Verbum – Analecta Neolatina XXIII, 2022/2
ISSN 1588-4309; ©2022 PPKE BTK
Abstract
Giovanni Maria Parenti was a learned cleric, poet and grammarian from Modena who wrote a biography of the city’s patron saint, St Geminianus, printed in 1495. It is less well known that he also participated in a mission, sent to Hungary by Duke Ercole I d’Este in 1486 headed by the orator Cesare Valentini. Parenti compiled a diary on their journey from Venice to the Hungarian royal court. The twelve-page manuscript is preserved in the State Archives in Modena. The text is not a simple list of places seen, but a lively and eventful account in which anecdotes, praise and sometimes even sharp criticism of the circumstances observed appear. This paper deals with the content of the document, the historical context, and makes an edition of the original text. The final table collects those Valentini letters that are written by Parenti’s hand.La figura di Giovanni Maria Parenti2 è una di quelle figure fortunate che si trovano nel fuoco delle ricerche contemporanee, dato che la sua opera composta sulla vita di San Geminiano, patrono della città di Modena, stampata nel 1495, è uscita recentissimamente in un’edizione critica.3 Oltre alla biografia del santo patrono di Modena scrisse anche un componimento in terzine, in forma di dialogo, che uscì nel 1483 con il titolo Dialogo in commendazione delle donzelle modenesi. L’autore era un chierico colto, discepolo di Bartolomeo Paganelli da Prignano, il cui Opus Grammatices pubblicò Parenti nel 1494, un anno prima del proprio capolavoro. Parenti è considerato anche come membro del gruppo di quei grammatici e letterati che, per la città di Modena, significavano la “Rinascenza modenese” nella seconda metà del Quattrocento.4 Nel presente e modesto contributo vorrei presentare un episodio della vita di quest’umanista modenese, pubblicando un suo autografo di dodici pagine, finora inedito, che è conservato presso l’Archivio di Stato di Modena e che sfiora, non poco, la storia del Regno d’Ungheria dell’epoca: si tratta del suo diario di un viaggio5 fatto tra il 13 giugno e il 24 luglio 1486 da Venezia fino alla corte reale ungherese.
Durante il Medioevo nel Regno d’Ungheria esistevano due sedi arcivescovili: Esztergom e Kalocsa, ai quali appartenevano, dal punto di vista organizzativo, gli altri vescovati del regno. Il primate, quindi il capo della chiesa ungherese, era sempre l’arcivescovo di Esztergom, ovvero l’autorità ecclesiale più importante del paese che, non a caso, era anche chiamato primo barone del regno. Mattia Corvino, re d’Ungheria (1458–1490), ebbe però modo di conoscere, per esperienza propria, il tradimento e l’infedeltà di due arcivescovi di Esztergom: prima, nel 1471, János Zrednai (Vitéz)6 preparò una congiura contro Mattia, volendo chiamare al trono Casimiro di Cracovia, figlio del re polacco.7 Cinque anni dopo Johann Beckensloer, il successore di Zrednai nella sede arcivescovile e, al tempo stesso, cancelliere del regno, fuggì dal paese sotto la protezione dell’imperatore Federico III d’Asburgo, portando con sè la sua tesoreria enorme.8 Di conseguenza il re Mattia voleva vedere, presso la sede di Esztergom, una persona politicamente meno significativa, uno che non diventasse la sua opposizione interna. Prima, nel 1479, fu nominato il cognato Giovanni d’Aragona,9 che poteva pure rappresentare gli interessi del re Mattia presso la Santa Sede dato che Giovanni, come cardinale, trascorse la maggior parte del suo tempo a Roma. Dopo la sua improvvisa morte, avvenuta nel 1485, il re ungherese, con un gesto “sfacciato”, scelse il nipote seienne, Ippolito d’Este, figlio del duca di Ferrara. Venuto a conoscenza dell’intenzione del re magiaro, Ercole I d’Este mandò un ambasciatore alla corte di Buda nella persona di Bartolomeo Bresciani.10 Prima di ribadire la nomina di Ippolito, Mattia voleva però aspettare il consenso del re di Napoli e la sua conferma di non aver altro figlio legittimo a cui cedere il beneficio ecclesiastico. La risposta di Ferdinando (Ferrante) d’Aragona ritardava, perciò l’ambasciatore ferrarese dovette aspettare alcune settimane in più, durante le quali – tra il 31 gennaio e l’8 marzo 148611 – scrisse nove relazioni in cui raccontava vari dettagli sulla vita della corte reale magiara. Tra le tante cose assicurò alla madre, Eleonora d’Aragona,12 che sua sorella, la regina Beatrice,13 aspettava Ippolito come proprio figlio. Il re Ferrante finalmente approvò la scelta di Mattia, così la missione di Bresciani ebbe fine. Mentre stava ritornando in Italia, tuttavia, venne derubato: il medico della coppia reale, Franceschino da Brescia, che peraltro probabilmente era in parentela con Bartolomeo, gli affidò una certa somma di soldi per mandarla in Italia. Alcuni vennero a saperlo, seguirono l’ambasciatore da lontano e, una volta vicini a Zagabria, lo svaligiarono. La regina non sapeva dell’azione del suo medico, altrimenti avrebbe dato una scorta armata a Bresciani, come scriveva ad Eleonora in una lettera.14 Questa brutta notizia spaventò le due sorelle e le spinse a curare con maggiore attenzione l’organizzazione del viaggio del fanciullo.
Il duca di Ferrara scelse un cittadino modenese, Cesare Valentini,15 come suo oratore per la seconda missione inviata nel Regno d’Ungheria. Lo scopo era quello di effettuare predisposizioni per il viaggio e per l’organizzazione della corte di suo figlio, mentre aspettavano il consenso del papa. Valentini ricevette il dispaccio ducale il 7 giugno 148616 e, in quel momento, sembrava che Ippolito sarebbe partito nel giro di poche settimane, la commissione dell’oratore, quindi, non sarebbe dovuta durare più di qualche mese. Alla fine il tutto si prolungò fino al settembre del 1487, quattordici mesi in totale, a causa degli ostacoli che vincolavano la partenza del giovane prelato: papa Innocenzo VIII rifiutò di confermare la nomina di Ippolito che, per di più, in quel periodo era stato colpito da una malattia che non gli consentiva di viaggiare. In pratica l’arcivescovo, con la sua comitiva, partì solo il 18 giugno 1487.17
Di questa missione faceva parte Giovanni Maria Parenti in qualità di cancelliere di Cesare Valentini. Quasi la metà delle circa ottanta relazioni di Valentini è scritta con la calligrafia cancelleresca di Parenti, che ho riassunto in una tabella inserita nell’Appendice II. Quel che si nota è che questa parte è stata quasi interamente pubblicata, mentre i testi scritti dalla mano di Valentini sono rimasti in gran parte inediti. Parenti, durante il viaggio verso la corte di Mattia Corvino, prendeva note per compilarne poi un’epistola di ampio respiro a favore di Eleonora d’Aragona. Questa è l’unica lettera scritta a nome suo durante l’intera missione. Dal testo si evince che l’autore voleva dipingere accuratamente i dettagli per riferirli alla madre ansiosa per suo figlio. Anche se il destinatario era la duchessa, il cancelliere ricevette questo compito del resoconto da Niccolò da Correggio,18 che era deputato ad essere il capo della comitiva di Ippolito e che, forse dopo aver sentito del caso sfortunato di Bartolomeo Bresciani,19 voleva esser informato quanto più approfonditamente possibilie sulle difficoltà del cammino. La trascrizione della lettera di Parenti è il primo passo di un progetto più ampio che ha l’obiettivo di preparare un’edizione completa delle più o meno ottanta relazioni di Cesare Valentini, tutte scritte durante i quattordici mesi della sua missione in Ungheria.
Ricevuto il dispaccio ducale il 7 giugno 1486, Valentini e la sua comitiva in due giorni arrivarono a Venezia, dove furono costretti, a causa del maltempo che non permetteva a loro di mettersi in cammino, a trascorrere altri cinque giorni. Parenti cominciò il suo racconto il 13 giugno, nella speranza che quel giorno avrebbe avuto inizio il loro viaggio. Salirono su una barca noleggiata il 12 da Valentini. Parenti scrive poco sui costi del viaggio, sappiamo tuttavia che l’anno seguente Ippolito d’Este e la sua comitiva, che avevano bisogno di nove barche e quattro grippi20 per varcare il mare, pagarono otto ducati per il noleggio di una sola barca e mezzo ducato per ogni giorno seguente, fino all’arrivo a Segna.21 Il gruppo di Valentini, con la barca da loro affittata, incontrò qualche difficoltà a passare sotto i ponti dei piccoli canali, tra il Fondaco dei Tedeschi e San Marco, a causa dell’acqua alta. Parenti non spiega perché non potessero scegliere di attraversare semplicemente il Canal Grande. Il 14 giugno, dopo la partenza da Venezia, a causa del vento contrario dovettero tornare presto tra le lagune. Il giorno seguente decisero definitivamente di non attraversare il mare verso la penisola d’Istria, ma navigare lungo le coste e fare cabotaggio.
Da Venezia fino a Segna22 Parenti dà una lunga descrizione di cinque pagine sul loro itinerario per mare, elencando quasi tutti i posti, scogli, porti, ville e città23 che toccavano e, in alcuni casi, di cui aveva sentito parlare i marinai e gli abitanti locali. Questa descrizione può essere confrontata con un altro diario di viaggio simile a quello di Parenti: una missione fiorentina inviata in Ungheria nel 1427 doveva scegliere la stessa soluzione, tra Venezia e Segna, a causa del maltempo.24 Lo scrittore Luca di Maso degli Albizzi descrisse l’itinerario a partire da Firenze, ma soltanto fino a Segna e viceversa, perché una malattia grave non gli permise di continuare il viaggio fino a Buda. Il gruppo fiorentino passò otto giorni sul mare, toccando i porti di Livenza, Daira, Parenzo, Fagiana, Veglia, Pola, Promontore, Medulino, Ossero.25
Ben più dettagliatamente possiamo conoscere il percorso della comitiva ferrarese grazie al diario di Parenti: il 15 giugno partirono da Venezia e, attraverso le lagune, arrivarono per la sera alla Torre di Jesolo, dove le zanzare disturbavano il loro sonno. Qui troviamo una breve barzelletta sul rimedio insolito delle donne contro le zanzare, che Parenti vide in una villa ungherese appartenente all’arcivescovato di Esztergom. Questo dettaglio conferma, pertanto, che il testo è stato compilato posteriormente al viaggio. Il 16 giungo la loro barca entrò in mare attraverso il fiume Piave e, al finir del giorno, arrivarono al porto di Umago. Parenti elenca tutti i luoghi toccati, indicando anche le distanze dall’uno all’altro. Il 17 partirono da Umago e percorsero la parte occidentale della penisola d’Istria fino alla città di Fasana. Giunti a Parenzo, Parenti menziona che Ippolito, partendo da Venezia, potrebbe giungervi direttamente, con un tempo favorevole, in un giorno solo e senza dover fare cabotaggio. Il cancelliere non sbagliò di molto: l’anno seguente Ippolito sfruttò le circostanze adatte per attraversare il mare da San Niccolò di Lido fino a Pirano, più a nord del luogo precedentemente indicato da Parenti. Il 18 giugno la compagnia di Valentini percorreva la parte più difficile del viaggio in mare: prima dovevano superare il Capo Promontore, l’estremità meridionale della penisola, per questo dovevano aspettare il vento adatto, il Maestrale, che non spirava nel momento in cui giunsero al porto più vicino. Mentre attendevano la volta del vento allestirono un bel “picnic”, mettendosi a mangiare il pranzo preparato in precedenza su un prato da dove si potevano godere il panorama. Poi, dopo pranzo, riuscirono a procedere nella navigazione su un mare chiamato Quarnaro, che Parenti descrive come un tratto molto pericoloso. Alla fine del giorno arrivarono al porto Caldonto, dove il popolo non capiva più la lingua italiana ed i membri della comitiva dovevano farsi capire a gesti. Dalle righe di Parenti si sente la liberazione dalla paura e dalla tensione, dopo aver lasciato dietro di loro il Quarnaro. Attraversando il Quarnerolo, quindi, il giorno seguente raggiunsero le coste di Segna.
