Verbum – Analecta Neolatina XXIII, 2022/2

ISSN 1588-4309; ©2022 PPKE BTK



L’avvento della dinastia austro-estense, sancito dalle nozze milanesi del 1771 tra Maria Beatrice d’Este, nipote del duca di Modena Francesco III, e l’arciduca Ferdinando d’Asburgo-Lorena, figlio cadetto dell’imperatrice Maria Teresa, segnò una nuova, importante, fase nei plurisecolari rapporti tra la Casa d’Este e il regno ungherese. La nuova alleanza politico-dinastica con la Casa d’Austria e il trasferimento alla corte di Vienna nei travagliati anni delle guerre napoleoniche portò Maria Beatrice d’Este (1750–1829) e la sua famiglia a rinsaldare gli antichi legami del casato estense con l’Ungheria, soggetta alla sovranità asburgica.

Fortemente volute da Maria Teresa d’Austria, imperatrice del Sacro Romano Impero e regina di Ungheria, le nozze dell’ottobre 1771 fecero del casato estense, ormai prossimo ad estinguersi nella linea maschile, un ramo cadetto della Casa imperiale d’Austria. La nascita della linea dinastica austro-estense sancì il definitivo passaggio del Ducato di Modena nell’orbita politica austriaca ma stabilì anche un legame famigliare, diretto, con la Casa imperiale che culminò, soprattutto grazie a Maria Beatrice, con il radicamento patrimoniale e sociale degli Estensi a Vienna e nei territori della monarchia danubiana. Pertanto, l’unione dinastica con gli Asburgo, il trasferimento nella capitale austriaca così come le nozze dei figli di Maria Beatrice proiettarono l’antico casato estense ai più alti livelli dell’aristocrazia europea, ampliandone notevolmente in senso internazionale gli orizzonti famigliari e sociali.1 Nel corso dell’Ottocento, in quanto arciduchi d’Austria e principi di Ungheria e Boemia, gli eredi della Casa ducale di Modena divennero parte integrante dell’aristocrazia mitteleuropea e del mondo cosmopolita della società di corte viennese. Il legame con i circoli dell’aristocrazia internazionale andò rafforzandosi grazie anche alle unioni matrimoniali con la Casa reale di Baviera. In seguito, il trasferimento a Vienna di Francesco V e della moglie Adelgonda di Wittelsbach dopo la perdita del Ducato di Modena legò ancor più da vicino il casato austro-estense alla corte di Vienna e alla terre della Monarchia. Tale processo culminò alla morte dell’ultimo duca (1875), con il passaggio dei titoli e del patrimonio estense direttamente ai membri della Casa imperiale austro-lorenese.

Se la grande svolta in senso filo-asburgico ebbe luogo sotto Maria Teresa d’Austria, va però ricordato che già suo padre, l’imperatore Carlo VI, aveva avviato significative relazioni con il casato estense, concedendo a Rinaldo I d’Este, nel 1725, i feudi di Arad e Jenő, in Transilvania. Durante la guerra di successione spagnola gli Estensi avevano fornito appoggio alle truppe austriache di Eugenio di Savoia, cedendo loro l’importante fortezza di Brescello. Come è noto, però, la fortezza sul Po era andata distrutta e i Francesi avevano occupato Modena fino al 1707. Il sostegno ricevuto dal duca Rinaldo nella guerra contro i Francesi e i danni subiti in tale frangente dal casato estense, che aveva inoltre visto sfumare il recupero di Comacchio, indussero l’imperatore Carlo VI ad indennizzare il duca Rinaldo con alcuni feudi imperiali. La scelta cadde sui territori transilvani di Arad e Jenő, all’estremità orientale dei domini asburgici, in aree di recente riconquista e che per secoli erano state teatro dello scontro con l’impero ottomano. Solo i recenti successi del principe Eugenio avevano liberato queste terre dagli Ottomani, cedute agli Asburgo con la pace di Passarowitz. Alle guerre contro i Turchi, lo ricordiamo, prese parte lo stesso Francesco, figlio di Rinaldo I, il futuro duca Francesco III. L’investitura rilasciata da Carlo VI nel novembre 1726 concedeva al duca Rinaldo il territorio di Arad, senza però la città, munita da imponenti fortificazioni; spettava invece all’Estense l’intero territorio di Jenő, l’odierna Borosjenő/Ineu, nei pressi della stessa Arad. Il duca d’Este ottenne anche l’indigenato d’Ungheria, entrano così nel novero delle grandi famiglie aristocratiche di quel regno. Le carte dell’Archivio di Stato di Modena ben documentano l’amministrazione di questi feudi transilvani, che vennero riconfermati anche all’erede di Rinaldo, Francesco III d’Este, duca dal 1737.2 Significativo è il fatto che Francesco alla morte del padre si trovasse proprio in Ungheria, al seguito dell’armata imperiale impegnata nell’eterno conflitto con gli Ottomani. Le fonti dell’Archivio estense attestano almeno fino al 1777.

