ad afferrarli come si afferra la selvaggina’ (cfr. S. Battaglia: GDLI, op.cit.: s.v. incarnare, §13.1).↩︎

  38. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 11, 1501.12.02.↩︎

  39. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 14, 1502.01.15.↩︎

  40. ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 4.↩︎

  41. Cfr. S. Battaglia: GDLI, op.cit.: s.v. spolverino2, §6.↩︎

  42. Cfr. n. 10.↩︎

  43. Per lo status dell’astrologia a Ferrara nel Quattrocento cfr. G. F. Vescovini: ‘L’astrologia all’università di Ferrara nel Quattrocento’, in: P. Castelli (ed.): La rinascita del sapere. Libri e maestri dello studio ferrarese, Venezia: Marsilio, 1991: 293–306.↩︎

  44. Nella lettera datata 1501.09.15 (ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 1), egli ringrazia Daineri per l’accuratezza con cui ha illustrato gli strumenti, tanto che gli è “parso de havere in mano dicte instrumente et examinarli”. Gli raccomanda poi di procuragli un astrolabio e un orologio uguali a quelli da lui menzionati, possibilmente in argento o altrimenti in ottone, e la clessidra.↩︎

  45. Nella lettera inviata in data 1501.09.15 (ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Ungheria, b. 3/24, 1) Ercole I d’Este fa questa raccomandazione: “Se ve accaderà andare in Moscovia, dove sono pelle da fare fodre excellente, vi exhortamo a comprarne qualche bona quantità de zebelini che siano belli, secundo che podriti, perché li zebelini sono quelli che sono più degni pelle e che più ne piaceno; et in quelle parte, sicome ge ne sono assai, cussì se debono havere per minor pretio”.↩︎

  46. M. Palermo: ‘Cancellerie, lingua delle’, in: Enciclopedia dell’italiano, I, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2010: 167–170.↩︎

  47. M. Vitale: La lingua volgare della cancelleria visconteo sforzesca nel Quattrocento, Varese: Istituto editoriale cisalpino, 1953; Id.: ‘La lingua volgare della cancelleria sforzesca nell’età di Ludovico il Moro’, in Milano nell’età di Ludovico il Moro, II, Atti del convegno internazionale (28 febbraio–4 marzo 1983), Milano: Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana, 1983: 353–386.↩︎

  48. Questi aspetti risultano caratteristici della produzione cancelleresca e vengono messi in luce in: M. Tavoni: Il Quattrocento, Bologna: Il Mulino, 1992: 47–55; S. Lubello: ‘Cancelleria e burocrazia’, in: G. Antonelli, M. Motolese & L. Tomasin (eds.): Storia dell’italiano scritto, III, Roma: Carrocci, 2014: 225–259, p. 234. Fondamentale polo di confronto per le indagini linguistiche è stato lo studio di Tina Matarrese sul Memoriale del 1444 di Borso d’Este per Alfonso d’Aragona (T. Matarrese: ‘Sulla lingua volgare della diplomazia estense. Un Memoriale ad Alfonso d’Aragona’, Schifanoia 5, 1988: 51–77).↩︎