Dopo lo sbarco, Valentini venne accolto con onore dai cittadini di Segna, dove la compagnia si riposò per un giorno. Il 21 giugno si misero di nuovo in cammino e il primo giorno giunsero fino a Brinje, poi il secondo a Modrus, città di Bernardino Frangipani, che era in parentela con gli Aragona.26 Sulla terraferma Parenti descrive più approfonditamente le città maggiori, elenca meno toponimi rispetto alla parte marina, ma fa notare ugualmente quello che vede intorno, riportando ciò di cui sente parlare da altri e quel che succede all’interno della comitiva. Il 24 giugno arrivarono a Zagabria, dove restavano più di due settimane aspettando le istruzioni della regina. Valentini scrisse da lì tre lettere a Ferrara27 e mandò avanti un suo servo a Buda, per ricevere ordini da Beatrice. Il 10 luglio arrivarono due cortigiani mandati dalla regina: un barone ungherese e un gentiluomo cremasco che può essere identificato con Bernardo Monelli da Crema.28 Oltre la regina anche Bernabò Brancia, governatore di Esztergom, mandò una delegazione a Zagabria per accogliere e accompagnare suo fratello Antonio, che doveva arrivare come ambasciatore del re di Napoli ma, a causa di un pericolo sospetto di un’avanzata turca, non gli fu possibile arrivare. Fu così che anche la delegazione di Esztergom si unì alla missione di Valentini. Partendo da Zagabria l’11 luglio Parenti menziona – come eco di un caso sfortunato – il fatto che non lontano da quella città si trova il luogo in cui l’ambasciatore Bartolomeo Bresciani era stato derubato. Nel giro di due giorni giunsero alla Drava, il fiume di confine tra la Slavonia (Schiavonia) e l’Ungheria, da dove Valentini scrisse di nuovo una lettera a Ferrara29 in cui fa una relazione sul trasferimento della coppia reale da Buda a Posonio,30 così come anche sul cambiamento della loro destinazione.31
Il barone ungherese parlava con loro in latino e Parenti cita alcune delle sue frasi, nello stesso tempo lo deride per i suoi errori grammaticali, aggiungendo subito che l’uomo gode un gran prestigio presso la corte reale. Non erano queste le uniche parole taglienti di Parenti: il giorno seguente – dopo aver incontrato un ladrone sulla loro via – il cancelliere faceva una forte critica sulla coltivazione dell’uva che vedeva da quelle parti, tuttavia il vino lo trovava ottimo sia lì sia a Fehérvár (Alba Regia), la città di incoronazione dei re ungheresi. L’episodio del ladro è davvero notevole: Parenti ci svela che si tratta di un nobile bandito dal re Mattia, che portava il nome di “Bottocapra”, di cui non si può decidere se fosse un soprannome tradotto in italiano oppure un nome ungherese frainteso. Una possibile identificazione è la persona di István Botkai, che era un nobile con possedimenti nella provincia di Somogy, e fu nominato latro insignis in un diploma reale.32 Il 16 luglio giunsero a Fehérvár e, nel corso di questa giornata, basandosi sul testo, sembrerebbe che Parenti, per un tratto, abbia viaggiato da solo. Da Fehérvár in due giorni giunsero ad Esztergom, la città destinata ad Ippolito d’Este, e per volontà della regina vi trascorsero due giorni.33 A questo punto Parenti ci fornisce la descrizione più ampia di tutta l’epistola, lodando il luogo, la chiesa, i tesori, le entrate, gli edifici, in sostanza la ricchezza dell’arcivescovato sotto ogni aspetto. Con le sue parole cerca di rendere visibile la collocazione del castello, le sue camere e la sala grande, in cui erano presenti vari affreschi: ritratti dei principi e dei re ungheresi che dominavano una volta il paese. Secondo Antonio Bonfini era stato l’arcivescovo János Zrednai (Vitéz) a farli dipingere, come scrive il cronista riferendosi a lui:
Vir fuit archiepiscopatui vehementer accommodus, quippe qui triclinium in arce amplissimum erexit, prominens vero ante triclinium e rubro marmore ambulacrum cum duplici podio et superbissimum extruxit. Ad triclinii caput Sibyllarum sacellum e fornicato opere acuminatum statuit, ubi Sibyllas omnes connumerare licet. In triclinio non modo omnes ex ordine Ungarie reges, sed et progenitores Scythicos cernere erit.34
Parenti ci dà ben più informazioni: ai piedi delle figure – che erano quindi integrali – c’era scritto quanti anni vissero ed il loro luogo di nascita. Parenti ci svela, inoltre, che la serie parte da Attila, sovrano degli unni, la cui persona appare poi anche nel suo capolavoro (Gloriosissimi Geminiani Vita) come prefigura delle campagne ungheresi contro la città di Modena. Per di più è un’informazione completamente nuova l’indicazione relativa alla presenza di una pittura sulla conquista della patria, nella quale il popolo ungherese era rappresentato, con greggi e mandrie, mentre arrivava nel bacino dei Carpazi.
Da Esztergom viaggiarono sul lato settentrionale del Danubio, attraverso alcuni villaggi dell’arcivescovato come Gúta e Püspöki, fino a Posonio. Arrivarono nella città del re nel giro di tre giorni, domenica 23 luglio. Fu questo il giorno in cui fecero l’ingresso solenne in città, videro tuttavia la coppia reale solo da lontano e, tramite un messo, chiesero formalmente udienza.35 Lunedì, dopo aver ascoltato il vespro nella capella del castello, la regina accolse Valentini ed i suoi compagni, il re Mattia, tuttavia, non era presente a causa di una malattia alle gambe. Per un incontro con lui dovettero attendere una seconda udienza che, però, venne fissata solo per il 30 luglio. Le due udienze rappresentano una parte rilevante sia nell’epistola di Parenti sia nelle due relazioni di Valentini36 scritte alla coppia ducale a Ferrara. Nella descrizione si legge che la regina, quasi trascurando il dialogo protocollare, fece mostrare subito le effigi dei due fanciulli ducali, Alfonso ed Ippolito, baciando tante volte quella di Ippolito, che trattava come se fosse suo figlio. Nella lettera di Parenti non appare, ma Valentini racconta che, dopo un’ora di contemplazione, la regina mandò i due ritratti al marito, Mattia Corvino, che mostrò non meno entusiasmo verso le effigi, baciò quella di Ippolito – che chiamava il suo “hungaro” – e così fecero tutti i baroni e nobili che erano presenti.37 Il 30 luglio, come si accennava in precedenza, anche il re diede un’udienza ufficiale e accolse formalmente l’oratore a casa sua.
L’epistola di Parenti finisce con le preparazioni dell’assedio di Cittanova (Wiener Neustadt, Austria), poi troviamo due poscritti in cui il cancelliere informa la duchessa che Bernardino Frangipani è disposto ad incontrare Ippolito anche a Segna. Viene inoltre chiesto di trasmettere l’epistola a Niccolò da Correggio, da cui ha ricevuto questa commissione di raccontare il viaggio. Il periodo tra il 30 luglio e il 3 agosto 1486 fu molto denso per Parenti: oltre alla sua epistola scrisse anche le già citate due ampie relazioni di Valentini: la prima, indirizzata ad Ercole, il 3 agosto, la seconda invece, indirizzata ad Eleonora, il giorno seguente. Rimane ancora una cedola al duca e una lettera alla duchessa.38 Inoltre è conosciuta anche una relazione di Valentini indirizzata al duca, datata il 4 agosto e scritta dall’oratore di sua propria mano, perciò manca dall’Appendice II.39
Giovanni Maria Parenti rimase in Ungheria fino alla fine del febbraio 1487, quando la regina Beatrice prima decise di scegliere lui come cancelliere per la corte arcivescovile di Ippolito, poi di mandarlo a Roma, al fianco di Francesco Palude,40 per sollecitare l’emissione delle bolle papali. Beatrice chiese alla sorella di acconsentirne con queste parole:
Quisti dì passati havemo vista experiencia dele virtute, prudencia et sufficiencia del venerabile donno Johanne Maria, quale venne qua per cancellero del magnifico messer Cesare Valentino, vostro ambassatore, et certamente ne pare assai disposto ad essere cancellero delo illustre et reverendo don Hyppolito, archiepiscopo de Strigonio,41 figliolo de vostra illustrissima signoria et nostro nepote, et si non havessemo dubitato de non dispiacerli, ià lo haveriamo electo et factolo restare qua, como haveamo deliberato in lo animo nostro. Puro non dubitando che vostra signoria se ne contentarà, lo havemo accompagnato con lo magnifico Francesco da Palude, nostro familiare, quale mandamo llà et in Roma per la facenda de l’annata ad tale che dicto donno Johanne Maria faza dui boni effecti: l’uno che vegna ad pigliare licencia da vostra signoria et ne li basa le manu, et l’altro che informa quella dele cose de qua et de dicto archiepiscopato, et se ne possa retornare qua con lo illustre et reverendo archiepiscopo, suo patrone. Pregamo per tanto la signoria vostra illustrissima che lo voglia havere per recomandato et acceptare la deliberatione nostra de haverlo electo cancelleri, perché ne rendimo certisseme se portarà in dicto officio che da omne homo serà commendato, et lo dicto archiepiscopo et nui qua ne seremo ben serviti perché è diligente, sollicito et docto. Da lo dicto Francesco de Palude se referarà quisto nostro desiderio più amplamente ala signoria vostra, la quale pregamo li voglia prestare indubia fide et credenza.42
Al contrario della volontà della regina, Parenti non ritornò mai in Ungheria. Non è conosciuta la data del suo rincasamento a Modena da Roma, come rimangono pure in ombra i suoi motivi. Ciò che è certo è però che la coppia ducale selezionò un altro cancelliere per la corte arcivescovile di Ippolito nella persona di Borso Bruttura che poi Beatrice, forse deludente per l’assenza di Parenti, rifiutò, e mantenne nell’ufficio Vincenzo Pistacchio, servitore del cardinale Giovanni d’Aragona.43
L’originale della lettera di Parenti si trova nell’Archivio di Stato di Modena, sotto la segnatura Archivio Segreto Estense, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori Ungheria, busta 1., fascicolo 12., ed è stato aggiunto al database del progetto “Vestigia” sotto il numero 1414. Inoltre l’Archivio Nazionale Ungherese ha ammesso il documento nel suo repertorio sotto il numero HU MNL OL DF 294488. Il manoscritto originale consta di due quaderni di quattro fogli, dei quali sono numerati dagli archivisti solo quelli che contengono scrittura. Nella trascrizione i numeri delle pagine sono indicati tra parentesi quadrate in grassetto. La tabella seguente mostra le concordanze dei fogli e delle pagine:
Foglio | Pagina | Foglio | Pagina |
---|---|---|---|
1 retto: | 1 | 5 retto: | 9 |
1 verso: | 2 | 5 verso: | 10 |
2 retto: | 3 | 6 retto: | vuota |
2 verso: | 4 | 6 verso: | vuota |
3 retto: | 5 | 7 retto: | 11 |
3 verso: | 6 | 7 verso: | 12 |
4 retto: | 7 | 8 retto: | 13 |
4 verso: | 8 | 8 verso: | vuota |
Parenti usa un linguaggio volgare dell’Italia settentrionale. Nonostante si tratti di un’epistola, per chiarezza ho scelto la forma del diario e ho diviso il testo a seconda dei giorni, segnalando le date tra parentesi quadrate e in grassetto. La datazione della lettera è il 3 agosto 1486, dodici giorni dopo del loro arrivo a Posonio. Parenti probabilmente, durante questi dodici giorni, compilò e copiò la lettera: si tratta infatti di una copia che dimostra il gran numero degli errori tipici delle copie, come l’aplografia, la dittografia, o il salto da uguale a uguale (saut du même au même). Questi ultimi più volte rendono le frasi incomplete, per cui alcune parti del testo rimangono difficilmente comprensibili, allo stesso tempo non è facile decidere, a volte, se i raddoppiamenti siano figure retoriche o semplici errori di copiatura. Rende ancora più complicata l’interpretazione il fatto che la maggior parte del manoscritto sia sbiadita a causa dell’umidità, tanto da risultare illeggibile senza luce ultravioletta. Le parole incerte sono messe tra parentesi tonde, mentre gli altri errori (a voltre presupposti) sono segnati nell’apparato. Le abbreviazioni sono state sciolte e le interpretazioni incerte sono state annotate. Le parti troncate e non completabili sono contrassegnate con tre punti messi tra parentesi tonde. La mancanza di una variante, purtroppo, non ci permette di integrare il testo, ma le lettere di Cesare Valentini ci svelano più volte i dettagli mancanti dall’epistola di Parenti. Oltre agli errori della copiatura, anche nel contenuto troviamo alcuni equivoci, per esempio a proposito delle direzioni (14 giugno: Burano, Torcello e Mazzorbo sono situati a nord di Venezia, e non a sud) o dei toponimi (18 giugno: la penisola di Sabbioncello non è parte dell’Istria).
Nella trascrizione volevo mantenere i caratteri specifici del testo, modernizzando solo la punteggiatura, gli accenti e le maiuscole. Per rendere più comprensibile le parti arcaiche, ho aggiunto spiegazioni nell’apparato. Ho lasciato i numeri romani e arabi in forma originale. Dato che Parenti usa le preposizioni articolate molto più frequentemente in modo composto, ho unificato anche quelle poche scritte separatamente.
