Verbum – Analecta Neolatina XXIII, 2022/2

ISSN 1588-4309; ©2022 PPKE BTK



Le fonti dell’Archivio di Stato di Modena documentano oltre sei secoli di relazioni politico-dinastiche tra la Casa d’Este e il Regno di Ungheria. Una lunga storia che ebbe inizio tra XII e XIII secolo, nel quadro di una complessa trama di rapporti internazionali tra Occidente e Oriente, ovvero tra il Papato di Innocenzo III, i regni dell’Europa orientale, l’impero bizantino e egli stati crociati della Terrasanta. Obiettivo del presente lavoro è proprio quello di ricostruire le prime relazioni del casato estense col l’Ungheria sulla base di fonti inedite dell’Archivio di Stato di Modena. Lo studio delle fonti d’archivio, inquadrate in un contesto storiografico, cercherà di dimostrare come le prime relazioni tra gli Este e la corona ungherese, risalenti al primo Duecento, si possano ricollegare a scenari internazionali di ampio respiro, legati in primis all’azione temporale di papa Innocenzo III (1198–1216) nei confronti delle signorie del Patrimonium, dei regni europei e dell’Oriente cristiano.

I marchesi d’Este, signori territoriali radicati nella terraferma veneta, instaurarono rapporti con il Regno di Ungheria agli albori del Duecento, quando Azzo VI d’Este sposò una principessa della corte ungherese, seppure originaria dell’Oriente crociato, Alisia (o Alice) di Châtillon. La terza moglie del marchese d’Este era figlia del noto crociato Rinaldo di Châtillon, morto per mano del Saladino.1 Le nozze di Azzo VI d’Este con Alisia di Châtillon ebbero luogo nel febbraio 1204, nel bel mezzo della quarta crociata, proprio poche settimane prima del saccheggio di Costantinopoli. A tale contesto internazionale e alle reti universalistiche create da papa Innocenzo III vanno riferite, con ogni probabilità, queste nozze, che avvicinavano la signoria estense ad una monarchia europea e, al contempo, agli stati crociati del Vicino Oriente.

L’ipotesi trova conferma nel legame politico fra papa Innocenzo III e re Imre d’Ungheria (1196–1204), figlio di Béla III (1172–1196) e della sorella di Alisia, Agnese di Châtillon. Zia di Imre, Alisia di Châtillon aveva trovato riparo alla corte ungherese dopo la morte del padre in Terrasanta. Bolle papali trasmesse da Pellegrino Prisciani e da Lodovico Antonio Muratori attestano la speciale protezione conferita da Innocenzo III a re Imre e ad Alisia. Di una simile protezione papale godeva negli stessi anni il guelfo Azzo VI d’Este, la cui azione politico-militare nella terraferma veneta, a Ferrara e nella Marca di Ancona andava a vantaggio della politica di “recuperazione” di Innocenzo III.

Alisia e Agnese di Châtillon/Antiochia

Alisia era figlia del condottiero crociato Rinaldo di Châtillon e di Stefania di Milly, nata da Filippo, signore di Nablus, nella Cisgiordania.2 Rinaldo era giunto in Terrasanta al tempo della seconda crociata, negli anni Quaranta del XII secolo. Grazie alle sue prime nozze con Costanza di Antiochia aveva ottenuto la signoria di quel principato. Attorno al 1160 era stato catturato dai musulmani, rimanendo prigioniero ad Aleppo per lunghi anni.3 Con la prigionia aveva perduto il dominio sul principato di Antiochia, che con la morte di Costanza (1163) era passato a suo figlio Boemondo III d’Altavilla. Nonostante la perdita di Antiochia, però, Rinaldo, una volta riottenuta la libertà, era riuscito ad ottenere un nuovo dominio territoriale sposando Stefania di Milly (1175), erede della signoria dell’Oltregiordano. Si trattava dei territori situati ad est del fiume Giordano; qui il potere militare dei crociati aveva il suo fulcro nelle fortezze di Kerak e Montréal.4 È in uno di questi luoghi, sedi di Rinaldo, che con ogni probabilità Stefania diede alla luce Alisia, presumibilmente all’inizio degli anni Ottanta del XII secolo.

Sono ben note le vicende della guerra tra Rinaldo di Châtillon e il Saladino; l’uccisione del condottiero crociato dopo la battaglia di Hattin e la caduta di buona parte dell’Oltregiordano causarono l’abbandono di questi luoghi da parte della piccola Alisia, che dovette così lasciare la Terrasanta. Le notizie di cui disponiamo sono assai scarse, ma sappiamo che la bambina fu accolta in Ungheria, regno della sua sorellastra Agnese (ca. 1153–1184), nate dalle prime nozze di Rinaldo con Costanza di Antiochia.

Agnese era divenuta regina di Ungheria nel 1172, a seguito delle sue nozze con Béla III Árpád. Non sappiamo se ella era ancora in vita al momento dell’arrivo in Ungheria della sorella minore; se ipotizziamo, infatti, che Alisia abbia lasciato la Terrasanta solo dopo la morte del padre, nel 1187, a quella data la regina era già morta. Figlie dello stesso padre ma nate da madri diverse, le due principesse, molto distanti per età, conobbero destini assai differenti; nondimeno furono entrambe legate all’Ungheria, naturalmente soprattutto Agnese, che ne fu regina per oltre un decennio.

Agnese era figlia di Rinaldo di Châtillon e di Costanza d’Altavilla, titolare del principato latino di Antiochia. Vedova di Raimondo di Poitiers, la principessa Costanza sposò Rinaldo nel 1153, e dall’unione nacque dopo poco la futura regina di Ungheria. Agnese era ancora molto giovane quando le travagliate vicende del principato di Antiochia la condussero a Costantinopoli, dove crebbe alla corte della sorellastra Maria, moglie dell’imperatore Manuele I Comneno.5

Le strette relazioni tra la corte bizantina e la dinastia franco-normanna regnante in Antiochia erano collegate all’azione politica condotta dall’imperatore Manuele I verso gli stati latini d’Oriente.6 Rinaldo di Châtillon fece atto di sottomissione al Basileús bizantino, che nel 1159 entrò in Antiochia.7 La successiva cattura di Rinaldo da parte dei Musulmani fu seguita dallo scontro tra la principessa Costanza e il proprio figlio Boemondo III per il controllo del principato antiocheno.8 In un contesto segnato da lotte interne e dalla crescente influenza bizantina, le due figlie di Costanza, Maria e Agnese, lasciarono Antiochia per Costantinopoli; Maria sposò l’imperatore Manuele nel 1161 e vari anni più tardi fu raggiunta sulle rive del Bosforo da Agnese, che là assunse il nome greco di Anna.

Oltre al Vicino Oriente e all’Italia, dove Manuele riconquistò parte dei domini bizantini, la politica imperiale di quegli anni guardava ai regni dell’Europa centrale ed orientale, sospesi tra Occidente latino e Oriente greco. Le mire di Manuele I si concentravano in particolare sull’Ungheria, la cui ubicazione geografica le conferiva un’indubbia centralità nei rapporti tra il mondo greco e quello latino, sul piano politico e militare così come su quello ecclesiologico e culturale.9 Per assoggettare l’Ungheria l’imperatore dei Romei perseguì la via dell’intervento diretto nelle dispute interne al casato arpadiano.10 I fatti sono ben conosciuti, tuttavia pare qui opportuno ricordarli; la diplomazia bizantina trovò un accordo (1164) fra le parti in lotta per il trono magiaro, in base al quale Béla, fratello minore di Stefano III Árpád (1162–1172), fu riconosciuto erede al trono ed investito dei territori di Croazia e Dalmazia; il giovane fu inviato come ostaggio a Costantinopoli, assumendo il nome greco di Alessio.11 L’imperatore bizantino consolidava così i propri domini nei Balcani e nell’Adriatico e legava alla propria famiglia il futuro re di Ungheria; per rafforzare tale vincolo Manuele I fidanzò la propria figlia al principe Béla/Alessio, che fu designato erede al trono bizantino. Tuttavia, quando Maria di Antiochia diede all’imperatore Manuele un erede maschio, Béla vide allontanarsi la porpora imperiale;12 il suo fidanzamento fu sciolto e il Basileús gli diede in sposa la propria cognata, Agnese/Anna, anch’ella ostaggio alla corte bizantina. Le nozze furono celebrate attorno al 1170 e due anni più tardi Béla salì sul trono d’Ungheria assieme alla moglie Agnese.

