Verbum – Analecta Neolatina XXIII, 2022/2
ISSN 1588-4309; ©2022 PPKE BTK
Abstract
Beatrix of Aragon (1457–1508) is considered by public opinion, based on the opinion of her contemporaries, to be among the most influential Hungarian queens. In this paper I will examine the elements of her activity when she lived up to the expectations placed on her, and contrast her norm-breaking actions; I will compare her effectiveness with the image of herself that was communicated. Based on this examination, it can be stated that she attributed far more influence to herself in her letters than can be verified by analysing the events. Until the early 1480s, she wanted to strengthen her positions with her family’s dynastic interests in mind. Her infertility endangered the expected succession to the throne of John Corvinus, and this caused her to change her policy. Although the appointment of Ippolito d’Este as archbishop of Esztergom was the only case in which the queen’s influence on her husband could be demonstrated and considered successful, this did not change Beatrice’s position by then. According to the sources, Beatrix’s power and influence, despite her spectacular foreign manifestations, were entirely at the will of her husband.Beatrice d’Aragona (1457–1508) viene considerata dall’opinione pubblica ungherese, basandosi sul parere dei contemporanei, una delle regine più influenti della storia magiara. Le ricerche storiche svoltesi in Ungheria avevano dato credito, fino a tempi recenti, a questa opinione. Risulta indubbio il fatto che non si possiede una documentazione così vasta, prodotta nelle corti estere e in quella ungherese, di nessun’altra regina d’Ungheria. Ciononostante, la sua immagine è stata sempre maggiormente influenzata dalle fonti narrative e, solo in misura minore, dalle fonti archivistiche.
Nella tradizione storiografica ungherese le mogli reali politicamente attive hanno avuto tutte, senza eccezione, una considerazione negativa: il “potere delle donne” non era tollerato dalla corte ungherese.1 Di Beatrice sono state pubblicate, anche recentemente, delle descrizioni che la dipingono come lo “spirito cattivo” di Mattia Corvino, sottolineandone non solo il carattere violento e capriccioso ma anche il suo forte influsso su re Mattia.2
Nel mio saggio intendo esaminare, in base a fonti d’archivio, la capacità di Beatrice di far valere i propri interessi. In questa ricerca mi sono servita di fonti edite ed inedite: si tratta per lo più della corrispondenza di Beatrice, delle relazioni di ambasciatori che parlano di lei, di documenti diplomatici e ufficiali.3
La base dell’influenza, vera o supposta, di Beatrice, la possiamo rinvenire nel matrimonio da lei contratto con il re ungherese Mattia Corvino. Nella realizzazione di questo matrimonio la ricerca ungherese sottolinea piuttosto il ruolo dell’obbligo, della pressione sul sovrano e del successo della diplomazia pontificia, nella persona del legato papale Lorenzo Roverella.4 La creazione della dinastia era di primaria importanza per Mattia, anche in vista della revisione della clausola sulla succesione aggiunta alla pace di Wiener Neustadt del 1463.5 La ricerca italiana, di contro, sottolinea la politica dinastica di Ferrante d’Aragona. Ferrante, infatti, già nel 1465 aveva avanzato una proposta di matrimonio a Mattia,6 appena rimasto vedovo, sperando che questa alleanza progettata potesse portare ad un miglioramento delle sue posizioni in Italia e in relazione al papato. Si sperava inoltre di poter contare poi su Mattia per il rafforzamento delle loro posizioni nei Balcani,7 interessandosi anche, in linea con la pretesa al trono ereditata dagli Angioini di Napoli, al trono d’Ungheria.8 Si voleva infine attribuire a Mattia un ruolo attivo anche nell’alleanza contro Venezia. Il re ungherese, negli anni 1460, intendeva tuttavia rafforzare la sua posizione stipulando le relazioni dinastiche centro-europee consuete, prendendo in considerazione la proposta di Napoli solo dopo i rifiuti da parte dei Jagelloni e degli Asburgo. Dopo queste premesse non stupisce che, rispetto al matrimonio, le aspettative delle due parti differissero notevolmente. Mattia desiderava univocamente dei successori al trono e, in tal modo, veniva assegnato anche il ruolo che sarebbe spettato a Beatrice: adeguarsi alle pretese della corte reale ungherese, come altre regine avevano fatto, ritirandosi nel retroscena. Napoli mirava invece ad un rapporto ravvivato, rinforzato, di cui la regina sarebbe stata promotrice e perno.