Datazione: Posonio, 3 agosto 1486.
Destinataria: Eleonora d’Aragona, duchessa di Ferrara.
Segnatura dell’originale: Archivio di Stato di Modena, Archivio Segreto Estense, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori Ungheria, busta 1., fascicolo 12.
Segnatura nel database Vestigia: nr. 1414.
Segnatura nell’Archivio di Stato Ungherese: HU MNL OL DF 294488.
[1.] Illustrissima et excelentissima, madama mia singulare! Per questa mia la celsitudine vostra serà advisata totalmente degli progressi de tutto el viagio incomenzando al partire da Venetia del magnifico oratore44 d’epsa45 con la soa famiglia. Et primo doppo sei46 giorni che stete in Venetia per non poter pigliare il camino per el contrario tempo, gionsi la barcha nostra al botto de una hora47 de nocte per megio Realto.48 E venendo per el rio dreto49 al Fontegho degli Todeschi50 per rispecto de l’acqua che crescea in modo che la barcha non potea passare per li ponti che sono sopra epso rio, stessimo per hore sei a fare epsa via dal dicto Fontegho a San Marcho.51 E intrato che fossemo nel Canal Grando incomenzorno gli marinari a navigar verso gli duo Castella52 al porto de Venetia, e per il contrario vento stessemo lì per quella nocte.
E facto giorno con bonazza del mare facessemo vela e navigassemo circha dece miglia in mare lassando a man dextra53 uno loco dicto le Contrate che sono tre castella cioè Torecello, Mazorbo e Burano,54 distante da Venetia cinque miglia, nel qual transito incontrassimo uno delphino che senza incomodo nostro trapassò ultra. E in uno istanti sopragionsi uno contrario vento in modo che fu forza butare l’anchora in mare e così stessimo ivi per hore cinque. E vedendo li marinari che non potevano passar el golpho,55 feceron vela, e tornassemo a dietro agli duo Castella et alogiassemo con gli monachi de San Benedecto in San Nicolò da Lido.56 E per quel giorno che fu a dì 14 e mercure de zugno se ritrovassemo lontano uno miglia da Venetia e per quella nocte stessemo.
La zobia seguente a dì 15 et ad hore 15 cognoscendo ogniuno non se poter intrare in mare facessemo vela dentro via per le lacune, lassando a man mancha una chiesia dicta San Francesco dal Deserto,57 lontan 3 miglia dal loco, dove58 se partessemo59 quel giorno. Poi procedendo a 5 miglia giongessemo ad una chiesia rotta come una torre60 dicto Lido Mazore61 per acqua (dolce) e de quel loco a 5 miglia trovassemo uno passo come una torre dicta Torre de Caligo62 posta s’una fiumara adimandata la Piava63 che vien del Friullo.64 E de lì venendo a secunda per epsa fiumara per 3 miglia trovassemo Torre dicta Jesula,65 e per quella nocte alogiassemo in quel loco, dove (non) trovassemo alcuna cosa da viver, da vino in forra, e fu necce(ssario) [2.] dormire in nave, e tirare66 al antenna il (s)paravero67 da lecto delo oratore. E questo per tante cenzale68 che vi sono senza comparatione più che in ferrarese. Al remedio dele quale, madama mia illustrissima, in una villa de Strigonio, dove ne sono tante che affaticha, le matre pono69 campare da epse, li fanzuletti, cum riverentia, pigliano stercho de bove seccho e ne fan focho, e per niente per el fumo non se puono aproximare che quando nol fusse tal riparo non gli potria in epsa villa habitare persona. Pareno nuvole che descendano dal’aere.
El venaro a dì 16 de doe hore ananti giorno navigando la Piava intrassemo in mare, lontan dala soprascripta torre per cinque miglia per lo porto de Jesula, al intrar del quale fu gran combattemento de l’acqua salsa e dolce. Epso porto è largo et ha grande acqua. E come fossemo dentro se fece subito gran bonazza. E lassassemo a man sinestra dove sono le infrascripte terre e porti, qual intenderà la celsitudine vostra una con la distanza dal’una al altra cioè dal porto de Jesula a quel a’ Livenza70 ce sono 15 miglia, da quello a quel de Cauerli71 10, poi a quel del Taiamento72 9, a Lignano73 XI, al Amphora74 10, a quel de Buso75 9, a Grao76 9, a Premaro77 3, al Isonza78 5, a Sdobba79 e a quel de posta overo Monfalchono80 che è cità 2, a San Zoanne81 1, a quel de Trieste82 cità 15, a quel de (Mina)83 cità 5, a Cave d’Istria84 principar cità d’Istria 5, a quel de Isola85 cità 5, a quel che Piran86 cità 5, nela qual rhiva è una cità dicta Umago87 ala qual navigando gionssemo la sera, e da Piran ad epsa ce sono 10 miglia. Essendo in mare a 25 miglia, presso quella sopravene el vento de Provenza88 in poppe ala barcha in modo che a vela imbrochata in uno istanti giongessemo sotto el porto de Umago. A 3 miglia cessato el vento nostro ne sopravena uno contrario, intanto che fu necessario intrare in uno porto per forza de septi remi cum faticha e (maresello),89 e consumassemo in quele 3 miglia più de quatro hore.
El sabbato a dì 17 partessemo da Umago, lassassemo una cità dicta San Laurentio90 a 5 miglia, quale ha molte ville, e a 9 miglia passassemo sotto una cità dicta Cità Nova,91 quale è molto molestata dala pestilentia. Transfretassemo poi el porto de Quieta92 che va giù da terra s’uno fiume, dreto qual a 7 miglia [3.] è una cità dicta Montona.93 A 10 miglia una terra dicta San Laurentio da Passenadegha94 cum assai altre ville, e a 2 miglia ge è la valle de Cervera,95 qual terre lassate sul dicto fiume96 giongessemo a Parenza97 bella cità, e visitassemo una bella chiesia dicta San Nicolò,98 dove habitano monachi de San Benedecto.99 E partendosi lo illustre e reverendo signor don Hipolyto da Venetia può quel giorno con bon vento capitarvi et alogiarli non tochando niuno di prenominati porti e cità. Epso San Nicolò è s’un schoio lontan da Parentia uno quarto de miglio, qual schoio è pien da ogni canto de olive et è invero un bello loco. Epsi monachi dano a naviganti recapito del logiamento, tanto el resto l’homo porta cum lui. E perché da Venetia fin a Segna non se trova bon pan, fa bisogno fornire la mensa d’epso, de vino, carne e formagio dreto la rivera de Istria e ad un tertio miglior mercato.
Visto el loco facessemo vela lassando nel navigare doppo nui ben 19 schoi e passassemo sotto el porto de Orsara,100 cità quantuncha trista, da cui a Lemo101 sono 7 miglia, al porto de Ruigno102 3 che è tale che a terra103 senza butar ponte se acosta ogni calea104 e naviglio, et è cità. E passassemo uno schio105 nel qual se incava e intagliassi marmo. In quietate de lì a Sant’Andrea106 è uno miglio dove stano frati de San Francesco de Observantia, quali viveno de helimosina. Passassemo ultra schoi infiniti, quali non potea numerare. E a 8 miglia trovassemo uno porto dicto Porto de Colona107 sul quale è una cità dicta Valle,108 da cui ala villa de Pedroi109 sono 8 miglia. È una bella villa, e de lì navigassemo a Fasana,110 villa col reducto non molto bona d’habitatione, ma bon formagio se gli fa. E per quella nocte ponsassemo111 lì non in vero comodamente.
La domenicha udita la messa e cocta el desinare facessemo vela e venessemo a Stignano112 distante dal porto suo dicto Valbandono113 2 miglia e a uno miglio giongessemo ad una isola dicta Brioni,114 qual volta 4 miglia et ivi sono in copia fasiani e coniglii per prerogativa, adimandassi115 el loco delitie de venetiani. Ha una villa col reducto presso quale è una (villa) dicto San Hieroymo,116 dove se intagliano colone de marmo et ivi fu intaglia(to) [4.] quella colona ch’è a Po. Da quella isola a 2 miglia trovassemo uno monte grando che tutto è uno saxo et in fondo presso l’acqua ge è una crotta che ha rento l’acqua una porta aperta che’l significa nol scio. E de lì a Pola117 ce sono 5 miglia, cità bella de venetiani già de greci presso quale è uno palazo facto in modo de uno theatro che ha 366 fenestre e rotondo. Dicono quelli homini dev’esser stato habitato per Orlando,118 e in similitudine de una harena, come quella de Verona. Et ad uno miglio presso epso palazo gli’è la forma de uno castello inhabitato con una via sotto terra, che va al dicto palazo, quale hora è chiusa.
E presso Pola s’un schoio al basso vedessemo homini squartati per mal oprar loro. De lì a 3 miglia venessemo ad una punta d’uno monte dicto Branchorsa,119 dove120 feceron factodarme in bello navali insieme greci, venetiani e zenovesi, e fu secundo el dir degli habitatori per voce de antiquitate grandissima strage. Dura epso monte per longo uno miglio e mirandolo, essendo in mare, pare tutto un muro senza scropulo tanto e polito. Da qual monte sono 5 miglia al porto bellissimo de Veruda,121 simile a quello de Orsara a uno miglio è el porto del Olmo122 ad uno altro qual del Olmesello.123 E de qui a 2 migila aplicassemo al Premontorie124 porto alo intrar periculosissimo per gli venti e mar grando qual non se può passare per vento Garbino,125 per l’Ostro126 e non per Syroco127 al intrar del Carnare128 sule Premontorie, non però quale tanto exorbitanto dove non s’acosta naviglio alcuno, ma per megio qualle sun molte (…)(…)129 diricissemo lo soprascripto sparavero in modo che parea uno pavagliono da campo, qual se potea contemplare cinquanta miglia in mare. Et ivi posto li tapetti e sopra le odvaglie,130 epso orator sul herbetta siecha una cum li marinari e la famiglia soa fece un desinare molto consolato de victuaglia che haveamo portato cocta. Non penso mai veder tanto piacere per el contemplar circumcirca. E fra doe hore sopragionsi per nui el vento de Provenza, quale havessemo in poppo. E facto via passassemo el Carnare che dura 30 miglia in spatio, de hore tre. Epso Carnare è el più periculoso golpho che sia dal Levante al Poncto, e non è così praticho marinare che non tema non havendo el vento al modo suo. E remise dale Premontorie è el porto de Sabionzello131 a 3 miglia, e 3 de lì a quel de Medolino,132 quale ha reducto, e a 5 el porto dele Cove Picole, [5.] e a 2 miglia quello dele Cove Grande,133 a 3 quello de Baldò,134 a 2 quello dele Vignole,135 a 2 Porto Longo.136 Poi venessemo137 uno castello dicto Arsa138 col porto, a 3 miglia qualle de San Zoanne,139 a 3 la Valle Maistra, a 3 Santa Marina,140 a uno miglio uno altro Porto Longo,141 a 2 una cità dicta Albona142 col porto,143 e a 2 miglia una altra cità dicta Fianona,144 qual ha pur porto, a 3 miglia poi uno castello delo imperatore, dicto Berseci,145 dal quale eramo discosti in mare circa 40 miglia. Da Berseci autem callando146 dreto la costera è uno reducto dicto Leurana,147 ala Valle de Prelucha148 5 miglia, e a 5 è Fiume,149 cità e tutte terre delo imperatore, quale restano longe da nui. E venendo dietro al mare da Berseci a 15 miglia è San Nicolò dela Faresina150 ch’è de venetiani, a 20 miglia una terra dicta Cherse,151 a 10 uno castello dicto Ledenizze,152 a 3 da Valle de San Martino,153 a 5 el porto de Carnisa.154 Havendo però lassato a megio il Carnare uno schoio nel quale ce sono infiniti migliara de fasiani e coniglii, tandem uscissemo fuori del Carnare Deo duce a salvamento. Ma foria155 longo a ricontare156 li delphini che nui vedeamo far cazza d’altri pessi come levereri157 ale lepore. E giongessemo ad una cità dicta Osoro,158 lontano 5 miglia da Carnisa, nel porto dela qual s’entra per uno monte tagliato già per più comodità da venetiani. Epsa cità è principio de Dalmatia, e da epsa a 5 miglia capitassemo al porto de Caldonto159 dove cenato a gran piacere passassemo la nocte. E nel smontare a terra pareamo che volessemo transcorrere el paese chi cercava focho chi una160 altra cosa, e quel che ce dava più piacere era che non erramo161 intesi, per tanto era necessario far cenno de quello che volevamo.
