Verbum – Analecta Neolatina XXIII, 2022/2

ISSN 1588-4309; ©2022 PPKE BTK



Come spiega il professore Claudio Marazzini in un’intervista,2 l’italiano è una lingua meravigliosa perché è maturata sulla punta delle penne e non su quella delle spade, nel senso che la sua storia “è legata più alla cultura e all’arte che alla politica e all’espansione territoriale della nazione”. Infatti, nel momento in cui nasce l’Italia, l’italiano è già una lingua con una ricca e affascinante storia alle spalle. Il libro di György Domokos ripercorre le tappe principali della sua evoluzione e costituisce una bussola fondamentale per chi si approccia per la prima volta a questi temi.

Come dichiarato nell’introduzione, il libro è dedicato in primo luogo a studenti del Corso di laurea triennale in Italianistica dell’Università Comenio di Bratislava. Si tratta di un pubblico abbastanza ristretto, però con caratteristiche molto particolari. Sono studenti che spesso cominciano a studiare l’italiano all’università, senza conoscenze pregresse, pieni di curiosità ma ancora molto impegnati a imparare la lingua, a sviluppare la loro competenza linguistico-comunicativa. Chi ha la fortuna di insegnare la storia della lingua a questi studenti deve mediare tra esigenze diverse, a prima vista inconciliabili. Insegnare in lingua italiana, senza però utilizzare un linguaggio troppo elaborato, scoraggiante per i destinatari. Spiegare concetti complessi in modo semplice, senza però banalizzarli. Gerarchizzare i contenuti, selezionare quelli più importanti, che possono servire come bussola negli studi più avanzati, senza perdere di vista la complessità e l’elaboratezza dell’insieme. Fare delle scelte linguistiche appropriate al tema e al contesto, senza sconfortare i lettori spesso alle prime armi con l’italiano. Il testo di György Domokos riesce a creare un equilibrio perfetto tra queste esigenze contrastanti e offre una lettura interessante e stimolante sia per gli studenti sia per gli studiosi, che apprezzeranno la chiarezza dell’esposizione, la limpidezza della sintassi e delle scelte lessicali, la creatività e l’ingegno nel trovare il compromesso tra complessità, comprensibilità e accuratezza, anche quando sembra impossibile.

Il volume è composto da tre parti: dopo un’introduzione alla filologia romanza l’attenzione si concentra sulla storia dell’italiano, per offrire poi un’antologia di tesi che illustrano il passaggio dal latino volgare all’italiano.

Le prime pagine consentono ai lettori di familiarizzare con l’apparato terminologico e concettuale indispensabile per riflettere sulla storia dell’italiano. Il secondo capitolo, intitolato L’italiano nel panorama romanzo, offre una rassegna delle lingue romanze e una discussione dei criteri utilizzati nella loro classificazione, come quello geografico o quello legato all’innovazione, che oppone le lingue balcano-romanze, che costituiscono “uno spazio linguistico conservatore” a quelle gallo-romanze, definite “un gruppo innovatore”. È particolarmente interessante l’attenzione alla dimensione sociolinguistica, che consente agli studenti di creare dei ponti concettuali tra i fatti di linguistica storica e i mutamenti linguistici in atto, osservabili nell’uso odierno delle diverse lingue romanze che studiano. Dopo una discussione critica dei concetti di lingua e dialetto, il capitolo offre una descrizione di 14 lingue romanze: il galego, il portoghese, lo spagnolo, il catalano, il francese, il provenzale, il franco-provenzale, il ladino, il romancio, il friulano, l’italiano, il sardo, il dalmatico e il rumeno, con informazioni accattivanti e accuratamente selezionate.