Béla e Agnese avevano ereditato un regno assai vasto, che si estendeva dalla Galizia all’Adriatico;13 il nuovo re cercò di ampliarne ulteriormente i confini, perseguendo una politica di espansionismo nei Balcani che lo portò ad occupare territori soggetti a Costantinopoli.14 Nei Balcani gli Ungheresi si scontrarono non solo con l’impero bizantino ma anche con la repubblica di Venezia, il cui forte espansionismo commerciale nel Mediterraneo orientale si accompagnava a mire territoriali sulla vicina Istria e sulla Dalmazia.15 Seguirono così due guerre tra la corona ungherese la Serenissima (1180–1188, 1190–1191). Nel corso degli anni Ottanta del XII secolo venne a morte la regina Agnese, che si spense attorno al 1184. Rimasto vedovo, Béla III optò presto per nuove nozze, sposando Margherita, sorella del re di Francia, Filippo Augusto, con la cui monarchia aveva avviato nuove relazioni. In tale contesto il re ungherese aderì, fra i suoi ultimi atti, al progetto della terza crociata, che vide, come noto, la partecipazione di Riccardo Cuor di Leone, del Barbarossa e dello stesso Filippo Augusto; in particolare il sovrano ungherese supportò le truppe imperiali tedesche nel loro viaggio attraverso i Balcani.16

Re Imre e papa Innocenzo III (1198–1204)

Dalle nozze Béla III con Agnese erano nati due figli maschi, Imre (Emerico) e András/Endre (Andrea). Alla morte del re nel 1196, il trono ungherese passò al primogenito Imre, ma non senza contrasti. András infatti non tardò a rivendicare il trono e mosse guerra al fratello. La guerra tra Imre e András vide l’intervento della Chiesa di Roma, guidata in quegli anni da un pontefice dotato di straordinaria preparazione intellettuale ed energia, Innocenzo III, al secolo Lotario dei Conti dei Segni.17 Eletto al soglio pontifico nel gennaio del 1198, egli fin da subito indirizzò la propria azione spirituale e temporale verso est, dedicando particolare cura ai rapporti con i regni dell’Europa orientale, con Costantinopoli e con gli stati latini della Terrasanta.

Il regno ungherese rivestiva un ruolo di primaria importanza nel disegno universalistico di Innocenzo III; la politica di questo papa, infatti, mirava decisamente all’affermazione della supremazia della Chiesa di Roma nell’Europa orientale, dal Baltico al Mar Nero. L’Ungheria, data la sua ubicazione strategica, svolgeva un ruolo fondamentale nell’azione politica del pontefice, finalizzata ad estendere l’influenza romana ai regni slavo-ortodossi di Serbia e Bulgaria. Tale azione ebbe successo nei confronti della Bulgaria, dove re Kalojan si sottomise alla Chiesa di Roma, ottenendo la corona dallo stesso Innocenzo III; richiese la corona al pontefice romano anche Stefano II Nemanijc di Serbia. Al contempo, l’espansionismo ungherese nei Balcani favoriva gli interessi papali, che venivano a coincidere con quelli arpadiani; particolarmente importante, per la Curia romana, era il sostegno di re Imre nei territori della Bosnia, ove si era affermata l’eresia bogomila. Ben nota, infatti, è la centralità della lotta all’eresia nell’ideologia di Innocenzo III, che negli stessi anni bandiva la crociata contro gli Albigesi (catari), nella Linguadoca. In Bosnia l’azione politica e militare ungherese contro i Bogomili favorì significativamente la Chiesa di Roma, con la sottomissione di Ban Kulin ad Innocenzo III nel 1203.

Anche le vicende della quarta crociata videro il pontefice offrire la propria protezione al re ungherese, come avvenne durante i fatti di Zara del 1202, quando le truppe veneziane e francesi della quarta crociata deviarono sulla città dalmata, saccheggiandola; il papa scomunicò gli stessi crociati, macchiatisi del saccheggio di una città cristiana soggetta alla corona ungherese.

L’influenza di papa Innocenzo III sugli indirizzi della politica ungherese si manifestò anche in relazione alle nozze di Imre; fu infatti attraverso la mediazione del pontefice che il sovrano magiaro sposò la principessa Costanza d’Aragona, attorno al 1199. Fu poi sempre per volontà di Innocenzo III che, molti anni dopo, Costanza, vedova di Imre, andò sposa al re di Sicilia, il giovane Federico II, pupillo del papa.

Preziose testimonianze dell’azione papale nei confronti dell’Ungheria provengono dai registri della cancelleria di Innocenzo III.18 Essi conservano numerose lettere papali riguardanti il regno arpadiano, che fu al centro degli interessi di questo papa fin dai primi giorni del suo pontificato. Dai carteggi pontifici emergono i solidi legami della corte arpadiana con la Santa Sede, nonostante alcuni momenti di tensione dovuti specialmente a contenziosi tra l’autorità regia e il vescovo di Vác e l’arcivescovo di Kalocsa.

Le lettere di papa Innocenzo III documentano ampiamente la guerra civile tra re Imre e il fratello András, duca di Croazia e Dalmazia. In tale conflitto il pontefice si schierò a favore di re Imre. Già il 29 gennaio 1198, pochissimi giorni dopo la sua elezione, il papa inviò una dura lettera ad András, sollecitandolo ad adempiere al voto della crociata fatto dal padre Béla III; in caso di rifiuto, egli sarebbe stato colpito dall’anatema e privato dei suoi diritti sul trono ungherese.19 Alcuni mesi più tardi, il 15 giugno 1198, Innocenzo III ingiunse ad András di essere fedele al re e gli proibì qualsiasi azione militare verso il fratello;20 in caso di rifiuto, gli arcivescovi Jób di Esztergom21 e Saul di Kalocsa22 avrebbero dovuto infliggergli sanzioni di carattere spirituale. Il pontefice intervenne anche contro il clero fedele ad András; il 30 dicembre 1198 ordinò all’arcivescovo Saul di Kalocsa e ai vescovi di Győr e Zagabria di annullare, dopo un nuovo esame, l’elezione dei vescovi di Zara e Spalato, vicini allo scomunicato András; come già il duca di Croazia, anche questi vescovi ribelli ad Imre venivano ipso iure scomunicati.23 Pochi giorni dopo, l’8 gennaio 1199, il papa vietava al clero ungherese di infliggere illecite sanzioni spirituali ai consiglieri e ai familiares di Imre.24

Nel 1198 il neoeletto pontefice aveva bandito la crociata per la liberazione dei luoghi santi; tuttavia, nel caso del regno ungherese, prendendo atto dello stato di guerra interna al regno, dispensò dal voto della crociata vari fedeli di re Imre; fu così per il conte Botho di Moson ed altri venti personaggi che su richiesta di Imre, il 16 giugno 1198, ottennero dal papa la dispensa dal voto, almeno finché il regno non si fosse pacificato. Già tra gennaio e febbraio di quell’anno Innocenzo III aveva concesso un’analoga dispensa temporale all’arcivescovo Jób di Esztergom.25

Imre fu impegnato nel conflitto col fratello per quasi tutta la durata del suo regno. Fu però solo la sua prematura scomparsa, nel novembre 1204, a permettere ad András di salire al trono. Prima di morire Imre aveva fatto incoronare re il figlio Ladislao, un bambino, ottenendo dal fratello garanzie in merito al rispetto dei suoi diritti. Tuttavia, alla morte del re, András si impadronì del potere, costringendo Ladislao III e la madre Costanza d’Aragona a riparare a Vienna. Iniziò così il lungo regno di András II (1205–1235), monarca che in questa sede va ricordato soprattutto per le sue nozze con Beatrice d’Este, nel 1234.26

Alisia dalla terrasanta all’Ungheria

Numerose lettere di Innocenzo III riguardanti l’Ungheria risalgono al giugno del 1198. Reca la data del 16 giugno, come già visto, la lettera riguardante la dispensa al conte di Moson, fidelis di Imre. È datato 16 giugno 1198 anche un altro documento innocenziano riguardante l’Ungheria, che ci è noto unicamente attraverso l’opera di Pellegrino Prisciani. L’umanista ferrarese trascrisse questo documento nelle sue Historiae Ferrariae alla fine del Quattrocento; la sua trascrizione, ripresa dal Muratori nel XVIII secolo, costituisce l’unico esemplare superstite di una bolla con cui il papa accordò la propria protezione ad Alisia di Châtillon. In appendice al saggio si riporta il testo della bolla trascritto dal Prisciani, comparato con l’edizione muratoriana.

Pellegrino Priscani, custode dell’archivio estense tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, copiò il documento innocenziano nelle sue Historiae Ferrariae.27 È quindi possibile che egli avesse trovato un esemplare della bolla fra gli atti dell’archivio ducale, esemplare poi andato perduto. Già in età muratoriana non vi era più alcuna traccia di questo documento nell’archivio estense.