El lunì a dì 19 iterum facessemo vela sul’alba e ad162 uno miglio163 uno loco dicto le Murate164 a uno miglio Cardotto Picolo, e a 3 Porto Longo, a 2 Santa Croce,165 e a uno porto Cadena venendo tra dui monti per spiaza. E a 18 miglia trovassemo una isola dove è Pago vechio e Pago novo infra terra,166 e da l’uno al altro è uno miglia. E da dicta isola a 10 miglia è una cità dicta Newaglia,167 e a 3 miglia el porto de Tavernelle,168 ma dal’isola ad una cità dicta Arbi169 ce sono 5 miglia. Ale la qual ge conducta uno medicho, subdito de vostra celsitudine, modenese, cognato de Jacobo Saiano dicto maestro An(tonio).170
[6.] Da Arbi a San Christophoro171 porto in mare ce sono 3 miglia, a Santa Margarita172 2, ala Valle de San Petro173 3, a San Nicolò da le Saline174 5, a San Gregorio175 5, ad uno schoio dicto Privichio176 5, e così giongessemo poi sotto l’isola de Vegia177 ad uno miglia nela qual è uno castello dicto Muschio.178 A 10 miglia ge è una villa dicta Dobasinazza179 che ha reducto poi a 3 miglia è Santa Maria de Cavo,180 a 4 miglia Porto Longo, et de lì a San Zorzo181 3, a Vegia182 5, a San Nicolò de Cavo del’Isola183 5, ha dicto loco porto col reducto de lì ad uno castello dicto Bascha184 ce sono 10 miglia. E navigando uno brazo de mare dicto Carnarolo185 venessemo cum la vella inbrochata nel porto de Segna, nela qual cità possassemo per tucto el marte seguente e fossemo carezati, honorati, ben alogiati et aliqualmente presentati, lo oratore.186
El mercure se partessemo e montassemo circa a 4 miglia uno monte saxoso dove qui altro che salvia non ge nasce et altre herbe odorifere. Passato quello che assai havere bono le camoze a salirla altri assai ne passassemo horidi et inculti, e giongessemo quel giorno lontan da Segna 15 miglia ad uno castello dicto Brigno187 e lì possassemo la nocte.
La zobia se partessemo venendo per monti horibili saxosi et in folti de boschi che mai se veddi li simili, e montavamo 4 miglia, e 4 ne calavamo et era necessario andare a pedi. Et a 8 miglio presso Modrusio188 ce è una chiesia de San Francesco,189 e Dio gratia a salvamento giongessemo a Modrusio, cità del signor conte Bernardino Frangipani che ha uno castello190 in una sumità d’un monte che dentro ha acqua viva. Et è inexpugnabile capo dela Croatia, ivi erano turchi prisoni che lavoravano nella fortezza. Del dicto castello se vede le confine del turcho che sono ad uno fiume dicto Uno.191 E lì sono le case travi coperte d’asse, ivi fu presentato l’oratore de pane, vino, capretti e lamprede, e per quella nocte possassemo lì.
El vegnare montassemo a cavallo e caminando non per tali dicti monti, venessemo a desinare a Lipa,192 castello del re, dove in loco de pan se mangiano fogazze azime cocte nel fogo sì che chi havea pan con lui, parea homo da ben. E cambiassemo lì cavalli da soma193 e venessemo quella sera dece miglia ad uno loco dicto la Coppa che sono due hostarie s’uno fiume, pur dicto Coppa194 qual passassemo com barche incavate in modo de uno albio195 da salare, con reverentia, porci come è loro costume si per lo Danubio come etiam per altri fiumi, [7.] ivi ha la sua maestà del signor re196 el theolomo.197 E dormissemo quella nocte sotto el porticho dela casa bona, fu che’l sparavero dal lecto ce fu un tecto.
El sabbato partessemo de lì venendo pur per selve, e presso Zagrabria198 a 2 miglia passassemo uno fiume dicto la Sava199 qual corre con grande inpeto. Epso fiume divide la Croatia dala Schiavonia200 che s’incomenza lì. E passato in pocho d’hora giongessemo a Zagrabria, nel qual loco è situata s’uno monte una cità qui inexpugnabile per sito et è ducato. Epsa cità è del re, ma al basso è uno castello quale è del vescovo et ivi habitano canonici et altri preti, e pochi anni passa, secundo che dicono l’homini, lì ge corseno parechi migliara de turchi, quali con damno e vergogna loro se partirno. Havessemo una bona habitatione e fu presentato de alcune robe da mangiare lo oratore dal castellano e dal capitolo e fategli honore.
E stessemo per giorni 17 lì, aspectando resposta del ordine già scripto a vostra excellencia per la signora regina maestà201 e così vivessemo con letitia et anchora cum gran suspecto. Era, illustrissima madama mia, concitato fama del oratore a 200 miglia con questo credea che havesse multo più de quello che havea, e ogni giorno veneano homini ala famiglia per voler intendere la partita de lì, ben pareano usi assassini ne la loro cera, pensa la signoria vostra che era necessario de tristeza mostrare guardi(a), ma pur Dio gratia se levassemo senza pericolo.
Marti a dì XI de luio che già el dì inanti, erano venuti uno barone del re et uno taliano cremascho cortisano dela regina,202 zentilhomo per levarne, trova(r)no le carette e se partesseno da Zagrabria con circa 30 cavalli armati e tre carete. E perché a casu el gobernatore de Strigonio203 havea mandato deci cavalli e una caretta coperta al’hungarescha per far condurre uno suo fratello204 a Buda205 che se dicta venire oratore dal re de Napoli,206 havendo nova epsi soi servitori che non venea per non poter passare el golpho d’Anchona per la suspitione de alcune fuste de turchi, quali van trans(co)rrando epso golpho, detino la soa carretta alo oratore, e ge feceno conpagnia. E nel camino pocho lontan da Zagrabria arivassemo dove fu svalisato207 Bartholomeo Bressano208 e passando utra per monti, pianura e per selve, alogiassemo ad uno castello dicto Rochenocha209 li cui homini [8.] tucti corseno su li repari et ala porta con l’arme credendo che fossemo turchi. Epsa forteza è tuta de legname e de terra, e per niente se haverebe per bataglia da mano.
Mercure a dì 12 venessemo pur per selve come etiam ho scripto de sopra vero è che li monti sono in modo de coline. A 15 miglia alogiassemo ad uno altro simil castello dicto Cruseze,210 e la sera a 15 altre miglia ponsassemo ad una bella villa dicta Capronzo.211
Zobia a dì 13 montassemo per tempo in caretta e caminando passassemo due ville che sono s’una bella pianura e poi passassemo uno altro gran fiume che corre fortissimamente, dicta la Drava.212 Epso fiume divide la Schiavonia dal’Hungaria e de lì a 2 miglia capitassemo ad una gran villa, dicta Zachan,213 dove alogiassemo quella nocte.
El vegnare a dì 14 trovassemo a 5 miglia una villa dicta Curgo214 e una altra dicta Sancta,215 pur a 5 miglia. E quel che se216 fece smentichare ogni pagura fu che quel barone che ce conducea, veni a me dicendo “Canzelarie, habemus satis piscis de vivendo (propter)217 ad comendum”.218 E per l’habito de Hungaria è de parlar per littera219 cum li taliani. Fra l’altre eloquantie ne havea una quello barono dele excellente parlando dela doctrina dela regina, disse “per Deum, regina est vera sapientia mulier”. E volendo dire che la soa maestà gli era stata maestra, dicta “fuit ad me regina meus discipulus”. Staria ben Italia se havesse una simil gramaticha! Invero è però gran barone e molto lo adopra la regina a soi serviti, e così in piacere desinassemo lì. E venessemo ad alogiare ad uno altro loco dicto Segeste,220 lontana da Sancta 15 miglia.
El sabbato a dì 15 a 5 miglia trovassemo una villa dicta Blatan221 e un’altra a 5 miglia dicta Lenza222 dove desinassemo. E caminando iterum a 5 miglia capitassemo ad una villa dicta Fais,223 e a 5 altra una ne trovassemo dicta Somogiovaro,224 dove era quello excellente ladro dicto Bottocapra qual ce expectava, ma cognobe non ce poter nocere. Ha dodeci homini a cavallo che metono ale armatti, è gintilhomo bandito dal re e de bona famiglia. E passando ultra, lì alogassemo. In epso loco nasce bon vino, è paese tale che faria richo due Italie se’l fusse cultivato come se fa in Italia, ma tanto ne lavorano quanto gli basta per viver solum.
La domenicha partessemo e capitassemo ad una villa dicta Tura225 a 5 miglia et ad altre 5 una altra Tur,226 dove passa uno lago dicto Balaton,227 largo in alcun loco 5 miglia e in longo va asai producendo bon pescio. E lassando [9.] le infrascripte ville, cioè Cephel,228 Chrusugio,229 Samar,230 Foch231 e venessemo adesinare a Lepsi,232 bella villa, non sono molto distante l’una dal’altra. Da qual villa ad Alba Regale233 sono 15 milglia taliane come sempre intendo nel numero dele miglia soprascripte, et io monto in una careta dicta da Cozzo,234 qual tiravano tre cavalle che qua sono dicte jumente, gionsi ad Alba Regale in una hora e uno quarto. Ma prima trovai due ville lontane l’una dal altra 5 migla. Epsa Alba Regale è una bella terra, ma picola, senza vescovato, et ha questa pregoativa235 che se gli incorona gli regi e regine.236 E quella nocte alogiassimo lì nel borgo, e gustassemo de uno vino de 5 anni de sapore meglio de malvasia et in colore d’acqua de limpido fonte, passa ogni conditione de vino. E perché la celsitudine vostra non creda che ne havesse due o tre misure, fu io nel celaro e videne tre botte piene che l’una tenea più de 100 misure ferrarese.
El lune, a dì 17 partendosi da Alba passassemo due ville e ala secunda desinassemo, la sera autem alogiassemo ad una villa del reverendo et illustrissimo don Hipolyto dicta Orse237 et ivi fu facto honore da quelli dal gubernatore suo alo oratore da li quali se238 hebbe nel camin bona compagnia.
El martì, a dì 18 partessemo de lì e caminando per una pianura bella, venessemo a 10 miglia a desinare a Strigonio,239 dove ponsassemo el mercure, la zobia e facessemo colatione el vegnare matino. E fussemo ben visti, carezati et honorati del qual loco benché sia impossibile poterli figurarlo col calamo a chi non l’ha visto con l’ochio, tanto è bello, ben edificato e situato.240
Primo è collocato in apice unius montis in forteza inexpugnabile circa el quale el re Mathia già gli241 steti a campo.242 L’habitatione del castello è bella e vedese a ciascuna fenestra circumcirca coline, pianure e lo Danubio, qual circumisse epsa forteza da dui canti. Ha zardino dentro, camere belle e molte, una gran sala, dove sono depincti quanti duca e regi dominorno mai Hungaria incomenzando ad Atila, Dei flagellum et in che modo venerno primo le persone ad habitare Hungaria cum bovi, pecore et altri armenti. Fra altri regi ge ne è uno243 che nacque de una Madama de casa Estense, illustrissima e celeberrima, el nome dela quale non me occorre a memoria, fu regina facunda, prudente e de gran governo.244 Hano epsi regi sotto loro pedi scripto quanto visceno245 [10.] e la nation loro.246 È una gran maestà a vederli. Ha etiam epso castello una bellissima chiesia ben officiata e celebrata, ha prepositi, archidiaconi, canonici e prebendarii più de 50,247 e incomenzando ananti giorno fin nona se li celebra messa, e tre se li cantano.
Ha etiam tante reliqe248 che è cosa stupenda: brazzi d’arzente e d’oro, cristalli, ce è tal calice che vale più de 1000 ducati, ce son pianete col resto da cantar messa in pontificale, cariche de perle, tanto argente non ha Milano, Cremona né Ferrara insieme. Io non ne potria dir tanto che più non ne fusse, vale innumerabile migliara de ducati.
Ha etiam nela rocha che guarda sul Danubio – che li batte ale mure a dui canti – uno molino249 che macina cum acqua calda che sorze250 lì in modo è uno fonte.
Nasceli etiam difor251 uno bagno pur d’acqua calda che tocha qui le mure, e lo Danubio ha dentro acqua assai e bona.
Se entra nel castello per 5 porte. Ha conti rendini e soccorsi.252 In conclusione, illustrissima madama mia, è tale che se la excellenzia vostra ne volesse adunar uno altro pro voluntate, sia inpossibile se trovasse. Recoglie pan, vino, carne e altre cose necessarie al vivere ch’è una cosa maravigliosa.253
Ha uno altro castello254 forte asai e più de 100 ville,255 ha uno pallazo in Buda,256 uno in Posonio e uno altro ne ha donato el re ala regina in Viena qual sua maestà vole donare alo illustre et reverendo archiepiscopo. È lo primo baron presso la sua maestà del re, receve decime a più de 100 miglia.257
È tanto desiderato, lassamo stare le sue maestate paterne, ma da altri hungari che è cosa miranda: assai più sua reverenda signoria che non è da hebrei lo Messia. Serà cortezato sua signoria da baroni258 et zentilhomini e già se li prepara una corte magnifica.259
El vegnare partessemo, in compagnia havea l’oratore el gubernatore de con octo carette, e passassemo per megio Strigonio lo Danubio. E in dece hore benché se li consumasseno 3 giorni venesseno 100 miglia sule carette da Cozze che volano sula terra tirate da jumente.
