Verbum – Analecta Neolatina XXIII, 2022/2

ISSN 1588-4309; ©2022 PPKE BTK



Per il settimo centenario della morte di Dante Alighieri in moltissimi paesi del mondo sono state organizzate celebrazioni ed eventi durante tutto l’anno 2021. Non è mancata nemmeno l’Ungheria: durante l’anno scorso si sono aperte mostre ed esposizioni su Dante, si sono organizzati concerti e altri spettacoli in onore del poeta fiorentino, oltre ai convegni e alle conferenze tenutesi sull’opera e influenza della sua poesia e del suo pensiero.2 È recentemente uscito anche il primo volume in ungherese contenente l’Inferno ampiamente commentato, disponibile non soltanto in forma cartacea ma anche digitale.3

Nella storia culturale dell’Ungheria la presenza di Dante si manifestò abbastanza presto, ma acquistò maggiore influenza soltanto alla fine dell’Ottocento. Come affermano le curatrici Éva Vígh ed Eszter Draskóczy nella premessa del volume, uno dei codici più antichi della Commedia risale al Trecento ed ora è conservato nella biblioteca dell’Università ELTE. Un altro codice, contenente la traduzione in latino della Commedia e il commento di Giovanni Bertoldi da Serravalle, fu regalato al re Sigismondo di Lussemburgo e si trova, oggi, nella biblioteca della diocesi di Eger. L’Ungheria, quindi, dispone di due fonti primarie assai importanti per la ricerca dantesca. Quanto al pensiero, invece, Dante influisce seriamente a partire dal XIX secolo: le prime traduzioni in ungherese risalgono a quel periodo. Tra queste dobbiamo menzionare János Arany, uno dei maggiori poeti dell’Ottocento ungherese, Antal Radó, János Angyal e Károly Szász, il pastore protestante che aveva tradotto tutta la Commedia per la prima volta e la cui traduzione ha ispirato quella di Mihály Babits. Questa traduzione è, fino ad oggi, probabilmente la versione di Dante all’ungherese più conosciuta e apprezzata, disponibile in numerose edizioni. La presenza del poeta fiorentino nella letteratura ungherese per frequenza e abbondanza di traduzioni è comparabile soltanto a quella di Shakespeare e della Bibbia, come viene sottolineato anche nella premessa del volume.

Dante in Ungheria è il diciannovesimo volume della collana “Dante nel mondo” diretta da Antonio Lanza ed è stato pubblicato per celebrare proprio l’anniversario menzionato sopra. Il titolo è preso da Dante stesso: si tratta del verso 45 del canto VIII del Paradiso. Carlo Martello era il figlio di Maria d’Ungheria e Carlo d’Angiò II, venne incoronato re titolare d’Ungheria nel 1293 e morì giovanissimo nel 1295. Nel 1294 trascorse venti giorni a Siena e Firenze, durante i quali ebbe occasione di incontrare Dante stesso, la cui simpatia verso Carlo Martello viene dimostrata dal fatto che tutto il canto VIII è dedicato a lui. Il titolo del libro fu tratto quindi da un canto non solo d’argomento ungherese ma anche significativo per l’Ungheria. I saggi pubblicati nel volume sono redatti sia in lingua italiana sia in inglese, il che rende il volume più accessibile a un pubblico più vasto, nonostante potrebbe anche appesantire la lettura di chi non possieda una conoscenza abbastanza approfondita di una o dell’altra lingua. I riassunti in italiano all’inizio di ogni saggio aiutano l’orientamento nella lettura.

Il volume è diviso in due parti: nella prima si leggono studi su Dante scritti da studiosi e dantisti ungheresi quali János Kelemen, Éva Vígh, Eszter Draskóczy, Béla Hoffmann, Ágnes Máté e József Nagy. Questi contributi analizzano certi aspetti dell’opera dantesca: presentano “le ultime ricerche, studiano le fonti della Commedia e le interpretazioni del linguaggio (verbale e gestuale); altri analizzano alcuni loci danteschi e contesti letterari topici” (12). János Kelemen approfondisce il carattere sociale della lingua, esaminando tre momenti chiave: l’interpretazione del mito di Babele e il “contrappasso linguistico”, gli aspetti politici del programma del “volgare illustre” e, infine, il discorso di Ulisse di Inf. XXVI. Éva Vígh, dall’altro lato, analizza il linguaggio non verbale, i gesti e la fisiognomia di Dante, capace di esprimere lo stato d’animo e le emozioni dei caratteri del poema. Eszter Draskóczy tratta in dettaglio i modelli di visione e viaggio della Commedia, sia del mondo religioso sia di quello laico. Béla Hoffmann mira a presentare le questioni metapoetiche di due canti, mostrando i legami con la vecchia poesia e il Stilnovo; Ágnes Máté, invece, analizza alcune coppie fittizie come Didone ed Enea attraverso i secoli e i lavori di Dante, Boccaccio e Enea Silvio Piccolomini. Il contributo di József Nagy è una vera e propria Lectura Dantis, in quanto esamina i temi centrali di un solo canto, Purg. IX, considerando anche le interpretazioni precedenti e argomentando il proprio punto di vista rispetto ad esse.