Dopo lunghe trattative9 il matrimonio per procuram ebbe luogo a Napoli il 15 settembre 1476, ripetuto poi in Ungheria, in presenza dei coniugi, il 12 dicembre 1476.10
Beatrice era stata preparata al ruolo di regina. La sua educazione umanistica serviva certamente allo scopo di poter servire, anche nella sua nuova patria, le ambizioni politiche della sua casata. Per Beatrice, come alcuni anni prima per la sorella Eleonora,11 il loro educatore, il famoso cortegiano napoletano Diomede Carafa, scrisse un Memoriale come falsariga da seguire nell’inserimento nella corte reale ungherese. I consigli dati ad Eleonora ne I doveri del principe e a Beatrice ne Il memoriale a la serenissima Regina de Ungaria (in traduzione latina: De institutione vivendi) corrispondono: tra i tratti del giusto comportamento vengono sottolineati l’obbedienza al marito, la vita religiosa e pia, la presa di posizione silenziosa e decisa, il riconoscimento acuto delle situazioni.12 Possedendo queste qualità le principesse sarebbero state capaci di essere all’altezza del loro compito nella corte del marito e, quindi, di reggere la prova degli sguardi sempre critici dei cortegiani. Eppure, nei due libri, gli accenti sono diversi. Eleonora aveva sposato Ercole I d’Este e l’ambiente della corte ducale di Ferrara non differiva moltissimo da quello di Napoli. Eleonora riuscì così a rappresentare in maniera efficace, a Ferrara, non solo gli interessi della sua famiglia, ma ebbe anche l’opportunità di imparare l’arte del governare, pur se il suo potere politico era ristretto entro certi limiti. Dovette pur sempre rispondere ad una corte dominata dagli uomini ed al marito ma, in assenza di suo marito, poté prendere decisioni in maniera autonoma, riscuotendo unanime stima tra i suoi contemporanei.13 Di contro, nel memoriale preparato per Beatrice, non si parla affatto delle pratiche per ottenere ed esercitare il potere. Carafa vedeva chiaramente che la corte del coniuge straniero funzionava con meccanismi del tutto diversi da quelli italiani. Nell’opera raccomandò quindi, alla sua già discepola, lo stesso adeguamento e quel ritirarsi sullo sfondo che, apertamente o tacitamente, si aspettava da lei anche a Buda.14
Beatrice però conobbe, con ogni probabilità, anche il memoriale dedicato alla sorella; aveva infatti anche una copia della poesia di Antonio Cornazzano intitolata De modo regendi, scritta nel 1476 ad Eleonora.15 Beatrice non poté e non volle neanche corrispondere al ruolo che le era stato assegnato.
Arrivata a Buda sembrava che lei volesse prendere in mano la gestione delle cose. L’opinione dei contemporanei, tra cui anche quella di Antonio Bonfini, che certamente non fu un grande fautore di Beatrice, coincise nel ritenere che la giovane regina esercitò sul re una grande influenza, riuscendo ad ottenere da lui tutto quello che desiderava.16 Quali potevano essere, principalmente, le richieste della regina? Un tenore di vita ed uno stile dell’ambiente addicente a quella dignità a cui era stata abituata a Napoli. Perché a Buda, dal 1440 non vissero delle regine, non avevano una corte propria, eccezione fatta per quei pochi anni in cui la giovanissima Caterina di Podjebrady soggiornava a corte.17 Con l’arrivo della nuova regina certamente comincia a fervere la vita, le abitudini della corte si trasformano, cambia l’ordine del giorno e, quindi, si organizza anche la corte della regina. Tutti questi sono cambiamenti vistosi, eppure avevano poco effetto sulla politica e sulle decisioni del re. Negli ultimi anni è tornato alla ribalta il ruolo di Beatrice anche nelle ricerche storico artistiche: oltre alle apparenze esteriori di corte, quale poteva essere il suo ruolo nel mecenatismo di Mattia? Árpád Mikó e Klára Pajorin, nelle loro ricerche, mettono il ruolo della regina sotto una nuova luce.18 Anche se il mecenatismo legato direttamente al suo nome è un aspetto di minori dimensioni, sembra inevitabile che, come mediatrice, abbia ispirato Mattia, spingendo quindi ad esercitare una sorta di protezione verso alcuni artisti. Inoltre, tramite la sua fitta rete di rapporti, influenzò certamente anche le scelte sugli umanisti da invitare in Ungheria.
Sorge però una domanda: oltre alla vita di corte nel senso più stretto del termine, la sua influenza si estendeva al marito? L’autore della prima monografia sulla regina, Albert Berzeviczy, si riferiva a Beatrice utilizzando addirittura il termine di “consovrana”.19
Nonostrante la regina fosse Beatrice, che fece di tutto per metterlo in evidenza, non possiamo tuttavia dimenticare nemmeno la madre del re, Erzsébet Szilágyi. Già Carafa aveva richiamato l’attenzione della regina sulla necessità di stabilire buoni rapporti con la suocera, consigliandole di cedere l’iniziativa alla madre del re e di adeguarsi alle aspettative di Erzsébet Szilágyi. In verità, però, non fu il rapporto tra suocera e nuora a mettere in dubbio l’influenza di Beatrice sulla politica interna: esaminando gli itinerari della regina e di sua suocera si capisce chiaramente che si erano incontrate pochissime volte, allo stesso tempo risulta un dato eloquente il fatto che Erzsébet Szilágyi passava molto tempo a Óbuda che, dai tempi degli Angioini, era una delle città della regina. La posizione di Erzsébet Szilágyi però era ambigua: non era né regina, né regina vedova, perciò sicuramente non le spettavano i feudi della regina. Le ricerche sui feudi svolte da Norbert C. Tóth20 hanno chiarito che Mattia, dopo essere salito al trono, creò la posizione della “madre del re”, affidando a sua madre una parte dei feudi della famiglia e una parte dei feudi della regina, tra cui anche la città di Óbuda, che sarebbe appartenuta alla regina.21
Certamente anche a Beatrice vennero conferite delle entrate in occasione dell’incoronazione, ma non abbiamo a disposizione dati sicuri. Non sappiamo nemmeno quando la proprietà dei feudi delle regine, consegnati precedentemente a Erzsébet Szilágyi, siano poi stati trasferiti a Beatrice. I dati relativi, peraltro sporadici, provengono dagli inizi degli anni 1480, sembra tuttavia probabile che solo con la morte di Erzsébet Szilágyi, avvenuta nel 1484, questi possedimenti siano passati in mano a Beatrice.22 In questo contesto va ricordata l’analisi che Richárd Horváth ha condotto sui diplomi di donazione di re Mattia, con particolare attenzione alla clausola relativa all’approvazione dell’atto da parte della regina.23 Anche se numericamente l’approvazione di Beatrice appare più volte sotto il suo nome che in quello dei suoi predecessori, non è possibile trarre la conclusione che Beatrice abbia avuto un’influenza maggiore. Si può infatti supporre la volontà esplicita di Beatrice solo nelle questioni documentate che riguardavano la corte della regina, negli altri casi queste clausole sono presenti anche in circostanze in cui non si può logicamente supporre la volontà - e nemmeno il consenso - da parte della regina (come per esempio nelle questioni riguardanti il figlio naturale di Mattia, Giovanni Corvino).24 In numerosi casi, inoltre, si può dimostrare che, nel momento della promulgazione del documento, la regina non soggiornava nell’ambiente del re – quindi l’approvazione di Beatrice deve essere considerata una mera formalità. Non è estraneo alla tecnica dell’esercizio del potere di Mattia supporre che, anche se era tenuto a conferire entrate reali a Beatrice, non abbia per questo tolto a sua madre i possedimenti della regina.25 Queste clausole servivano perché l’influenza della moglie sulle questioni di corte e sulla loro documentazione fosse solo apparente. A confermare tale ipotesi si può indicare il fatto che solo dopo la morte di Erzsébet Szilágyi compare l’attività autonoma della cancelleria della regina, contemporaneamente alla presa di possesso delle proprietà regali e, in parallelo, al calo delle clausole di approvazione da parte della regina sugli atti di donazione da parte del re.