Il terzo capitolo presenta una panoramica dei principali fenomeni grammaticali che interessano l’evoluzione delle lingue romanze dal latino. Il primo fenomeno illustrato è la “radicale riduzione dei casi, che si conclude nell’eliminazione dell’opposizione tra il Nominativo e l’Accusativo” (p. 22). Il processo viene spiegato attraverso alcuni esempi accattivanti dal rumeno che, come sottolinea l’autore, “benché abbia realizzato quest’eliminazione possiede ancora oggi un sistema casuale” (ivi). Il secondo cambiamento descritto è la formazione dell’articolo. L’autore evidenzia che il momento cruciale in questo processo di innovazione, che interessa tutte le lingue romanze, “deve essere collocato verso il VI sec., dunque in un periodo di profonda trasformazione nello spazio geografico della Romània” (p. 32.). Tali informazioni di carattere interdisciplinare non solo rendono il tema più interessante, ma consentono agli studenti di collegare informazioni acquisite nelle diverse materie di studio. La rassegna dei fenomeni grammaticali particolarmente interessanti da un punto di vista storico continua con la perdita del genere neutro, le caratteristiche dell’avverbio, la formazione del condizionale, i tratti del futuro, l’uso del pronome soggetto, la negazione, l’interrogazione, l’articolo partitivo, l’ordine dei sintagmi, la formazione dei diminutivi, l’uso di verbi come essere e stare, avere e tenere, i tempi del passato e infine la formazione del plurale. Il capitolo si chiude con un’appendice, che riporta la preghiera del Padre nostro in 22 lingue romanze: latino, portoghese, castigliano, aragonese, catalano, provenzale, occitanico, francese, italiano, napoletano, siciliano, calabrese, romagnolo, piemontese, veneto, ladino, friulano, romancio, romanico, sardo, dalmatico e rumeno. La raccolta di questi teti costituisce una ricca e preziosa fonte di informazioni e consente al lettore di osservare alcuni dei fenomeni sopra illustrati su esempi linguistici concreti, attraverso lo studio di un testo fondamentale del patrimonio culturale dell’umanità. Si tratta di una delle scelte originali e ingegnose che rendono il libro una lettura particolarmente piacevole.

Il quarto capitolo è dedicato alla storia dell’italiano e descrive la sua evoluzione dal latino volgare. Viene spiegato perché il De Vulgari Eloquentia costituisce “[u]na pietra militare per il pensiero linguistico in generale” (p. 54), viene descritta l’importanza di Dante, Boccaccio e Petrarca nella diffusione del fiorentino per via letteraria, il contributo di Pietro Bembo, di Lodovico Ariosto e dell’Accademia della Crusca all’affermazione del toscano come lingua scritta. In seguito vengono spiegati i motivi di allontanamento della lingua scritta da quella parlata e i tentativi di rimedio elaborati da Alessandro Manzoni durante il romanticismo, quando l’idea di una lingua nazionale acquista particolare importanza. Il capitolo si chiude con un’introduzione alla sociolinguistica, con particolare attenzione a concetti come lingua standard e variazione linguistica.

La parte finale del libro è costituita da un’antologia di testi del primo millennio, che consente di progettare laboratori di riflessione sulla lingua in prospettiva diacronica. Come infatti osserva Luca Serianni, la storia della lingua offre un “terreno privilegiato per la riflessione metalinguistica”,3 che permette di sviluppare competenze trasversali, utili non solo allo studio della lingua, ma anche a quello della letteratura e della cultura.

Consigliamo questo libro, che tratta temi di fondamentale importanza in uno stile chiaro, accattivante e carismatico, senza rinunciare al rigore scientifico, a tutti gli studenti che si approcciano allo studio della storia dell’italiano e agli insegnanti che li accompagnano.


  1. Bratislava: Univerzita Komenského v Bratislave, 2019, 151 pp.↩︎

  2. L’intervista è reperibile in rete: https://www.letture.org/l-italiano-e-meraviglioso-come-e-perche-dobbiamo-salvare-la-nostra-lingua-claudio-marazzini↩︎

  3. Si veda il testo Fare storia della lingua, reperibile in rete: https://www.treccani.it/enciclopedia/fare-storia-della-lingua\_%28XXI-Secolo%29/↩︎