Nella seconda parte più lunga (quasi il doppio della prima), intitolata Dante nella cultura ungherese, si trovano studi che esaminano l’influenza culturale di Dante non soltanto sulla letteratura, ma anche sulla musica e sulle arti. Inoltre si parla in più occasioni degli avvenimenti e delle pubblicazioni per l’anniversario del 1921 in Ungheria. Péter Sárközy spiega come Dante risultò essere anche un appoggio morale per Babits durante il processo di traduzione della Commedia negli anni della guerra, mentre Zoltán Szénási evidenzia i paralleli strutturali tra la Commedia e il volume di poesia intitolato Nyugtalanság völgye [Valle dell’inquietudine] di Mihály Babits. Lorenzo Marmiroli mostra l’influenza di Dante su tre poeti maggiori della poesia ungherese dell’Otto- e Novecento, János Arany, Endre Ady e Dezső Kosztolányi. Il merito più grande di questo contributo è che pubblica le traduzioni in italiano di tre poesie. Esse sono Dante di János Arany, Divina comoedia di Ady, Dante in Santa Croce del Corvo, Inferno, Anche io e Verso l’Inferno di Dezső Kosztolányi, frutti della collaborazione di studenti di magiaristica e italianistica presso la Casa del Traduttore di Balatonfüred. Infine, Marmiroli pubblica anche la poesia di Kosztolányi intitolata Dante (Alla statua di Canciani) nella propria traduzione. Pál József presenta dettagliatamente tre antologie di studi pubblicate attorno all’anniversario del 1921: un numero della Corvina (1921/2) della Società Ungherese-Italiana Mattia Corvino, il numero speciale della rivista Nyugat (settembre 1921) e l’Album cattolico Santo Stefano (1924). Il contributo di Ádám Nádasdy analizza la traduzione dei primi cinque canti dell’Inferno nella versione del poeta Sándor Weöres e arriva alla conclusione che la traudizione di Weöres “non è più precisa, più contemporanea e, per questo, non abbastanza interessante” (246). Norbert Mátyus scrive quasi un’apologia della traduzione di Babits dopo la critica nascosta di Nádasdy apparsa in questo volume; i due scritti sono, quindi, da leggere insieme. Márton Kaposi presenta il lavoro di italianista e la traduzione dimenticata della Vita Nuova di Jenő Koltay-Kastner, stampato soltanto nel 2015, ma eseguito tra 1916–1918; Kornélia Horváth mostra l’influsso di Dante su due poeti ungheresi, Lőrinc Szabó e György Petri, nell’unire prosa e poesia nella prorpia poetica degli autori menzionati. Tibor Szabó offre una panoramica della ricerca dantesca in Ungheria a partire dall’Ottocento. Mária Prokopp, in base al titolo del contributo, mira a far vedere lo spirito del Paradiso nel Palazzo del Primate d’Ungheria János Vitéz, ma dedica molto più spazio a spiegare le probabili origini e la provenienza del Codex Italicus 1 in Ungheria e a presentare l’attività di János Vitéz. L’ultimo contributo del volume, di Adrienne Kaczmarczyk, mira a dimostrare la stretta connessione tra musica e poesia e tratta l’influenza di Dante su Liszt che compose, ispirato dal poeta fiorentino, non soltanto una sonata, ma anche una sinfonia.

I saggi sono molto eterogenei tra loro: vi ritroviamo, da una parte, saggi di poche pagine, dall’altra invece alcuni di più di trenta. Il pregio del volume è chiaramente il fatto che presenta saggi non soltanto di dantisti ma anche di altri studiosi di letteratura e filosofia, della storia dell’arte e della musicologia. Il volume, in sintonia con l’intenzione originale, è riuscito a presentare certi aspetti e momenti dell’ampia influenza di Dante sulla cultura ungherese attraverso i risultati di più discipline umanistiche, il che è lodevole, e offre una visione su “tanto la storia dell’influenza di Dante quanto la situazione delle odierne ricerche in Ungheria” (12). I contributi della prima parte danno, per di più, testimonianza della continuata presenza della ricerca in Ungheria relativa alle opere di Dante.


  1. Roma: Aracne, 2021, 376 pp.↩︎

  2. Mostre: Dante e Liszt (Museo Memoriale Ferenc Liszt), L’universo di Dante (Associazione Nazionale degli Artisti Ungheresi), «Silány időkből az örökkvalóba» (Museo Letterario Petőfi); Convegni: Scienza e poesia nelle opere di Dante (Szeged–Budapest), La Commedia in Europa Centrale (Accademia d’Ungheria in Roma). Per un riassunto più dettagliato degli eventi organizzati vedi i siti. https://abtk.hu/ismerettar/evfordulok/2089-a-vilagnak-ketsegtelenul-legnagyobb-koltoje-a-dante-emlekev-magyarorszagon; http://www.dante700.hu/ (ultima data di consultazione: 28.02.2022).↩︎

  3. J. Kelemen (a cura di): Dante Alighieri, Komédia I. Pokol. Kommentár, Budapest: ELTE Eötvös Kiadó, 2019, http://real.mtak.hu/107897/12/Dante-POKOL-KOM-TELJES-Vagott-07-VII-2020.pdf (ultima data di consultazione: 2022.04.06.).↩︎