Allo specchio delle ricerche finora svolte possiamo stabilire, quindi, che Beatrice riuscì ad esercitare poca influenza sulla politica interna ungherese e non cercò (senza averne la reale occasione) di ottenere la simpatia e l’appoggio dei suoi sudditi ungheresi. Nonostante non godesse di quasi nessuna autonomia materiale, i suoi contemporanei ribadivano l’influenza da lei esercitata sul re.
Questa è una conclusione che possiamo trarre da un altro tipo di fonti: le lettere di Beatrice e le relazioni diplomatiche degli ambasciatori stranieri. Da una parte possiamo notare che il materiale archivistico relativo a Beatrice supera, per quantità, il numero dei documenti riguardanti le regine precedenti, dall’altra la maggior parte di questo materiale è formato dalle lettere da lei scritte e ricevute, le quali la misero al centro dell’attenzione, molto più di quanto non fosse abitudine presso la corte ungherese.
Beatrice cercò di applicare, anche in Ungheria, i metodi usuali imparati a Napoli.26 Le sue intenzioni in politica estera potrebbero essere descritte con l’aggettivo dinastico: cercò di far valere e confermare gli interessi e le posizioni della sua famiglia, anche creando di sé stessa l’immagine di una figura di estrema utilità ed importanza all’interno della sua dinastia.
La sua attività tra il 1476 ed il 1486 fu in linea con le aspettative, supposte o reali, provenienti dalla sua famiglia. In base alla sua corrispondenza si può affermare che le sue relazioni con la sorella Eleonora fossero intime e fraterne. Certamente non sarà stato un caso che, viaggiando da Napoli verso Buda, si poteva omettere dal programma previsto la fermata a Roma,27 ma dell’accoglienza a Ferrara non si poteva fare a meno: le due sorelle dovevano sapere che si sarebbero viste per l’ultima volta personalmente. Oltra all’amore fraterno nel loro rapporto si percepisce anche la rivalità delle sorelle. I progetti di Beatrice riguardavano, oltre ai fratelli minori, anche i figli di Eleonora e, in queste occasioni, si voleva mostrare come una potente mecenate .
Beatrice fu spesso accusata, non senza fondamento, di nepotismo. Eppure, se si considerano tutti i suoi piani e la loro realizzazione, contrariamente alla sua condanna, in realtà non ebbe un così grande successo.
Senza dubbio il fratello minore, Francesco d’Aragona, era arrivato in Ungheria assieme a Beatrice e visse alla corte di Mattia Corvino fino al 1484. Come si evince dal Memoriale del Carafa, lo scopo era quello di imparare, dal nuovo cognato, le virtù militari e la vita virtuosa.28 Tale combinazione, secondo gli usi dei tempi era probabilmente compresa già nell’accordo stipulato tra Mattia e Ferrante, non possiamo quindi necessariamente supporre che, dietro questa iniziativa, ci fosse Beatrice. D’altronde non c’era nulla di sorprendente nel fatto che un principe venisse educato, per un certo tempo, presso altre corti: anche i figli più giovani della duchessa Eleonora avevano passato lunghi anni presso la corte napoletana, corrispondendo alla richiesta esplicita del nonno.29
L’altro fratello di Beatrice, Federigo d’Aragona, viene menzionato a proposito della pace di Gmunden-Korneuburg del 1477, e ciò è interpretato come una prova dell’influsso di Beatrice.30 In questo trattato di pace, stipulato sotto la pressione della diplomazia papale tra Mattia e l’imperatore Federico III si trattava, oltre che del riconoscimento del titolo di re di Boemia a Mattia (cosa che più gli interessava), anche della sottrazione del Ducato di Milano agli Sforza e del conferimento di questo al fratello di Beatrice, assieme alla mano della figlia dell’imperatore, Kunegunde. Fuori da ogni dubbio questo matrimonio avrebbe giovato tanto alla posizione di Beatrice e dell’intera dinastia napoletana. Nel caso però di un trattato di pace in cui le parti non prendevano sul serio la messa in atto di nessuna delle condizioni, la realizzazione di questo matrimonio non aveva grandi probabilità di diventare effettiva. Per Mattia non rappresentava quindi un forte rischio il fatto di appoggiare il matrimonio progettato di suo cognato e, con questo, compiere un gesto nei confronti della propria moglie.
