Verbum – Analecta Neolatina XXIII, 2022/2
ISSN 1588-4309; ©2022 PPKE BTK
Abstract
The relationships between the Hungarian-Bohemian kings Vladislaus II (1490–1516) and his son Louis II (1516–1526) and certain Italian states can be characterised by the number and distribution of the envoys sent and received. Milan, Florence and Naples were occasional, while the Holy See and Venice were regular destinations of the Hungarian diplomats. In the case of the former, relations were largely determined by the dynastic ties that King Matthias Corvinus had established or sought to establish, and then they were cut (the remarriage of the widowed Queen Beatrix to Vladislaus II and their curial divorce, lasted until 1500). Florence’s connections extended to commercial interests. With the Pope and Venice there was a reciprocal, balanced ambassadorial presence, also because of the common Ottoman threat, but on the Hungarian side an ‘ultramontane’, more archaic system of ad hoc missions, based on personal specialisation, can be compared with a hierarchical and representational diplomatic organisation with long-term assignments.Oggigiorno l’esame dei rapporti diplomatici viene considerato un elemento delle ricerche più ampie sulla storia delle relazioni tra Paesi. Questa concezione può essere utile nella presentazione dei rapporti molteplici tra due Paesi. Nel mio saggio, invece, mi concentro esclusivamente sulla comunicazione politica a livello superiore, ossia su un solo elemento: l’invio e l’accoglienza degli ambasciatori tra alcuni stati italiani e il Regno d’Ungheria nei trentasei anni che intercorrono tra la morte del re Mattia Corvino (1490) e la sconfitta di Mohács (1526), che segnò la fine del Medioevo ungherese. Questo periodo può essere interpretato solo dal punto di vista storico ungherese: copre i regni di due re, padre e figlio del ramo ungherese-ceco della dinastia Jagello, Vladislao II (1490–1516) e Luigi II (1516–1526).
Perché prendo dunque in considerazione solo gli ambasciatori? Perché l’invio degli ambasciatori è il livello superiore della creazione dei legami diplomatici tra due paesi, ovviamente senza contare l’incontro personale dei sovrani. Ovunque mandassero un inviato, era considerato un importante sodalizio. Se solo scrivevano una lettera all'altra parte, in quel periodo veniva inviata anche tramite un corriere, dunque il rapporto aveva sicuramente un carattere personale. L’intensità e la ripartizione dell’invio e dell’accoglienza degli ambasciatori delineano quindi anche il modello delle relazioni.1 Prima della mia analisi – che è solo abbozzata – premetto quattro cose. Primo, essendo la politica estera primariamente dinastica nel medioevo e nella prima età moderna, parlerò della politica estera di sovrani e non di stati, anche se menzionerò i Paesi coinvolti. Secondo, nell’epoca non esisteva ancora il concetto di sovranità; praticamente chiunque avesse abbastanza autorità, potere, possibilità e naturalmente soldi, poteva mandare degli ambasciatori. Nella mia analisi, tuttavia, tengo presente primariamente il restringimento dato dalla concezione di sovranità, non parlerò quindi, per esempio, degli ambasciatori della regina Beatrice, vedova di Mattia Corvino (†1508).2 Terzo, all’epoca non era precisamente definito chi potesse identificarsi come ambasciatore. La serie di relazioni scoperte dal Gruppo di Ricerca Vestigia, per esempio, proveniva dai deputati residenti in Ungheria di Ippolito d’Este, arcivescovo di Esztergom, poi vescovo di Eger, ma secondo i nostri termini di oggi loro non potrebberro essere considerati ambasciatori.3
In quarto e ultimo luogo devo menzionare “il mito” delle legazioni permanenti. Applicando i termini diplomatici dell’età moderna si crede che, a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento, ci fosse il periodo delle legazioni permanenti, mandate in un solo luogo.4 In realtà in quest’epoca le ambascerie permanenti sono rarissime fuori dall’Italia. I trattati dell’epoca dissertano sul fatto che le legazioni solenni sono missioni casuali, di genere ad-hoc, solo gli amministratori si trovano costantemente nelle corti dei sovrani. La situazione cambiò in Europa alla fine del Cinquecento.5 È quindi importante rendersi conto che, in questo senso, l’Italia sia un’eccezione. Fritz Ernst, in un suo articolo del 1951, offrì un modello divenuto poi utile che distingue tre categorie, che Ernst considerava successive nel tempo e interdipendenti, adesso siamo portati a tenerle tutte distinte. Dunque la prima categoria è l’ambasceria rappresentativa e casuale, la seconda è un tipo di ambasceria “comunicativa” di una durata più lunga e che abbracciava più temi, la terza è un tipo di ambasceria stabilizzata e rappresentativa.6 Come vedremo, le missioni casuali erano la norma all’epoca, quelle prolungate, comunicative e stabilizzate sono quindi da considerarsi qualcosa di eccezionale.
Vediamo ora lo spazio relazionale europeo dal punto di vista del re ungherese-ceco.7 Vladislao II e Luigi II mandavano ambasciatori in 15 centri di potere. I partner destinatari si dividono in due gruppi: le corti visitate occasionalmente e quelle ricorrentemente, normalmente più di 10 volte. I partner ricorrenti, oltre la Santa Sede Apostolica, erano esclusivamente i paesi vicini. Per quanto riguarda l’Italia era designata la Repubblica di Venezia, mentre Milano, Firenze e Napoli erano potenze visitate solo occasionalmente.8
Destinazione | n. | Destinazione | n. |
---|---|---|---|
Sacro Romano Impero | 55 | Repubblica di Ragusa | 3 |
Regno di Polonia | 35 | Repubblica di Firenze | 2 |
Impero Ottomano | 32 | Regno d’Inghilterra | 2 |
Repubblica di Venezia | 22 | Granducato di Muscovia | 2 |
Santa Sede | 17 | Cavalieri di Rodi | 2 |
Moldavia | 13 | Ducato di Milano | 1 |
Valacchia | 7 | Regno di Napoli | 1 |
Regno di Francia | 4 |
Tavola 1. Destinazioni delle ambasciate ungheresi (1490–1526). – Gli stati italiani sono elencati in grassetto. Fonte dei dati: B. Lakatos: ‘A király diplomatái… I e II.’, op.cit.: passim. Per il Sacro Romano Impero, ho contato le ambasciate inviate all’imperatore, all’assemblea imperiale (Reichstag) e a certe zone dell’Impero (Baviera, Austria, Brandeburgo). Il Regno di Polonia è incluso con il Granducato di Lituania (non c’era un inviato separato al Granducato di Lituania dal re ungherese-ceco). Ho preso solo le date sicure. Il segno n. = numero delle ambasciate (e non il numero degli ambasciatori, poiché un’ambasciata era talvolta composta da più persone).
La stessa immagine si profila organizzando i Paesi destinati e organizzati in scala discendente. Nella politica estera, tra gli stati italiani, la Signoria di Venezia fu partner 22 volte e il Santo Padre 17 volte, mentre Milano, Firenze e Napoli solo una o due volte adeguatamente ai summenzionati. Inoltre, come vedremo, di queste ultime missioni le ambasciate a Firenze sono state effettuate alla fine del periodo studiato, nel 1522 e nel 1525, quelle a Milano e a Napoli, invece, nel 1491 e nel 1493.
Questa rappresenta, tuttavia, solo una delle facce della medaglia. Nel segno della vicendevolezza è necessario esaminare anche gli ambasciatori inviati dall’estero alla corte ungherese. Quanto è stato equilibrato il numero di ambasciate inviate e ricevute?
Gli stati italiani offrono buoni esempi per esaminare la questione. Tra i cinque poteri più notevoli della Penisola italiana – nel periodo successivo alla pace di Lodi (1454), fino all'inizio delle grandi guerre in Italia (1494–1559) vale la pena trattare separatamente Roma e Venezia, perché i rapporti con gli altri stati italiani erano caratterizzati principalmente da legami dinastici, stretti o desiderati da Mattia Corvino9 e, dopo la sua morte, dall’eliminazione di essi: dal problema del matrimonio non consumato della regina vedova Beatrice d’Aragona con Vladislao II (che oggi sarebbe chiamato uno scandalo internazionale), dal loro processo di divorzio prolungato alla Curia Romana fino al 150010 e, nello stesso tempo, dalla questione del matrimonio reale ungherese della duchessa Bianca Maria Sforza, una volta fidanzata con János Corvin. Firenze invece restò fuori anche da questo cerchio. Per i dati sulle ambasciate discusse qui di seguito, si veda l’Appendice.
Vediamo questi legami dinastici da più vicino. Fin dall’inizio del processo di divorzio furono inviati da Napoli in Ungheria, in favore di Beatrice, più ambasciatori, mentre Vladislao II mandò solo una volta a Napoli, nel gennaio del 1493, il vescovo Antal Sánkfalvi, che viaggiò a Roma attraverso Venezia e, alla Curia, prese parte al processo.11 Non tratterò qui degli inviati e dei delegati della regina Beatrice a Napoli, Ferrara e Venezia. Siccome la regina Beatrice fu la cognata di Ercole duca di Ferrara tramite Eleonora, sua sorella, si ebbe una legazione del 1490 e 1491 da Ferrara che non fu costituita dagli agenti già menzionati dell’arcivescovo Ippolito, ma fu direttamente mandata alla corte reale.12 L’incarico del vescovo di Adria, Nicolò Maria d’Este, nipote del duca Ercole e quelli di Armano de Nobili servirono per il saluto d’onore al nuovo re, per comprendere il valore effettivo del suo matrimonio con la regina Beatrice e perla difesa degli interessi d’Ippolito. Due rapporti finali sull'ambasciata sono sopravvissuti con più o meno lo stesso contenuto. Dopo alcuni mesi di prigionia a Zagabria, ritornarono a seguito di varie peripezie, nella primavera e nell’estate del 1491, senza maggiori risultati.13 Non siamo invece a conoscenza delle legazioni mandate direttamente dal re ungherese ai duchi di Ferrara.