La misteriosa bolla è trascritta nel terzo volume delle Historiae Ferrariae, alla carta 19v. Inoltre, le carte delle Historiae immediatamente precedenti recano notizie, ordinate cronologicamente, su Rinaldo di Châtillon, sulla sua prima moglie Costanza e sul principato latino di Antiochia. La c. 19v del terzo volume reca la trascrizione della bolla sul margine sinistro del foglio; al centro, invece, si staglia una magnifica illustrazione, raffigurante una flotta in mare e movimenti di truppe sulla terraferma. Al centro del disegno, in primo piano, si riconosce una figura femminile, evidentemente una principessa, a bordo di una nave. Poiché il disegno è collocato esattamente a fianco del testo, e considerando la funzione didascalica delle illustrazioni nell’opera del Prisciani, siamo portati ad ipotizzare che la principessa raffigurata in primo piano sia proprio Alisia di Châtillon, nel suo viaggio dalla Terrasanta verso l’Occidente a seguito dell’uccisione del padre. Il braccio di mare raffigurato potrebbe essere quindi il Mediterraneo orientale, con l’isola di Cipro, compreso tra l’Anatolia, l’Egitto e la Palestina. Come ci suggeriscono gli abiti e gli equipaggiamenti illustrati, le truppe raffigurate in alto potrebbero essere gli eserciti della terza crociata in marcia attraverso l’Anatolia bizantina; i soldati rappresentati in basso, invece, potrebbero essere le forze del Saladino che risalgono dall’Egitto. Solo uno studio più analitico delle illustrazioni e una completa trascrizione del testo di Prisciani potranno fornire elementi per una più sicura attribuzione.

Il documento pontificio trasmesso dal Prisciani era ben noto a Lodovico Antonio Muratori, che lo pubblicò nelle Antichità Estensi.28 Su questa principessa l’erudito vignolese espresse le seguenti considerazioni: “Dirò solamente ch’essa (Alisia) dopo le disgrazie de’ Cristiani in Oriente si ritirò alla Corte del Re d’Ungheria, dove fu concluso il suo matrimonio col Marchese Azzo; e che il Prisciano ci ha conservato una Bolla di Innocenzo III. Papa alla medesima, che merita di essere qui riportata”.29 Inoltre, i documenti riguardanti la figlia di Rinaldo di Châtillon furono pubblicati anche nelle Ricerche istorico-critiche dell’estense Isidoro Alessi.30

Non è tutto. Sempre seguendo il filo conduttore Prisciani-Muratori è possibile risalire ad una seconda bolla papale del 1198, con cui la protezione di Innocenzo III fu accordata anche ad Azzo VI.31 Il testo, soprattutto nella parte dispositiva, ricorda molto da vicino il documento a favore della principessa. Questo secondo documento è datato Anagnie VII. Id. Ocotbris, Pontificatus nostri Anno I. Dunque, sarebbe stato rilasciato ad Anagni il 9 ottobre 1198, pochi mesi dopo la bolla di Alisia; confermerebbe questa datazione alta, come suggerisce il Muratori, il fatto che ad Azzo, nel documento, non venga attribuito il titolo di marchese di Ancona. Il Vignolese aggiunge però un’interessantissima considerazione: “Ma sembrando, che quivi il Sommo pontefice intenda di proteggere il Marchese Estense contra gli sforzi d’Ottone IV tal atto dovrebbe riferirsi all’anno 1212, cioè dopo le sentenze promulgate da esso Augusto contra del medesimo Azzo…”.32 Un’analoga osservazione potrebbe essere riferita anche alla bolla di Alisia.

Cerchiamo dunque di tirare le somme. Della bolla papale riguardante Alisia non vi è traccia né nell’Archivio estense né fra i documenti noti di Innocenzo III. Neppure al tempo del Muratori esistevano copie dell’atto negli archivi ducali. La bolla del 16 giugno 1198 ci è nota unicamente attraverso l’opera di Pellegrino Prisciani, ripresa dall’erudito vignolese. Discorso identico vale per la bolla a favore di Azzo. È dunque verosimile che si possa trattare di documenti spuri, confezionati non nel 1198 ma più tardi, forse proprio nel 1212, al tempo delle controversie con Ottone IV, come suggerisce il Muratori. Lo scontro politico con l’imperatore si ricollegava ad un contenzioso di carattere patrimoniale che vedeva Azzo VI e Alisia contrapposti allo zio Bonifacio d’Este, legato ad Ottone IV. Porre se stessi e i propri beni sotto la protezione del pontefice significava, per i marchesi estensi, assicurarsi la migliore tutela giuridica possibile. La datatio al 1198, inoltre, rafforzava ulteriormente le posizioni di Azzo e Alisia, in quanto dimostrava che il papa aveva concesso loro protezione fin dagli esordi del suo pontificato; una protezione conferita ad essi separatamente, ben 6 anni prima del loro matrimonio.

Al di là delle precise scansioni cronologiche e degli aspetti patrimoniali, la tutela accordata dal pontefice ad Alisia appare un dato oggettivo. Se la protezione da parte di Innocenzo III si ricollegava anche al suo interesse per cose ungheresi, va tuttavia considerato anche un altro aspetto molto importante, politico e simbolico ad un tempo, connesso alle origini familiari della bambina e al suo legame con l’Oriente crociato. Nata presumibilmente nella signoria dell’Oltregiordano nei primi anni Ottanta del XII secolo, Alisia era figlia quel Rinaldo di Châtillon la cui uccisione per mano musulmana gli aveva ben presto conferito la fama di martire; una fama di santo martire della fede affermatasi già a fine XII secolo grazie all’opera di Pietro di Blois, che compose una Passio Raginaldi principis Antiochie.

La fine del padre portò Alisia lontana dalla Terrasanta, anche se sono pochissime le notizie di cui disponiamo. Sappiamo che fu accolta in Ungheria, alla corte del cognato Béla III; tuttavia, il suo arrivo e la vita che trascorse alla corte ungherese sono in larga parte avvolti dal mistero. In questa sede non sarà possibile approfondire tale questione, assai complessa, che risulta peraltro già esaminata dalla storiografia ungherese.33 Qui ci limiteremo a ricordare che sono state avanzate precise ipotesi circa la vita alla corte arpadiana di antiochiai Alíz, che negli studi ungheresi viene definita hercegnő, “duchessa” in lingua italiana. Si è ipotizzato che Alisia in Ungheria avesse contratto un primo matrimonio; prima di andare sposa al marchese d’Este, la giovane sarebbe stata data in moglie ad un barone del regno, Domonkos di Miskolc, bano di Slavonia, evidentemente deceduto prima del 1204.34 Secondo un’altra ipotesi, invece, basata sull’interpretazione di un controverso passo della Chronica regia coloniensis, sarebbe da identificare con Alisia la misteriosa principessa, menzionata in quella fonte, che Béla III avrebbe voluto unire in matrimonio al proprio primogenito Imre, il futuro re.35

Al di là di queste interessanti ipotesi, quello che pare certo è che la figlia di Rinaldo di Châtillon abbia ricevuto dai sovrani ungheresi un considerevole patrimonio. La bolla papale trasmessa dal Prisciani menziona espressamente i beni di Alisia quali frutto di una donazione di Imre. Il sovrano ungherese aveva assegnato alla sorella della madre una rendita annua di 400 marche d’argento e beni fondiari costituiti da cento mansi a conduzione servile, dalla villa quae dicitur Tornai e da altre quattro villae con le loro pertinenze.36 La villa di Tornai va identificata con la località di Torna (Turňa nad Bodvou/Tornau), oggi in territorio slovacco, nella regione di Kassa/Košice.37 È comunque ragionevole ritenere che Imre avesse confermato donazioni precedenti, disposte già da suo padre Béla al momento dell’arrivo della bambina.

Il soggiorno della figlia di Rinaldo alla corte ungherese fu segnato dalla lotta tra Imre e il fratello András. Un dato almeno in apparenza degno di rilievo è la coincidenza temporale tra la fine del regno di Imre e la partenza di Alisia per l’Italia. Il 1204, infatti, vide le nozze della donna ma anche la malattia e la morte di Imre. È dunque possibile, a giudizio di chi scrive, che le nozze “estensi” avvenute proprio nel 1204 siano da ricondurre ai disegni pontifici ed ungheresi in relazione ai fatti della quarta crociata così come alla situazione interna dell’Ungheria, dove la ripresa delle ostilità e la salute di re Imre, forse, lasciavano già presagire l’ascesa di András II.

Alisia in Italia: le nozze con Azzo VI d’Este (1204)

L’Archivio segreto estense conserva una copia autentica dello strumento dotale di Alisia, che fu rogato dal notaio imperiale Bellellus il 22 febbraio 1204 in terra friulana, a Gemona, nella chiesa di S. Maria di Clemena.38 Gemona, ai piedi delle Alpi, sulla via del Tarvisio, era posta lungo la via che collegava la pianura veneta all’Europa centrale, e quindi all’Ungheria; la scelta di questo luogo per le nozze va evidentemente ricondotta alla volontà del marchese Azzo VI di recarsi incontro alla sposa lungo il suo cammino e di scortarla fino ai domini estensi attraverso la Marca trevigiana.