È proprio in seguito al fallimento della pace di Gmunden-Korneuburg che, nel 1478, ebbe luogo a Olmütz la pace tra Vladislao e Mattia in cui, considerando la situazione esistente, conclusero la guerra promossa per l’ottenimento della corona della Boemia. Alle trattative di pace era presente anche Beatrice, la quale vedendo la riuscita dell’atto di pace propose la sua prima mossa in politica. Dalla lettera della duchessa Eleonora dell’estate del 1481 sappiamo che aveva in progetto il matrimonio delle nipoti con Vladislao Jagellone. Eppure, Eleonora rifiutò in maniera decisa la proposta avanzata a Isabella d’Este oppure a Beatrice d’Este, esponendo a lungo i progetti di matrimonio ferraresi che, certamente, erano risaputi anche a Buda.31 Nel rapporto tra le due sorelle negli anni a venire si percepisce qualche tensione e rivalità. Soprattutto nel periodo della guerra contro Venezia,32 negli scambi di lettere degli anni 1482–1484,33 si ha la sensazione che Beatrice si fosse posizionata come colei che conosce tutto su tutto e, guardando gli eventi quasi da lontano, evitava di eseguire le richieste di Eleonora e di Ercole che volevano spingere Mattia a partecipare attivamente alla guerra contro i veneziani. Certamente qui interpretava il punto di vista di Mattia il quale, facendo riferimento innanzitutto al pericolo turco, si teneva lontano dalla lega. Eppure Beatrice, con le sue lettere impassibili in cui non si vede nemmeno la preoccupazione per la salute fisica del marito, vuole raggiungere una posizione decisamente più vantaggiosa.34
Fino ai primi anni del 1480 Beatrice cercò di posizionarsi entro i limiti diplomatici-dinastici portati con sé da casa, anche se i suoi progetti volti a combinare matrimoni erano destinati a fallire uno dopo l’altro. Mattia si fece coinvolgere nella politica italiana solo nel tempo e nella misura in cui i suoi interessi attuali lo indirizzavano e, in ciò, sua moglie non poté esercitare su di lui nessuna influenza. Ai posteri, comunque, a sembrare una prova di potenza di Beatrice non furono questi tentativi, bensì la nomina di Giovanni d’Aragona ad amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Esztergom.
Il fratello della regina, Giovanni d’Aragona poté vantare una carriera ecclesiastica promettente. Alla fine del 1479 il giovane cardinale, che ha appena compiuto i venti anni, arrivò in Ungheria in qualità di legato apostolico di papa Sisto IV per trattare con il re sulla guerra antiturca. Poco dopo il suo arrivo, il 1 febbraio 1480, Mattia gli conferì la dignità di arcivescovo di Esztergom. Ad essere più precisi poté conferirgli solo l’amministrazione dell’arcidiocesi, dal momento che János Beckensloer (Johann Beckenschlager/Beckenschläger), che era fuggito a Salisburgo e si era posto sotto la protezione dell’imperatore Federico III, portava formalmente ancora l’ufficio di arcivescovo di Esztergom. La storiografia ungherese è concorde nel considerare ben pensata la scelta di Giovanni d’Aragona da parte di Mattia, risultato della conclusione tratta dai suoi conflitti precedenti.35 Il giovane di grandi speranze, essendo già cardinale, risultava accettabile: non conoscendo la politica ungherese il re non dovette temere che gli si sarebbe opposto, contava inoltre che non sarebbe rimasto per lungo tempo in Ungheria. Certamente influenzò la decisione del re anche il fatto che il neonominato arcivescovo era anche parente di sua moglie, ma un fattore ancora più incidente dovette essere anche la considerazione di poter avere un cardinale arcivescovo, lontano dalla sua sede, che avrebbe rappresentato gli interessi del re ungherese alla curia pontificia.36 Oltre tutto questo va ricordato anche che, nelle lettere di Beatrice, non c’è alcuna traccia in cui risulti che si fosse occupata della nomina del fratello. Certamente dobbiamo tener presente il calo delle fonti, ma sembra proprio che, intorno al 1480, Beatrice si preoccupasse solo di sposare i suoi parenti, e sia stata del tutto insensibile alla corte ungherese, alla politica interna ungherese, ma anche al peso politico ed economico della sede arcivescovile.37 Forse è stato in questi anni che ha notato l’importanza dell’arcidiocesi di Esztergom, diventata presto il centro dei suoi progetti.