Tutto questo fu colorato dal tiremmolla diplomatico con il Ducato di Milano. L’ambasciatore Maffeo di Treviglio, mandato alla corte di Mattia Corvino da Milano nel 1485, originalmente lavorava per la realizzazione del matrimonio di János Corvin e Bianca Maria Sforza14 e, al tempo della morte di Mattia Corvino, fu alla corte a Vienna. Nella nuova situazione restò in Ungheria fino all’estate del 1491 e fece trattative sul matrimonio di Bianca Maria e Vladislao, comunicando soprattutto con il cancelliere ungherese, Tamás Bakóc.15 Anche dopo il suo ritorno rimase in contatto con la corte di Buda: le trattative segrete continuarono, attraverso corrispondenze, fino all'autunno del 1492 grazie alla mediazione dell’abate di San Mercuriale di Forlì e, nel contempo, del governatore dell’abbazia benedettina di Pécsvárad, Nicolò Bartolini. Nel frattempo due altri ambasciatori arrivarono in Ungheria da Milano, Rafaello de la Caude e Paolo Lanterio. Alla fine, per le conseguenze degli sviluppi avvenuti a Roma, la parte milanese fece un passo indietro sul matrimonio progettato e supportò Napoli, o meglio dire Massimiliano I, imperatore del Sacro Romano Impero, marito di Bianca Maria,16 al contrario di quanto accadde in occasione del divorzio di Beatrice e Vladislao. Dopo quest’occasione apparse una legazione milanese a Buda solo nel febbraio del 1500, non si è però a conoscenza di chi fossero gli ambasciatori. Quest’ambasceria è conosciuta con una sola data sporadica e finora non verificata. Vladislao II mandò a Milano un ambasciatore, il boemo Petrus Falco, che non è stato ancora identificato (forse un Petr Sokol z Mor, dal paese di Mory – membro di una famiglia di origine borghese della città di Louny in Boemia?), solo una volta per le trattative segrete sul matrimonio. Quella tra l’Ungheria e Milano, quindi, non è una relazione diplomatica continua.
La relazione diplomatica con la Repubblica di Firenze non era continua nemmeno all’epoca di Mattia Corvino.17 I contatti nell’epoca dei Jagelloni si limitarono alle interessenze commerciali tra fiorentini e ungheresi e, a questo proposito, devo menzionare le ricerche di Zsuzsa Teke, Krisztina Arany e Katalin Prajda, che si concentra più sulla prima metà del Quattrocento.18 Questi contatti non erano quindi generalmente di livello diplomatico, tranne in casi come nel gennaio del 1524, quando papa Clemente VII, della famiglia Medici di Firenze, indirizzò diversi brevi al legato Vio, al re Luigi II d’Ungheria e al cancelliere ungherese László Szalkai, riguardo ai beni confiscati e alla successione del mercante Pietro Corsellini, che era morto a Buda.19 Dall’epoca di Vladislao II ho una sola data sui rapporti con Firenze, ma neanche questa è di genere politico: nella primavera del 1498 Alexander Farmoser, di origine tedesca, pittore attivo a Firenze nonché “agente artistico” del re Mattia Corvino, sempre a Firenze, negli anni 1470 e 1480,20 viaggiò da Buda a Firenze su incarico del re per documentarsi sull’esistenza delle Corvine ordinate ancora da Mattia, ma non finite.21 Da parte ungherese abbiamo dati di ambascerie solo a partire dalla fine dell’epoca esaminata, dal 1522 e dal 1525. L’ambasciatore reale István Brodarics, nel suo viaggio a Roma, fece trattative anche a Venezia e a Firenze, chiedendo aiuto alla Repubblica di Firenze contro i turchi. Da Firenze, invece, non mandarono ambasciatori a Buda nell’epoca esaminata.
Ci occuperemo ora dei due poteri che ebbero relazioni continue, quindi la Santa Sede Apostolica e Venezia. La Curia Romana era una delle burocrazie meglio organizzate nell’Europa tardomedievale, il che è visibile anche nella sua diplomazia. La comunicazione tra la Santa Sede Apostolica e la parti (partes) della Res publica Cristiana non era separata dalle questioni del governo e della disciplina ecclesiastici né dai casi politici. In conseguenza del potere di capo della chiesa, giudiziario e spirituale del Santo Padre, anche i rapporti risultavano molto più vari, come se parlassimo di due poteri secolari. Dal punto di vista ungherese questo dato è stato confermato, negli ultimi anni, anche dalle ricerche di Tamás Fedeles e Gábor Nemes.22
La Curia fu il centro di potere di informazione più importante d’Europa anche nei primi anni del Cinquecento. Già András Kubinyi richiamò l’attenzione sul fatto che il papa avesse la possibilità di selezionare i propri diplomatici da tutto il territorio d’Europa, compresi i sudditi del re d’Ungheria. Risulta quindi evidente che, nella corte del sovrano ungherese-ceco, il Santo Padre sia stato rappresentato da ecclesiastici ungheresi.23
I gradi, il rango, la competenza e l’intitolazione degli ambasciatori furono già prestabiliti nel Quattrocento. I deputati più importanti erano i legati de latere, mandati in più Paesi e provincie, dotati di competenza nel governo ecclesiastico con il rango di cardinale. Per lo svolgimento degli avvenimenti casuali venivano mandati i nunzi (nuncii), normalmente vescovi. Qua dobbiamo distinguere il vescovo dotato della competenza di legato e quello “semplice”, che invece non la possedeva. In questo caso, in pratica, non c’erano differenze nell’intitolazione ma, per quanto riguarda l’importanza, si possono fare distinzioni. Il nunzio senza il potere del legato corrisponde all’oratore con poteri secolari, considerando che si tratta di un deputato casuale mandato in un luogo solo. Gli internunzi (internuncii) e i cavallari (cursori) avevano una posizione inferiore; questi ultimi normalmente erano magistrati della Curia che consegnavano una lettera papale.24 Nel periodo oggetto di studio, i delegati e gli inviati papali presso Vladislao II e Luigi II non comprendono le categorie di nunzio della competenza di legatus de latere e internuncius; Bernat Albisi è menzionato una volta nel 1515/16 come internunzio,25 ma è altrimenti indirizzato come nunzio.
Se consideriamo insieme la distribuzione cronologica degli inviati papali spediti al Regno d’Ungheria e degli inviati dal re d’Ungheria alla Curia Romana, emerge il seguente quadro: nel periodo esaminato si verificarono quattro missioni di legati intervallati da grandiiati nel tempo. Per la loro importanza dobbiamo aggiungere anche i tre nunzi dotati della competenza di legato. Con l’eccezione di Tamás Bakóc, tutti appartenevano alla frontiera della diplomazia della Santa Sede e, le loro missioni sono ben documentate ed esaminate – basti pensare, oltre a Vilmos Fraknói, anche alle opere di Antonín Kalous e di Wolfgang Untergehrer.26 Angelo Pecchinoli soggiornava in Ungheria, presso la corte di Mattia, a partire dal 1488 e la sua missione continuò anche all’epoca di Vladislao II.27 Nel nome del Santo Padre lo seguirono Orso Orsini dal 1493 al 1495, con il rango di nunzio, il legato Pietro Isvalies dal 1501 al 1503 e il nunzio Achille Grassi nel 1510. Tamás Bakóc fu legato per una durata di tempo dalla lunghezza record, dal 1513 fino al 1519 circa – non sappiamo precisamente la data finale.28 Si tenga tuttavia conto che, dopo l’insuccesso della ribellione dei crociati di Dózsa, il peso diplomatico della sua missione si limitò solo al livello formale. Alla fine delle loro missioni i legati Tommaso Vio e Lorenzo Campeggio ebbero un ruolo importante nella difesa antiturca.29 Le missioni dei legati si sovrappongono nel tempo a quelle dei nunzi e dei cursori, spesso precedendole o seguendole da vicino. Ci sono però diversi periodi (1491–1492, 1497–1498, 1505–1510, 1512, 1520–1523) in cui la Santa Sede non ha una missione diplomatica in Ungheria. L’assenza dei primi anni del 1490 può essere spiegata con il periodo di attesa, presso la Santa Sede, dovuto all’incertezza causata dalla lotta per il trono, il periodo più sorprendente è tuttavia quello tra il 1505 e il 1510, quando c’è meno attività da parte di Vladislao II, in particolare gli anni tra il 1505 e il 1507 sono trascorsi in completo “silenzio diplomatico”.
Tra i nunzi il barone Burgio, ossia Antonio Giovanni Buglio (l’unico personaggio secolare in questo servizio) fu ambasciatore in Ungheria in un’epoca importante. Le sue relazioni in lingua italiana sono ben note, anzi in Ungheria influenzavano il modo di pensare comune sulla battaglia di Mohács. Tra i nunzi Bernát Albisi, il sassone transilvano Jacobus Piso, il croato Simon Kožičić e il dalmato Johannes Stafileus e, nel rango di legato, anche il già menzionato Bakóc, furono sudditi del re ungherese.
Da parte ungherese, nel primo decennio del regno di Vladislao II, si vede una presenza culminante nella Curia Romana, con l’attività in contemporanea di più ambasciatori. Tutto ciò è una conseguenza del processo di divorzio. Un argomento ancora più importante e comune tra il re ungherese e il Papa, era il progetto di una crociata generale anti-ottomana e, oltre a ciò, il supporto finanziario apostolico della difesa contro i turchi sul confine ungherese.30 Alla fine dell’epoca esaminata, l’arcidiacono di Nógrád, Francesco Marsuppini, una volta familiare e agente a Roma di Bakóc, divenne deputato di Luigi II.31 Se in quest’epoca un ambasciatore si presentava dal Santo Padre da solo, come fece István Brodarics nel 1522 e nel 1525, Marsuppini doveva affiancarlo nel suo lavoro. Il periodo di mezzo è l’epoca delle legazioni casuali da parte ungherese; qua possiamo menzionare, oltre alle tre missioni a Roma di Péter Beriszló, anche quelle di Zsigmond Turzó e di Márton Atádi, nonché l’ambasceria dei nobili regnicoli, guidata da István Verbőci (Werbőczy) nel 1519. Quest’ultima ambasciata era eccezionale anche perché differiva da tutte le altre inviate alla Santa Sede che, solitamente, erano composte da chierici.32
Risulta importante anche il fatto che, con l’eccezione di un paio di casi, il re ungherese mandava dal Santo Padre esclusivamente deputati ecclesiastici. Per quanto riguarda la linea tra la Santa Sede e l’Ungheria, quindi, si vede una presenza di ambasciatori reciproca ed equilibrata. I dati mettono in evidenza anche il fatto che la minaccia ottomana, nell’epoca che precedeva Mohács, motivava entrambi gli stati all’attività.