Lo strumento, pubblicato dal Muratori, ci indica l’ammontare della dote, pari a 2000 marche d’argento, che l’Estense, nell’atto, dichiara di aver ricevuto da Alisia. Contestualmente Alisia ottenne dal marito l’investitura dei propri beni, mobili e immobili. La dote di Alisia derivava dalle donazioni di re Imre e con ogni probablità di suo padre Béla III Árpád. La conferma di questo dato patrimoniale proviene dal fatto che Azzo VI trattò per le nozze (e quindi per la dote) direttamente con re Imre, inviando in Ungheria i suoi vassalli Alberto da Baone, Alberico Pandemiglio,39 Martino da Milano e Francesco da Caldiero; essi curarono il negoziato con il sovrano a nome del marchese e, una volta conclusi gli accordi, scortarono Alisia fino in Friuli.40

Oltre agli aspetti di carattere giuridico e patrimoniale, lo strumento dotale riveste anche un interesse storico-politico, in quanto esso mette in luce l’importanza acquisita dal casato estense e la sua centralità nell’aristocrazia veneta, come si evince dall’elenco dei testimoni: le nozze, infatti, ebbero luogo alla presenza del patriarca di Aquileia Pellegrino41 e dei vescovi Uberto di Vicenza e Matteo di Ceneda; oltre ai rappresentanti delle Chiese di Vicenza, Padova ed Este, erano presenti anche esponenti delle maggiori famiglie dell’aristocrazia veneta, ovvero Gabriele da Camino, Tommaso conte di Padova, Marsilio da Carrara e Bonifacio conte di Verona.42 Era presente in qualità di testimone anche il ferrarese Salinguerra Torelli, che negli anni seguenti avrebbe lottato duramente contro gli Estensi. Fra i notabili ferraresi presero parte alla cerimonia anche Ottolino Mainardi e Giacomo Fontana.

Ai primi del Duecento gli Estensi erano ancora lontani dal conseguire un predominio indiscusso su Ferrara; essi possedevano case in città, ma la loro si configurava ancora, essenzialmente, come una signoria rurale, incentrata sui castelli e sul dominio fondiario. Tra fine XII e inizio XIII secolo i marchesi d’Este dominavano vaste aree del Veneto meridionale, nel basso Adige, tra la Marca veronese e il Polesine.43 Fulcro della signoria estense erano gli aviti castelli euganei: Este, il castello eponimo, e i vicini castra di Baone, Calaone, Cerro, cui si aggiungevano gli importanti centri di Monselice e, più ad ovest, di Montagnana. Il dominio signorile estense poggiava su un vasto patrimonio immobiliare, costituito da beni feudali, allodiali e livellari soggetti alla giurisdizione marchionale.

Se da un lato Azzo VI puntava al consolidamento del dominio territoriale, dall’altro mirava decisamente all’ascesa politica all’interno dei Comuni cittadini, attraverso il controllo delle magistrature podestarili.44 A Ferrara egli aveva ottenuto la podesteria già negli anni Novanta del XII secolo, ma a partire dal 1206 divenne podestà anche a Verona, e più tardi di Mantova. Le ambizioni estensi erano però frenate dai potenti rivali della parte ghibellina, i da Romano nella Marca trevigiana e Salinguerra Torelli a Ferrara. A Ferrara gli Estensi avevano raccolto l’eredità politica degli Adelardi e si erano posti alla guida della parte guelfa, dando vita ad un conflitto con Salinguerra che si sarebbe protratto ben oltre la morte di Azzo VI. Nella Marca trevigiana e in quella veronese i nemici degli Este si battevano sotto le insegne dei da Romano, guidati, al tempo di Azzo VI, da Ezzelino II il Monaco, padre del celebre Ezzelino III.

In quanto guida della parte guelfa, Azzo VI poteva beneficiare del pieno appoggio di papa Innocenzo III, fondamentale per gli Estensi al fine di ottenere una legittimazione giuridica ed un effettivo consolidamento dei loro poteri a Ferrara. Al tempo stesso il sostegno di Azzo VI d’Este consentiva ad Innocenzo III di estendere la sua azione di “recuperazione” territoriale fino al Po; obiettivo primario del pontefice, infatti, era assoggettare all’effettivo dominio papale le terre dell’Esarcato (Romagna) e della Pentapoli (Umbria, Marche) donate alla Chiesa di Roma già dai sovrani carolingi. Ferrara era parte integrante dell’antico Esarcato, ed in quanto tale rientrava tra i territori rivendicati dalla Santa Sede.

É dunque in un siffatto contesto che, a giudizio di chi scrive, si possono inserire le nozze di Azzo VI, protetto di Innocenzo III, con Alisia di Châtillon, anch’essa una protetta del papa. La protezione concessa alla principessa scaturiva dall’alleanza di Innocenzo III con re Imre di Ungheria, ma anche dall’ideologia crociata dello stesso pontefice e dalla sua grande attenzione rivolta agli stati latini d’Oriente. Dovere della Chiesa universale e dei sovrani europei era quello di sostenere e tutelare dalla minaccia musulmana i principi crociati della Terrasanta. I principi crociati e i loro discendenti, come Alisia, appunto; una principessa, peraltro, figlia di un crociato del quale si andava diffondendo la fama di martire.

In sintesi, favorendo le nozze di Alisia con Azzo d’Este, il papa affidava una propria protetta ad un casato fedele alla Chiesa di Roma; un casato, che con tale unione, rinsaldava il proprio legame col Papato, si legava ad un importante regno europeo quale era quello ungherese e si avvicinava così, almeno idealmente, alla Terrasanta, ai principati crociati e a quel mondo della cavalleria franco-normanna che aveva dato vita agli stati latini del Vicino Oriente. Un legame che favoriva l’ascesa della Casa d’Este sul piano politico ma che ancor di più rivestiva una importanza sul terreno simbolico ed ideologico, soprattutto in decenni che vedevano la diffusione dell’ideale cavalleresco nelle corti europee. Un legame con la Terrasanta e con il mondo cortese e cavalleresco che due secoli più tardi, nel 1413, sempre all’interno del casato estense, trovò espressione nel pellegrinaggio in Palestina di Niccolò III d’Este, che nel Santo Sepolcro di Gerusalemme nominò cavalieri i suoi cortigiani e sul Calvario ricevette gli speroni d’oro.

Alisia e Azzo VI dopo il 1204

Il favore di Innocenzo III verso la Casa d’Este si manifestò con l’investitura della Marca di Ancona, concessa ad Azzo VI nel 1208. Va tuttavia rimarcato come l’Estense riuscisse per anni a condurre una politica di equilibrio tra Papato e Impero, che gli fruttò importanti concessioni.

Il 18 giugno 1207, con un diploma emanato da Strasburgo, il re dei Romani Filippo di Svevia concedette in feudo ad Azzo VI d’Este e alla moglie Alisia le villae di Cologna, Pressana, Baldaria, Zimella e Bagnolo, ubicate nel distretto di Verona ma soggette alla diocesi di Vicenza.45 Questi luoghi ebbero un ruolo di rilievo nelle vicende di Alisia e del marito, soprattutto il castello di Cologna. Come sottolinea Varanini, Azzo VI aveva utilizzato i proventi della dote di Alisia per acquistare beni e diritti giurisdizionali sui suddetti luoghi, fra i quali Cologna rivestiva una particolare importanza nella progettualità politica del marchese.46 L’acquisto del castello di Cologna, ubicato in luogo strategico, permetteva ad Azzo VI di estendere la propria giurisdizione signorile dalle tradizionali basi di potere lungo l’Adige fino al cuore della Marca veronese, nel tentativo, attraverso il controllo del Comune di Verona, di dar vita ad una vera e propria signoria regionale.47 Il castello di Cologna venne dunque configurandosi come base patrimoniale e giurisdizionale della coppia marchionale. Qui la marchesa possedeva una casa, come attesta un atto del 22 settembre 1214 rogato in domo domine Ailix Hestiensis;48 possiamo quindi ipotizzare che ella abbia vissuto qui, almeno per certi periodi, alternando probabilmente soggiorni a Verona, presso il marito, Cologna Veneta ad altri castelli, in primis Calaone, dove negli anni seguenti troviamo attestata un’altra sua proprietà. Con l’atto del settembre 1214 Alisia, ormai vedova, designò quale suo procuratore nel distretto di Verona Ottolno di Calzolario, ad ulteriore testimonianza del radicamento estense nel Veronese. Come ricorda Varanini, inoltre, a Cologna sono attestati assessores, nuncii e vicecomites che agivano a nome della marchesa.49

Tre anni dopo l’investitura di re Filippo, la coppia marchionale ottenne la conferma di Cologna e delle altre quattro villae da parte del nuovo re dei Romani, Ottone IV di Brunswick.50 Dopo la morte di Filippo di Svevia, il guelfo Ottone, figlio del duca Enrico il Leone, nel 1209 discese in Italia per cingere la corona imperiale. Ottone IV riuscì temporaneamente a pacificare le fazioni, se pensiamo che nel suo viaggio verso Roma ottenne di essere scortato sia da Azzo sia dai suoi tradizionali rivali, Ezzelino II da Romano e Salinguerra Torelli. Fu nel contesto di questo Romzug che Azzo VI riuscì ad ottenere il rinnovo dell’investitura sulle villae di Cologna, Pressana, Baldaria, Zimella e Bagnolo. Il diploma di Ottone IV, datato Foligno 5 gennaio 1210, costituisce una nuova testimonianza della presenza di Alisia, che figura assieme al consorte in qualità di beneficiaria dell’investitura.51 Inoltre l’investitura era accordata anche ai figli nati dalla loro unione; qualora non fossero nati eredi maschi, il beneficio sarebbe passato alla loro discendenza femminile.