Differenti furono le posizioni iniziali di Francesco III nei confronti dell’Austria all’inizio del suo regno. Egli infatti sostenne i Francesi durante la guerra di successione austriaca, ma i successi austro-piemontesi lo travolsero, costringendolo alla fuga da Modena. Maria Teresa d’Austria, uscita vincitrice dal conflitto, non tardò a manifestare le proprie mire verso i ducati padani, data la loro importante ubicazione strategica e il loro peso diplomatico nell’eterno scontro tra Asburgo e Borboni. Le lunghe guerre di successione avevano messo a dura prova la sopravvivenza stesso del Ducato estense; gli enormi debiti contratti, la debolezza politica e la condizione di vassallaggio verso il Sacro Romano Impero indussero Francesco III ad accettare l’alleanza offerta da Maria Teresa, ponendo fine al tradizionale orientamento filo-francese della Casa d’Este. Il nuovo orientamento filo-asburgico del Ducato estense venne formalizzato con il contratto nuziale del maggio 1753, che prevedeva le nozze di Maria Beatrice d’Este, nipote di Francesco III, con uno dei figli di Maria Teresa, fra i quali in un secondo momento venne designato l’arciduca Ferdinando.3 L’intesa con gli Asburgo fruttò a Francesco III le cariche onorifiche di governatore generale della Lombardia austriaca e capitano generale delle truppe austriache in Italia (1754), oltre al feudo imperiale di Varese. Una volta raggiunta la maggiore età, Ferdinando poté sposare Maria Beatrice a Milano il 15 ottobre 1771, dando così vita al nuovo ramo dinastico d’Austria-Este.

Con le nozze, l’arciduca Ferdinando e Maria Beatrice subentrarono al duca Francesco III nel governo della Lombardia austriaca. Sebbene privo di un ruolo politico effettivo, l’arciduca raggiunse presto una forte intesa con la moglie, da cui ebbe numerosi figli; il primogenito maschio, il futuro duca Francesco IV, nacque a Milano nel 1779, seguito dai due fratelli Ferdinando Carlo e Massimiliano negli anni successivi (il primo nel 1781, il secondo nel 1782). Gli ultimi figli della coppia arciducale furono Carlo Ambrogio (1785), battezzato col nome del patrono milanese, e Maria Ludovica (1787), futura imperatrice d’Austria e regina di Ungheria.4 Gli anni settanta e ottanta del Settecento trascorsero sereni per la numerosa famiglia arciducale, che trascorreva gli inverni al palazzo reale di Milano e le estati nella magnifica villa di Monza, dono dell’imperatrice Maria Teresa.

Lo scoppio della Rivoluzione francese e l’invasione napoleonica segnarono una drastica cesura anche nelle destini del casato austro-estense. Nel maggio 1796 Maria Beatrice e Ferdinando, fratello della regina di Francia Maria Antonietta, dovettero abbandonare per sempre la Lombardia, riparando dapprima a Trieste. Negli stessi giorni anche suo padre Ercole III abbandonò Modena, riparando a Venezia. Dopo alcuni mesi a Trieste, Maria Beatrice e Ferdinando nel 1798 si stabilirono alle porte di Vienna, a Wiener Neustadt, nel locale monastero cistercense. Ben presto l’arciduca si spostò a Vienna, dove dal Belvedere inferiore poteva curare gli affari di famiglia a stretto contatto con gli ambienti di quella corte in cui era cresciuto. Maria Beatrice invece rimase con i figli più piccoli a Wiener Neustadt e lì visse fino al 1803. Quell’anno la famiglia arciducale poté riunirsi a Vienna grazie all’acquisto, da parte di Ferdinando, di una dimora signorile nel centro della capitale.

Nel 1803 l’arciduca acquistò il Palais Ulfeld, ubicato nella Minoritenplatz, a pochi metri dalla Hofburg.5 Gli Asburgo d’Este decisero di ampliare la antica dimora e affidarono i lavori ad un giovane architetto austriaco che con la propria famiglia aveva seguito gli arciduchi nell’esilio: era Alois Pichl, nato a Milano nel 1782, figlio del maestro di cappella di Ferdinando e Maria Beatrice. Rientrato in Austria con la propria famiglia, Alois Pichl, noto anche come Luigi, si affermò come architetto della Casa d’Austria-Este, le cui residenza a Vienna e in Ungheria furono tutte ristrutturate sotto la sua direzione. Fra gli artisti che lavorarono per Maria Beatrice a Vienna e in Italia il nome più noto è comunque quello di Giuseppe Pisani, scultore carrarese tra i massimi esponenti del Neoclassicismo. Egli lavorò per gli Asburgo d’Este anche in Ungheria, dove realizzò il celebre monumento funebre di Carlo Ambrogio d’Austria-Este nella cattedrale di Esztergom, di cui si dirà in seguito.

Anche Alois Pichl lavorò per gli Austria-Este in terra magiara, oltre che a Vienna.6 Fra i primi incarichi che gli vennero affidati vi fu la ristrutturazione del castello di Sárvár, nell’Ungheria nord-occidentale, appartenuto ad alcune delle più importanti famiglie dell’aristocrazia ungherese. Non distante da Szombathely, il castello di Sárvár era storicamente legato alla famiglia Nádasdy, che lo aveva posseduto fino al tempo dell’esecuzione di Ferenc III, caduto in disgrazia presso l’imperatore. Testimone anche della rivolta di Rákóczi, il castello era poi passato ai Draskovich ed infine ai Pallavicini, casato marchionale di origine italiane da tempo insediatosi a Vienna e in Ungheria. Nel 1803 l’arciduca Ferdinando d’Austria-Este acquistò la signoria di Sárvár, che comprendeva il castello, la cittadina e i villaggi limitrofi; oltre a possedere l’antico maniero come bene allodiale, pertanto, gli Asburgo d’Este erano titolari dei diritti signorili sull’intera giurisdizione del castello. Al momento dell’acquisto da parte di Ferdinando, il castello versava in pessime condizioni, per cui si resero necessari fin da subito vasti interventi di restauro, affidati all’architetto di corte Alois Pichl; l’imponente restauro, celebrato in un’epigrafe scolpita sulla facciata del cortile, fu avviato da Ferdinando e alla sua morte (1806) venne portato avanti dal figlio primogenito Francesco, erede della proprietà.7