La diplomazia veneziana era l’organo meglio strutturato dell’epoca. Aveva un carattere rappresentativo, operante con i deputati mandati in un luogo per un lungo periodo. L’incarico degli ambasciatori aveva una durata di due anni ma, sul posto ungherese, alcuni servirono per quattro anni. Si tenga tuttavia conto che un diplomatico non ritornava mai nello stesso luogo. Per quanto riguarda il loro incarico, distinguiamo gli oratori, gli oratori di compagnia o di secondo grado, mandati per motivi pratici, infine i segretari che potevano rappresentare la Signoria contemporaneamente o autonomamente.33 La frequenza delle loro relazioni dipendeva dagli accadimenti. A volte scrivevano lettere ogni settimana, ogni due settimane o ogni giorno. Le loro lettere, i dispacci, venivano letti e discussi al Collegio o davanti al Senato di Venezia, veniva poi preparata una risposta ogni settimana o ogni mese. Una parte delle relazioni mandate dall’Ungheria venne conservata in copie originali, questa corrispondenza è conosciuta anche dalla ricerca ungherese, ma solo in base ai compendi dei diari monumentali di Marin Sanudo. Sulla base delle ricerche di Vilmos Fraknói e Péter E. Kovács, conosciamo il corpus dei dispacci di Pietro Pasqualigo del 1509–1512, che furono compilati in un volume.34 L’oratore o il segretario, al suo ritorno, scriveva una relazione finale che leggeva davanti al Consiglio dei Pregadi. La relazione presenta le condizioni politiche precedenti della sede, riassumendole e concentrandosi sui personaggi politici e sui dati importanti dal punto di vista di Venezia.35 Queste relazioni finali vennero archiviate e furono utilizzate, anche in seguito, come materiale di appoggio. Questo è illustrato, per esempio, dal fatto che l’oratore Lorenzo Orio, nella sua stessa relazione, cita i suoi due predecessori, Pasqualigo e Alvise Bon.36
Per quanto riguarda Venezia rimane ancora da esaminare la missione di Marco Dandolo e Pietro Cappello negli anni 1490;37 si tratta del periodo che precede la serie di diari di Marin Sanudo, perciò ne sappiamo poco. La ripresa delle relazioni comincia nel 1501 con la preparazione della lega triplice veneziano-papale-ungherese. Prima mandarono un segretario, nella persona di Francesco de Zuecha o della Giudecca, poi un’ambasceria duplice. La morte di Vetor Soranzo portò ad un cambiamento anticipato del co-ambasciatore ed anche dell’oratore-compagno Pisani, che ritornò prima dell’oratore Giustiniani. Dal 1504 al 1510 da parte di Venezia si vedono solo deputati di rango minore, quindi segretari. La guerra della lega di Cambrai e la possibile partecipazione ungherese resero nuovamente attiva la diplomazia. Dal 1510 al dicembre 1523 Venezia stanziava ambasciatori presso la corte ungherese in maniera continuativa. Si trattava unicamente di diplomatici di prima linea della propria patria. Sebastiano Giustiniani e Pietro Pasqualigo, per esempio, erano già stati oratori presso il Sacro Romano Imperatore Massimiliano, il primo nel 1498, il secondo tra il 1505 e il 1507, così come all’epoca della guerra austriaca-ungherese del 1506. Alvise Bon fu assegnato alla corte di papa Clementino VII nel 1524 e Lorenzo Orio fu ambasciatore in Inghilterra nel 1525.38 L’unico a ritornare con il rango di segretario fu, in ambedue i casi, Vincenzo Guidoto. Siccome da Venezia, a quel tempo, non volevano inviare oratori, la sua missione si svolse dal 1523 al 1525.
Nella successione degli ambasciatori prima veniva accettata la supplica di dimissione dell’ambasciatore in carica, poi veniva eletto il successore che doveva accettare l’incarico. Fino all’arrivo del successore, l’ambasciatore restava ancora nella sua sede e presentava il suo nuovo collega al re. L’ambasciatore uscente riceveva regali dal re che, addirittura, lo poteva insignire della carica di cavaliere; nell’epoca esaminata quest’onore fu ottenuto da Marco Dandolo e Giovanni Badoer (Baduario),39 mentre il segretario Giovanni Francesco Benedetti rifiutò cortesemente il proprio cavalierato offertogli da Vladislao II, sostenendo che il re doveva riservare questo favore ai patrizi veneziani. Lorenzo Orio rifiutò invece la proposta di Luigi II nell'estate del 1519, appellandosi al suo dottorato.40 Prima dell’inizio del periodo preso qui in esame il re Mattia, due giorni prima della sua morte, fece cavaliere Domenico Bollani a Vienna, durante la domenica delle Palme del 1490.41 Gli ambasciatori veneziani ritornati, se non ottenevano un nuovo incarico diplomatico, ricevevano compiti nell’amministrazione dello stato. Sia dalla parte veneziana che da quella ungherese, tuttavia, contavano sulle loro esperienze e sui loro rapporti precedenti. Secondo i dati a disposizione sappiamo che, anni dopo, l’ex-ambasciatore mandato in Ungheria partecipava all’accoglienza degli ambasciatori dall’Ungheria e nelle trattative. Nella primavera dell’anno 1519, per esempio, diversi ex ambasciatori veneziani che erano stati precedentemente delegati presso il re ungherese, entrarono in contatto con la suddetta ambasciata ungherese guidata da István Verbőci, che era in viaggio verso la Santa Sede ma aveva anche visitato Venezia. Tra i membri del commissariato veneziano, che contava venti o ventidue persone ed era stato inviato a Mestre il 22 marzo per ricevere questa ambasciata, c’erano l’ex ambasciatore Giovanni Badoer e il futuro ambasciatore Lorenzo Orio, già nominato.42 Si tratta delle stesse persone che, il 24 marzo, erano state inviate a comunicare la risposta della Signoria.43 Il 25 marzo l’ambasciata ungherese non si presentò al Collegio, chiese tuttavia che alcuni delegati andassero a parlare con loro; uno dei nominati era Giorgio Pisani.44 Il 26 marzo Antonio Surian (ex ambasciatore) e Lorenzo Orio (inviato designato) sostennero insieme, presso il governo veneziano, la richiesta di Verbőci per una piccola reliquia di Sant’Elena.45
Le ambascerie mandate a Venezia da Vladislao II e Luigi II erano organizzate, rispetto alla pratica veneziana, secondo una struttura e una logica diverse. I loro ambasciatori vi trascorrono un breve periodo, normalmente un paio di settimane, con un incarico casuale, in particolare per facilitare il pagamento degli aiuti militari in contanti. Secondo la testimonianza di Sanudo gli ambasciatori ungheresi residenti a Venezia scrivevano e ricevevano lettere da Buda, ma non ne sappiamo di più. Nella stessa fonte troviamo molti dati sulla loro comitiva, sulla loro accoglienza, sul loro alloggio e sulle loro trattative, dunque le missioni sono ben conoscibili.
L’ambasceria reale ungherese era costituita, normalmente, da una persona. Fece eccezione l’ambasceria rappresentativa del 1502 che accolse la sposa reale, oltre a quella già menzionata a proposito di Roma, riguardante l’elezione cesarea del 1519, guidata da István Verbőci e composta da tre persone. Era frequente che lo stesso ambasciatore fosse mandato più volte, come nel caso di Albert Lónyai (4 volte), Péter Beriszló (3) e Fülöp Móré (6). La richiesta degli specialisti, tuttavia, era anche rapportata con la puntualità. Essendo mandato l’ambasciatore per un breve periodo, era utile delegare la stessa persona anche altre volte. Sulla scelta di chi inviare prevaleva, quindi, una sorta di risparmio, quindi il deputato mandato più lontano e con un incarico diverso, si poteva fermare e fare trattative nella città delle lagune, pur se solo di passaggio. All’epoca di Mattia Corvino Venezia rappresentava una sosta, una fermata di mezzo sia nelle missioni borgognoni, spagnole e francesi fatte alle spalle dell'imperatore del Sacro Impero Romano, sia in quelle dell’Italia centrale e meridionale. Durante il regno di Vladislao e di Luigi II, tuttavia, rimase solo la seconda direzione, quindi quella italiana, tranne l’unica ambasceria in Francia nel 1500. Per quanto riguarda le missioni di transito, Venezia potette venire in discorso quattro volte a Roma, una volta a Firenze ed una a Napoli. Nel 1522 István Brodarics e nel 1492 Antal Sánkfalvi proseguirono verso Napoli attraversando Firenze e Roma. Nella maggior parte dei casi gli ambasciatori ungheresi (come i veneziani verso la corte di Buda) viaggiavano a Venezia attraverso Zagabria e Segna, poi da Segna proseguivano per mare. L’unica eccezione terrestre fu l’ambasceria del 1502, ma al ritorno una parte della comitiva, insieme alla futura regina, viaggiò in nave.46
Per quanto riguarda l’invio degli ambasciatori, le relazioni dal 1490 al 1500 languivano anche dalla parte ungherese. Dell’epoca che precede il 1502 conosciamo solo un’ambasceria di una persona non identificata nel 1490, poi quella di transito di Antal Sánkfalvi, già più volte menzionata nel turno del 1492–1493. Dopo l’accoglienza della regina Anna nel 1502, fino al 1510 le ambascerie ungheresi divennero improvvisamente più frequenti, mandate due volte all’anno fino alla terza legazione di Fülöp Móré nel 1509 e nel 1510. Quest’ultima, sulla base delle ricerche di Márton Szovák, va considerata come una missione separata.47 L’intero periodo in questione è quello in cui Venezia era rappresentata a Buda da un solo deputato con il rango di segretario. Dopo che, dal 1510 al 1524, l’ambasciatore veneziano aveva sempre il rango di oratore nella corte ungherese, dalla parte ungherese le ambascerie divenivano più rare ma, secondo l’esempio di Fülöp Móré, potevano essere anche prolungate.
In questi anni apparvero a Venezia anche membri della nuova generazione di ambasciatori, Statileo e Brodarics; l’ultima ambasciata da parte ungherese in questo periodo fu una breve missione del 1523 da parte di un chierico italiano o dalmata, Tommaso Niger (Crnić). Tra gli ambasciatori ungheresi, Albert Lónyai era un agente con le conoscenze giuste per la sua posizione di capitano di Segna e la sua esperienza lì acquisita,48 Beriszló ebbe anche incarichi focalizzati sui Balcani, dovuti soprattutto alla sua origine dalmata (era di Traù),49 Fülöp Móré di Csula, invece, un nobile rumeno (‘kenéz’) della contea di Hunyad, era una scelta adatta al re ungherese per la sua educazione italiana e la sua lingua madre rumena. Móré era anche diventato una specie di specialista attraverso le sue diverse missioni a Venezia, mantenendo buoni rapporti non solo con i politici della città delle lagune, ma anche con alcuni umanisti, come il famoso editore e stampatore Aldo Manuzio.50
Per quanto riguarda i rapporti con Venezia, si può affermare che, dopo i contatti apparentemente disordinati degli anni 1490, nel 1500 cominciò un periodo intenso, verificato anche dalla creazione di una lega, tanto che l’ambasceria continua si ridusse fino al 1525. Il tema più importante era la difesa antiturca e il sussidio militare di Venezia erogato all’Ungheria. Per il potere sempre più minaccioso dell’Impero Ottomano, il governo di Venezia preferì la sicurezza al posto di una politica militante e, per i suoi interessi commerciali, aveva sempre meno conflitti con il sultano. Lo scioglimento del filone ungherese, anche già prima di Mohács, è dovuto a questo motivo.51
In base a quanto detto, quali tendenze si possono rinvenire e quali sono le conclusioni che da queste si possono trarre? Il numero di ambasciate italiane inviate e ricevute dai re ungheresi nel periodo 1490–1526 fu il seguente: 24 inviate / 17 ricevute dalla Sede Apostolica, 22 inviate / 14 ricevute da Venezia, 1 inviata / 5 ricevute da Milano, 1 inviata / 5 ricevute da Napoli, 2 inviate / 0 ricevute a Firenze, 0 inviate / 1 ricevuto a Ferrara.