Alogiassemo la prima sera ad una villa delo archiepiscopato dicta Guda260 dove è copia de pescio, decima solum lì del dicto pescio più de 200 ducati.261
[11.] Lo sabbato venessemo a desinare sul Danubio, a desinare262 ad una villa de l’archiepiscopo, e passato lo Danubio263 in poche d’hore facessemo 20 miglia ad una bella villa del re e lì alogiassemo. E nel venire trovassemo monitione de feno sulla ripa del Danubio posto in cavalato264 come se fa in Italia cavaioni de frumento, qual in longe erano più de uno miglio taliano.
La domenicha a dì 23 venessemo a desinare ad una gran villa dicta Piscopi265 delo archiepiscopo, e come havessemo desinato gionsi lì el maestro de stalla dela regina con 15 cavalli portanti per nui. Li venerli soi secretari e capellani, e passati iterum lo Danubio266 venerno ad honorar l’oratore incontro lui: baroni, vescovi, e altri prelati e cavaleri e la famiglia del re che erano più de 400 cavalli.
Fu invero grandissimo honore e gionti apresso le porte passorno da circa 60 cavalli del re senza sella che andavano alo Danubio e studiose ge ne era parte hungari, vallachi, transilvani e turchi che valeano un thesoro.
Dentro la terra autem in uno pallazo erano le loro maestate quale ce veneano passare, ma nui non loro e acompagnati cum trombeti smontassemo sula piaccia in una bella casa parata in doe stantie de razzi e tapeti circumcirca. Serimo mirati in quella delo archiepiscopo, ma parse ala regina non far removere lo signor thesaurero267 del signor re che è veschovo, considerato anchora che ce havea facto provedere de bon e comodo logiamento, e così possassemo quelle nocte.
El lune a dì 24 sul hora del vespro la regina mandò dui baroni, quali acompagorno l’oratore ad sua maestà, quale audiva el vespro in una chiesia, e dicto che sia, vene a pallazo, e quivi gli deti grata audientia, e de uno in uno dela famiglia sua genufle(ttando) gli bassò268 la mano.269 Reasumpsi, illustrissima madama mia, sua maestà la comissione delo oratore cum tanta eloquentia, gratia e bei modi come, un parlare Arragonese et expedito che se Sapho, Salustio o Tulio resuscitasse, mancharia cum sua maestà de facundia sì per lo elloquente parlare, sì per el modo e venusto e maturo gesto come etiam per la grata racoglientia sua reginale quale è tale e tanta che se ne stancharia mille lengue a dir de epsa.
E resposto ch’ebbe, sua maestà senza più replicare disse “mostatime270 la idea del figliol mio, qual intendo haver cum vui pincta”. Pensa la celsitudine vostra quanto cordialmente lo accepta in figlio che altro non volse respondere doppo el replicar del oratore se non che chiessi dicta figura.
[12.] E presentate che ge furno ambedue le imagine deli illustri figlioli vostri, mostrò tanta alegreza, fece che fu cosa ultra modo, eo magis de quella del signor don Hypolito et incomezola bassare, e una e due e 100 fiate, dicendo sua maestate che era bello come de continuo pregava Idio in questo modo: “O Dio, falo essere bello”.
Seguitando l’oratore el cortezare e presentarsi a sua maestà ogni giorno. Domenica passata che fu lo penultimo de luio celebrata che fu la messa, hebbe audientia dala sua maestà del re, quale quando se celebrava la messa, fecesse presentare dicta figura e mai non cessò mirarla. E tanto piacere e consolatione ne prese che più non ne haverebbe facto se gli fusse stato figlio.
Ha una gratia mirabile, excellentissima madama mia, dal canto de qua che Idio lo augumenta cum felicità, magnificentia et honore a quanto271 può assequir l’habito clericale.
Reasumpsi sua maestà la congratulatoria del dono facto ala prole de vostra celsitudine e la contristactione dela felice memoria delo illustrissimo e reverendissimo cardinale vostro fratello272 che così se continea lo exponere del oratore cum grande eloquentia e modi regali offerendosi sua maestà ad ogni benemerito verso la illustrissima casa Estense, e com altre molte bone parole. Poi tandem resposto che li hebbe l’oratore, disse sua maestà queste formal parole: “huc usque fuistis orator, nunc autem eritis domesticus et utimini bonis et (…)” (…)lare nostro.273 E pigliando l’oratore licentia nui altri tuti dela famiglia genufle(ttando) gli bassassemo la mano.
Stasse hora l’oratore e spectamo el partire dela maestà del signor re per andare ala dietta col re de Boemia.274 E già qua se sono careqate275 bombarde per mandar via e sono cavalcate più de 8000 persone armate. Dicessi che vano a Citanova,276 terra delo imperatore277 obsessa per sua maestà, partiti che serà, credo faremo compagni(a) alla maestà dela regina a Viena, (cità) d’Austria. Aspectando lo fortunato advento delo illustre e reverendo figlio de vostra celsitudine agli pedi dela quale humilmente di continuo mi racomando. Possonii, die III Augusto MCCCCLXXXVI.
Eiusdem illustrissime dominationis vestre
humilis servus Johannes Maria Parenti
A Segnia per incontrare el signor don Hipolyto gli (sono) desposto andare el signor conte Bernardino Frangipani, lo veschovo de Modrusio278 e altri baroni e zentilhomini.
Supplico vostra celsitudine, se degna participar questa mia col signor messer Nicolò da Coreze279 per parte del qual me fu comesso e facto instantia che gli volesse mandar scripto de parte in parte questo viagio se bene me si extese più che non se conveniria.
[13.] Illustrissime et excellentissime domine, domine sue singulari, domina Elionore de Arragonia, ducisse Ferrarie.
Data | Luogo | Scritta da Cesare Valentini ad | Originale nell’ASMo Amb. Ung. b. 1. | Vestigia280 | HU MNL OL DF | Edizione del testo281 |
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12.06.1486. | Venezia | Ercole I d’Este | 13,1 | 1415 | 294489 | MDE III 83 |
13.06.1486. | Venezia | Ercole I d’Este | 13,2 | 1416 | 294490 | MDE III 85 |
13.06.1486. | Venezia | Eleonora d’Aragona | 13,3 | 1417 | 294491 | MDE III 84 |
06.07.1486. | Zagabria | Ercole I d’Este | 13,4 | 1418 | 294492 | MDE III 90 |
06.07.1486. | Zagabria | Eleonora d’Aragona | 13,5 | 1419 | 294493 | MDE III 89 |
09.07.1486. | Zagabria | Ercole I d’Este | 13,6 | 1420 | 294494 | MDE III 91 |
13.07.1486. | Zákány | Ercole I d’Este | 13,7 | 1421 | 294495 | MDE III 92 |
03.08.1486. | Posonio | Ercole I d’Este | 13,8 | 1422 | 294496 | MDE III 100 |
04.08.1486. | Posonio | Eleonora d’Aragona | 13,10 | 1423 | 294497, 294497-1 | MDE III 101 |
04.08.1486. | — | Ercole I d’Este (cedola allegata) | 13,9a | 1426 | 294499-a. | — |
04.08.1486. | Posonio | Eleonora d’Aragona | 13,10a | 1427 | 294497, 294497-2 | MDE III 101 |
10.08.1486. | Stomfa282 | Eleonora d’Aragona | 13,11 | 1428 | 294502 | MDE III 106 |
10.08.1486. | Stomfa | Ercole I d’Este | 13,12 | 1429 | 294503 | MDE III 107 |
17.08.1486. | Zistersdorf283 | Eleonora d’Aragona | 13,14 | 1466 | 294539 | MDE III 110 |
17.08.1486. | Zistersdorf | Ercole I d’Este | 13,15 | 1469 | 294542 | MDE III 111 |
17.08.1486. | Iglau284 | Ercole I d’Este | 13,16 | 1472 | 294545 | — |
11.09.1486. | Iglau | Ercole I d’Este | 13,17 | 1477 | 294550 | Óváry285 |
11.09.1486. | Iglau | Ercole I d’Este | 13,18 | 1479 | 294552 | MDE III 117 |
25.09.1486. | Posonio | Ercole I d’Este | 13,19 | 1502 | 294574 | MDE III 119 |
07.10.1486. | Posonio | Ercole I d’Este | 13,23 | 1514 | 294586 | MDE III 121 |
18.10.1486. | Znaim286 | Ercole I d’Este | 13,24 | 1515 | 294587 | MDE III 123 |
30.10.1486. | Retz287 | Eleonora d’Aragona | 13,25 | 1516 | 294588 | MDE III 127 |
30.10.1486. | Retz | (una poesia) | 13,25a | 1517 | 294589 | MDE III 127 |
04.11.1486. | Retz | Ercole I d’Este | 13,27 | 1520 | 294592 | MDE III 128 |
04.11.1486. | Retz | Ercole I d’Este | 13,27a | 1521 | 294593 | MDE III 128 |
18.11.1486. | Retz | Eleonora d’Aragona | 13,29 | 1523 | 294595 | MDE III 132 |
23.11.1486. | Retz | Ercole I d’Este | 13,30 | 1524 | 294596 | MDE III 134 |
23.11.1486. | Retz | Eleonora d’Aragona | 13,31 | 1525 | 294597 | MDE III 133 |
29.11.1486. | Hainburg288 | Ercole I d’Este | 13,32 | 1526 | 294598 | — |
22.12.1486. | Vienna | Ercole I d’Este | 13,35 | 1529 | 294601 | MDE III 140 |
22.12.1486. | Vienna | Eleonora d’Aragona | 13,36 | 1530 | 294602 | MDE III 139 |
09.01.1487. | Vienna | Ercole I d’Este | 14,2 | 1534 | 294606 | MDE III 145 |
10.01.1487. | Vienna | Eleonora d’Aragona | 14,6 | 1538 | 294610 | MDE III 146: pp. 241–245 |
10.01.1487. | Vienna | Eleonora d’Aragona, Ercole I d’Este | 14,6a-b | 1539 | 294611, 294611-1, 294611-2 | MDE III 146: pp. 244–245 |
12.01.1487. | Vienna | Eleonora d’Aragona | 14,7 | 1540 | 294612 | MDE III 147 |
05.02.1487. | Vienna | Eleonora d’Aragona | 14,8 | 1541 | 294613 | MDE III 154 |
08.02.1487. | Vienna | Ercole I d’Este | 14,9 | 1542 | 294614, 294614-1 | MDE III 158 |
La ricerca è stata appoggiata dai seguenti programmi: “ITM NKFIH Innovációs Alap TKP 2021-NKTA15”, “NKFI K 128797” e “NKFI K 134690”. In questa sede vorrei esprimere la mia gratitudine agli studiosi seguenti: György Domokos, Tibor Neumann, Bence Péterfi, Norbert Mátyus, Boglárka Weisz, Ilona Kristóf, Judit Gál, István Kádas, Konstantin Vukov per i consigli preziosi, e agli studenti del Dipartimento dell’Italianistica dell’Università Cattolica Péter Pázmány (Mónika Mezei, Dóra Báthori e Balázs Endrédy) per il loro aiuto utile nei controlli della trascrizione del testo originale.↩︎
Ho scelto la forma arcaizzante del cognome (Parenti) al posto di quello usato dalla letteratura scientifica italiana (Parente), conservando così il caso genitivo del latino che esprime l’appartenenza ad una famiglia.↩︎
La Gloriosissimi Geminiani Vita di Giovanni Maria Parente. Edizione critica a cura di Anna Spiazzi. Milano: Ledizioni, 2021 (d’ora in poi: Gloriosissimi Geminiani Vita). Vedi anche G. Montecchi: ‘La vita di san Geminiano narrata, illustrata, e rappresentata ai cittadini di Modena (1494–1495)’, in: Id.: Il libro nel Rinascimento. Volume secondo. Scrittura, immagine, testo e contesto, Roma: Viella, 2005: 99–126. L’incunabolo è disponibile online: http://digitale.beic.it/BEIC:RD01:39bei_digitool536350.↩︎
Gloriosissimi Geminiani Vita, op.cit.: 20–21.↩︎