Pochi giorni dopo, Azzo d’Este ottenne dall’imperatore anche l’investitura dell’intera Marca di Ancona, da Pesaro ad Ascoli, quello stesso territorio che già Innocenzo III nel 1208 gli aveva concesso con piene prerogative giurisdizionali. Questo secondo privilegio fu emanato dall’imperatore in Chiusi, nella giornata del 20 gennaio 1210.52

La caduta in disgrazia di Ottone IV, scomunicato da Innocenzo III, ricondusse stabilmente lo sposo di Alisia allo schieramento filopapale. Nel solco di un rinnovato legame con il pontefice, Azzo VI espulse da Ferrara il vicario di Ottone IV e Salinguerra Torelli. Dal canto suo il pontefice, interessato al rafforzamento della signoria estense su Ferrara, feudo della Chiesa, autorizzò Azzo ad edificare una castello in città; parimenti, esortò l’arcivescovo di Ravenna a cedere all’Estense l’importante castello di Argenta.53

La rottura con Ottone IV e la rivalità col Torelli ebbero forti ripercussioni. Azzo VI subì il bando e una sentenza sfavorevole nel contenzioso con Bonifacio d’Este che già abbiamo ricordato.54 Zio del marchese ma di lui più giovane, Bonifacio era soggetto alla tutela patrimoniale di Azzo; nel 1212, però, Bonifacio si rivolse all’imperatore, richiedendo di entrare in possesso della sua legittima eredità. Con una sentenza del 10 febbraio 1212, Ottone IV accolse la supplica di Bonifacio e lo affrancò dalla tutela di Azzo. La sentenza imperiale non dovette però chiudere un contenzioso che proseguì anche dopo la morte di Azzo VI, con il coinvolgimento della stessa Alisia. Alcune settimane dopo la sentenza sfavorevole, Azzo d’Este incontrò a Roma il rivale di Ottone, Federico di Svevia, pupillo del papa; come è noto, Innocenzo III era il tutore del giovane Federico, re di Sicilia, candidato papale al trono imperiale. Azzo VI scortò lo Svevo nel suo viaggio verso la Germania, assicurandogli un transito sicuro dall’Italia padana. Il legame con Innocenzo III consentì così ad Azzo VI, negli ultimi mesi della propria vita, di instaurare buoni rapporti anche col nuovo potere imperiale in ascesa.

Nel corso del 1212 il marchese si ammalò e il 18 novembre di quell’anno, a Verona, dettò le sue ultime volontà.55 Nel testamento nominò eredi i suoi due figli, Aldobrandino, già adulto, e Azzo Novello (Azzo VII), un bambino; quest’ultimo era figlio del marchese e di Alisia, mentre Aldobrandino era nato dal primo matrimonio di Azzo. Il testamento fu poi integrato con alcuni codicilli; in essi il marchese dispose la restituzione alla moglie di 3000 lire di denari veronesi, somma impegnata per l’acquisto di Cologna. Il codicillo specifica che tale somma proveniva dalla dote di Alisia, ammontante a 2000 marche d’argento, e da altre 1000 marche possedute dalla donna a diverso titolo. Nei codicilli al testamento venivano disposti anche lasciti a favore delle due figlie, Beatrice e Costanza. Beatrice, fondatrice del monastero di Gemola e proclamata beata nel XVIII secolo, era figlia di Azzo VI e di una principessa sabauda, mentre Costanza era nata da Alisia.

Azzo VI morì verso la fine del 1212 e il potere marchionale passò nelle mani di Aldobrandino. Egli raccolse un’eredità difficile, in quanto alla guerra in Veneto si aggiungevano i problemi riguardanti la Marca di Ancona. In piena continuità con l’operato paterno, il nuovo marchese si appoggiò a papa Innocenzo III e a Federico II. Il pontefice gli rinnovò l’investitura della Marca di Ancona, sollecitandolo all’intervento contro i conti di Celano; i costi della guerra furono però ingenti, al punto che il marchese dovette cedere in ostaggio il piccolo Azzo VII ai creditori, i banchieri fiorentini. In tale frangente ritroviamo Alisia di Châtillon/Este, la quale provvide personalmente a riscattare il figlio con il pagamento di una forte somma.

Alisia dovette ricoprire un ruolo di rilievo nelle vicende del casato estense durante il secondo decennio del Duecento. La sua importanza accrebbe con il vuoto di potere creatosi alla morte di Aldobrandino, nel 1215. Alla prematura scomparsa del fratellastro, il piccolo Azzo VII assunse formalmente le redini del casato sotto la tutela della madre, di Tisone da Camposampiero e di Alberto da Baone; quest’ultimo, lo ricordiamo, era uno dei quattro vassalli estensi che nel 1204 avevano scortato Alisia in Italia. Tisone e Alberto però dovettero morire di lì a breve, lasciando la sola Alisia, di fatto, a reggere le sorti della signoria. Nel suo ruolo di reggente de facto, la donna operò in primis per tutelare i beni di suo figlio. L’operato della vedova di Azzo VI a tutela del figlio non sfuggì al Muratori, che nel menzionare la scomparsa dei due tutori suddetti, così commenta: “Comunque sia, trovo io, che Alisia sua madre maneggiò dipoi gl’interessi di questo suo figliuolo”.56

Il ruolo di Alisia si era già distinto, probabilmente, nel quadro del contenzioso con Bonifacio d’Este. La sentenza di Ottone IV e la morte di Azzo VI non dovevano aver chiuso la disputa, in quanto il Muratori, riportando una nota del Prisciani, riferisce di una lite in sede di giudizio tra Bonifacio figlio di Sofia e del defunto Obizzo, da una parte, e Azzo (evidentemente Azzo VII) e Dominam Aliz ejus matrem dall’altra, riguardante il testamento del marchese Obizzo I.57

L’azione di Alisia a tutela del patrimonio del piccolo Azzo VII è confermata anche da un contratto stipulato a Rovigo il 14 marzo 1216.58 Si tratta di un contratto di livello stipulato con l’abate di un monastero particolarmente legato alla Casa d’Este, l’abbazia polesana di Santa Maria di Vangadizza, destinata ad accogliere le spoglie dei marchesi estensi, fra cui gli stessi Azzo VI e Alisia. Con tale atto la contessa d’Este, come viene definita nel documento, ricevette, a nome del figlio, dall’abate Sansone, 100 mansi di terra posti tra Mardimoco e il fosso Tartarello. Si trattava di beni fondiari dell’abbazia situati nelle valli comprese tra il Basso veronese e il Mantovano. Il livellario era tenuto a corrispondere al monastero, ogni anno, in occasione della festività dell’Assunzione di Maria, tre libbre di incenso.

Il 16 luglio 1216 si spense a Perugia papa Innocenzo III, il grande pontefice che tanta parte aveva avuto nell’esistenza di Alisia così come nelle vicende estensi. Gli Este conservarono comunque il loro rapporto preferenziale con la Santa Sede, se si pensa che già pochi mesi dopo, nel 1217, il nuovo pontefice Onorio III rinnovò ad Azzo VII l’investitura della Marca di Ancona.

Le successive testimonianze relative alla figlia di Rinaldo provengono dalle pergamene del fondo Casa e Stato, l’archivio dinastico estense. Tali testimonianze documentarie sono costituite da atti relativi a controversie patrimoniali che segnarono tutta l’ultima fase della vita di Alisia, impegnata in una strenua difesa dei diritti del proprio figlio Azzo VII. Alcuni documenti però sono andati perduti e ci sono noti solo grazie al Muratori; è questo il caso di un atto del 24 settembre 1217, con cui Alisia e la figliastra Beatrice si accordarono per una divisione dei beni di famiglia posti in Montagnana.59 Da questo atto apprendiamo che la madre del marchese risiedeva nel castello di Calaone, nei pressi di Este; il rogito venne infatti stipulato in Castro Calaonis in domo, in qua Domina Aylix habitat. Calaone e Cologna dovettero essere quindi fra i principali luoghi di residenza della figlia di Rinaldo di Châtillon.

Anche le testimonianze successive provengono da rogiti notarili riguardanti il patrimonio di famiglia. Due anni dopo, nel 1219, con un atto rogato a Rovigo in domo Marchionis, Alisia nominò suo procuratore Giovanni di Canossa in relazione all’investitura di alcuni beni concessi a Migliore figlio di Odone. Altre investiture di beni ebbero luogo nel 1219 e nel 1222 con atti rogati in Gemola, in domo parlatorii. Alisia è infine menzionata in un atto di investitura rogato nel castello di Calaone, in sala camerae turris, dal notaio imperiale Enrico.60

Alla metà degli anni trenta del Duecento la donna era ancora in vita. Lo attesta, fra gli altri, un atto di donazione del 1235 a favore del monastero di Santa Maria delle Carceri, istituzione monastica strettamente legata al casato estense. Anche in questo caso si tratta di un documento andato disperso, e di cui abbiamo notizia unicamente grazie al Muratori.61 Il marchese Azzo VII effettuò una donazione al monastero delle Carceri praesente et consentiente ipsa Domina Adelice sua matre, et eius verbo. L’atto fu rogato negli appartamenti di Azzo VII ubicati nel mastio del castello di Este (in Dolone Estensi in Camera picta Domini Azzonis Estensis Marchionis).