Nel caso del rapporto del Regno d’Ungheria con la Santa Sede Apostolica o Venezia, al livello delle ambascerie si delinea un certo tipo di parità, ma la simmetria è difficilmente interpretabile. Pone un limite al calcolo il fatto che si metta a paragone un sistema diplomatico subalpino più arcaico, che lavora con incarichi casuali, con un sistema meglio organizzato, gerarchizzato, operante con un punto di gravitazione rappresentativo e con incarichi più lunghi. Sia Venezia che il Papato possedevano, inoltre, poteri straordinari, la prima per il carattere commerciale ed il secondo per quello spirituale e universale.
I rapporti con gli altri poteri italiani sarebbero, d’altro canto, più facilmente comparabili. La maggior parte di queste relazioni aveva la base dinastica ereditata da Mattia Corvino, all’epoca di Vladislao II, tuttavia, divennero inutili e furono ridotti da entrambe le parti. Il caso di Ferrara, da me separatamente non esaminato, fu atipico per i feudi e per il ruolo del cardinale Ippolito I d’Este. Mentre nessuno rappresentava la corte ungherese-ceca dagli Este, i commissari arcivescovili-cardinalizi, oltre ai loro doveri amministrativi, erano anche dotati, fino alla partenza finale di Ippolito nel 1520, di incarichi di ambasciatore in Ungheria.
Per terminare, risalendo anche al regno di Mattia Corvino, si vede quanto sia invariabile l’interesse geopolitica d’Ungheria. La comunicazione sistematica verteva sempre sulla stessa tematica ed era caratterizzata dalla minaccia ottomana e dall’esigenza dell’insorgenza comune antiturca, prima e dopo il 1490. Al contrario del suo predecessore, Vladislao II aveva un rapporto molto più stabile e più redditizio, dal punto di vista economico, con la Repubblica di Venezia.
Il seguente elenco, nell’ordine alfabetico degli stati italiani, enumera prima gli inviati dagli stati italiani al re ungherese-ceco, poi da Vladislao II e Luigi II al rispettivo stato o monarca in ordine cronologico. Le date indicate si riferiscono all'intera durata della missione, ma in alcuni casi sono approssimative. Per ogni ambasciata ho riportato solo i dati bibliografici e le fonti più importanti; per gli ambasciatori e gli inviati ungheresi, rimando alla mia base di dati pubblicata, dove si possono trovare ulteriori dettagli. Per la Santa Sede e Venezia ho distinto gli ambasciatori di diverso grado con caratteri in grassetto e corsivo: con il grassetto il legato de latere e l'oratore veneziano, con il corsivo il cursore/segretario. Nel caso delle ambasciate reali ungheresi, anche i corrieri appaiono in corsivo.
Ferrara
Gli inviati del duca di Ferrara, Modena e Reggio al re d’Ungheria
Nicolò Maria d’Este, Armanno de Nobili: ottobre 1490–marzo 149152
Firenze
Gli inviati reale ungherese alla Repubblica di Firenze
(Alexander Farmoser: maggio 1498)53
István Brodarics: giugno 1522.54 Vedi anche alla Santa Sede.
István Brodarics: aprile 1525.55 Vedi anche alla Santa Sede.
Milano
Gli inviati del duca di Milano al re d’Ungheria
Maffeo di Treviglio: 1485–giugno 149156
Nicolò Bartolini (abate di San Mercuriale di Forlì): giugno 1491–ottobre 149257
Raffaello de la Caude: giugno 149158
Paolo Lanterio: luglio–ottobre 149259
ignoto: aprile 150060
Inviato reale ungherese al duca di Milano
Petrus Falco: novembre 149161
Napoli
Gli inviati reali da Napoli al re d’Ungheria
ignoti (4 persone): settembre 149062
Alvise Catullo: febbraio 149163
Francesco de’ Monti: febbraio–agosto 149264
Andrea Caraffa: giugno 1492. VI–all’inizio del 149365
(Antonio Brancia: agosto 1494)66
(ignoto: aprile–ottobre 1500)67
Inviato reale ungherese al re di Napoli
Antal Sánkfalvi: gennaio–febbraio 1493.68 Vedi anche alla Santa Sede e a Venezia.
Santa Sede / Papa
Inviati papali al re d’Ungheria69
Angelo Pecchinoli nuncius/legatus: settembre 1488–settembre 149070
György Horvát cursor: aprile 149371
Antonio Fabregues (Fabrignisi) cursor: agosto–settembre 149372
Orso Orsini nuncius/legatus: ottobre 1493–giugno 149573
Antonio Fabregues (Fabrignisi) cursor: agosto 149574
Bartolomeo de Miranda cursor: novembre 149675
Gaspare Golfi nuncius: ottobre 1499–marzo 150076
Gaspare Golfi nuncius: agosto–settembre 150077
Pietro Isvalies legatus de latere: novembre 1500–ottobre 150378
Gaspare Golfi nuncius: febbraio 150179
Iacobus Neretus cursor: marzo 150480
Achille Grassi nuncius/legatus: aprile–agosto 151081
Simon Kožičić (Modrusi/de Begna) nuncius: luglio 151082
Iacobus Piso: luglio 151083
Iohannes Staphileus: ottobre 151184
Tamás Bakóc legatus de latere: luglio 1513–151985
Vincenzo Andrić (de Andreis) nuncius: marzo 151486
Pietro Bergnano (Brignani?), Bernát Albisi nuncius e ignoto: giugno–luglio 151487
Vincenzo Andrić (de Andreis), Iulius Cortonensis nuncii: aprile 151588
Bernát Albisi nuncius: maggio 1515–marzo 151689
Nikolaus von Schönberg (Schomberg) nuncius: marzo 1517–151890
Tommaso de Vio legatus de latere: luglio 1523–gennaio 152491
Giovanni Antonio Buglio (Pulleo / Burgio, barone) nuncius: luglio 1523–settembre 152692
Lorenzo Campeggio legatus de latere: gennaio 1524–giugno 152593
Giovanni Verzelio cursor: giugno–settembre 152694
Gli inviati reali ungheresi alla Santa Sede95
László Kemendi: maggio–giugno 149296
Antal Sánkfalvi: novembre 1492–1496.97 Vedi anche a Venezia e a Napoli.
Miklós Bacskai: agosto 1493–settembre 149698
Fülöp Bodrogi: ottobre 1494–150099
Iohannes Brandis: ottobre 1494–1499100
János Móré corriere: novembre 1494101
ignoto: ottobre 1498102
Miklós Bánfi (alsólendvai): aprile 1500103
Alexander de Servis (de Senis?): novembre 1500104
Péter Beriszló: dicembre 1502–febbraio 1503105
Zsigmond Turzó (Thurzo): settembre–ottobre 1507106
Péter Beriszló: maggio–agosto 1508.107 Vedi anche a Venezia.
Péter Beriszló: dicembre 1511–marzo 1512108
Márton Atádi: agosto–settembre 1513109
Francesco Marsuppini (procuratore): 1518–1526110
István Verbőci ed altri: aprile–giugno 1519.111 Vedi anche a Venezia.
Márton Mlatkovith Horvát corriere: maggio 1520112
István Brodarics: settembre 1522–agosto 1524.113 Vedi anche a Firenze.
István Brodarics: febbraio–agosto 1525.114 Vedi anche a Firenze.
Venezia
Gli inviati della Signoria di Venezia al re d’Ungheria115
Marco Dandolo oratore: febbraio 1492–novembre 1495116
Pietro Cappello oratore: febbraio 1492–novembre 1495117
Francesco de Zuecha (della Guidecca) segretario: settembre 1499–ottobre 1500118
Sebastian Zustignan (Sebastiano Giustiniani) oratore: gennaio 1500–marzo 1503119
Vetor Soranzo oratore: gennaio–†14 novembre 1500120
Zorzi Pixani (Giorgio Pisani) oratore: gennaio–novembre 1501121
Zuan Badoer (Giovanni Baduario) oratore: novembre 1501–gennaio 1504122
Zuan Francesco di Benedeti (Benedetti) segretario: gennaio 1504–dicembre 1506123
Vincenzo Guidoto segretario: novembre 1506–maggio 1510124
Pietro Pasqualigo oratore: ottobre 1509–agosto 1512125
Antonio Surian (Suriano) oratore: luglio 1512–luglio 1516126
Alvise Bon oratore: agosto 1516–giugno 1519127
Lorenzo Orio oratore: giugno 1519–dicembre 1523128
Vincenzo Guidoto segretario: novembre 1523–luglio 1525129
Gli inviati del re d’Ungheria alla Signoria di Venezia
ignoto: dicembre 1490–gennaio 1491130
Antal Sánkfalvi: novembre 1492.131 Vedi anche alla Santa Sede e a Napoli.
Lőrinc Újlaki, Ferenc Szatmári ed altri: luglio–agosto 1502132
Albert Lónyai: agosto–settembre 1503133
Péter Beriszló, Máté Jurisics: ottobre–dicembre 1503 (a Traù, Dalmazia)134
Albert Lónyai: marzo 1504135
Péter Beriszló: settembre–dicembre 1504136
Fülöp Móré (csulai Móré): luglio–dicembre 1505137
András Bot (bajnai Both): giugno 1506138
György Merzini (Korbáviai): febbraio–marzo 1507139
Albert Lónyai: giugno–settembre 1507140
Péter Beriszló: marzo 1508.141 Vedi anche alla Santa Sede.
Fülöp Móré (Csulai Móré): settembre–ottobre 1508142
Fülöp Móré (Csulai Móré): giugno 1509–marzo 1510143
Fülöp Móré (Csulai Móré): ottobre 1512–agosto 1514144
István Telegdi: novembre 1512145
Albert Lónyai: gennaio–aprile 1515146
Fülöp Móré (Csulai Móré): ottobre 1517–marzo 1518147
István Verbőci ed altri: marzo–aprile 1519.148 Vedi anche alla Santa Sede.
Fülöp Móré (Csulai Móré): dicembre 1520–agosto 1521149
Statileo János: luglio–settembre 1521150
Brodarics István: aprile–maggio 1522.151 Vedi anche a Firenze e alla Santa Sede.