L’opera di Parenti rientra tra i resoconti di viaggio diffusi nel Medioevo. Su questo genere e sulla letteratura di viaggio si veda più ampiamente: I. Lazzarini: L’ordine delle scritture. Il linguaggio documentario del potere nell’Italia tardomedievale, Roma: Viella, 2021: 101–109.↩︎
János Zrednai (1408–1472) fu lo zio del poeta Janus Pannonius. Ho messo il nome Vitéz tra parentesi perché le nuove ricerche hanno dimostrato che il famoso arcivescovo umanista – conosciuto con il cognome Vitéz grazie ad Antonio Bonfini – in realtà non apparteneva a questa famiglia, cfr. K. Csapodiné Gárdonyi: ‘Vitéz János neve’, Turul 71, 1998: 25–29; T. Pálosfalvi: ‘Vitézek és Garázdák. A szlavóniai humanisták származásának kérdéséhez’, Turul 86, 2013: 15–16; Id.: The Noble Elite in the County of Körös (Križevci) 1400–1526. Magyar Történelmi Emlékek. Értekezések. Budapest: Institutum Historicum Sedis Centralis Studiorum Philosophicorum Academiae Scientiarum Hungaricae, 2014: 168.↩︎
Il tentativo di Zrednai cadde presto e Mattia l’imprigionò, cfr. A. Kubinyi, Matthias Rex. Budapest: Balassi Kiadó, 2008: 91–93.↩︎
Ibid.: 97–99.↩︎
Giovanni d’Aragona (1456–1485), figlio del re di Napoli, Ferdinando I d’Aragona, e fratello di Eleonora e Beatrice d’Aragona. Sulla sua vita si veda Edit Pásztor, Giovanni d’Aragona, in Dizionario biografico degli italiani (=DBI), III Roma, 1961. https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-d-aragona_res-a1222702-87e6-11dc-8e9d-0016357eee51_(Dizionario-Biografico)↩︎
A quel tempo Bartolomeo Bresciani era un messo presso la cancelleria del ducato di Ferrara: U. Caleffini: Croniche 1471–1494. Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, ed. T. Bacchi & M. Giovanna Galli, Ferrara, 2006: 143.↩︎
Archivio di Stato di Modena (=ASMo), Archivio Segreto Estense (=ASE), Cancelleria, Carteggio Ambasciatori Ungheria, busta 1. fascicolo 6. Le fotoriproduzioni dei documenti originali sono consultabili anche nel database Diplomatikai Fényképgyűjtemény (=DF) dell’Archivio Nazionale Ungherese (Magyar Nemzeti Levéltár, Országos Levéltár = MNL OL), sotto le segnature MNL OL DF 294346–354.↩︎
Eleonora d’Aragona (1450–1493), figlia di Ferdinando I d’Aragona, moglie di Ercole I d’Este. Il compendio più recente sulla sua persona: V. Prisco: Eleonora d’Aragona e la costruzione di un “corpo” politico al femminile (1450–1493). Tesi di dottorato dell’Universidad de Zaragoza, Dipartimento della Historia Medieval, Ciencias y Técnicas Historiográficas y Estudios Árabes e Islámicos, tutori: Francesco Barra, Maria del Carmen Gracia Herrero, Francesco Storti, 2019.↩︎
Beatrice d’Aragona (1457–1508), figlia di Ferdinando I d’Aragona e seconda moglie di Mattia Corvino. Sulla sua vita si veda A. Berzeviczy: Beatrice d’Aragona, a cura di R. Mosca, Milano: Edizioni “Corbaccio”, 1931. Una gran parte dei documenti relativi alla regina è raccolta sempre da A. Berzeviczy, in Acta Vitam Beatricis Reginae Hungariae Illustrantia. Aragoniai Beatrix Magyar Királyné életére vonatkozó okiratok, a cura di A. Berzeviczy. Monumenta Hungariae historica. Diplomataria = Magyar történelmi emlékek. Okmánytárak 39. Magyar Tudományos Akadémia, Budapest, 1914. (d’ora in poi: Acta Vitam Beatricis); mentre la corrispondenza con sua sorella Eleonora è stata edita da E. Guerra: Il carteggio tra Beatrice d’Aragona e gli Estensi (1476–1508), a cura di E. Guerra, Roma, 2010 (d’ora in poi: Carteggio).↩︎
Carteggio p. 75.↩︎
Valentini fu un dottore giurista, nacque in una famiglia nobile di Modena e sposò la figlia del giurista bolognese Scipione Gozzadini, di nome Maddalena. Tra il 1478 e 1483 servì il duca Ercole I d’Este come suo ambasciatore a Milano, poi nel 1485 faceva parte della missione inviata dal duca ferrarese al papa Innocenzo VIII. Cfr. G. Ferrarini: Memoriale Estense (1476–1489), ed. P. Griguolo, Rovigo, 2006: 221, 368; B. Zambotti: Diario ferrarese dall’anno 1476 sino al 1504, ed. G. Pardi, Bologna, 1937, (Rerum Italicarum Scriptores 24) p. 165; M. Folin: ‘Gli oratori estensi nel sistema politico italiano (1440–1505)’, in: Girolamo Savonarola da Ferrara all’Europa, ed. G. Fragnito & M. Miegge, Firenze, 2001: 67; Carteggio degli oratori mantovani alla corte sforzesca (1450–1500) I–XV, ed. F. Leverotti et al, Roma, 1999–2003: XI. (1478–1479), pp. 168, 170, 180, 183, 188, 193, 204.↩︎
Edizione del testo: Magyar diplomacziai emlékek Mátyás király korából, Vol. III, a cura di I. Nagy & A. Nyáry, Budapest, 1877: 101–108 (d’ora in poi: MDE).↩︎
Sugli eventi, più dettagliatamente, si vedano A. Berzeviczy: Beatrice d’Aragona, op. cit.: 171–204; A. Morselli: Ippolito I d’Este e il suo primo viaggio in Ungheria (1487), Modena: Società Tipografica Editrice Modenese, 1957; H. Kuffart & T. Neumann: ‘“Olyan szép kísérete lesz, mint kevés úrnak Itáliában”. Az esztergomi érseki udvartartás szervezése 1486/87 folyamán’, Történelmi Szemle 63, 2021: 323–382. Le ultime due pubblicazioni contengono trascrizioni di fonti originali.↩︎
Niccolò Postumo Correggio, poeta e cavaliere: P. Farenga: ‘Niccolò Postumo Correggio’, DBI XXIX, Roma, 1983 (https://www.treccani.it/enciclopedia/niccolo-postumo-correggio_%28Dizionario-Biografico%29/). Alla fine fu però suo cugino, Borso da Correggio, ad accompagnare Ippolito al posto di Niccolò, ciò perché il duca Ercole lo portò con sé per un pellegrinaggio cfr. H. Kuffart & T. Neumann: ‘“Olyan szép kísérete lesz, mint kevés úrnak Itáliában”…’, op.cit.: 332, 336; B. Zambotti: Diario ferrarese…, op.cit.: 182–187.↩︎
Cfr. 11 luglio nell’Appendice I.↩︎
Il grippo era un brigantino da corsa a un albero. Il costo dell’affitto di un grippo fu 17 ducati e un ducato in più dopo ogni seguente giorno: ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori Ungheria b. 2. fasc. 19,2,3. (La segnatura della fotoriproduzione: HU MNL OL DF 295697.) Cfr. A. Morselli: Ippolito, op.cit.: 26; H. Kuffart & T. Neumann: ‘“Olyan szép kísérete lesz, mint kevés úrnak Itáliában”…’, op.cit.: 333.↩︎
Idem.↩︎
Senj (Segna), Croazia.↩︎
Per identificare i toponimi ho usato le mappe storiche dei siti https://maps.arcanum.com/en/ e https://maps.hungaricana.hu/en/ e la versione aggiornata (2021) dell’atlante storico digitale del Regno d’Ungheria di P. Engel: Magyarország a középkor végén. Digitális térkép és adatbázis a középkori Magyar Királyság településeiről (https://abtk.hu/hirek/1713-megujult-engel-pal-adatbazisa-a-kozepkori-magyarorszag-digitalis-atlasza). Sui toponimi dell’Istria e della Dalmazia si vedano P. Coppo: ‘Del sito dell’Istria a Gioseffo Faustino’, in: L’archeografo triestino raccolta di opuscoli e notizie per Trieste e per l’Istria, vol. II, Trieste, 1830: 26–44; V. A. Formaleoni: Topografia Veneta Ovvero Descrizione Dello Stato Veneto, vol. I, Venezia, 1787; G. Marieni: Portolano del mare Adriatico compilato sotto la direzione dell’Instituto Geografico Militare dell’I.R. Stato Maggiore Generale, Milano: Imperiale Regia Stamperia, 1830.↩︎
K. Prajda: ‘Egy firenzei követjárás útinaplója (1427)’, Lymbus 2011, 2012: 7–16. La pubblicazione contiene la trascrizione della fonte italiana.↩︎
Ibid.: 13–14.↩︎
La moglie di Bernardino Frangipani era Luisa Marzano d’Aragona, cugina di Eleonora e Beatrice. Bernardino scrisse due lettere ad Eleonora dopo lo svaligiamento di Bartolomeo Bresciani offrendo i suoi servizi per i viaggi degli ambasciatori ferraresi, riferendosi soprattutto ad Ippolito: ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori Ungheria, b. 1. fasc. 7. 1–2. (Le segnature della fotoriproduzione: HU MNL OL DF 294355–356.)↩︎
Due lettere il 6 e una il 9 luglio: MDE III. pp. 117–125. Cfr. l’Appendice II.↩︎
Si veda più dettagliatamente l’Appendice I.↩︎
MDE III. pp. 125–126.↩︎
Posonio (Pozsony, Posonium, Pressburg) era una delle più importanti città del Regno d’Ungheria, oggi è la capitale della Slovacchia, a partire dal 1919 si chiama Bratislava. In questa sede userò la forma italiana medievale.↩︎
R. Horváth: Itineraria regis Matthiae Corvini et reginae Beatricis de Aragonia (1458–[1476]–1490), Budapest: MTA Történettudományi Intézete, 2011: 121–122, 135.↩︎
Cfr. HU MNL OL Diplomatikai Levéltár (=DL) 19205. La proposta dell’identificazione è di Tibor Neumann a cui ringrazio anche in questo luogo per avermi suggerito di consultare questa fonte.↩︎
Valentini scrive il 3 agosto 1486 al duca: “Dipoi procedendo più ultra e pervenuto ad Strigonio, ove honorato assai et ivi dimorato dui giorni per ordine lassato ivi dala regina, me ne inviai verso Possonio”, MDE III. p. 137.↩︎
Antonius de Bonfinis, Rerum Ungaricarum decades. Ediderunt Iosephus Fógel, Bela Iványi & Ladislaus Juhász, tom. IV, pars I, Lipsiae & Budapest, 1941: 47 (IV. 3. 99–101).↩︎
MDE III. p. 138.↩︎
MDE III. pp. 137–143, 144–152. Cfr. Appendice II.↩︎
La relazione al duca: “Dipoi epsa (scil. Beatrice) remandò ambi li fogli ala maestà del signor re, qual non ne mostrò mancho piacere e contenteza dela regina, subito pigliando parte ch’el suo hungaro era molto più bello del altro, et etiam laudando l’altro e per tenereza non se potè retenere che molte volte non basiasse la figura e così fecerno tutti li baroni e nobili ch’erano al conspecto, e dicto foglio andò per tutta la corte. E veramente per quello ch’io ho potuto comprehendere in dies sue maestate non poterebono (scil. potrebbero) havere miglior amore e desiderio verso epso don Hipolyto come hano.” MDE III. p. 139. La versione alla duchessa: “Dipoi epsa rimandò ambi li fogli ala maestà del signor re, quale non ne mostrò mancho piacere e contentezza dela regina, subito pigliando parte ch’el suo hungaro era molto più bello del altro et etiam laudando l’altro. E per tenereza non se potte ritenere che molte volte non basiasse la figura, e così fecerno tutti gli baroni e nobili ch’erano al conspecto. E dicto foglio andò per tuta la corte e certamente per quello ch’io ho potuto comprendere in dies sue maestate non potrebono havere magior amore e dessiderio verso epso don Hipolyto come hano.” MDE III. 146. L’episodio viene esposto anche nella monografia di A. Berzeviczy: Beatrice d’Aragona op.cit.: 180.↩︎