I diari di viaggio di Francesco, futuro sovrano di Modena e Reggio, rappresentano una preziosissima testimonianza della signoria di Sárvár così come di molti altri luoghi dell’Ungheria in età napoleonica. Dal 1798 fino almeno al 1810 l’arciduca Francesco intraprese numerosi viaggi attraverso il territorio ungherese, che egli descrisse accuratamente nei suoi diari, inediti, conservati all’Archivio di Stato di Modena.8 I diari di viaggio dell’arciduca costituiscono una straordinaria testimonianza del territorio ungherese in età napoleonica non solo su un piano geografico ma anche etnografico, in quanto la minuziosa descrizione fisica di villaggi, castelli, pianure, montagne e boschi è talora accompagnata da informazioni sugli usi e i costumi locali, in particolare sulla toponomastica, sulle lingue udite, sull’architettura ammirata e sull’abbigliamento delle popolazioni rurali. Partendo dalla sua residenza viennese o talvolta da Wiener Neustadt, l’arciduca Francesco, tra il 1798 e il 1806, si recò assai spesso nell’Ungheria nord-occidentale, effettuando inoltre numerose escursioni a Baden e in altre località climatiche della Bassa Austria, Boemia meridionale, Stiria e Burgenland. Le mete ungheresi del giovane arciduca, accompagnato dal padre Ferdinando o dai fratelli, erano il castello di famiglia di Sárvár e la zona del lago di Neusiedl, quindi Sopron e Ágfalva, ma sovente anche la città di Presburgo, antica capitale del regno ungherese.

Francesco si recò a Sárvár assieme al padre e al generale Guicciardi tra il 25 e il 31 luglio 1804; essi raggiunsero la signoria dopo aver attraversato Sopron, e nei giorni seguenti si spostarono verso Pápa e Győr, per poi fare rientro a Vienna. Francesco e il padre arrivarono a a Sárvár il pomeriggio del 26 luglio 1804; nel suo diario il giovane arciduca descrive dapprima il bosco, “assai esteso” sebbene gli alberi siano rari: “Sono gli alberi di quercia a sinistra, e a destra vi sono dei birkenbäumer…”. Egli prosegue poi con la descrizione del villaggio e del castello: “Alle ore 4 ½ passammo dal villaggio di Sar prima, e dopo il quale sono già prati, e campagne, e 5 minuti dopo si entra in Sarwar, che dicono è una città; cioè è luogo più grosso a mezzo villaggio, a destra si va al castello. Noi vi abitiamo nel castello del Pappà, che è antico, circondato da mura, e da fossa, ma una fossa di palude non d’acqua corrente. Il cortile è pentagono. Vi è una sala, e 5 o 6 stanze dipinte pulite, con parquet. Vi sono forse altrettante e più camere rovinate da riparare, oltre le abitazioni di tutti gli impiegati, v’è qualche altra camera, che è affittata, v’è un bel granaro. Appresso v’è una stalla, che s’aggrandisce ora, una casa ove si fa birra affittata: il tetto è di tegole: la casa ha il pianterreno, e [un primo] piano: v’à una torre sull’ingresso. Alcune case nel villaggio, come pare l’osteria, appartengono alla signoria. Li 26. luglio pranzammo avendo mandato il cuoco avanti, poi restammo in casa, e alle 9.ore s’andò a letto”.9

Numerose sono le notizie relative a Sárvár che ritroviamo nei diari dell’arciduca. Il futuro Francesco IV di Modena vi si recò anche in altre occasioni, come ad esempio nell’ottobre 1805, mentre i suoi fratelli Ferdinando Carlo e Massimiliano si apprestavano alla battaglia di Ulma. Testimoniano questo viaggio dell’ottobre 1805 le sue Annotazioni riguardanti i contorni da Sarwar, e la strada dritta da Sarwar a Ödinburgo per Kál, Köwesd, fatta nel viaggio da Vienna a Sarwar fatto dal 1. al 6. Ottobre 180.10 Un altro viaggio da Vienna a Sárvár ebbe luogo nell’estate del 1806, quando l’arciduca Francesco si spinse fino al Balaton, visitando numerose località dell’Ungheria occidentale. Fra il 26 giugno e il 5 luglio del 1806 nei suoi diari egli registrò le visite alla signoria di Sárvár ed in seguito a Keszthely, alla penisola di Tihany e a Füred sul lago Balaton, da cui proseguì per la antica città di Székesfehérvár, e di lì a Tata e Győrszentmárton per poi rientrare nella capitale imperiale.11

Nuovi soggiorni di Francesco d’Austria-Este a Sárvár e in altri luoghi dell’Ungheria si ebbero tra il 1809 e il 1810, quando l’occupazione francese di Vienna costrinse l’imperatore d’Austria e la sua consorte Maria Ludovica, sorella dell’Austro-Estense, a mettersi in salvo a Buda. Francesco naturalmente seguì la sorella imperatrice e l’anziana madre Maria Beatrice d’Este in Ungheria, dove poco tempo prima suo fratello Carlo Ambrogio era stato designato arcivescovo primate. Come meglio diremo in seguito, Maria Beatrice si rifugiò in Transilvania, a Gran Varadino (Nagyvárad/ Grosswardein/ Oradea), dove la raggiunse in vari momenti il figlio Francesco. I diari dell’arciduca confermano, infatti, vari viaggi tra Buda e Gran Varadino tra la fine del 1809 e i primi mesi del 1810, quando Francesco rientrò a Vienna dopo oltre un anno in Ungheria.