Thomas Niger (Crnić): ottobre–novembre 1523152
Traduzione di Dorottya Anna Kriston
W. Höflechner: ‘Anmerkungen zu Diplomatie und Gesandtschaftswesen am Ende des 15. Jahrhunderts’, Mitteilungen des Österreichischen Staatsarchivs 32, 1979: 1–23, p. 23 (nel appendice, tavola C).↩︎
Aragoniai Beatrix magyar királyné életére vonatkozó okiratok, a cura di Albert Berzeviczy, Budapest: Akadémia, 1914 (Monumenta Hungariae Historica, Magyar történelmi emlékek. Diplomataria, Okmánytárak 39): passim, Lipót Óváry (ed.): A Magyar Tud. Akadémia történelmi bizottságának oklevél-másolatai. 1. füzet. (A mohácsi vész előtti okiratok kivonatai), Budapest: Akadémia, 1890 (= Óváry I): 153 (n. 624, Felice da Nola), 169 (n. 695), 170 (n. 699). Vedi anche Albert Berzeviczy: Beatrice d’Aragona, tradotto dall’ungherese da Rodolfo Mosca, Milano: Corbaccio, 1931 (ristampa Milano: Dall’Oglio, 1962): passim.↩︎
http://vestigia.hu/kereses/ (data della visita: 20 gennaio 2022), Gy. Domokos: ‘A pestis és a gepárd: Ercole Pio, Estei Hippolit egy ügynökének beszámolói Magyarországról, 1508–1510’, in: Gy. Domokos, N. Mátyus & Armando Nuzzo (eds.): Vestigia. Mohács előtti magyar források olasz könyvtárakban, Piliscsaba: PPKE BTK, 2015: 185–196, Gy. Domokos (ed.): A jámbor Herkules. Estei Hippolit bíboros egri kormányzója, Ercole Pio beszámolói Magyarországról 1508–1510, Budapest: Balassi Kiadó, 2019, Gy. Domokos & R. Erős: ‘Ercole Pio e le indulgenze di Eger’, Verbum 16, 2015: 43–58. Il professor György Domokos pubblica anche la corrispondenza di Taddeo Lardi, governatore del vescovato di Eger.↩︎
Adolf Schaube: ‘Zur Entstehung der ständigen Gesandtschaften’, Mitteilungen des Instituts für österreichische Geschichtsforschung 10, 1889: 501–552, pp. 501–505, 535–542, Garrett Mattingly: Renaissance Diplomacy, 2nd ed., Baltimore: Penguine Books, 1964 (Peregrine Books 45): 47–70, 87–93, 132–139, Donald E. Queller: The Office of Ambassador in the Middle Ages, Princeton: Princeton University Press, 1967: 75–84, Matthew S. Anderson: The Rise of Modern Diplomacy 1450–1919, London & New York: Longman, 1993: 8–20.↩︎
Per l’edizione dei trattati sugli inviati, vedi Vladimir E. Hrabar (ed): De legatis et legationibus tractatus varii. Bernardi de Rosergio Ambaxiatorum breviolgus, Hermaolai Barbari De officio Legati, Martini Garrati Laudensis De Legatis maxime principum. Ex aliis excerpta qui eadem de re usque ad annum MDCXXV scripserunt, Dorpat: Mattiesen, 1906. Betty Behrens: ‘Treatises on the Ambassador Written in the Fifteenth and Early Sixteenth Centuries’, The English Historical Review 51, 1936, 616–627, pp. 620–621; Catherine Fletcher: Diplomacy in Renaissance Rome. The Rise of the Resident Ambassador, Cambridge: Cambridge University Press, 2015: 38–45, Manfred Hollegger: ‘Anlassgesandtschaften – ständige Gesandtschaften – Sondergesandtschaften. Das Gesandtschaftswesen in der Zeit Maximilians I.’, in: Sonja Dünnebeil & Christine Ottner (eds.): Aussenpolitisches Handeln im ausgehenden Mittelalter: Akteure und Ziele. Wien–Köln–Weimar: Böhlau, 2007 (Forschungen zur kaiser- und Papstgeschichte des Mittelalters, Beihefte zu J. F. Böhmer, Regesta Imperii 27): 213–225, pp. 213–218.↩︎
Fritz Ernst: ‘Über Gesandschaftswesen und Diplomatie an der Wende vom Mittelalter zur Neuzeit’, Archiv für Kulturgeschichte 33, 1950–1951: 64–95, pp. 88–90.↩︎
I dati qui presentati sono tratti da un mio studio precedente, pubblicato in due parti: B. Lakatos: ‘A király diplomatái. Követek és követségek a Jagelló-korban (1490–1526). I. rész. Kutatási vázlat’, Történelmi Szemle 61, 2019: 593–616 e idem.: ‘A király diplomatái. Követek és követségek a Jagelló-korban (1490–1526). II. rész. Adattár’, Történelmi Szemle 62, 2020: 281–362. Il suo antecedente, pubblicato in inglese, era semplificato e conteneva ancora meno dati: B. Lakatos: ‘Diplomats of the Kings of Hungary and Bohemia (1490–1526)’, in: S. Miljan, É. B. Halász & A. Simon (eds.): Reform and Renewal in Medieval East and Central Europe: Politics, Law and Society (Minerva III. Acta europea 15/Studies in Russia and Eastern Europe 14), Cluj-Napoca–Zagreb–London: Romanian Academy, Centre for Transylvanian Studies & Croatian Academy of Sciences and Arts & School of Slavonic and East European Studies, University College of London, 2019: 305–338.↩︎
La mappa è stata disegnata da Béla Nagy.↩︎
A. Kubinyi: Matthias rex, Tradotto in inglese da A. T. Gane. Budapest: Balassi Kiadó, 2008: 135–136, 138–140, 143–144.↩︎
La sentenza: Aragoniai Beatrix…, op.cit.: 387–403, A. Berzeviczy: Beatrice d’Aragona, op.cit.: 264–271.↩︎
M. Hlavačková: ‘A Diplomat in the Service of the Kings of Hungary. The Activity of the Bishop of Nitra Antony of Šankovce at the End of the Middle Ages’, Historický časopis 59, 2011/Supplement: 3–24, pp. 16–18.↩︎
Vedi in generale M. Folin, ‘Gli oratori estensi nel sistema politico italiano (1440–1505)’, in: G. Fragnito & M. Miegge (a cura di): Girolamo Savonarola da Ferrara all’Europa, Firenze: SISMEL – Edizioni del Galuzzo, 2001: 51–83.↩︎
A. J. Sárközi: Documenti di una ambasciata difficile: Lettere di Nicolò Maria d’Este ed Armanno de’Nobili, Tesi MA, Piliscsaba: PPKE BTK, 2015: 10–17, 26–39 (edizione).↩︎
A. Kubinyi: Matthias rex, op.cit.: 143–144.↩︎
Lucia Maria Negri: Lettere dall’Ungheria di Maffeo di Treviglio: La fine del regno di Mattia Corvino, Tesi di laurea, Milano: Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea in Filologia Moderna, 2007: XXII–XXIII, pubblicazione sue lettere fino al 6 settembre 1490: ibid.: 2–86, D. Labancz: Lettere su e dall’Ungheria 1491. Tesi di laurea, Milano: Università Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di laurea in Filologia Moderna, 2012: 5–14.↩︎
D. Unterholzner: Bianca Maria Sfoza (1472–1510). Herrschaftliche Handelsspielräume einer Königin vor dem Hintergrund von Hof, Familie und Dynastie. Dissertation zur Erlangung des Doktorgrades der Philosophie an der Philosophish-Historischen Fakultät der Leopold-Franzens-Universität zu Innsbruck. Innsbruck: Leopold-Franzens-Universität, 2015: 36–51. (Online: https://diglib.uibk.ac.at/ulbtirolhs/download/pdf/761506?originalFilename=true – data della visita: 20 gennaio 2022.)↩︎
Zs. Teke: ‘Economia e politica nei rapporti tra Firenze e Ungheria durante il Quattrocento’, in: P. Farbaky et al. (eds.): Mattia Corvino e Firenze. Arte e umanesimo alla corte del re di Ungheria, Firenze: Giunti, 2013: 68–75, pp. 70, 72–73.↩︎
Zs. Teke: ‘Egy firenzei kereskedő a Jagelló-korban: Raggione Bontempi 1488–1528’, Századok 141, 2007: 967–990, K. Arany: Florentine Families in Hungary in the First Half of the Fifteenth Century. A Prosopographic Study of Their Economic and Social Strategies, Kiel: Solivagus, 2020, K. Prajda: ‘Florentines’ Trade in the Kingdom of Hungary in the Fourteenth and Fifteenth Centuries: Trade Routes, Networks, and Commodities’, Hungarian Historical Review 6, 2017/1: 36–58, K. Prajda: Network and Migration in Early Renaissance Florence, 1387–1433. Friends of Friends in the Kigdom of Hungary, Amsterdam: Amsterdam University Press, 2018: 21–22, 38–64.↩︎
G. Nemes (ed.): Brevia Clementina. VII. Kelemen pápa magyar vonatkozású brévéi. The Hungarian-ralted Breves of Pope Clement VII (1523–1526) (Collectanea Vaticana Hungariae I/12), Budapest–Győr–Roma: MTA–PPKE V. Fraknói Vatican Historical Research Group–Diocesan Archives Győr, 2015: 4–7 (nn. 3–5).↩︎
L. A. Waldman: ‘Alexander Farmoser: un pittore straniero, mediatore di cultura fiorentina’, in: P. Farbaky et al. (eds.): Mattia Corvino e Firenze. Arte e umanesimo alla corte del re di Ungheria, Firenze: Giunti, 2013: 300–303 e 306–307: pp. 300–301, L. A. Waldman: ‘Commissioning Art in Florence for Matthias Corvinus: The Painter and Agent Alexander Farmoser and His Sons, Jacopo and Raffaello del Tedesco’, in: P. Farbaky & L. A. Waldman (eds.): Italy & Hungary, Humanism and Art in the Early Renaissance, [Firenze]–Milano: Officina Libraria–Harvard University Press, 2011 (Villa I Tatti): 427–501, pp. 438–444, 452–457, D. Pócs: ‘White Marble Sculptures from the Buda Castle: Reconsidering some Facts About an Antique Statue and a Fountain by Verocchio’, in: ibid.: 553–607, pp. 563–564.↩︎
L. B. Kumorovitz: ‘II. Ulászló levélváltása Firenzével az ott rekedt Corvinák ügyében’, Magyar Könyvszemle 72, 1956: 294–296, L. A. Waldman: ‘Commissioning Art…’, op.cit.: 454–457, 498–501.↩︎
Fedeles Tamás: ‘Budáról Rómába. A Magyar Királyság szentszéki diplomáciai képviseletének jellemzői a késő középkorban (1458–1526)’, Pontes. A PTK BTK Történettudományi Intézetének Évkönyve 4, 2021: 164–193, p. 171, G. Nemes: ‘Magyarország kapcsolatai az Apostoli Szentszékkel (1523–1526)’, Századok 149, 2015: 479–506, pp. 483–495, G. Nemes: ‘The Relations of the Holy See and Hungary Under the Pontificate of Clement VII (1523–1526)’, in: A. Bárány (ed.): The Jagiellonians in Europe: Dynastic Diplomacy and Foreign Relations (Memoria Hungariae 2), Debrecen: Hungarian Academy of Sciences & University of Debrecen “Lendület” Hungary in Medieval Europe Research Group, 2016: 171–182.↩︎