Cft. Appendice II.↩︎
ASMo, ASE, Cancelleria, Carteggio Ambasciatori Ungheria, b. 1, fasc. 13, 9. (= HU MNL OL DF 294499.) La lettera è inedita.↩︎
Francesco Palude, figlio di Nicola Palude, luogotenente di Alessandro, poi Costanzo Sforza in Pesaro. Nel 1479 sposò Margherita Marzano e, dal 1486, lo troviamo alla corte di Beatrice d’Aragona. Fino alla morte di Mattia Corvino rimase in Ungheria, poi servì il duca di Milano come oratore (1490–1493), maestro di casa (1494–1495) e maestro delle entrate (1497). Per i suoi titoli accanto agli Sforza si veda S. Eiche: ‘Towards a study of the ’Famiglia’ of the Sforza Court at Pesaro’, Renaissance and Reformation 9, 1985: 96.↩︎
Esztergom, Ungheria.↩︎
Carteggio pp. 105–106.↩︎
Cfr. G. Ferrarini: Memoriale…, op.cit.: 276; H. Kuffart & T. Neumann: ‘“Olyan szép kísérete lesz, mint kevés úrnak Itáliában”…’, op.cit.: 347. Vincenzo Pistacchio, oltre a quest’ufficio, tra il 1486 e il 1493 si assunse un ruolo di governatura dell’abbazia di Pétervárad a nome di Rodrigo Borgia, il futuro papa Alessandro VI. Fu inoltre ambasciatore della regina ungherese almeno una volta a Napoli nel 1488, cfr. M. Folin: ‘Gli oratori…’, op.cit.: 68. Dopo almeno 15 anni trascorsi in Ungheria, nel 1494, fu nominato vescovo di Conversano, poi, nel 1499 vescovo di Bitetto, che occupò fino alla morte avvenuta nel 1518. Pistacchio imparava sicuramente la lingua ungherese, perché nelle sue lettere troviamo prestiti magiari. Cfr. H. Kuffart & T. Neumann: ‘“Olyan szép kísérete lesz, mint kevés úrnak Itáliában”…’, op.cit.: 329, 347–348.↩︎
Cesare Valentini↩︎
epsa: “essa”. Fa riferimento alla duchessa.↩︎
In realtà soltanto cinque: Valentini ed i suoi compagni arrivarono a Venezia il 9 giugno 1486.↩︎
Le ore in quest’epoca si contano a partire dalla recitazione dell’Ave Maria, cioè dal tramonto.↩︎
Ponte di Rialto in Venezia.↩︎
dreto: “dietro”.↩︎
Fondaco dei Tedeschi, Venezia.↩︎
Basilica di San Marco, Venezia.↩︎
Uscita marina di Venezia.↩︎
In realtà dovrebbe essere sinistra – Parenti forse posteriormente sbagliò la direzione.↩︎
Torcello, Mazzorbo e Burano, Venezia Insulare.↩︎
Intende la parte del Mare Adriatico situata tra Venezia e l’Istria.↩︎
San Niccolò del Lido, Venezia.↩︎
San Francesco del Deserto, Venezia Insulare.↩︎
dove: “da dove”.↩︎
se partessemo: “partimmo”.↩︎
Probabile errore di copiatura: ‘come una torre’ ripete nella riga seguente in cui fa riferimento alla Torre Caligo.↩︎
Lio Maggiore, oggi frazione di Jesolo.↩︎
La Trre Caligo oggi appartiene al comune di Jesolo.↩︎
Il fiume Piave.↩︎
Friuli-Venezia Giulia.↩︎
Jesolo, Veneto.↩︎
e tirare: due volte (dittografia).↩︎
sparavero: “sparviero”, padiglione di letto.↩︎
cenzale: “zanzare”.↩︎
pono: “possono”.↩︎
Il fiume Livenza.↩︎
Caorle, Veneto.↩︎
Il fiume Tagliamento.↩︎
Lignano Sabbiadoro, Veneto.↩︎
Bocca d’Anfora, Friuli-Venezia Giulia.↩︎
Porto Buso, Friuli-Venezia Giulia.↩︎
Grado, Friuli-Venezia Giulia.↩︎
Primero, Friuli-Venezia Giulia.↩︎
Il fiume Isonzo.↩︎
Punta Sdobba (allo sbocco dell’Isonzo), Friuli-Venezia Giulia.↩︎
Monfalcone, Friuli-Venezia Giulia.↩︎
San Giovanni di Duino, Friuli-Venezia Giulia.↩︎
Trieste, Friuli-Venezia Giulia.↩︎
Probabilmente Muggia (Milje), Friuli-Venezia Giulia. Il timbro dell’archivio copre i caratteri.↩︎
Koper (Capodistria), Slovenia.↩︎
Izola (Isola d’Istria), Slovenia.↩︎
Piran (Pirano), Slovenia.↩︎
Umag (Umago), Croazia.↩︎
Il maestrale, il vento che spira da nord-ovest.↩︎
Lettura incerta.↩︎
Lovrečica (San Lorenzo), Croazia.↩︎
Novigrad (Cittanova d’Istria), Croazia.↩︎
Il fiume Mirna (Quieto), Croazia.↩︎
Motovun (Montona), Croazia.↩︎
Sveti Lovreč Paženatički (San Lorenzo del Pasenatico), Croazia.↩︎
Črvar (Cervara), Croazia.↩︎
Errore dell’autore: dal punto di vista geografico dovevano navigare sul mare e non sul fiume.↩︎
Poreč (Parenzo), Croazia.↩︎
Sveti Nikola (San Niccolò), Croazia. Isolotto vicino a Parenzo.↩︎
Sulla storia dell’abbazia si veda R. Cigui: ‘I Benedettini nella Venezia Giulia di Antonio Alisi’, Atti XXXVII, 2007: 432–433.↩︎
Vrsar (Orsera), Croazia.↩︎
Limski kanal (il canale di Leme), Croazia.↩︎
Rovinj (Rovigno), Croazia.↩︎
terra: due volte.↩︎
calea: “galea”.↩︎
schio: “scoglio”.↩︎
Sveti Andrija (Isola di Sant’Andrea), Croazia. Isolotto vicino a Rovigno.↩︎
Otočić Kolona (Isolotto di Colona), Croazia.↩︎
Bale (Valle d’Istria), Croazia.↩︎
Peroj (Peroi), Croazia.↩︎
Fažana (Fasana), Croazia.↩︎
ponsassemo: “riposammo”.↩︎
Štinjan (Stignano), Croazia.↩︎
Valbandon (Val Bandone), Croazia.↩︎
Brijuni (le isole Brioni), Croazia.↩︎
adimandassi: “si chiama”.↩︎
Otok Sveti Jerolim (Isola San Girolamo), Croazia.↩︎
Pula (Pola), Croazia.↩︎
Roland, eroe della letteratura cavalleresca nel Medioevo in Francia, che nel Rinascimento si diffuse molto nella poesia italiana.↩︎
Brancorso: nome storico del monte dove oggi si trova Fort Musil. Cfr. P. Coppo: ‘Del sito dell’Istria…’, op.cit.: 42.↩︎
dove: due volte.↩︎
Fratarski otok (Veruda), Croazia.↩︎
Porto Volme (Olmo, Olmo Grande), porto della città Banjole (Bagnole), Croazia.↩︎
Uvala Valmižeja (Olmicello, Olmo Piccolo), Croazia.↩︎
Premantura (Promontore), Croazia; è anche il nome della penisola situata all’estremità meridionale dell’Istria.↩︎
Nome del vento che spira dalla direzione che si trova tra sud e sud-sud-ovest.↩︎
Nome del vento che spira da sud.↩︎
Nome del vento che spira da sud-est.↩︎
Il nome della parte del Mare Adriatico che si trova tra l’Istria e le isole di Cherso e Lussino: Kvarner (Quarnaro), Croazia.↩︎
Errore di copiatura: manca la fine della frase e l’inizio della seguente.↩︎
odvaglia: probabilmente “tovaglia”.↩︎
Pelišac (penisola di Sabbioncello), Croazia. È un possibile fraintendimento dell’autore, perché la penisola di Sabbioncello è situata molto più di sud, lontano dall’Istria.↩︎
Medulin (Medolino), Croazia.↩︎
Probabilmente si tratta di Porto Cuje (Uvala Kuje), crf. Marieni, Portolano op.cit.: 64.↩︎
Uvala Budava (Porto Badò), si veda Marieni, Portolano op. cit. 64–65.↩︎
Vinjole (Vignole), Croazia.↩︎
Duga Luka (Portolungo), Croazia.↩︎
venessemo: la parola è depennata.↩︎
Raša (Arsia), Croazia.↩︎
Probabilmente si tratta della chiesa di San Giovanni Battista del villaggio Brovinje (Brovigne), Croazia.↩︎
Sveta Marina (Santa Marina d’Albona), Croazia.↩︎
Duga Luka (Porto Lungo), Croazia. Appartiene al comune di Labin (Albona).↩︎
Labin (Albona), Croazia.↩︎
Rabac (Portalbona), Croazia.↩︎
Plomin (Fianona), Croazia.↩︎
Brseč (Bersezio), Croazia.↩︎
callando: “calando”.↩︎
Lovran (Laurana), Croazia.↩︎
Luka Preluk (Valle Preluca), Croazia.↩︎
Fiume, Croazia.↩︎
Porozina (Faresina), Croazia.↩︎
Cres (Cherso), Croazia.↩︎
Lubenice (Lubenizze), Croazia.↩︎
Martinšćica (San Martino in Valle), Croazia.↩︎
Camisa, porto antico di Ustrine, Croazia. Può trattarsi di una errata lettura dei caratteri r ed n al posto di m da parte di Parenti. Sul manoscritto è scritta evidentemente la forma “Carnisa”.↩︎
foria: probabilmente si tratta di un errore di copiatura e voleva scrivere “saria”.↩︎
ricontare: “raccontare”.↩︎
levereri: “levrieri”.↩︎
Osor (Ossero), Croazia.↩︎
Kaldonta, Kalk, oggi appartiene a Punta Križa, Croazia.↩︎
chi una: due volte.↩︎
erramo: “eravamo”.↩︎
Sopra la riga: “E”.↩︎
Manca il predicato: si vede una croce sopra la riga che poteva essere un segno di correzione, però sul margine non si legge alcuna parola inserita.↩︎
Lettura incerta.↩︎
Punta Križa (Punta Croce), Croazia.↩︎
Otok Pag (Isola di Arbe), Croazia.↩︎
Novalja (Novaglia), Croazia.↩︎
Tovrnele/Tovarnele (Tavernele), Croazia.↩︎
Rab (Arbe), Croazia.↩︎
A causa di uno squarcio della carta non si vede la fine del nome.↩︎
Uvala Kristofor (Porto San Cristoforo), Croazia.↩︎
Porto Santa Margarita: porto antico vicino alla Chiesa di Santa Margherita (Crkva svete Margarite, Kampor) sull’isola di Arbe.↩︎
Supetarska Draga (Valle San Pietro), Croazia.↩︎
Probabilmente equivale alla Chiesa di San Niccolò (Crkva sv. Nikola) che è situata sull’estremità settentrionale dell’isola di Arbe.↩︎
Sveti Grgur (Isola di San Gregorio), Croazia.↩︎
Prvić (Pervicchio o Parvicchio), Croazia. Oggi appartiene a Krk.↩︎
L’isola di Krk (Veglia), Croazia.↩︎
Omišalj (Castelmuschio), Croazia.↩︎
Malinska-Dubašnica (Malinsca-Dobasnizza), Croazia.↩︎
Probabilmente si tratta di Santa Maria di Capo, l’estremità occidentale dell’isola di Krk.↩︎
Uvala Sv. Juraj (Porto San Giorgio), vicino alla città di Krk.↩︎
La città di Krk (Veglia), Croazia.↩︎
Chiesa di San Niccolò, situata vicino a Punta Negritto (Tranjevo).↩︎
Stara Baška (Besca Vecchia), Croazia.↩︎
Kvarnerić (Quarnerolo, piccolo Quarnaro), la parte del Mare Adriatico situata tra le isole Cherso, Pago, Arbe, Veglia ecc.↩︎
Stile orale, Parenti probabilmente esprime in questo modo il fatto che solo Valentini abbia ricevuto doni.↩︎
Brinje, Croazia.↩︎
Modruš, Croazia.↩︎
Crkva sv. Duh, Croazia. Per maggiori informazioni sul monastero si veda M. Bolonić: ‘Crkveni patronat na području Senjsko-modruške biskupije’, Senjski zbornik 5, 1971–1973: 273.↩︎
Stari grad Modruš (Tržan-grad), Croazia.↩︎
Il fiume di Una.↩︎
Lipa, Croazia. Oggi appartiene al comune di Generalski Stol.↩︎
Sopra la parola si vede un segno di abbreviatura per contrazione, ma in questo caso senza alcuna funzione.↩︎
Il fiume di Kupa (Kolpa).↩︎
albio: “alveo”.↩︎
Mattia Corvino.↩︎
Probabilmente si tratta di un frainteso e voleva scrivere el thelonio in senso di dazio.↩︎
Zagreb (Zagabria), oggi è la capitale della Croazia.↩︎
Il fiume di Sava.↩︎
Slavonia: regione storica tra i fiumi Sava e Drava.↩︎
Beatrice d’Aragona.↩︎
Il barone ungherese non è identificabile, il cortigiano della regina Beatrice era Bernardo Monelli da Crema, la cui lapide sepolcrale oggi è conservata nel Museo Storico di Budapest. Sulla sua vita si vedano Historia di Crema, 570–1557 [di] Pietro da Terno (Pietro Terni), ed. M. Verga & C. Verga, Crema, 1964: 230–231; La historia di Crema, raccolta per Alemanio Fino da gli annali di messer Pietro Terni, Velence, 1566. ff. 55v–56r; P. Lővei & B. Weisz: ‘A gazdaság- és pénzügyigazgatás szereplőinek szórványos síremlékei a középkori Magyarországon’, in: B. Weisz (ed.): Pénz, posztó, piac. Gazdaságtörténeti tanulmányok a magyar középkorról, Budapest: MTA BTK Történettudományi Intézet, 2016: 251–253; J. Szendrei: ‘Monelli Bernát síremléke 1496-ból (Egy szövegközti hasonmással)’, Turul 41, 1927: 71–76.↩︎