Il suo ruolo politico e la sua autorappresentazione cambiarono verso la metà degli anni Ottanta del Quattrocento e andarono oltre la consueta prassi e le aspettative precedenti. Da una parte alla metà del decennio, dopo la morte della suocera, ebbe la proprietà integrale dei possedimenti della regina e ciò confermò la sua posizione economica. Dall’altra la sua sterilità risultava un problema sempre più grave, entrò quindi in scena anche il figlio naturale di Mattia, Giovanni Corvino. I conferimenti di possedimenti terrieri a Giovanni Corvino e, come successore al trono ungherese, il suo previsto matrimonio milanese con Bianca Maria Sforza, non mettevano a rischio solamente i progetti dinastici di Beatrice, ma anche la sua stessa posizione.38 Fece comunque un ulteriore tentativo per neutralizzare la situazione, diventata per lei problematica: offrì a Giovanni Corvino la mano della figlia di suo fratello, il già menzionato Federigo, che nel frattempo aveva sposato Anna di Savoia ma era già rimasto vedovo. Mattia ritenne tuttavia più importante l’alleanza con Milano, perciò nel 1485 si cercò di tenere segrete, dinanzi a Beatrice, le trattative sul matrimonio.39 Chiaramente in questo modo Mattia poté solo guadagnare del tempo, perché l’ambasciatore ferrarese presso la corte milanese, già nella primavera del 1485, riferì alla duchessa Eleonora del fidanzamento che si intendeva tenere nascosto e, di conseguenza, il fatto non poté restare un segreto nemmeno davanti a Beatrice. La regina dovette vedere in questo il totale fallimento del suo metodo per far valere i suoi interessi. Alla metà di ottobre del 1485 si spense a Roma Giovanni d’Aragona40 e, la sede arcivescovile, rimasta in questo modo vacante, destò l’attenzione anche di Beatrice. Fu a questo punto che oltrepassò i limiti a lei imposti: nel dicembre del 1485 Perotto Vesach, personaggio dell’ambiente della regina, scrisse alla duchessa Eleonora a Ferrara che il re, vedendo il profondo lutto della regina per via della morte del fratello, le aveva affidato la sorte della sede arcivescovile di Esztergom. Potremmo aggiungere che questa grazia da parte di Mattia fu una ricompensa per le ingiustizie subite e che, quindi, un altro parente napoletano alla guida dell’arcivescovado si inseriva benissimo nei progetti del re. Nel dicembre del 1485 Vesach non era ancora sicuro della persona scelta e, certamente spinta da Beatrice, la duchessa Eleonora si apprestava a compiere dei passi nell’interesse del piccolo Ippolito d’Este. Per destare l’interesse di Eleonora, Perotto da Vesach accennò alle entrate cospicue dell’arcivescovado di Esztergom, nominandolo un “piccolo papato” per il giovane duca.41 I conflitti diplomatici intorno all’arcivescovado di Ippolito sono ben documentati, in questa sede intendo presentare solo la concezione che se ne formò Beatrice.
Tra il marzo del 1486 e il giugno del 1487 i corrieri percorsero il tratto tra Ferrara e Buda con un’intensità mai vista prima. Il tono delle lettere di Beatrice cambiò sensibilmente. Da una parte fece sentire la sua supremazia sulla sorella maggiore, considerata più fortunata in tutti i campi, comunicando con un tono inappellabile le sue idee alla corte ferrarese.42 Optare per Ippolito era sembrata a Beatrice una scelta molto consapevole, utilizzando ancora la procedura Aragonese basata sulla famiglia. L’impressione è che abbia cercato di introdurre “il modello domestico” all’interno della corte ungherese, in particolare per quel che riguardava l’educazione dei figli dei suoi parenti. Sappiamo da una lettera di Nicolò Sadoleto del 1482 che la coppia ducale aveva promesso a Beatrice, in occasione della sua visita a Ferrara durante il tragitto verso l’Ungheria, che le avrebbero inviato uno dei figli, sotto le ali protettive della zia regina.43 Ebbene, Beatrice prese la sorella sulla parola. Certamente nelle sue lettere sottolineò gli sforzi che aveva compiuto per assicurare fortuna al nipote, si aspettava quindi anche la loro gratitudine. D’altra parte gestiva il fatto come una causa personale: nelle sue lettere si colgono sempre di più sentimenti individuali.44 Assicurò alla sorella, che le scriveva dei suoi sentimenti materni, che anche lei aveva sentimenti del genere, chiamando se stessa “l’altra madre” e Ippolito “nostro comune figliolo”. Nei mesi di attesa accadeva anche che si mettesse a lodare la bellezza del ragazzo. Per lei l’occupazione della sede arcivescovile di Esztergom divenne sicuramente una questione di prestigio, un suo successo.45 L’importanza della cattedra arcivescovile è dimostrata dal fatto che anche le comitive italiane del giovane arcivescovo erano assemblate con cura. Non solo i genitori d’Ippolito, la regina Beatrice, ma anche il re Mattia presero parte alla selezione dei membri della comitiva e della corte. Proprio per questo