A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések a Jagelló-kori magyar állam és a pápaság között (1490–1526)’, in: I. Zombori (ed.): Magyarország és a Szentszék kapcsolatának ezer éve, Budapest: METEM, 1996: 119–134, pp. 119–120.↩︎
Dalla biblioteca della letteratura, vedi per esempio in generale P. Blet: Histoire de la représentation diplomatique du Saint-Siège: des origines à l’aube du XIXe siècle (Collectanea Archivi Vaticani 9), Città del Vaticano: Archivio Segreto Vaticano, 1982: 159–215; con una rassegna della letteratura vedi Wolfgang Untergehrer: Die päpstlichen nuntii und legati im Reich (1447–1484): Zu personal und Organisation des kurialen Gesandtenwesens, Inauguraldissertation zur Erlangung des Doktorgrades der Philosophie an der Ludwig-Maximilian-Universität München, 2012: 37–60, A. Kalous: Late Medieval Papal Legation. Between the Councils and the Reformation (Viella History, Art and Humanities Collection 3), Roma: Viella, 2017: 19–49.↩︎
S. Katona: Historia critica regum Hungariae, stirpis mixtae ex fide domesticorum et exterorum fide concinnata, tomulus XII, ordine XIX. Ab anno Christi MDXVI ad annum usque MDXXVI, Budae: Regia Universitas, 1793: 13, 15.↩︎
V. Fraknói: Magyarország egyházi és politikai összeköttetései a római szent-székkel, II. Magyarország egyházi és politikai összeköttetései a római szent-székkel a konstanzi zsinattól a mohácsi vészig, Budapest: Szent István Társulat, 1902: 245–399, A. Kalous: ‘Jagiellonian Kings of Bohemia and Hungary and Papal Legates’, in: A. Bárány (ed.): The Jagiellonians in Europe: Dynastic Diplomacy and Foreign Relations (Memoria Hungariae 2), Debrecen: Hungarian Academy of Sciences & University of Debrecen “Lendület” Hungary in Medieval Europe Research Group, 2016: 159–169, pp. 162–169.↩︎
A. Kalous (ed.): The Legation of Angelo Pecchinoli at the Court of the King of Hungary (1488–1490) (Collectanea Vaticana Hungariae II/8), Budapest & Rome: MTA-PPKE V. Fraknói Vatican Historical Research Group, 2021.↩︎
La corte dei legati del cardinale continuò fino alla sua morte nel 1521, vedi più recentemente G. Nemes: ‘Bakóc Tamás legátusi bírósága’ (studio nel prossimo libro commemorativo di Bakóc, prima della pubblicazione).↩︎
A. Kalous: Plenitudo potestas in partibus? Papežští legáti a nunciové ve střední Evropě na konci středověku (1450–1526) (Knižnice Matice moravské 30), Brno: Matice moravská, 2010: 343–406, A. Kalous: ‘Jagiellonian Kings…’, op.cit.: 164–168, G. Nemes: ‘Pápai követek a Mohács előtti Magyarországon’, Századok 150, 2016: 369–385, pp. 369–376.↩︎
A. Kalous: ‘Jagiellonian Kings…’, op.cit.: 159, 164–168.↩︎
Per la sua carriera, vedi Zs. Teke: ‘A firenzei Francesco Marsuppini magyarországi pályafutása (1489–1539)’, in: Gy. Kövér, Á. Pogány & B. Weisz (eds.): Magyar Gazdaságtörténeti Évkönyv 2016. Válság – kereskedelem, Budapest: MTA Bölcsészettudományi Kutatóközpont & Hajnal István Alapítvány, 2016: 359–369.↩︎
Cf. T. Fedeles: ‘Budáról Rómába…’, op.cit.: 171, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 127–128.↩︎
G. Mattingly: Renaissance Diplomacy, op.cit.: 89–90, D. E. Queller: The Office of Ambassador…, op.cit.: 66–69, 83–84, I. Balogh: Velenczei diplomaták Magyarországról (1500–1526). Forrástanulmány (A Szegedi Magy. Kir. Ferencz József-Tudományegyetem Közép- és Újkori Történeti Intézete, 2), Szeged: Új Nemzedék Nyomda, 1926: 10.↩︎
V. Fraknói: ‘Magyarország és a cambrayi liga 1509–1511’, parte I–IV, Századok 16, 1882: 177–201, 366–387, 705–727, 793–811; in seguito pubblicato come libro separato in tedesco, V. Fraknói: Ungarn und die Liga von Cambray 1509–1511, Budapest: Kilian, 1883, P. E. Kovács: ‘I dispacci dell’ambasciatore di Venezia Pietro Pasqualigo dell’Ungheria (1509–1512)’, in: Annuario 1997. Accademia d’Ungheria in Roma Istituto Storico «Fraknói». Studi e documenti italo-ungheresi (diritta da József Pál), Roma: Rubettino, 1997: 182–201.↩︎
W. Andreas: Die venezianischen Relazionen und ihr Verhältnisse zur Kultur der Renaissance, Leipzig: Quelle und Meyer, 1908: passim, G. Mattingly: Renaissance Diplomacy, op.cit.: 98–99, D. E. Queller: The Office of Ambassador…, op.cit.: 137–138, 142–148.↩︎
M. Sanuto: I Diarii, 1496–1533, Tom. I–LVIII, a cura di R. Fulin et al, Venezia: a spese degli editori, 1879–1903 (= Sanudo) XXXV: 299, I. Balogh: Velenczei diplomaták…, op.cit.: XLV.↩︎
Dizionario biografico degli italiani, vol. 1–100, a cura di R. Romanelli ed altri, Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 1960–2020 (=DBI), vol. 32, 1986, s. v. M. Dandolo (2) (autore G. Gullino), https://www.treccani.it/enciclopedia/marco-dandolo\_%28Dizionario-Biografico%29/ (data della visita: 20 gennaio 2022).↩︎
DBI vol. 11, 1969, s. v. A. Bon (autore A. Ventura), vol. 52, 1999, s. v. Gaurco, Luca (autore Franco Bacchelli – Gaurico succedette a Orio come ambasciatore in Inghilterra dal 1526), vol. 57, 2001, s. v. Giustinian, Sebastiano (autore Guiseppe Gullino), https://www.treccani.it/enciclopedia/alvise-bon o …luca-gaurico… o …sebastiano-giustinian_%28Dizionario-Biografico%29/ (data della visita: 20 gennaio 2022), e poi Sanudo III. 84. Per la missione di Pasqualigo nel 1506, vedi Andrea Lanzer: Die Gesandten der süd- und westeuropäischen Mächte 1501–1508. Inaugural-Dissertation zur Erlangung der Doktorwürde an der Geisteswissenschaftlichen Fakultät der Karl-Franzens-Universität zu Graz. Graz: Karl-Franzens-Universität, 1986: 314–317 (sulla base di Sanudo VI. 183, 214, 234, 276, 310, 370, 380, 401, 415, 456, 503, VII. 32, 36, 45, 48, 51).↩︎
DBI vol. 32, 1986, s. v. Dandolo, Marco (2) (autore Giuseppe Gullino), op.cit., vol. 5, 1963, s. v. Badoer, Giovanni (autore Angelo Ventura). Secondo l’autore il suo cavalierato gli fu conferito l’8 gennaio 1504, data che lo stesso Badoer non menziona nella sua relazione orale, Sanudo V. 823, I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: XII.↩︎
Sanudo VI. 510 e XXVII. 501 = I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: XXXV–XXXVI.↩︎
I. Nagy & A. Nyáry (eds.): Magyar diplomacziai emlékek Mátyás király korából 1458–1490, IV, Budapest: Akadémia, 1878 (Monumenta Hungariae Historica. Magyar történelmi emlékek. IV. Acta extera. Diplomacziai emlékek 4) (= MDE IV) 161 (nome omesso) = Vestigia infocus n. 274 (datata 5 aprile 1490 – http://vestigia.hu/infocus/kepek/1333623854.jpg, in realtà senza nome, menzionato solo per funzione), Antonius de Bonfinis [Antonio Bonfini]: Rerum Ungaricarum decades I–VI/1, edd. I. Fógel, B. Iványi & L. Juhász, Lipsiae [Szeged–Budapest]: Teubner [Árpád Nyomda], 1936–1941: VI/2. Appendix, fontes, index, ed. P. Kulcsár. Budapest: Akadémiai, 1976 (Bibliotheca scriptorum medii recentisque aevorum, saec. XVI) (= Bonfini) IV/1. 161. = decas IV. liber 8. sent. 190 (menzionato solo per funzione).↩︎
Sanudo XXVII: 86–87.↩︎
Ibid.: 101.↩︎
Ibid.: 102.↩︎
Ibid.: 108.↩︎
A. Györkös: Reneszánsz utazás. Anna királyné 1502-es fogadtatásának ünnepségei Észak-Itáliában és Magyarországon (Scriptores rerum Hungaricarum 9), Máriabesnyő: Attraktor, 2016: 52, 130–131 (edizione), 154.↩︎
M. Szovák: ‘Újabb adatok Csulai Móré Fülöp diplomáciai pályájához’, in: Gy. Domokos, J. W. Somogyi & M. Szovák (eds.): Vestigia III. Italianista tanulmányok a magyar humanizmus és a tizenöt éves háború idejéről, Budapest, 2020: 197–215, pp. 200–201.↩︎
V. Fraknói: ‘Lónyai Albert zengi kapitány velenczei követségei 1501–1515. Közlemények a velenczei állami levéltárból’, Magyar Történelmi Tár 22, 1877: 3–44, pp. 3–4.↩︎
J. Köblös: Az egyházi középréteg Mátyás és a Jagellók korában. (A budai, fehérvári, győri és pozsonyi káptalan adattárával) (Társadalom- és művelődéstörténeti tanulmányok 12), Budapest: MTA Történettudományi Intézete, 1994: 337.↩︎
T. Fedeles: ‘Egy Jagelló-kori humanista pályaképe: Csulai Móré Fülöp (1476/1477–1526)’, Levéltári Közlemények 78, 2007: 35–84, pp. 36–39, 47–53, R. Gerézdi: ‘Aldus Manutius magyar barátai’, Magyar Könyvszemle 69, 1945: 38–98, pp. 63–64, 67–72, 75–76, 82–84.↩︎
M. Jászay: Velence és Magyarország. Egy szomszédság küzdelmes történte, Budapest: Gondolat, 1990: 211–221. Vedi il capitolo corrispondente nella versione italiana: J. Magda: Venezia e Ungheria. La storia travagliata di una vicinanza, traduzione di A. Venturini, Martignacco: Edizioni del Labirinto, 2004.↩︎
D. Labancz: ‘Az 1491-es év eseményei Magyarországon a Milánói Állami Levéltárban őrzött dokumentumokon keresztül’, in: Gy. Domokos, M. Norbert & A. Nuzzo (eds.): Vestigia. Mohács előtti magyar források olasz könyvtárakban, Piliscsaba: PPKE BTK, 2015: 131–140, p. 139, M. Szovák: ‘I rapporti magiari di Ferrara nello sguardo di Bernardino Zambotti’, Verbum 17, 2016: 129–146, p. 143, Óváry I. 157 (n. 643), elaborata in dettaglio da A. J. Sárközi: Documenti…, op.cit.: passim (istruzione: ASMo C. Est. Amb. Ungh. b. 3/4, 1, la parte segreta delle istruzioni in italiano: ibid.: 3/2, 2. Due rapporti finali sull’ambasciata, con più o meno lo stesso contenuto, ibid. b. 3/5, 1 e 3/6, 1, quest’ultimo firmato dagli ambasciatori).↩︎