Tuttavia, questa donazione del 1235 non rappresenta l’ultima testimonianza di Alisia. La marchesa infatti era ancora in vita nel 1236, come attesta l’ennesimo contenzioso, stavolta con il il Comune di Padova, per via del controllo di un bosco e di altri beni situati n Calaone. Il successivo silenzio delle fonti ci fa ipotizzare che ella sia morta di lì a breve, poco dopo la morte di re András II d’Ungheria, marito di Beatrice d’Este.62 Non conosciamo il ruolo di Alisia in riferimento alle nozze ungheresi della figlia di Aldobrandino; è tuttavia ipotizzabile che trattandosi della zia di András II, con lunghi trascorsi alla corte arpadiana, la vedova di Azzo VI abbia giocato una qualche parte in questo negotium matrimoniale. Le nozze furono celebrate nel 1234 ma già nel 1235 re András II morì e con l’ascesa di Béla IV la giovane vedova, incinta, cadde in disgrazia.63 Beatrice d’Este riuscì comunque a riparare all’estero, come già era accaduto trent’anni prima alla regina Costanza, vedova di Imre. Il regno di Beatrice fu dunque breve, tuttavia l’ascesa di una principessa estense sul trono magiaro coronò l’avvio di quei rapporti plurisecolari tra l’Ungheria e la Casa d’Este che si mantennero di fatto fino all’Ottocento. L’inizio di una lunga storia, con le nozze di András II e Beatrice d’Este, le cui premesse sono però rinvenibili, come visto, già trent’anni prima, quando Alisia di Châtillon, zia di re Imre, lasciò le pianure ungheresi per la corte estense.

Appendice documentaria

1198 giugno 16, Roma

Papa Innocenzo III prende sotto la propria protezione Alisia di Châtillon e i beni che le sono stati donati da Imre re di Ungheria.

P. Prisciani, Historiae Ferrariae, VII, ms. 131, c. 19 v; L. A. Muratori, Delle Antichità Estensi ed Italiane. Parte prima, Modena 1717, p. 379.

“Innocentius/ Episcopus Servus Servorum Dei. Dilec/tae in Christo filiae nobili mulieri Aliz64/ filiae quondam principis Rainaldi Salutem/ et apostolicam benedictionem. Iustis pe/tentium desideriis dignum est nos facilem65/ praebere consensum et vota quae a ratio/nis tramite non discordant, effectu/ prosequente complere. Eapropter, dilecta in/ Domino filia, tuis justis postulationi/bus grato concurrentes assensu, personam66/ tuam cum omnibus bonis, quae in praesen/tiarum rationabiliter possides, vel in futu/rum justis modis, praestante Domino,67 poteris/ adipisci, sub b(eati) Petri et nostra pro/tectione suscipimus. Spetialiter autem/ donationem quadrigentarum marcharum/ annui redditus, et centum mansionum/ servorum, villae etiam, quae dicitur Tor/nai, et aliarum quatuor villarum/ cum omnibus pertinentiis suis, et alio/rum tam in annuis vestibus, quam in a/liis, factam tibi a karissimo in Christo/ filio nostro H[emerico]68 illustri Rege Unga/rie, sicut in ejusdem Regis autenti/co continetur, et tu ea juste possi/des et quiete, auctoritate tibi apo/stolica confirmamus, et praesentis prae/cepti patrocinio communimus. Nul/li ergo omnino hominum liceat hanc/ paginam nostrae protectionis et con/firmationis infringere, vel ei ausu te/merario contraire. Si quis autem hoc/ attentare praesumpserit, indignationem/ omnipotentis Dei et beatorum Petri/ et Pauli apostolorum eius se noverit/ incursurum.69 Datum Romae apud/ S. Petrum XVI. Kalendas Julii/, Pontificatus Nostri anno primo.”

Tav. 1 – Albero genealogico sintetico. In evidenza i rapporti parentali tra gli Estensi, la discendenza di Rinaldo di Châtillon e la dinastia arpadiana regnante in Ungheria.

(elaborato realizzato da Riccardo Pallotti)

Tav. 2 – Illustrazione tratta dall’opera di Pellegrino Prisciani. Le scene militari e i luoghi raffigurati sono riconducibili alle crociate in Terrasanta. Gli eserciti in marcia potrebbero essere, in particolare, quelli della terza crociata. L’identificazione della principessa raffigurata in primo piano, su una nave, con Alisia di Châtillon sarebbe suggerita dal testo a fianco, in cui è riportata la bolla di Innocenzo III a favore della principessa.

(P. Prisciani, Historiae Ferrariae, VII, ms. 131, c. 19 v)

Tav. 3 – 1204, febbraio 22, Gemona, chiesa di Santa Maria di Clemena. Strumento dotale di Alisia di Châtillon. Il marchese Azzo VI d’Este dichiara di ricevere dalla moglie Alisia una dote di duemila marche d’argento. Contestualmente l’Estense investe la sposa di tutti i suoi beni mobili e immobili. Il presente documento è una copia autentica dello strumento originale, rogata in Este in data 16 gennaio 1210.

(ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. I, n. 63)

Tav. 4 – 1207, giugno 18, Strasburgo. Il re dei Romani Filippo di Svevia concede in feudo al marchese Azzo VI d’Este e sua moglie Alisia le ville di Pressana, Cologna, Baldaria, Simella e Bagnolo, poste nella diocesi di Vicenza. Diploma originale in pergamena, con traccia di sigillo pendente.

(ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. I, n. 65)

Tav. 5 – 1210, gennaio 5, Foligno. L’imperatore Ottone IV di Brunswick conferma ai coniugi Azzo VI d’Este ed Alisia e ai loro eredi l’investitura delle ville di Pressana, Cologna, Baldaria, Simella e Bagnolo, in diocesi di Vicenza. Diploma originale in pergamena, con traccia di sigillo pendente. L’atto reca il monogramma dell’imperatore Ottone IV e la recognitio di Corrado vescovo di Spira e cancelliere aulico, in luogo di Teoderico, arcivescovo di Colonia e arcicancellerie imperiale per l’Italia.

(ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. II, n. 1)

Tav. 6 – Copia autentica in pergamena dell’investitura di Ottone IV, rogata dal notaio ferrarese Guido Brusati in data 5 gennaio 1311.

(ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. II, n. 2)

Tav. 7 – 1216, marzo 14, Rovigo. Alisia d’Este riceve dall’abate di Vangadizza, in nome del figlio Azzo Novello, 100 mansi di terra in livello perpetuo.

(ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. II, n. 18)

Tav. 8 – Le rovine della rocca di Torna, nella regione di Kassa/Košice. La villa que dicitur Tornai fu donata ad Alisia da re Imre, come attesta la bolla papale riportata dal Prisciani.

(By Martin Hlauka (Pescan), Attribution, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=247450

Tav. 9 – La fortezza crociata di Kerak, in Giordania. Fra gli anni Settanta ed Ottanta del XII secolo la fortezza, assediata dal Saladino, era il principale centro di potere di Rinaldo di Châtillon.

(Di Alexander – Flickr, CC BY-SA 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3555127


  1. Su Rinaldo di Châtillon si veda: B. Hamilton, The elephant of Christ: Reynald of Châtillon, in «Studies in Church History», 15 (1978), pp. 97–108.↩︎

  2. La madre di Alisia era anch’essa esponente di un casato francese che in Terrasanta aveva dato vita ad un dominio territoriale. Su Stefania di Milly si veda: L. Fragai, I complessi palatini islamici della Giordania tra XIII e XIV secolo: origine e ruolo storico, politico, ideologico di un tipo edilizio monumentale alla luce dell’archeologia leggera. Il caso di Kerak, Tesi di dottorato della Sapienza – Università di Roma, Scuola dottorale in Archeologia, Curriculum Archeologia e Antichità Post-Classiche, tutor Prof. G. Vannini, Ciclo XXX (a.a. 2014–2015), pp. 91–93.↩︎

  3. Hamilton, The elephant, cit., p. 99.↩︎

  4. Fragai, I complessi, cit., passim.↩︎

  5. Maria era figlia di Costanza di Antiochia e del suo primo marito, Raimondo di Poitiers.↩︎

  6. Tale azione vide il principato di Antiochia sottomettersi alla sovranità bizantina, mentre lo stesso re di Gerusalemme Baldovino III si poneva sotto la protezione del Basileús Manuele I Comeno. Le notizie generali sul Comneno e i suoi rapporti con Antiochia e l’Ungheria sono qui tratte da: G. Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, trad. it. di P. Leone, Torino 2014 (III ed.), pp. 345–356. Vedi anche: R.-J. Lilie, Bisanzio. La seconda Roma, (tit. orig. Byzanz. Das zweite Rom), trad. it. di G. Montinari, Roma 2005, pp. 361–394.↩︎