Quelli dello Stadtpalais viennese e di Sárvár furono solo i primi di una lunga serie di acquisti realizzati dagli Austria-Este.12 L’arciduchessa Maria Beatrice si mostrò particolarmente attiva sul fronte patrimoniale i questi primi anni del secolo, a partire dall’anno 1803, quando poté riunirsi col marito nella nuova casa di Minoritenplatz. Nello stesso anno erano venuti a morte il padre di Maria Beatrice, Ercole III d’Este e la zia Maria Fortunata, principessa di Borbone-Conti alla corte di Luigi XVI. È quindi probabile che i notevoli mezzi finanziari di cui disponeva Maria Beatrice derivassero dall’eredità del padre, morto in esilio a Treviso.

Dopo l’acquisto del palazzo cittadino l’arciduchessa si mise alla ricerca di una residenza di campagna ove trascorrere l’estate. La scelta definitiva cadde sul quartiere extraurbano di Landstrasse, ove sorgevano le residenze di campagna delle maggiori famiglie della nobiltà viennese. In questa area suburbana gli arciduchi d’Austria-Este acquistarono un palazzo nella Raabengasse (oggi Beatrixgasse,13 in ricordo di Maria Beatrice d’Este), già appartenuto alla famiglia Stockhammer.14 Maria Beatrice e il marito comprarono questa casa, con il suo vasto parco, dalla principessa Eleonora di Liechtenstein nei primi mesi del 1806; subito dopo iniziarono grandi lavori di ampliamento, affidati come sempre ad Alois Pichl. La casa di campagna assunse le dimensioni di una grande residenza signorile, con l’aggiunta di due ali laterali e di un cortile d’onore. Iniziò così la storia del Gartenpalais Modena, la più importante residenza viennese della Casa d’Austria-Este.15 Fu qui infatti che visse in esilio l’ultimo duca di Modena, Francesco V.16 Il duca si ritirò nel Gartenpalais di Landstrasse con la moglie Adelgonda di Wittelsbach a seguito della caduta del Ducato di Modena (1859) e qui visse fino alla sua morte, avvenuta il 20 novembre 1875.17

I primi anni dell’Ottocento, come è ben noto, furono assai difficili per l’Impero asburgico, in forte crisi dopo la pace di Presburgo (1805). Nonostante il ricco patrimonio a disposizione, anche gli Asburgo d’Este dovettero affrontare forti criticità. Alle guerre della terza coalizione antinapoleonica presero parte anche Massimiliano e Ferdinando Carlo d’Austria-Este, da poco usciti dall’Accademia militare di Wiener Neustadt. Essi si distinsero nella campagna di Germania del 1805, a Ratisbona, Ulma e Linz, ma la guerra fu persa e si concluse con l’occupazione francese di Vienna, che costrinse la famiglia imperiale a rifugiarsi a Buda. Napoleone decretò così, nel 1806, la dissoluzione del millenario Sacro Romano Impero, dalle cui ceneri sorse l’Impero d’Austria. Nello stesso anno le condizioni di salute dell’arciduca Ferdinando andarono aggravandosi e la vigilia di Natale del 1806 il figlio cadetto dell’imperatrice Maria Teresa morì nel suo palazzo di Minoritenplatz. La morte del marito fu ovviamente un colpo durissimo per Maria Beatrice e privò la famiglia del suo principale punto di riferimento.

Nel giro di breve tempo però le sorti del casato austro-estense si capovolsero; Maria Beatrice d’Este e i propri figli conobbero un’insperata quanto rapida ascesa alla corte imperiale. Nel 1807 anche l’imperatore d’Austria Francesco I d’Asburgo-Lorena rimase vedovo e subito dopo si mise alla ricerca di una nuova moglie. La terribile situazione dell’Impero asburgico, in larga parte occupato dei Francesi, suggeriva la ricerca di una sposa all’interno della famiglia e Francesco I scelse così sua cugina Maria Ludovica d’Austria-Este, la figlia più giovane di Maria Beatrice. Le nozze furono celebrate nella Augustinerkirche il giorno dell’Epifania del 1808 e ad officiare fu il vescovo Carlo Ambrogio d’Austria-Este, fratello della sposa.18