divenne sempre più impaziente con l’andare del tempo, quando il malaticcio Ippolito venne fatto partire da Ferrara solo nell’estate del 1487.46 Forse non è un caso nemmeno il fatto che il piccolo Ippolito, arrivato finalmente in Ungheria, dovette aspettare delle settimane a Zagabria per avere istruzioni su dove seguire il re e “l’altra madre”…47 Il piccolo arcivescovo di Esztergom soggiornò spesso nei pressi della coppia reale.48 Sebbene i membri della corte di Ippolito a Esztergom fossero stati selezionati con cura e attenzione, le idee iniziali del re e della regina si realizzarono solo in parte. Le intenzioni di entrambi erano chiare: un controllo più stretto sull’arcidiocesi di Esztergom offriva vantaggi finanziari e di potere. Benché questo fosse l’unico caso in cui si può dimostrare l’influsso di Beatrice e il suo successo, la presenza di un suo parente in Ungheria, l’arcivescovo di Esztergom, ormai non cambiò molto la posizione della regina. Ciò dimostra che era consapevole della sua fragile situazione e, dalle lettere alla sorella, si evince che non ha mai perso la speranza di generare un erede al trono.49 Dopo l’estate del 1487 gli scambi epistolari tra le sorelle divennero di nuovo più rari: dalle lettere della regina vengono a mancare le espressioni di un coinvolgimento sentimentale. Beatrice tornò al suo stile freddo e distaccato di un tempo, condividendo soprattutto informazioni politiche con la sorella e il cognato.50 La regina dedicò, negli anni successivi, tutte le sue energie e tutti i suoi sentimenti ad ostacolare il previsto matrimonio di Giovanni Corvino.51 Il conflitto arrivò al culmine quando il re, suo figlio naturale e la regina si insultarono con parole pesanti e il re concluse la lite con un’agressione fisica.52 Ecco, questi sono i passi di Beatrice che dimostrano il suo coinvolgimento sentimentale e che erano contrari alle abitudini dell’epoca, generando l’opinione negativa dei contemporanei e dei posteri, non solamente riguardo alla sua natura difficile. Questi gesti vennero proiettati anche come il suo presunto influsso, a posteriori, fino al suo primo incontro con il re.53
In maniera paradossale, la politica feudale di Mattia negli anni 1480 rese ricchi contemporaneamente sia suo figlio naturale che sua moglie. Ciò permise poi a Beatrice, dopo la morte di Mattia, di esercitare, anche se per poco tempo e con risultato dubbio, una potenza politica capace di influenzare il paese tramite il suo matrimonio contratto con Vladislao II.54 Allo stesso tempo, la corrispondenza diplomatica prima della morte del re Mattia rivelò che, nel 1489, Beatrice si considerava in grado di governare non solo in riferimento ai possedimenti della regina e alla sua presunta futura vedovanza, ma anche in virtù della sua educazione.55 A lungo andare anche l’arcivescovado di Ippolito d’Este giocò in favore della regina, anche se non nel modo da lei previsto. Dopo il 1490, quando gli argomenti delle lettere diplomatiche consistevano soprattutto nei particolari relativi al suo matrimonio segreto con Vladislao II, lei stessa non fu ormai capace di compiere attivamente passi diplomatici, per molti anni fu il nipote a offrirgli rifugio a Esztergom.56
La ricerca sul periodo di vita tra il 1490 ed il 1508 sarà un argomento di altre ricerche. Secondo quanto mi ero prefissata, ho cercato di offrire un abbozzo di quello che fu il potere di Beatrice e delle possibilità che questo ebbe di evolversi durante la vita di Mattia, volendo con questa ricerca rendere più sfumata l’immagine negativa che si era creata di lei. Ho cercato di contrapporre ai fatti in cui aveva obbedito alle aspettative nei suoi confronti quelle sue azioni che andavano invece contro le norme e che, in un certo senso, avevano ottenuto un risultato positivo, sottolineando anche l’immagine che lei voleva comunicare di sé. Riassumendo si può affermare che il potere e l’influenza di Beatrice, nonostante le sue manifestazioni vistose verso l’estero, furono dipendenti unicamente dalla volontà del marito.
Traduzione di György Domokos
J. Thuróczy: Chronica Hungarorum, L. Geréb (trad.), Budapest: Helikon, 1957: Zsigmond király koronázásáról (cap. III.), https://mek.oszk.hu/10600/10633/10633.htm\#77↩︎
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P. E. Kovács: ‘Magyarország és Nápoly…’, op.cit.: 230; Zs. Teke: ‘Az itáliai államok…’, op.cit.: 251; 21. nov. 1465: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: X, 14–16.↩︎
P. E. Kovács: ‘Magyarország és Nápoly…’, op.cit.: 231.↩︎
E. Guerra: Il carteggio tra Beatrice d’Aragona e gli Estensi (1476–1508), Roma: Aracne, 2010: 12; E. Guerra: ‘Niuna cosa violenta pò essere perpetua’…, op.cit.: 39.↩︎
P. E. Kovács: ‘Magyarország és Nápoly…’, op.cit.: 232.↩︎