  7. Ostrogorsky, Storia, cit., pp. 350–352; Hamilton, The elephant, cit., p. 98.↩︎

  8. Il tentativo di Boemondo III di estromettere la madre dal principato fu appoggiato dal re di Gerusalemme Baldovino III. Per conservare il potere Costanza si rivolse a Costantinopoli e le trattative che ne seguirono portarono alle nozze della figlia Maria con l’imperatore bizantino (1161). Nonostante l’appoggio bizantino, Costanza fu però cacciata da Antiochia, morendo attorno al 1163.↩︎

  9. L’Ungheria, inoltre, era la terra d’origine della madre, la principessa Piroska, divenuta Basilissa dei Romei col nome di Irene.↩︎

  10. Alla morte di re Géza II Árpád (1162) l’ascesa al trono di suo figlio Stefano III fu osteggiata da Stefano IV (1163) e Ladislao II (1162–1163), fratelli del defunto sovrano. L’imperatore Manuele I si inserì nel conflitto sostenendo i fratelli di Géza II contro Stefano III, che invece ottenne l’appoggio tedesco e del re di Boemia, quest’ultimo formalmente vassallo dell’imperatore d’Oriente. Per le vicende arpadiane principale riferimento sono naturalmente le opere di Attila Zsoldos e Gyula Kristó.↩︎

  11. Ostrogorsky, Storia, cit., p. 351.↩︎

  12. Su Béla/Alessio vedi Ostrogorsky, Storia, cit., p. 352 ; Lilie, Bisanzio, cit., p. 381.↩︎

  13. Su Béla III e Agnese si veda il seguente volume: 150 Éve Történt… III. Béla és Antiochiai Anna sírjának fellelése, a cura di G. Fülöp, A Szent István Király Múzeum közleményei B. sorozat 49. szám, Székesfehérvár 1999.↩︎

  14. La morte di Manuele I (1180) incrinò gli antichi legami di Béla III con l’Impero bizantino: l’imperatrice vedova Maria di Antiochia, cognata di Béla, reggente in nome di Alessio II, non poté conservare le conquiste del marito e già nel 1181 Béla III occupò la Dalmazia, la Croazia e Sirmio. La rottura definitiva ebbe luogo con il colpo di stato di Andronico Comneno, il quale prese il potere e mandò a morte Maria e suo figlio Alessio II (1183). In tutta risposta Béla III si alleò con Stefano Nemanja e occupò Belgrado, Branicevo, Nis e Sofia. La minaccia serbo-ungherese, le rivolte interne e i successi dei Normanni decretarono, come è noto, la violenta fine di Andronico I Comneno. Con l’ascesa degli Angeli ripresero i rapporti fra l’Ungheria e Costantinopoli: Margherita, figlia di Agnese e Béla III, sposò l’imperatore Isacco II Angelo (vedi Ostrogorsky, Storia, cit., pp. 359–361).↩︎

  15. Sulla politica arpadiana verso la Dalmazia si rinvia al recente volume di J. Gál, Dalmatia and the Exercise of Royal Authority in the Árpád-Era Kingdom of Hungary, Budapest, 2020.↩︎

  16. Sul contributo ungherese alla terza crociata si veda J. R. Sweney, Hungary in the Crusades, 1169–1218, in «The International History Review», vol. 3, n. 4 (ottobre 1981), pp. 467–481.↩︎

  17. Per i regni di Imre e András II e più in generale per la storia della dinastia arpadiana si rinvia ovviamente alle opere di Attila Zsoldos e Gyula Kristó. Una buona sintesi in lingua italiana delle vicende ungheresi di inizio Duecento è offerta dal seguente lavoro: J. Radulović, L’Ungheria nella prima metà del Duecento. Rivolgimenti interni e pressioni esterne, Tesi di Dottorato di ricerca, Università degli Studi di Milano, Scuola di Dottorato in Humanae Litterae, Dipartimento di Studi storici, Corso di Dottorato in Studi storici e documentari, tutor Prof.ssa E. E. Occhipinti, co-tutor Prof. G. Andenna, Ciclo XXVI (a.a. 2012/2013), pp. 12–18, 43–62.↩︎

  18. Die Register Innozenz’ III. 1. Pontifikatsjahr, 1198/99: Texte, a cura di Othmar Hageneder e Anton Haidacher (Publ. der Abt. für Histor. Studien d. Österr. Kulturinstituts in Rom, II. Abt., I. Reihe, Bd. 1: Texte), Graz–Köln 1964.↩︎

  19. Die Register, cit., n. 10, p. 17.↩︎

  20. Ibidem, n. 271, pp. 374–375.↩︎

  21. Sull’arcivescovo Jób e i suoi rapporti con la corona si veda Gy. Győrffy, Jób esztergomi érsek kapcsolata III. Béla királlyal és szerepe a magyar egyházi művelődésben, in «Aetas» 9 (1994/1), pp. 58–63.↩︎

  22. Nelle lettere di Innocenzo III relative all’Ungheria rivestono particolare importanza la Chiesa di Kalocsa e il suo presule Saul. Il 14 giugno 1198 Innocenzo III ordinò al vescovo Elvin di Várad di comparirgli dinanzi, in Roma, entro la festa della Natività di Maria dello stesso anno, affinché gli fosse inflitta una penitenza per certi crimini di cui si era macchiato; per la sua condotta egli era già stato scomunicato dall’arcivescovo Saul di Kalocsa, di cui il vescovo di Várad era un suffraganeo (Die Register, cit., n. 269, p. 372). Inoltre il 22 dicembre 1198 il papa incaricò re Imre di obbligare al pagamento delle decime le comunità slave residenti nella diocesi di Kalocsa (Die Register, cit., n. 500, pp. 728–729). Innocenzo III intervenne anche in Transilvania, dove una disputa opponeva il vescovo Adriano di Gyulafehérvár (Alba Iulia) alla prepositura di Nagyszeben in merito ai rispettivi diritti sulle comunità sassoni di quei territori (Siebenbürger); con una lettera del 15 giugno 1198, il papa confermò la sentenza già emessa dal legato pontificio Gregorio de Sancto Apostolo (Die Register, cit., n. 272, pp. 375–377).↩︎

  23. Die Register, cit., n. 510, pp. 745–746.↩︎

  24. Ibidem, n. 511, pp. 746–747.↩︎

  25. Ibidem, n. 270, pp. 373–374. Negli stessi giorni il papa sottopose il monastero di Telki alla giurisdizione ecclesiastica di Esztergom e incaricò lo stesso arcivescovo Job di riformare quella comunità monastica (Die Register, cit., mancano il numero e la pagina!). Va ricordato come proprio in quei giorni, il 3 febbraio 1198, Innocenzo III conferì un incarico analogo al vescovo di Ferrara Uguccione, chiamato a riformare l’antica abbazia nonantolana (Die Register, cit., n. 9, pp. 14–16). Sempre tra gennaio e febbraio del 1198 Innocenzo III permise a re Imre di portare avanti l’edificazione di un monastero già avviata dal conte Botho di Bihar, cambiando però il sito a vantaggio di un luogo meglio difeso e più adatto, con il consenso della locale autorità vescovile (Die Register, cit., n. 9, pp. 16–17).↩︎

  26. Sulle nozze di András II con Beatrice d’Este si rimanda agli studi di Patrizia Cremonini: Ead., II. András és Beatrice d’Este házasságkötése. (Székesfehérvár, 1234. május 14. (titolo in italiano: “Il matrimonio tra il re d’Ungheria Andrea II Árpád e Beatrice d’Este – Székesfehérvár, 14 maggio 1234”), in Királynék a középkori Magyarországon és Európában (titolo in italiano: “Regine in Ungheria medievale e in Europa”) (konferencia, Székesfehérvár, 22 september 2016), a cura di Kornél Szovák e Attila Zsoldos, Városi Levéltár és Kutatóintézet, Székesfehérvár, 2019, pp. 187–198; Ead., Note sulle testimonianze dell’Archivio di Stato di Modena con riferimento alle relazioni Stato estense – Regno d’Ungheria, in «RSU. Rivista di Studi Ungheresi», XVI (2017), pp. 105–154.↩︎

  27. P. Prisciani, Historiae Ferrariae, VII, ms. 131, c. 19 v.↩︎

  28. L. A. Muratori, Delle Antichità Estensi ed Italiane. Parte prima, Modena 1717, pp. 378–379.↩︎

  29. Ibidem, p. 378.↩︎

  30. I. Alessi, Ricerche istorico-critiche delle antichità di Este, I, Padova 1776, pp. 646 e segg.↩︎

  31. Muratori, Delle Antichità, cit., pp. 401–402.↩︎

  32. Ibidem, p. 401.↩︎

  33. Si fa riferimento in particolare ai lavori di György Denés, Tamás Kádár e Tamás Körmendi, citati nelle note seguenti.↩︎