Bernabò Brancia, governatore dell’arcivescovato di Esztergom a partire dall’epoca del cardinale Giovanni d’Aragona. Cfr. H. Kuffart: Modenában őrzött esztergomi számadáskönyvek és az esztergomi érsekség udvartartása, Tesi di dottorato dell’Università Cattolica Péter Pázmány, Scuola di Dottorato in Scienze Storiche, Budapest, 2018: 17–27; N. C. Tóth: Magyarország késő középkori főpapi archontológiája. Érsekek, püspökök, illetve segédpüspökei, vikáriusaik és jövedelemkezelőik az 1440-es évektől 1526-ig, Győr: Győri Egyházmegyei Levéltár, 2017: 26–28.↩︎
Antonio Brancia, ambasciatore di Ferrante d’Aragona. L’edizione dei suoi dispacci per questa missione: Acta Vitam Beatricis pp. 89–100; Regis Ferdinandi Primi. Instructionum liber (1486–1487), a cura di S. Volpicella, Napoli, 1861: 25–38.↩︎
Buda: la capitale del Regno d’Ungheria. Dopo l’unione di Buda, Pest ed Óbuda (1873) è parte di Budapest.↩︎
Ferdinando o Ferrante I d’Aragona (1458–1494), padre di Beatrice ed Eleonora d’Aragona.↩︎
svalisato: “svaligiato”.↩︎
Bartolomeo Bresciani, ambasciatore del duca ferrarese. Fu derubato mentre stava ritornando da Buda a Ferrara nell’aprile del 1486: MDE III. pp. 96–98; H. Kuffart & T. Neumann: ‘“Olyan szép kísérete lesz, mint kevés úrnak Itáliában”…’, op.cit.: 326–327.↩︎
Rakovec (Rakonok), Croazia.↩︎
Križevci (Kőrös), Croazia.↩︎
Koprivnica (Kapronca), Croazia.↩︎
Il fiume di Drava. Confine storico e anche odierno tra Croazia e Ungheria.↩︎
Zákány (provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
Csurgó (provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
Nei dintorni di Csurgó erano situati due villaggi, a quell’epoca con nomi simili: Csente oppure Szenta, (provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
se: “ci”.↩︎
Può essere propter o prope.↩︎
Tutte e tre frasi latine citate dal barone ungherese sono grammaticalmente scorrette.↩︎
per littera: “in latino”.↩︎
Segesd, (provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
La mappa di Pál Engel non conosce alcun villaggio di nome Blatan in questo territorio. La unica soluzione è Balogd, che era situato vicino a Segesd e oggi non esiste più. Vale la pena menzionare che il nome “Blatan” è una parola slava con il significato di “paludoso”, da cui deriva anche il nome del lago di Balaton.↩︎
Lencsen, (provincia di Somogy), Ungheria. Oggi non esiste più.↩︎
Fajsz, (provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
Somogyvár, (provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
La mappa di Pál Engel non conosce alcun toponimo simile in questo territorio. Una possibilità: Tóti, Lengyeltóti (provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
Túr, (oggi: Somogytúr, provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
Il lago di Balaton.↩︎
Csepely (oggi: Nagycsepely, provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
Probabilmente Kőröshegy (provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
Zamárd: Balatonzamárd oppure Egyházaszamárd (oggi: Zamárdi, provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
Fok (oggi: Siófok, provincia di Somogy), Ungheria.↩︎
Lepsény, (nel Medioevo provincia di Veszprém, oggi provincia di Fejér), Ungheria.↩︎
Fehérvár (oggi: Székesfehérvár, provincia di Fejér), Ungheria.↩︎
Kocs, (provincia di Komárom, oggi provincia di Komárom-Esztergom), Ungheria. Da questo villaggio prende nome il cocchio.↩︎
Scrittura erronea di prerogativa.↩︎
In Ungheria nel Medioevo c’erano tre criteri fondamentali per la validità dell’incoronazione di un re: essere incoronato (1) dall’arcivescovo di Esztergom (2) a Fehérvár (3) con la Sacra Corona di Santo Stefano.↩︎
Örs (provincia di Esztergom, oggi: Alsóörs-puszta nei dintorni di Mány, provincia di Fejér), Ungheria.↩︎
se: “ci”.↩︎
Esztergom (provincia di Esztergom, il nome odierno della provincia è Komárom-Esztergom), Ungheria.↩︎
Sull’edificio e sulle stanze del castello di Esztergom si vedano K. Vukov: A középkori esztergomi palota épületei, Budapest: Építésügyi Tájékoztatási Központ Kft., 2004; Id.: ‘Az esztergomi palota díszterme török kori szemtanúk leírásában’, in: B. Bence, P. Miski & R. Törtei (eds.): “A magyar múltat kutatni, írni és láttatni – ez által szolgálni a hazát”: Tisztelgő kötet J. Újváry Zsuzsanna 25. Pázmányos oktatói éve előtt, Budapest & Piliscsaba: Szent István Társulat, 2020: 19–34; M. Prokopp, K. Vukov & Zs. Wierdl: From discovery to restoration. The history of the Hungarian Medieval Royal Chapel in Esztergom, Esztergom, 2014.↩︎
gli: “ci”.↩︎
Intende forse il caso in cui il re Mattia accerchiò Esztergom, nel settembre del 1471, a causa della congiura di János Zrednai (Vitéz). A. Kubinyi: Matthias Rex op.cit.: 93.↩︎
András III degli Arpadi (1290–1301) fu il nipote di Beatrice d’Este.↩︎
Beatrice d’Este, quarta moglie di András II degli Arpadi. Sul loro matrimonio si veda P. Cremonini: ‘II. András és Beatrice d’Este házasságkötése. (Székesfehérvár, 1234. május 14.)’, in: K. Szovák & A. Zsoldos: Királynék a középkori Magyarországon és Európában, Székesfehérvár: Városi Levéltár és Kutatóintézet, 2019: 187–198.↩︎
visceno: “vissero”.↩︎
la natione loro: “il luogo della loro nascita”.↩︎
La più recente pubblicazione dei dati sui canonici di Esztergom: N. C. Tóth: Az esztergomi székes- és társaskáptalanok archontológiája 1100−1543. (Subsidia ad Historiam Medii Aevi Hungariae Inquirendum 9), Budapest: Magyar Tudományos Akadémia Magyar Medievisztikai Kutatócsoportja, 2019.↩︎
reliqe: “reliquie”.↩︎
La torre chiamata Veprech.↩︎
sorze: “sorge”.↩︎
difor: “difuori”.↩︎
Intende che l’arcivescovato ha entrate ordinarie e straordinarie. I libri di conto dell’anno 1486 non sono sopravvissuti, conosciamo solo un resoconto compilato nel mese di gennaio del 1487, pubblicato con testo completo: H. Kuffart: ‘Az esztergomi érsekség pénzügyei és személyi állománya Estei Hippolit érkezése előtt’, in: Gy. Domokos, J. W. Somogyi & M. Szovák (eds.): Vestigia III. Italianista tanulmányok a magyar humanizmus és a tizenöt éves háború idejéről, Budapest: Balassi Kiadó, 2020: 115–120.↩︎
Oltre la decima in natura, si tratta anche dei munera, che era una delle tasse in natura che l’arcivescovato raccoglieva sia a titolo ecclesiastico che feudatario.↩︎
Il castello di Drégely (provincia di Hont, oggi provincia di Nógrád), Ungheria.↩︎
In quest’epoca l’arcivescovo, come proprietario fondiario, aveva 98 villaggi e 14 città in totale, cfr. E. Fügedi: ‘Az esztergomi érsekség gazdálkodása a 15. század végén’, Századok 94, 1960: 88.↩︎
Cfr. A. Végh: Buda város középkori helyrajza 1. (Monumenta Historica Budapestinensia 15), Budapest, 2006: 157–159.↩︎
Si tratta di una grande esagerazione: l’arcivescovato riscuoteva circa 12 mila fiorini per anno dalle decime ricevute dalle sue regioni. Con le decime minori il totale sicuramente non superava i 20 mila fiorini. Per approfondirne si veda H. Kuffart: Modenában őrzött esztergomi számadáskönyvek…, op.cit.: 216.↩︎
da baroni: due volte.↩︎
Parenti poteva vedere queste preparazioni alcuni giorni più tardi, nella corte del re a Posonio, meno ad Esztergom. Sull’organizzazione della comitiva di Ippolito si vedano H. Kuffart & T. Neumann: ‘“Olyan szép kísérete lesz, mint kevés úrnak Itáliában”…’, op.cit.; A. Morselli: Ippolito, op.cit.↩︎
Kolárovo, Slovacchia. Nel Medioevo: Gúta (provincia di Komárom), Ungheria.↩︎
Il pescato di questo villaggio era veramente significativo, soprattutto a causa dello storione ladano, sulla cui vendita l’arcivescovato prendeva un’entrata rilevante.↩︎
La ripetizione del verbo ‘desinare’ è un probabile errore di copiatura.↩︎
Deve trattarsi di un affluente del fiume Danubio di nome Csalló (oggi: Malý Dunaj, Slovacchia): la compagnia varcò sul Danubio ad Esztergom e rimase su quel lato del fiume, dato che la destinazione era Posonio.↩︎
cavalato: “cavalletto”. La parola precedente (‘mediatem’?) è stata cancellata.↩︎
Podunajské Biskupice, oggi parte di Bratislava, Slovacchia. Nel Medioevo: Püspöki (provincia di Pozsony), Ungheria.↩︎
Si tratta di un affluente del Danubio (‘Piccolo Danubio’/‘Kis-Duna’).↩︎
Orbán Nagylucsei, cfr. N. C. Tóth: Magyarország késő középkori főpapi archontológiája…, op.cit.: 51, 71.↩︎
bassò: “baciò”.↩︎
Sul margine sinistro: e preposta.↩︎
mostatime: “mostratemi”.↩︎
quanto: “quando”.↩︎
Il cardinale Giovanni d’Aragona (1456–1485).↩︎
L’errore della copiatura ha troncato entrambe le frasi. Le parole del re però sono conosciute dalle due relazioni di Valentini in queste forme: “sua maestà non replicò altro se non ch’io volesse reputare non esser più oratore, ma homo de casa et ch’io volesse usare per comodo mio tutte le cose sue, poi volse che tutta la famiglia mia gli tochassi e basiasseli la mano nel pigliar licentia” MDE III. p. 140. “Sua maestà non replicò altro se non che io non volesse reputarmi più oratore, ma homo de casa et ch’io volesse usare per commodo mio tutte le cose sue, poi volse che tuta la famiglia mia nel pigliare licentia de uno in uno gli tochasse e basiasse la mano.” MDE III. p. 147.↩︎
Vladislao II (Jagellone) di Boemia che, dopo la morte di Mattia Corvino, diventò anche re d’Ungheria. Sulle trattative dei re: L. Óváry: ‘A modenai és mantuai levéltári kutatásokról’, Századok 23, 1889: 393–398.↩︎
careqate: “caricate”.↩︎
Wiener Neustadt, Austria.↩︎
Federico III d’Asburgo, imperatore del Sacro Romano Impero.↩︎
Kristóf da Ragusa, cfr. N. C. Tóth: Magyarország késő középkori főpapi archontológiája…, op.cit.: 79.↩︎
Niccolò da Correggio, cugino di Ercole I d’Este.↩︎
Il numero nel database https://vestigia.hu/kereses.↩︎
Al posto delle pagine sono segnati i numeri dei documenti nell’edizione MDE III.↩︎
Oggi: Stupava, Slovacchia.↩︎
Zistersdorf, Austria.↩︎
Oggi: Jihlava, Repubblica Ceca.↩︎
L. Óváry: ‘A modenai…’, op.cit.: 394–397.↩︎
Oggi: Znojmo, Repubblica Ceca.↩︎
Retz, Austria.↩︎
Oggi: Hainburg an der Donau, Austria.↩︎