Divenuta imperatrice d’Austria e regina di Ungheria, la giovane Maria Ludovica non si limitò ad un ruolo meramente formale e si adoperò anzi per favorire l’ascesa dei propri fratelli, a cominciare da Carlo Ambrogio, già avviato ad una brillante carriera ecclesiastica. In riferimento ai rapporti tra Estensi e Ungheria la figura di Carlo Ambrogio d’Austria-Este riveste un particolare rilievo, in quanto si tratta di un discendente della Casa d’Este elevato alla dignità di Primate d’Ungheria. Notizie biografiche su Carlo Ambrogio sono presenti nel Biographisches Lexikon di Constantin von Wurzbach, in cui vengono particolarmente elogiate la preparazione teologica, l’amore per le arte e le grandi virtù morali di questo giovane prelato del casato austro-estense.19 Ottavo e penultimo figlio di Maria Beatrice e Ferdinado d’Austria-Este, nacque a Milano il 2 novembre 1785 e ben presto venne avviato alla carriera ecclesiastica. L’invasione francese lo portò a Wiener Neustadt, dove si stabilì con la madre Maria Beatrice e la sorella Maria Ludovica dal 1798. La minaccia napoleonica sulla stessa Austria lo condusse nella più sicura Ungheria, fino a Szerencs, non lontano da Miskolc, dove poté proseguire i suoi studi di teologia. La sua carriera fu comunque assai rapida, in quanto ancora giovanissimo divenne vescovo di Vác, diocesi di cui era stato precedentemente nominato amministratore.20 Fu però l’ascesa al trono della sorella Maria Ludovica a proiettarlo ai vertici della gerarchia episcopale della Chiesa ungherese; fu Carlo Ambrogio ad officiare le nozze dell’imperatore Francesco I con la sorella il 6 gennaio 1808 e appena due mesi dopo, il 16 marzo, ottenne la prestigiosa nomina ad arcivescovo di Esztergom, la sede primaziale d’Ungheria.21 La cerimonia di consacrazione a Primate d’Ungheria ebbe luogo ad Esztergom il 24 luglio seguente, per mano dei vescovi di Eger, Győr e Szombathely. In quanto arcivescovo Primate della Chiesa ungherese, fu Carlo Ambrogio ad incoronare regina di Ungheria la sorella Maria Ludovica il 7 settembre 1808, nel corso della solenne cerimonia di incoronazione che si svolse, come di consueto, a Presburgo, nella cattedrale di San Martino di Presburgo. Il 6 ottobre seguente, inoltre, a Vienna consacrò la cappella privata della Casa d’Austria-Este nel palazzo giardino di Landstrasse, cappella simbolicamente dedicata alla “Fuga in Egitto” a ricordo dell’esilio della famiglia. Carlo Ambrogio d’Austria-Este però fu primate della Chiesa di Ungheria per poco più di un anno; all’inizio del 1809 infatti ripresero le ostilità con Napoleone, che però ebbe trionfò nuovamente occupando Vienna una seconda volta. Come già nel 1805, la corte asburgica riparò in Ungheria, le cui città divennero di fatto la retrovia del fronte. L’Ungheria divenne dunque meta dell’aristocrazia sfollata nonché dei feriti dell’armata imperiale e in breve tempo alla minaccia di un’aggressione francese e della carestia incombente si aggiunse il tifo. In un simile contesto l’arcivescovo Primate di Ungheria, come ci ricorda Konstantin von Wurzbach, mostrò grande senso del dovere e non esitò a manifestare la propria vicinanza ai soldati delle truppe asburgiche ricoverati nei lazzaretti ungheresi; durante le visite agli ospedali militari, però anch’egli finì per contrarre il tifo e il 24 settembre 1809, a Tata, morì a soli 24 anni. In quanto primate di Ungheria fu in seguito tumulato nella cattedrale di Esztergom, dove Giuseppe Pisani realizzò lo splendido monumento funebre che si conserva ancora oggi.22

La ripresa della guerra era stata appoggiata con fervore dall’imperatrice Maria Ludovica, acerrima nemica di Napoleone, le cui armate la avevano costretta, ancora bambina, ad una precipitosa fuga dall’Italia. Maria Ludovica, malgrado la giovane età e le sue origini straniere, cercò di svolgere un ruolo attivo nella politica asburgica; fin dall’inizio del suo regno, ella allacciò relazioni con i circoli militaristi, sostenendo la ripresa delle ostilità contro Napoleone. Sposando l’imperatore Francesco I, Maria Ludovica era divenuta matrigna della sua amica Maria Luigia, quasi sua coetanea. Come è ben noto, Maria Luigia sarebbe divenuta di lì a breve imperatrice dei Francesi per poi vedersi assegnare, in seguito, il Ducato di Parma e Piacenza dalle potenze del Congresso di Vienna. Maria Ludovica cercò di instillare il proprio odio verso Napoleone nella figliastra, senza immaginare che nel giro di pochi mesi la politica del Metternich avrebbe condotto Maria Luigia alle Tuileries. L’imperatrice d’Austria nutriva progetti ben diversi per la figliastra; narrano infatti i biografi di Maria Luigia che tra 1809 e 1810, durante i lunghi mesi trascorsi in Ungheria, la figlia del monarca austriaco sarebbe stata molto vicina a sposare Francesco d’Austria-Este, il futuro duca di Modena.23 Era desiderio della giovane imperatrice che il proprio fratello maggiore, a capo del casato austro-estense ormai da anni, divenisse genero dell’imperatore d’Austria. I piani del Metternich, tuttavia, fecero sfumare queste nozze.

La guerra del 1809 vide nuovamente la famiglia imperiale rifugiarsi in Ungheria, come già nel 1805. I fatti sono noti: dopo un’iniziale occupazione della Baviera, le truppe austriache furono respinte dai Francesi, i quali con una rapida controffensiva occuparono Vienna. Ai primi di maggio del 1809 l’imperatrice Maria Ludovica, con la madre Maria Beatrice e con i propri figliastri, lasciò Vienna per l’Ungheria. La famiglia imperiale raggiunse Győr e di lì Buda, dove il castello a dominio del Danubio rappresentava un sicuro baluardo contro i Francesi. Seguirono Maria Beatrice in Ungheria i figli Carlo Ambrogio e Francesco d’Austria-Este; i diari di quest’ultimo, il futuro duca Francesco IV, ben documentano i viaggi in Ungheria del 1809–1810;24 grazie a questa fonte sappiamo che l’arciduca viaggiò a più riprese dall’ovest all’est del paese, spostandosi spesso tra Buda e Gran Varadino, dove aveva trovato riparo la sua anziana madre.