P. E. Kovács: ‘Magyarország és Nápoly…’, op.cit.: 233–240; T. Martí: ‘Oklevelek Aragóniai Beatrix hagyatékából. Magyar vonatkozású források a spanyol katonai lovagrendek iratanyagában’, Történelmi Szemle LIX/3, 2017: 491–523.↩︎
V. Prisco: ‘Eleonora d’Aragona come corpo politico itinerante. Il simbolismo del corteo da Napoli a Ferrara (23 maggio–3 luglio 1473)’, Revista de Historia Jerónimo Zurita 96, 2020: 203–227, pp. 226–227; C. Vecce: ‘I memoriali ungheresi di Diomede Carafa’, Prospettive settanta 4, 1992: 467–487, p. 470.↩︎
P. E. Kovács: ‘Magyarország és Nápoly…’, op.cit.: 236–237; J. Csontosi: ‘Diomedes Carafa: De institutione vivendi. A pármai Corvin-codexből’, Magyar Könyvszemle 15/1–2, 1890: 54–86, pp. 63–64; D. Carafa: ‘DE INSTITUTIONE VIVENDI. Tanítás az életvezetés szabályairól. Emlékeztetõ Magyarország felséges királynéjának’ ed. et trad.: I. D. Lázár, É. Vígh & E. Ekler, Budapest: Országos Széchényi Könyvtár, 2006.↩︎
V. Prisco: Eleonora d’Aragona e la costruzionedi un “corpo” politico al femminile (1450–1493), Zaragoza, 2019 [tesi di dottorato]; C. Vecce: I memoriali…, op.cit.: 480, E. Guerra: ’Eleonora d’Aragona e I doveri del principe di Diomede Carafa: l’esercizio del governo tra realtà e precettistica’, in: A. Giallongo (ed.): Donne di palazzo nelle corti europee. Tracce e forme di potere dall’età moderna, Milano: Unicopli, 2005: 113–119; E. Guerra: ‘Lo spazio del potere: Eleonora e Beatrice d’Aragona nei “Memoriali” di Diomede Carafa’, Annali dell’Università di Ferrara – Sezione Storia 2, 2005: 323–361.↩︎
C. Vecce: I memoriali…, op.cit.: 476–479.↩︎
Ibid.: 474–475.↩︎
A. Bonfini: Rerum Ungaricarum Decades. Tomus IV, Pars I, Decades IV et Dimidia V, J. Fógel, B. Iványi & L. Juhász, Budapest: Egyetemi Nyomda, 1941: 4.7. 65.↩︎
Per il primo matrimonio del re Mattia vedi: N. C. Tóth: ‘Mátyás király első felesége’ in: K. Szovák & A. Zsoldos (eds.): Királynék a középkori Magyarországon és Európában, Székesfehérvár: Városi Levéltár és Kutatóintézet, 2019: 115–133.↩︎
K. Pajorin: ‘Aragóniai Beatrix szerepe Mátyás irodalmi mecenatúrájában’, Irodalomtörténeti Közlemények 115, 2011: 158–167; Á. Mikó: A reneszánsz Magyarországon (Stílusok – korszakok), Budapest, 2009: 30–53; V. Rees: ‘“A woman of valour”: Towards a reappraisal of the presence of Beatrix of Aragon in the Hungarian court’, in: E. Bartha (ed.): Matthias Rex 1458–1490: Hungary at the Dawn of the Renaissance, Budapest, 2012: 1–21.↩︎
06 agosto 1479: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: XXX, 42–43.↩︎
N. C. Tóth: ‘Szilágyi Erzsébet “udvara”’, in: I. Kádas, R. Skorka & B. Weisz (eds.): Márvány, tárház, adomány: Gazdaságtörténeti tanulmányok a magyar középkorról. Magyar Történelmi Emlékek-Értekezések, Budapest: MTA Bölcsészettudományi Kutatóközpont Történettudományi Intézet, 2019: 51–114.↩︎
N. C. Tóth: ‘Szilágyi Erzsébet…’, op.cit.: 75–76.↩︎
Ibid.: 55–59.↩︎
R. Horváth: ‘A “mérges” Beatrix. Egy oklevél-formuláról, s általa a királyné hatalmi helyzetéről a Mátyás-korban’, in: K. Szovák & A. Zsoldos (eds.): Királynék a középkori Magyarországon és Európában, Székesfehérvár: Városi Levéltár és Kutatóintézet, 2019: 133–173.↩︎
R. Horváth: ‘A “mérges” Beatrix…’, op.cit.: 156–157.↩︎
Ibid.: 168–169.↩︎
Ibid.: 135–136.↩︎
Anche Eleonora visitò il papa, Sisto IV, mentre si recava a Ferrara per il suo matrimonio: V. Prisco: Eleonora d’Aragona come…, op.cit.: 213–220.↩︎
C. Vecce: I memoriali…, op.cit.: 481, D. Carafa: DE INSTITUTIONE…, op.cit.: 158–160.↩︎
Le lettere di Beatrice d’Este a suo padre e a sua madre da Napoli dal 1479 al 1482 sono conservate presso l’Archivio di Stato di Modena. 1479. 04. 01. ASMo Casa e Stato 130. 1682. II. 1, 1482. 11. 14. ASMo Casa e Stato 130. 1682. II. 2, 1484. 04. 09. ASMo Casa e Stato 130. 1682. I. 1.↩︎
Zs. Teke: ‘Az itáliai államok…’, op.cit.: 260.↩︎
03 giugno 1481: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: XXXII, 45–47.↩︎
P. E. Kovács: ‘Magyarország és Nápoly…’, op.cit.: 242; Zs. Teke: ‘Az itáliai államok…’, op.cit.: 262; E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 41–43. Guerra nella sua opera assegna erroneamente a questa lettera la data del 1484.↩︎
30 marzo 1482: T T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: XXXIV, 48–49; E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 31–32, MNL OL DF 295011; 06 maggio 1482: ibid.: 32–34; 14 maggio 1482: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: XXXVIII, 53–54; E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 35–36; 31. maggio 1482: MDE III. 10. 13–14; ibid.: 36–37, MNL OL DF 295012-295013; 08 giugno 1482: ibid.: 38–39, MNL OL DF 295015-295016.↩︎
E. Guerra: ‘Niuna cosa violenta pò essere perpetua’…, op.cit.: 46, 50.↩︎
P. E. Kovács: ‘Magyarország és Nápoly…’, op.cit.: 243.↩︎
Ibid.: 140–141; P. Tusor: Purpura Pannonica. Az esztergomi “bíborosi szék” kialakulásának előzményei a 17. században (Collectanea Vaticana Hungariae Vol. 3), Budapest & Roma, 2005: 44–48.↩︎