Pittore di origine tedesca residente a Firenze, già “agente artistico” del re Mattia Corvino. A. Waldman: ‘Alexander Farmoser…’, op.cit.: 300–301, L. A. Waldman: ‘Commissioning Art…’, op.cit.: 438–444, 452–457. Incaricato per le Corvine rimaste a Firenze. L. B. Kumorovitz: ‘II. Ulászló levélváltása…’, op.cit.: 294–295 = L. A. Waldman: ‘Commissioning Art…’, op.cit.: 498–502 (pubblicazione di testo completo, con traduzione in inglese ed elenco delle edizioni precedenti).↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 342–343 (n. 167a).↩︎
Ibid.: 348 (n. 184a).↩︎
L. M. Negri: ‘Lettere dall’Ungheria…’, op.cit.: XXII–XXIII, pubblicazione delle sue lettere fino al 6 settembre 1490: ibid.: 2–86. Vedi anche MDE IV. 425–426, Vestigia infocus n. 242. e n. 2923, poi Óváry I. 157 (n. 646), 158 (n. 649), 159 (nn. 654–655) e 160 (n. 656). Un resoconto degli eventi della missione dopo la morte del re Mattia Corvino: D. Labancz: Lettere…, op.cit.: 5–14.↩︎
Vestigia infocus n. 2923, Óváry I. 163 (n. 671), 164 (n. 677), 170 (n. 697), 173 (n. 712), poi ibid. 174–175. (nn. 718–720), come “Jakab” (Giacomo).↩︎
Óváry I. 160 (nn. 657–658).↩︎
Óváry I. 176 (n. 726) instruzione ibid.: 177 (n. 730); è anche menzionato prima dall’ambasciatore Maffeo Treviglio nella sua lettera dell’8 settembre 1490: MDE IV. 259.↩︎
Sanudo III., 132.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 292 (n. 7) = Óváry I. 164 (n. 675).↩︎
Menzionato da Maffeo Treviglio nel suo rapporto dell'8 settembre 1490: MDE IV. 256.↩︎
Óváry I. 155–156 (n. 638, 640), e cf. 167 (n. 687).↩︎
Óváry I. 167 (n. 690) e 168 (n. 692).↩︎
Óváry I. 169 (n. 695), 170 (n. 699), 171 (n. 701), 173–174 (n. 715) e 177 (n. 727), M. Hlavačková: ‘A Diplomat in the Service…’, op.cit.: 17.↩︎
Accanto alla regina Beatrice. Vestigia infocus n. 1328, 1r, senza nome, come ‘ambasciatore’.↩︎
Un’ambasciata spagnola di Ferdinando II d’Aragona detto “il Cattolico”, Sanudo III. 213 “esser lì l’orator yspano e dil re di Napoli”, 985 “l’orator yspano e neapolitano”. Probabilmente Luis Mercader o Francisco Muñoz, conosciuti dal 1499, vedi M. Á. Ochoa Brun: Historia de la diplomacia española, Apéndice 1, Repertorio diplomático. Listas cronológicas de representantes desde la Alta Edad Media hasta el año 2000 (Biblioteca diplomática española. Sección estudios 6), Madrid: Ministerio de Asuntos Exteriores, 2002: 194.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II’, op.cit.: 293 (n. 14).↩︎
La lista è basata su A. Kalous: Late Medieval Papal Legation…, op.cit.: 207–208. Elenco solo gli ambasciatori che furono delegati anche in Ungheria (non quelli che furono inviati solo nel territorio dell’Impero).↩︎
A. Kalous (ed.): The Legation of Angelo Pecchinoli, op.cit.: passim; A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 343–351, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 121.↩︎
Aragoniai Beatrix…, op.cit.: 285, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 121, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 351.↩︎
A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 121, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 352–353.↩︎
Aragoniai Beatrix…, op.cit.: 311–318, V. Fraknói: Magyarország egyházi… II., op.cit.: 253–255, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 121, W. Untergehrer: Die päpstlichen nuntii…, op.cit.: 446.↩︎
V. Fraknói: Magyarország egyházi… II., op.cit.: 272–273, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 121, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 352–353.↩︎
Aragoniai Beatrix…, op.cit.: 392–393, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 122, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 353–355.↩︎
V. Fraknói: Magyarország egyházi… II., op.cit.: 256–257, Sanudo III. 57–58, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 122, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 355–356. Cf. B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 296.↩︎
V. Fraknói: Magyarország egyházi… II., op.cit.: 257–258, Sanudo III. 294, 309, 343–344, 378, 384–385, 402, 409, 412, 566–567, 791. A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 122.↩︎
G. Nemes: ‘Cardinal Pietro Isvalies, the Bishop of Veszprém’, Archivum Historiae Pontificiae 53, 2019: 69–110, pp. 71–81, 86–90, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 356–361.↩︎
Lettera di Tommaso Danieri a Ercole d’Este, Buda, il 25 febbraio 1501, edita per Cesare Foucaud: ‘Lettere di Tommaso Dainero ad Ercole duca di Ferrara 1501–1502’, in: Modenai és velenczei követek jelentései Magyarország földrajzi és culturai állapotáról a XV. és XVI. században. Descrizione dell’Ungheria nei secoli XV. e XVI, Edita in occasione del congresso geografico internazionale di Venezia, settembre 1881, Budapest: senza editore, 1881: 5–25, p. 7. Sanudo III. 1535, 1549. A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 122.↩︎
G. Pray (coll.): Epistolae procerum regni Hungariae, pars I. Complectens epistolas ab anno MCCCCXC ad MDXXXI, Posonii: G. A. Belnay, 1806: 49, Sanudo VI. 36, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 123, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 363–364.↩︎
Sanudo XI. 577, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 124, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 366–368, B. Lakatos: ‘A tatai országgyűlés és diplomáciai háttere (1508–1510)’, in: László János (ed.): A diplomácia válaszútján. 500 éve volt Tatán országgyűlés, Tata: Tata Város Önkormányzata & Komárom-Esztergom Megyei Önkormányzat Múzeumainak Igazgatósága, 2010 (Annales Tataienses VI): 29–65, pp. 8, 13, 14–15, 18, 22.↩︎
A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 368, B. Lakatos: ‘A tatai országgyűlés…’, op.cit.: 20–21. Sanudo X. 849, 851.↩︎
V. Fraknói: Magyarország egyházi… II., op.cit.: 460–461, nota 910, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 124, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 364–366.↩︎
A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 125, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 368, B. Iványi: ‘Adalékok nemzetközi érintkezéseink történetéhez a Jagelló-korban’, Történelmi Tár [29], 1906: 139–151, 161–197, 321–367, p. 189.↩︎
A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 125–126, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 368–370, G. Érszegi: ‘A Curia Romana középkori levéltárai’, Levéltári Szemle 28, 1978: 321–399, pp. 336–338, G. Érszegi: ‘Bakócz Tamás pápai követi megbízatása’, in: Á. Somorjai & I. Zombori (eds): Episcopus, Archiabbas benedictus, Historicus ecclesiae. Tanulmányok Várszegi Asztrik 70. születésnapjára (METEM-könyvek 85), Budapest: METEM, 2016: 193–202.↩︎
A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 126.↩︎
V. Kenéz, L. Solymosi & G. Érszegi (eds.): Monumenta rusticorum in Hungariam rebellium anno MDXIV (Publicationes Archivi Nationalis Hungarici II-12), Budapest: Akadémiai, 1979: 145, il 27 giugno 1514, lettera di incarico al re d’Ungheria da parte del famigliare papale Pietro Bergnano (il nome potrebbe essere rotto al posto di ‘Brignano’ o ‘Brignani’), vedi ibid.: 172–173, con il quale fu inviato Bernato Albisi come nuncius: ibid.: 146 (4 luglio 1514). Infine, tre messi lasciarono Roma il 12 luglio, ibid.: 157, linea 22. Vedi B. Lakatos: ‘Hírek Magyarországról. Külföldi értesülések 1514-ben a parasztháború eseményeiről’, in: N. C. Tóth & T. Neumann (eds.): Keresztesekből lázadók. Tanulmányok 1514 Magyarországáról, Budapest: MTA Bölcsészettudományi Kutatóközpont Történettudományi Intézete, 2015: 155–217, pp. 192–193.↩︎
A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 126.↩︎
G. Pray (coll.): Epistolae procerum… I, op.cit.: 100–103, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 126, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 370–371.↩︎
V. Fraknói: Magyarország egyházi… II., op.cit.: 326, A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 126–127, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 371–372.↩︎
A. Kubinyi: ‘Diplomáciai érintkezések…’, op.cit.: 128, A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 377–379, G. Nemes: ‘Pápai követek…’, op.cit.: 370–373.↩︎
La sua corrispondenza diplomatica è stata pubblicata da V. Fraknói: Mon. Vat. Hung. II/1. 1–455. Vedi anche A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 382–406, G. Nemes: ‘Pápai követek…’, op.cit.: 376–381.↩︎
A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 380–382, G. Nemes: ‘Pápai követek…’, op.cit.: 373–376.↩︎
V. Fraknói: Magyarország egyházi… II., op.cit.: 398. Lettere superstiti: Mon. Vat. Hung. II/1. 422–424, 429–430, 437, 442–444, 446–447, 453, 455–456., G. Nemes: ‘Pápai követek…’, op.cit.: 381.↩︎