I fratelli maggiori dell’imperatrice, Ferdinando Carlo e Massimiliano, inquadrati nello stato maggiore austriaco, presero parte ai duri scontri con le truppe francesi ad Aspern ed Essling, alle porte di Vienna. Le truppe dell’arciduca Carlo riuscirono a bloccare l’avanzata francese, ma lo scontro decisivo avvenne a Wagram (5–6 luglio 1809), dove le truppe austriache furono battute. Seguì la pace di Schönbrunn del 14 ottobre 1809, con cui l’Austria dovette accettare condizioni durissime e la perdita di gran parte del proprio territorio.

In una simile situazione l’imperatrice Maria Ludovica e la madre Maria Beatrice restarono ancora Ungheria. I nuovi successi francesi le avevano indotte a lasciare Buda per spostarsi più ad est, ad Eger. Ancora più lontano si era spinta l’ormai anziana Maria Beatrice d’Este, che trovò rifugio a Grosswardein, in Transilvania. Qui l’Estense trascorse quasi tutto il 1809 e parte dell’anno seguente, rientrando a Vienna solo nell’estate del 1810. Sebbene al sicuro dai Francesi, l’arciduchessa in Ungheria dovette però sopportare un durissimo colpo, ovvero la morte del figlio Carlo Ambrogio, che come già ricordato morì di tifo a Tata il 2 settembre 1809. Nonostante il lutto e i disagi, Maria Beatrice così come tutto il resto della famiglia imperiale si trattennero in Ungheria ancora parecchi mesi. Il loro soggiorno ungherese al riparo dai Francesi si protrasse comunque ancora per vari mesi.25

I diari di viaggio di Francesco IV documentano i viaggi dell’arciduca tra Buda, Gran Varadino e Vienna, dove egli rientrò prima della madre per poter meglio curare gli affari di famiglia. Verso la fine del 1809 Francesco decise di mettere in vendita lo Stadtpalais della Minoritenplatz mentre la madre si trovava ancora a Gran Varadino. Nel marzo 1810 l’arciduca Francesco vendette il Palais Ulfeld al conte Paumgarten per la somma di 570.000 fiorini.26

La vendita della residenza di Minoritenplatz lasciava senza un palazzo di città l’arciduchessa Maria Beatrice, ormai prossima a rientrare a Vienna dopo un anno in Ungheria. Fu così che già dalla Transilvania l’arciduchessa incaricò Alois Pichl di mettersi alla ricerca di un nuovo Stadtpalais. L’architetto di fiducia individuò così il magnifico palazzo Dietrichstein della Herrengasse, a pochi metri della precedente abitazione di Minoritenplatz. Il palazzo fu acquistato da Maria Beatrice il 9 maggio 1811 per la somma di 284.000 fiorini.27 Il Palais Dietrichstein della Herrengasse, attuale sede del Ministero degli Interni, è noto ancora oggi come Palais Modena.28 Il passaggio dalla Minoritenplatz alla fastosa residenza dei principi Dietrichstein è una chiara spia dell’ascesa politica, sociale e patrimoniale del casato austro-estense a Vienna sancita dalle nozze di Maria Ludovica con l’imperatore.

Maria Beatrice abitò in Herrengasse a partire dal 1813, ma continuò spesso a risiedere anche nel Gartenpalais di Landstrasse. Con la vittoria su Napoleone l’arciduchessa Maria Beatrice poté rientrare stabilmente a Vienna e dedicarsi all’amministrazione dei propri beni nonché al governo degli Stati di Massa e Carrara, che le furono restituiti dal Congresso di Vienna. Il giubilo per la sospirata vittoria su Napoleone fu però offuscato dalla prematura morte della figlia, l’imperatrice Maria Ludovica, che si spense a Verona nell’aprile 1816 a causa di una malattia polmonare. Gli anni successivi al Congresso di Vienna la videro comunque spesso in Italia, soprattutto alla corte di Modena, presso il figlio Francesco IV. La morte la colse nel “Giardino” di Landstrasse il 15 novembre 1829.

Alla morte di Maria Beatrice il palazzo di città della Herrengasse passò a Francesco IV, mentre il palazzo giardino di Landstrasse toccò a suo fratello, l’arciduca Ferdinando Carlo, già governatore militare in Ungheria. Il palazzo di città fu venduto all’imperial-regio Governo nel 1842, mentre il palazzo giardino passò nel 1850 al duca Francesco V, che lo elesse a propria residenza ufficiale negli anni dell’esilio, dopo il 1859. La coppia ducale in esilio trascorreva gli inverni a Vienna e le estati al castello di Wildenwart in Baviera, ma soggiornava talora anche a Sárvár, che apparteneva ancora al casato austro-estense.29 A seguito della scomparsa del duca, la signoria di Sárvár passò all’ultima erede diretta della Casa d’Austria-Este, Maria Teresa Enrichetta (1849–1919), figlia di un fratello minore di Francesco V. Il castello di Sárvár legò così il proprio nome alla Casa reale bavarese, in quanto Maria Teresa Enrichetta d’Austria-Este aveva sposato nel 1867 Luigi di Wittelsbach, re di Baviera col nome di Luigi III dal 1913 al 1918. Esiliati a seguito della Prima guerra mondiale, l’anziano re Luigi III e Maria Teresa Enrichetta trascorsero parte dei loro ultimi anni proprio a Sárvár; fu qui, presso l’antico castello Nádasdy, che nel 1922, vedovo da tre anni, si spense l’ultimo re di Baviera.