  34. T. Kádár, Egy régi keletű genealógiai talány a 12. század végéről: Miskolc nembeli Domonkos bán rokonsága a magyar királyi családdal, in «Turul. A Magyar Történelmi Társulat, a Magyar Nemzeti Levéltár Országos Levéltára és a Magyar Heraldikai és Genealógiai Társaság Közlönye», XCII (2019), pp. 49–58. Notizie su Alíz anche in: T. Kádár, A külföldi uralkodóházak tagjai, a külhoni hűbéres fejedelmek, valamint az egyházi főméltóságok és a pápai legátusok tartózkodásai Magyarországon 1000‒1205 között, in «Történeti Tanulmányok», XXVI (2018), pp. 73–74. Le lettere di Innocenzo III confermano che Domonkos di Miskolc rientrava fra quei baroni del regno che erano stati dispensati dal voto della crociata. Le stesse lettere papali ci permettono di collocare la sua morte entro il 1207.↩︎

  35. T. Körmendi, Alíz hercegnő és Imre király. Megjegyzések a Kölni Királykrónika 1199-i tudósítása kapcsán, in «Turul», XCII (2019), pp. 59–68.↩︎

  36. Si legge nel documento innocenziano: “….donationem quadrigentarum Marcharum annui redditus, et centum mansionum servorum, Villae etiam, quae dicitur Tornai, et aliarum quatuor Villarum cum omnibus pertinentiis suis…”.

    Alisia e le sue proprietà fondiarie di Torna sono oggetto dello studio di György Denés sul testamento di Béla III: Gy. Denés, III. Béla király végrendelete. Alíz antiochiai hercegnő Torna birtokosa, in Történet – muzeológia. Tanulmányok a múzeumi tudományok köréből a 60 éves Veres László tiszteletére, a cura di E. Gyulai e Gy. Viga, Miskolc 2010, pp. 337–346.↩︎

  37. Torna si trova a brevissima distanza dal confine ungherese. Questo luogo è ancora oggi dominato dalle rovine di una rocca (“Tornai vár”, “Turniansky hrad”).↩︎

  38. L’Archivio di Stato di Modena conserva una copia autentica rogata in Este il 16 gennaio 1210 dal notaio imperiale Bonifacio: Archivio di Stato di Modena (ASMo), Archivio Segreto Estense (ASE), Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. I, n. 63. Si veda l’edizione muratoriana: Muratori, Delle Antichità, cit., pp. 379–380.↩︎

  39. Sul trevigiano Alberico o Albrighetto Pandimiglio si veda G. M. Varanini, Azzo VI d’Este (†1212) e le società cittadine dell’Italia nord-orientale:convergenze e divergenze di progetti politici fra XII e XIII secolo, in Gli Estensi nell’Europa medievale. Potere, cultura e società, Convegno per l’ottavo centenario della morte di Azzo VI marchese d’Este, 1212–2012 (Este, 15 settembre 2012), a cura di C. Bertazzo, F.Tognana, Sommacampagna 2014, pp. 135–177, in partic. p. 147. Il saggio di Varanini è ricco di riferimenti alla figura di Alisia, qui denominata Ailice.↩︎

  40. Si legge nel documento: “Promisit etiam et convenit suprascriptus Marchio, suprascriptam Dominam tamquam uxorem suam honeste tractare, profitendo Albertum de Baone, et Albericum Pandemilio, et Martinum de Mediolano, et Franciscum de Calderio ad hoc nunzio fuisse. Et quicquid super his in Curia Regis Ungarici pro ipso Marchione cum ipsa Domina fecerunt et pepigerunt, firmum et ratum habuit” (Muratori, Delle Antichità, cit., p. 380).↩︎

  41. Gemona, teatro delle nozze, era soggetta al Patriarcato di Aquileia.↩︎

  42. Il conte Bonifacio di San Bonifacio fu uno dei maggiori alleati di Azzo VI, col quale resse per anni la podesteria del Comune di Verona.↩︎

  43. Ampia è la bibliografia sulle aristocrazie della Marca veronese e trevigiana fra XII e XIII secolo. In primo luogo vanno richiamati i numerosi studi di Andrea Castagnetti e Gian Maria Varanini, oltre ai lavori di Daniela Rando e Sante Bortolami. Sugli Este prima del loro radicamento in Ferrara si vedano: A. Castagnetti, Profilo dei marchesi d’Este (sec. XI–XIII), in Studi di storia per Luigi Ambrosoli, Verona 1993, pp. 1–5; Id., Guelfi ed Estensi nei secoli XI e XII. Contributo allo studio dei rapporti fra nobiltà teutonica ed italica, in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel Medioevo: marchesi conti e visconti nel Regno Italico (secc. IX–XII), III, Roma 2003, III, pp. 41–102. Si vedano anche i saggi presenti nel volume Istituzioni, società e potere nella Marca Trevigiana e Veronese (secoli XIII–XIV). Sulle tracce di G.B. Verci, a cura di M. Knapton, G. Ortalli, Roma 1988. Più in generale si vedano studi contenuti nei seguenti volumi: Istituzioni, società e potere nella Marca Trevigiana e Veronese (secoli XIII–XIV). Sulle tracce di G.B. Verci, a cura di M. Knapton, G. Ortalli, Roma 1988; Il Veneto nel medioevo. Dai comuni cittadini al predominio scaligero nella Marca, a cura di A. Castagnetti, G.M. Varanini, Verona 1991.↩︎

  44. Su Azzo VI si segnala il seguente saggio di Gian Maria Varanini, fra i pochi a contenere riferimenti alla figura di Alisia: Id, Azzo VI d’Este (†1212) e le società cittadine dell’Italia nord-orientale:convergenze e divergenze di progetti politici fra XII e XIII secolo, in Gli Estensi nell’Europa medievale. Potere, cultura e società, Convegno per l’ottavo centenario della morte di Azzo VI marchese d’Este, 1212–2012 (Este, 15 settembre 2012), a cura di C. Bertazzo, F. Tognana, Sommacampagna 2014, pp. 135–177. Il saggio risulta importante anche per i ricchi riferimenti bibliografici.↩︎

  45. ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. I, n. 65.↩︎

  46. Varanini, Azzo VI, cit., pp. 147–150.↩︎

  47. Varanini, Azzo VI, cit., p. 149.↩︎

  48. Si tratta di una pergamena dell’Archivio di Stato di Verona citata in Varanini, Azzo VI, cit., pp. 149, 171. Con questo atto la vedova di Azzo VI designò quale suo procuratore nel distretto di Verona Ottolno di Calzolario.↩︎

  49. Varanini, Azzo VI, cit., p. 149.↩︎

  50. Sui diplomi di Ottone IV a favore degli Estensi si rimanda al seguente studio: R. Rinaldi, I documenti dell’imperatore. Ottone IV e i marchesi d’Este (12101212), con appendice documentaria a cura di L. Righi, in «Quaderni Estensi», VI (2014), pp. 245–257.↩︎

  51. ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. II, n. 1. Vedi Rinaldi, I documenti, cit., p. 246.↩︎

  52. ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. II, n. 5. Vedi Rinaldi, I documenti, cit., p. 246.↩︎

  53. T. Dean, Este, Azzo d’, in Dizionario biografico degli italiani (=DBI), XLIII Roma, 1993, https://tinyurl.com/5n8jkea5.↩︎

  54. ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. II, nn. 8–11. Sul contenzioso Azzo VI – Bonifacio si rinvia a Rinaldi, I documenti, cit., pp. 247–248.↩︎

  55. Il testamento e i codicilli furono pubblicati dal Muratori: Id., Delle Antichità, cit., pp. 403–404.↩︎

  56. Muratori, Delle Antichità, cit., p. 423.↩︎

  57. Ibidem, p. 399.↩︎

  58. ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato – Membranacei, cass. II, n. 18.↩︎

  59. Le controversie patrimoniali che videro coinvolta Alisia sono attestate da pergamene relative agli anni 1229-1236: ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato, Membranacei, cass. 3, nn. 42, 46—51, 55. Per l’atto del 24 settembre 1217 si veda invece Muratori, Delle Antichità, cit., pp. 407–408.↩︎

  60. Ibidem, cit., p. 423.↩︎

  61. Muratori, Delle Antichità, cit., p. 423.↩︎

  62. L’ultima testimonianza di Alisia ancora in vita è della primavera del 1236: ASMo, ASE, Casa e Stato, Documenti riguardanti la Casa e lo Stato, cass. 2, n. 55.↩︎

  63. Si rinvia allo studio di Patriza Cremonini citato a nota 24.↩︎

  64. Alis nel testo di Prisciani.↩︎

  65. facilis nel testo di Prisciani.↩︎

  66. personas nel testo di Prisciani.↩︎

  67. Deo nell’edizione muratoriana.↩︎

  68. H. sia in Prisciani sia in Muratori.↩︎

  69. Muratori abbrevia il decretum e non riporta la sanctio: Nulli ergo omnino hominum etc. Datum…↩︎