Per una rassegna delle persone, dello status sociale e delle qualifiche di questi ambasciatori, distinguendo tra ambasciatori e agenti (procuratores), si veda da ultimo il lavoro di T. Fedeles: ‘Budáról Rómába…’, op.cit.: 173–183.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 292 (n. 9).↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 293 (n. 13), Óváry I. 171–172 (n. 705) – Sulla base di Höflechner ho ipotizzato (B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 295 [n. 19]) che nel gennaio-febbraio 1494 anche Tamás Bakóc fosse un inviato ungherese, anch’egli incaricato da Massimiliano I. Si tratta di un errore: l'oratore di Massimiliano I era János Vitéz, vescovo di Veszprém e amministratore di Vienna. Lo sappiamo da un rapporto milanese dell’8 dicembre 1498. Si ringraziano Hajnalka Kuffart e Tibor Neumann per il loro aiuto.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 294 (n. 17).↩︎
Ibid.: 294 (n. 17) e 295–296 (n. 23).↩︎
Ibid.: 295–296 (n. 23).↩︎
Ibid.: 294 (n. 17).↩︎
Forse Albert Lónyai. Sanudo III. 792. Vedi B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 300 (n. 36).↩︎
Ibid.: 301 (n. 41).↩︎
Ibid.: 302–303 (n. 47).↩︎
Ibid.: 308 (n. 59).↩︎
La missione potrebbe non essere stata realizzata. B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 316 (n. 87).↩︎
Ibid.: 317 (n. 93).↩︎
Ibid.: 323 (n. 117).↩︎
Ibid.: 328 (n. 128).↩︎
Ibid.: 332–333 (n. 139), G. Nemes: ‘The Relations of the Holy See…’, op.cit.: 177–178.↩︎
Gli altri due membri dell’ambasciata erano Pál Csavlovics (gyurkovci) e Imre Fáncsi. B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 335–336 (n. 150).↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 337 (n. 155).↩︎
Ibid.: 344 (n. 171), G. Nemes: ‘The Relations of the Holy See…’, op.cit.: 178.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 348–349 (n. 186)↩︎
Per le ambasciate ben documentate nei Diari di Marino Sanudo, nelle note enumero solo i dati più importanti.↩︎
Óváry I. 177 (n. 731), senza nome; dato successivo del 1500: “fo ambasador in Hongaria”, e del 1501, ibid.: 1533, “stato alias orator nostro in Hongaria…”.↩︎
Secondo inviato, insieme a Dandolo. Óváry I. 177 (n. 731), senza nome.↩︎
Óváry I. 203 (n. 862); Sanudo II. 1374, III. 57–58, 213, 702, 985, 1009, 1054.↩︎
Sanudo III. 75, 84, 119, 193, 213, 1177, IV. 86, 251, 284, 286, 563–564, 792, 863–865, 866. Relazione finale ed. Alfred von Reumont: Un’ ambasciata veneziana in Ungheria (1500–1503). Commentario, Estratto dall’Archivio storico italiano 4a série, tomo III, anno 1879) Firenze: M. Cellini, 1879 (online: https://opacplus.bsb-muenchen.de/title/BV020963522 – data della visita: 22 gennaio 2022): 8–12, Sanudo IV. 858–863 = I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: III–XI. Il suo segretario era Pollo Zoltarello, vedi Sanudo IV. 862.↩︎
Secondo inviato, insieme a Giustiniani. Sanudo III. 75, 84, 119, 193, 213, 1113, 1158–1159 (era morto), 1177 (seppelito a Buda). Il suo segretario era Andrea di Franceschi, vedi Sanudo III. 1453, IV. 862.↩︎
Secondo inviato, in sostituzione di Soranzo. III. 1186, 1205–1207, 1214, 1230, 1247, 1262, 1316, 1357–1358, 1453, 1535–1537, 1603–1604, IV. 86, 96–97, 176. Vedi anche Riccardo Predelli (a cura di): I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, VI., Venezia: a spese della Società, 1903 (Monumenti storici publicati dalla R. deputazione veneta di storia patria, serie I. vol. XI): lib. 18. pp. 46–47 (trattato del 13 marzo 1503). Il suo segretario era Geronimo Donato, vedi Sanudo IV. 862.↩︎
Sanudo IV. 96–97, 174–175, 284, 563–564, V. 70, 72–73, 135, 241, 769, 804–805. Il sommario della relazione ibid.: V. 823. = I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: XII; V. Fraknói: ‘Lónyai Albert zengi kapitány velenczei követségei 1501–1515. Közlemények a velenczei állami levéltárból’, Magyar Történelmi Tár 22, 1877: 3–44, p. 16–20. Il suo segretario era Alvise Rosso, vedi Sanudo IV. 862.↩︎
Sanudo V. 766–768, 828–831, 388, VI. 410–411, 438, 510.↩︎
Sanudo VI. 410–411, 503–506, 536, VII. 716, VIII. 129, IX. 234, 380, 519, 546, X. 55, 503–506, 536–537.↩︎
Sanudo IX. 234, 241, 245, 289, 380, 546, X. 55, 503–506, 537, 847–851, la fine della missione: Sanudo XIII. 405, XIV. 560–561. Vedi anche V. Fraknói: Magyarország és a cambrayi liga, op.cit., P. E. Kovács: ‘I dispacci…’, op.cit.↩︎
Óváry I. 243. (nn. 1046–1047), Sanudo XIV. 560–561, 638, rapporti regolari dalla corte reale ungherese, vedi Sanudo XIV–XXII, per esempio XX. 412–413, 428, XXII. 63, 69–70 (testo completo del suo dispaccio del 13 marzo 1516 sulla morte di Vladislao II), la fine della missione: Sanudo XXII. 250–251, 458. Il sommario della relazione ibid.: XXIII. 348–354. = I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: XIII–XXIII.↩︎
Sanudo XXII. 273, 458, 555–556, rapporti regolari dalla corte reale ungherese, vedi Sanudo XXII–XXVI, per esempio ibid.: XXV. 230–231, XXVI. 238–239, 415, 418–419, 428, 506–507, la fine della missione: ibid.: XXVII. 287–288, 352, 408, 419, 543. Il sommario della relazione ibid.: 495–502. = I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: XXIV–XXXVI. Il suo segretario era Giacomo Vedoa, vedi Sanudo XXVII. 501. = I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: XXXV.↩︎
Sanudo XXVI. 317, XXVII. 119, 133, 230, 386, 419, 543–544, rapporti regolari dalla corte reale ungherese, vedi Sanuto XXVII–XXXV. La fine della missione: ibid.: XXXIV. 186, XXXV. 40, 174–175, 277, 282, 286, 289. Sua relazione in sommario, vedi ibid.: 295–300 = I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: XXXVII–XLVI. La sua udienza finale e il discorso del 17 novembre 1523, e la risposta reale ungherese del 20 novembre: Krzysztof Szydłowiecki kancellár naplója 1523-ból [Acta legationis], tradotto in ungherese da I. Boronkainé Bellus, il testo latino è stato curato da G. Érszegi, a cura di I. Zombori, Budapest: METEM, 2004: 179–182, 187 (testo latino). Il suo segretario era Francesco Massaro (relazione da ottobre 1523 in Sanudo XXXV. 99–116 = I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: XLVII–LXVIII).↩︎
Sanudo XXXIV. 376, XXXV. 40, 277, 282, rapporti regolari dalla corte reale ungherese, vedi Sanudo XXXV–XXXIX. La fine della missione: ibid.: XXXIX. 64, 104, 105, 315, 318–320. Relazione finale ed. F. Firnhaber: ‘Vinzenzo Guidoto’s Gesandschafts am Hofe K. Ludwigs von Ungern 1523–1525’, in: Quellen und Forschungen zur vaterländischen Geschichte, Literatur und Kunst, Wien: Braumüller, 1849: 66–138. = I. Balogh: Velenczei diplomaták… op.cit.: LXIX–LXXXV.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 291 (n. 3).↩︎
Ibid.: 293 (n. 12).↩︎
Delegazione ungherese a Padova per accogliere Anne de Foix, la futura regina ungherese; altri membri: Tamás Szentgyörgyi-Bazini, Mihály Ország, András Bot (bajnai), Bátori György. Ibid.: 305–306 (n. 56), vedi anche V. Fraknói: ‘Lónyai…’, op.cit.: 12.↩︎
V. Fraknói: ‘Lónyai…’, op.cit.: 13–15, B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 309 (n. 62).↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 310–311 (n. 66).↩︎
V. Fraknói: ‘Lónyai…’, op.cit.: 20–25, B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 311–312 (n. 68).↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 312 (n. 71).↩︎
Ibid.: 312–313 (n. 73), Szovák M.: ‘Újabb adatok…’, op.cit.: 198–200.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 313 (n. 76).↩︎
Ibid.: 314–315 (n. 81).↩︎
V. Fraknói: ‘Lónyai…’, op.cit.: 25–28, B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 315 (n. 84).↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 317 (n. 92).↩︎
Ibid.: 318 (n. 96). La missione è stata erroneamente confusa con quella successiva, iniziata nel giugno del 1509. Vedere correttamente M. Szovák: ‘Újabb adatok…’, op.cit.: 200–201.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 318 (n. 96), aggiunto come seconda parte alla missione, vedere correttamente M. Szovák: ‘Újabb adatok…’, op.cit.: 201–203.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 326–327 (n. 124), M. Szovák: ‘Újabb adatok…’, op.cit.: 203–205.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 326 (n. 124). Inviato accanto all’ambasciata precedente.↩︎
V. Fraknói: ‘Lónyai…’, op.cit.: 29–44, B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 331 (n. 133).↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 333–334 (n. 141), M. Szovák: ‘Újabb adatok…’, op.cit.: 205–206.↩︎
Gli altri due membri dell’ambasciata erano Pál Csavlovics (gyurkovci) e Imre Fáncsi. B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 334–335 (n. 147).↩︎
Ibid.: 339–340 (n. 159), M. Szovák: ‘Újabb adatok…’, op.cit.: 206–209.↩︎
B. Lakatos: ‘A király diplomatái… II.’, op.cit.: 341–342 (n. 164).↩︎
Ibid.: 343 (n. 169).↩︎
Ibid.: 347 (n. 182), cf. A. Kalous: Plenitudo potestas…, op.cit.: 376.↩︎