  1. Oltre che con gli Asburgo, gli Estensi si imparentarono strettamente con la Casa reale di Baviera. Alle nozze di Maria Leopoldina con l’Elettore bavarese seguirono, infatti, nel corso dell’Ottocento, il matrimonio di Francesco V d’Austria-Este con Adelgonda di Wittelsbach e le nozze di Maria Teresa Enrichetta con il futuro re di Baviera Luigi III. Vanno poi ricordate le unioni matrimoniali delle due sorelle di Francesco V rispettivamente con il conte di Chambord, erede legittimista di Francia, e il pretende carlista al trono di Spagna.↩︎

  2. L’Archivio di Stato di Modena conserva un piccolo fondo denominato Signoria di Arad. Questo complesso archivistico contiene le carte di amministrazione dei feudi di Arad e Jenő ed è costituito da bb. 4 e reg. 1 riferiti agli anni 1741–1777.

    Riferimenti ai domini ungheresi degli Estensi sono presenti in: T. M. Osio, Il testamento del vescovo Giuliano Sabbatini (1757): inventario dei beni, lasciti, contestazioni sull’eredità, in “Atti e Memorie della Deputazione di Storia patria per le Antiche Provincie Modenesi”, s. XI, XLIII (2021), pp. 121–152.↩︎

  3. L. Righi Guerzoni, Il “Grande Affare” matrimoniale con la casa d'Austria (1753). Il Principe Ercole Rinaldo d'Este alle corti di Vienna, Dresda, Monaco e alla battaglia di Praga (1757), in “Atti e Memorie della Deputazione di Storia patria per le Antiche Provincie Modenesi”, s. XI, XXXVIII (2016), pp. 169–182.↩︎

  4. Dalla coppia arciducale nacquero anche altri figli, fra cui ricordiamo la primogenita Maria Teresa d’Austria-Este, futura regina di Sardegna, e Maria Leopoldina, divenuta Elettrice di Baviera a seguito delle sue nozze con Carlo Teodoro di Wittelsbach.↩︎

  5. Sul patrimonio immobiliare degli Asburgo d’Este a Vienna si rinvia ai seguenti studi: R. Pallotti, I Palais Modena di Vienna. Gli Asburgo d’Este nella capitale imperiale, in “Atti e Memorie della Deputazione di Storia patria per le Antiche Provincie Modenesi”, s. XI, XLIII (2021), pp. 185–230; G. Mayer, Maria Beatrice d’Este (1750–1829) als Auftraggeberin zwischen Italien und Österreich, tesi di laurea magistrale, Università di Vienna, Facoltà di Studi storici e culturali, Vienna 2012.↩︎

  6. J. Sisa, Alois Pichl in Ungarn. Die Tätigkeit eines Wiener Architekten in Ungarn während der ersten Hälfte des 19. Jahrhunerts, in «Acta Historiae Artium», XXVIII (1982), pp. 67–116.↩︎

  7. Le notizie su Sárvár sono qui ricavate da: Sisa, Alois Pichl, cit., p. 79. Vedi anche: H. Takács, A Sárvári vár (Die Burg in Sárvár), Budapest 1957, p. 22.↩︎

  8. ASMo, Archivio Austro-Estense di Vienna, Parte V, b. VI.

    La Parte V dell’Archivio Austro-Estense comprende la documentazione prodotta da Francesco IV, fra cui i suoi diari di viaggio, mentre la Parte VI conserva le carte di suo figlio Francesco V. La Parte I del fondo contiene invece gli Atti di famiglia, ovvero investiture, contratti nuziali, trattati ed altri documenti di interesse politico-dinastico in parte risalenti anche al medioevo. Queste serie furono trasferite a Vienna da Francesco V alla caduta del Ducato e nel 1921 vennero consegnate allo Stato italiano. Le Parti I, V, VI si trovano quindi a Modena, mentre le Parti II, III, IV sono conservate a Vienna; queste ultime sono ovviamente parte integrante dell’Archivio Habsburg-Este, compreso tra i fondi dello Haus,-Hof-und Staatsarchiv di Vienna. Il fondo Habsburg-Este conserva i carteggi famigliari di Maria Beatrice e del marito così come gli atti relativi all’amministrazione del patrimonio immobiliare viennese. Per la storia dell’Archivio Habsburg-Este si rimanda al Gesamtinventar des Wiener Haus, Hof-und Staatsarchivs, vol. 2: Das habsburg-lothringische Hausarchiv, a cura di F. von Reinöhl, Vienna 1937, pp. 58–62.↩︎

  9. ASMo, Archivio Austro-Estense di Vienna, Parte V, b. VI, fasc. II, ins. R↩︎

  10. Ibidem, fasc. II, ins. B.↩︎

  11. Ibidem, fasc. II, ins. A.↩︎

  12. Studio molto importante per le transazioni patrimoniali di Maria Beatrice e il suo ruolo di committente e patrona di artisti è la tesi di laurea dello storico dell’arte austriaco Gernot Mayer, Maria Beatrice d’Este (1750–1829) als Auftraggeberin zwischen Italien und Österreich, contributo citato a nota 2.↩︎

  13. Il legame degli Austria-Este con il palazzo di Landstrasse è testimoniato anche dalla toponomastica cittadina; infatti, già al tempo di Francesco V, la città di Vienna rese omaggio agli Asburgo d’Este intitolando la via del Gartenpalais Modena a Maria Beatrice, nonna del duca; la “Raabengasse” assunse così la attuale denominazione di “Beatrixgasse”, che rievoca la presenza austro-estense.↩︎