18 marzo 1486: E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 59–62, MNL OL DF 295025. Beatrice ha menzionato una volta il fratello defunto in questa lettera: “Essendo nui tribulata et affannata per la cruda nova de la morte de la felice memoria del signore cardinale, nostro commune frate”.↩︎
P. E. Kovács: ‘Magyarország és Nápoly…’, op.cit.: 244.↩︎
19 marzo 1485: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: XLVIII, 70.↩︎
E. Pásztor: ‘Giovanni d’Aragona’, in: Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 3, 1961.↩︎
06 dicembre 1485: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: LII, 73–75.↩︎
06 marzo 1486: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: LVI, 81–84, MDE III. 67, IV. 367; E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 46, MNL OL DF 295019; ibid.: 47, MNL OL DF 295020; 08 marzo 1486: ibid.: 48–51, MNL OL DF 295021; ibid.: 49–55, MNL OL DF 295022; ibid.: 56–57, MNL OL DF 295023; 03 aprile 1486: ibid.: 64–65, MNL OL DF 295027.↩︎
N. Mátyus: ‘Nicolò Sadoleto követjárása Magyarországon (1482–1483)’, in: Gy. Domokos, J. W. Somogyi & M. Szovák (eds.): Vestigia III. Italianista tanulmányok a magyar humanizmus és a tizenöt éves háború idejéről, Budapest: Balassi Kiadó, 2020: 150–164. pp. 156–157; 11 settembre 1482: MNL OL DF 294380.↩︎
V. Rees: ‘“A woman of valour”: Towards…’, op.cit.: 14.↩︎
13 aprile 1486: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: LIX, 87–88; E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 66–67; 25 aprile 1486: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: LXII, 100; E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 71–72, MNL OL DF 295029; 28 aprile 1486: ibid.: 71–72, MNL OL DF 295030; 02 maggio 1486: ibid.: 72–74, MNL OL DF 295031; 05 maggio 1486: ibid.: 75–76, MNL OL DF 295032; 07 maggio 1486: ibid.: 76–77, MNL OL DF 295042; 17 giugno 1486: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: LXVII, 104–105; 04 agosto 1486: E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 78–79, MNL OL DF 295043, ibid.: 79–80, MNL OL DF 295044; ibid.: 80–82, MNL OL DF 295045; 13 agosto 1486: ibid.: 82–85, MNL OL DF 295046; 14 agosto 1486: ibid.: 85–86, MNL OL DF 295048; 15 agosto 1486: ibid.: 86, MNL OL DF 295049; 06 novembre 1486: ibid.: 92–93, MNL OL DF 295052; 04 s.m. 1487: ibid.: 94–95, MNL OL DF 295055; 06 gennaio 1487: ibid.: 97–100, MNL OL DF 29572–1; 10 marzo 1487: ibid.: 111–114; 17 aprile 1487: ibid.: 114–115, MNL OL DF 295102; 25 maggio 1487: ibid.: 119–120, MNL OL DF 295106; 27 maggio 1487: ibid.: 122–123; 17 giugno 1487: ibid.: 124–125.↩︎
H. Kuffart & T. Neumann: ‘“Olyan szép kísérete lesz, mint kevés úrnak Itáliában”. Az esztergomi érseki udvartartás szervezése 1486/87 folyamán’, in: Történelmi Szemle LXIII/3, 2021: 323–383, pp. 326–330. 30 giugno 1487: E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 126–127, MNL OL DF 295107; 10 luglio 1487: ibid.: 127–128, MNL OL DF 295108; ibid.: 129–131, MNL OL DF 295110.↩︎
Anche Beatrice ha espresso la sua gioia per l’arrivo di Ippolito in una lettera a lui indirizzata, fornendo dettagli sulla sua comitiva ungherese e sul suo itinerario in Ungheria: 30 giugno 1487: MNL OL DF 295107.↩︎
A. Morselli: Ippolito I d’Este, e il suo primo viaggio in Ungheria (1487), Modena: Accademia di Scienze Lettere e Arti di Modena, 1957: 58; H. Kuffart & T. Neumann: ‘“Olyan szép…’, op.cit.: 332–335; A. Bonfini: Rerum…, op.cit.: 4.8.50.↩︎
04 gennaio 1487: E. Guerra: Il carteggio…, op.cit.: 95–97, MNL OL DF 295056.↩︎
26 novembre 1487: ibid.: 135, MNL OL DF 295115; 20 gennaio 1488: ibid.: 136–137, MNL OL DF 295118; 20 febbraio 1488: ibid.: 139–140, MNL OL DF 295121; 9 marzo 1488: ibid.: 141; 03 aprile 1488: ibid.: 142, MNL OL DF 295123; 06 luglio 1488: ibid.: 153–154; 23 settembre 1488: ibid.: 157–158, MNL OL DF 295129; 19 novembre 1488: ibid.: 159–160; 13 gennaio 1490: ibid.: 173–174, MNL OL DF 295150.↩︎
V. Rees: ‘“A woman of valour”: Towards…’, op.cit.: 9; 30 agosto 1487: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: LXX, 109–110; 03 settembre 1487: ibid.: LXXI, 110–112; 20 maggio 1489: ibid.: XCI, 134–136.↩︎
18 settembre 1489: ibid.: XCIV, 138–140.↩︎
Attila Bárány ha espresso un parere simile esaminando la politica estera italiana del re Mattia. A. Bárány: Magyarország nyugati külpolitikája (1458–1526). Angol-magyar kapcsolatok Mátyás és a Jagellók korában I, Debrecen, 2014: 78.↩︎
R. Horváth: ‘A “mérges” Beatrix…’, op.cit.: 171.↩︎
27 settembre 1488: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: LXXXIII, 124–126, 11 marzo 1489: ibid.: LXXXIX, 132–133.↩︎
P. E. Kovács: ‘Magyarország és Nápoly…’, op.cit.: 245, 13 giugno 1491: T. Gerevich, E. Jakubovics & A. Berzeviczy (eds.): Aragoniai Beatrix…, op.cit: CXXXIV, 190–191, MNL OL DF 295151; 29. dicembre 1491: ibid.: CXLIX, 209.↩︎