  14. W. G. Rizzi, Vom Gartenhaus Stockhammer zur Residenz des Herzogs von Modena, in C. Jäger-Klein, A. Kolbitsch, Fabrica et ratiocinatio in Architektur, Bauforschung und Denkmalpflege: Festschrift für Friedmund Hueber zum 70. Geburtstag,, Vienna,/Graz 2011, pp. 255–271.↩︎

  15. Sulla storia del Gartenpalais Modena si rinvia a Pallotti, I Palais Modena, cit., pp. 203–213; Mayer, Maria Beatrice, cit., pp. 24–26.↩︎

  16. Il palazzo di Landstrasse divenne così sotto Francesco V la sede del governo ducale austro-estense in esilio, che rimase formalmente in carica fino al 1867, quando dovette cessare dal servizio anche la Legazione Estense di Vienna, avente sede nello stesso Gartenpalais. Sulla Legazione Estense di Vienna si veda A. Menziani, Le relazioni degli Stati Estensi con l’estero dal 1814 al 1866. Rassegna e profili istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e consolari, in Le relazioni della casa austro-estense con l’estero, a cura di A. Spaggiari, con testi di A. Menziani e A. Spaggari, Modena, Aedes Muratoriana, 2006, pp. 60–61.↩︎

  17. Su Francesco V si rinvia a E. Bianchini Braglia, L’ultimo Duca. Francesco V d’Austria-Este, Modena 2019.↩︎

  18. Seguirono giorni di festa in onore degli augusti sposi. Il 7 gennaio furono ricevuti gli Stati ungheresi e il 9 andò in scena l’Armida di Gluck al Kärntnertortheater. La sera seguente ebbe luogo un gran ballo in maschera alla Hofburg. Notizie sulle nozze dell’imperatore Francesco I con Maria Ludovica in F. Herre, Maria Luigia. Il destino di un’Asburgo da Parigi a Parma, Milano 1998, pp. 33–35.↩︎

  19. C. von Wurzbach, Biographisches Lexikon des Kaiserthums Österreich, vol. 4: Egervári-Füchs, Vienna 1858, p. 88.

    Fra i profili biografici più recenti si vedano: Die Bischöfe der Donaumonarchie 1804 bis 1918. Ein amtsbiographisches Lexikon, a cura di R. Klieber, con la collab. di P. Tusor, vol. I, Berlino 2020, pp. 21–22, 237, appendice, tav. 2. Si veda anche: C. Latorcai, Egy Habsburg a prímási székben– Lotharingiai Károly Ambrus esztergomi érseksége, in «Magyar Sión», XLVI (2009/2), pp. 262–272 (risorsa web: http://epa.oszk.hu/01300/01397/00006/pdf/MSion_2009_02_262–272.pdf).↩︎

  20. Die Bischöfe, cit., p. 237; Latorcai, Egy Habsburg, cit., p. 263.↩︎

  21. Die Bischöfe, cit., pp. 21–22; Latorcai, Egy Habsburg, cit., pp. 265–266.↩︎

  22. Latorcai, Egy Habsburg, cit., p. 272.↩︎

  23. Notizie su Francesco d’Austria-Este e Maria Luigia, futuri sovrani dei ducati padani, durante l’esilio ungherese del 1809–10 in Herre, Maria Luigia, cit., pp. 44–46.↩︎

  24. ASMo, Archivio Austro-Estense di Vienna, Parte V, b. VI, fasc. III, inss. A, C.↩︎

  25. La stessa Maria Luigia ancora nel gennaio del 1810 si trovava a Buda con la matrigna per sfuggire da Napoleone, il quale, nel giro di poche settimane, sarebbe diventato suo consorte (Vedi Herre, Maria Luigia, cit.).↩︎

  26. Pallotti, I Palais Modena, cit., p. 199. L’atto di vendita è conservato in HHStA, Habsburgisch-Estensisches Hausarchiv, K. 347, come indicato in Mayer, Maria Beatrice, cit., p. 22.↩︎

  27. Pallotti, I Palais Modena, cit., p. 199. L’atto di vendita è conservato in HHStA, Habsburgisch-Estensisches Hausarchiv, KK. 147, 228, come indicato in Mayer, Maria Beatrice, cit., p. 22.↩︎

  28. S si trattava di una delle residenza gentilizie più in vista della città, ricca di tesori artistici e vicinissima alla Hofburg. Si veda: R. Perger, W. G. Rizzi, Das Palais Modena in der Herrengasse zu Wien, Vienna 1997.↩︎

  29. Narra il conte Teodoro Bayard de Volo, principale amico e collaboratore di Francesco V, che “… Wildenwart era divenuto l’usuale loro abitazione estiva, il che non impediva al Duca di fare ogni anno una o due corse a Chlumez ed altrettante a Sarvar, ed alla Duchessa di passare sempre qualche settimana in alcuno dei castelli de’ suoi reali Congiunti in Baviera. Così del pari il loro palazzo nella Landstrasse a Vienna accoglievali in tempo di autunno avanzato e d’inverno, e ciò senza pregiudizio di geniali assenze o a Frohsdorf presso la sorella ed il Cognato od a Praga presso l’Imperatore Ferdinando e la Zia Imperatrice Marianna, od a Gratz presso l’infante Maria Beatrice” (Vita di Francesco V duca di Modena (1819–1875) scritta dal conte Teodoro Bayard de Volo, vol. III, Modena, Aedes Muratoriana, 1983).↩︎