Verbum – Analecta Neolatina XXVI, 2025/1

ISSN 1588-4309; https://doi.org/10.59533/Verb.2025.26.1.10



Abstract: In Italy, many messages (or parts of messages) in the course of political and diplomatic communication in the 15th and 16th centuries were sent in ciphered form to their recipients. As part of the monoalphabetic procedure, which was widely used at the time, in addition to the replacement of graphemes, some of the writing features of the text were often modified in the encoding process to prevent code breaking. Some of these changes concerned markings indicating the logical and morpho-syntactic structure of the text, for example, the encoded version was usually written without spaces and punctuation marks. In the course of decoding the text reduced in this way, the structural features had to be reinserted, since their absence significantly impeded the interpretation of the text to correspond to the sender’s intention. This study examines Italian-language manuscripts written in cipher form with focus on the occurrence of text segmentation elements aimed at representing the structural characteristics of the script, i.e. facilitating and guiding the interpretation.

Keywords: diplomatic communication, encryption, text segmentation, punctuation, structural features, interpretation

Riassunto: In Italia nell’ambito delle relazioni politiche e diplomatiche dei secoli XV–XVI una quantità notevole di messaggi fu inviata ai destinatari in forma cifrata. Divenne parte della procedura del crittosistema monoalfabetico usato ampiamente durante il periodo in questione che nel corso della codifica e/o decodifica, oltre alla sostituzione dei grafemi, di frequente si modificarono caratteristiche di scrittura del testo. Alcune delle modifiche hanno interessato le marcature riferite alla struttura logica e morfosintattica del testo, ad esempio la versione codificata è stata scritta per lo più omettendo spazi e segni di interpunzione. Nel processo di decodifica del testo così ridotto è stato necessario inserire di nuovo le segnalazioni riferite alla struttura, poiché la loro mancanza avrebbe ostacolato notevolmente l’interpretazione del testo secondo le intenzioni del mittente. Lo studio prende in analisi versioni cifrate di manoscritti in volgare con lo scopo di individuare in esse tracce d’intenzione volta a rappresentare le proprietà strutturali del testo.

Parole chiave: comunicazione diplomatica, crittazione, segmentazione testuale, punteggiatura, caratteristiche strutturali, interpretazione

1 Introduzione

L’argomento del presente studio è l’esame dei parametri di segmentazione del testo osservabili nei manoscritti di cancelleria scritti in forma criptata. È noto che, parallelamente ai cambiamenti economici e politici, a partire dalla seconda metà del XIV secolo, l’Italia conobbe una significativa espansione dell’attività diplomatica; di questa espansione vi furono diversi segni tangibili nel flusso di informazioni, tra cui il fatto che aumentò notevolmente la mole di testi prodotti. Oltre ai documenti ufficiali, che seguivano gli schemi latini ed erano scritti in latino, si moltiplicarono le relazioni degli inviati, i rapporti degli agenti e altri brevi appunti meno formali. Tali scritti erano caratterizzati da uno stile più spontaneo e colloquiale, da un uso più frequente di formule della lingua parlata e, a partire dal XV secolo, per lo più furono redatti in volgare (Tavoni 1992: 49–50). Inoltre, nei maggiori centri di potere si era sviluppato un nuovo canale di comunicazione: alcuni messaggi, o parti di essi, venivano inviati ai destinatari in forma cifrata (Berardi & Beutelspacher 2001: 158). Il metodo di codifica utilizzato in questo periodo era il sistema monoalfabetico,2 basato sul sistema di scrittura alfabetico.

I sistemi di codice erano spesso arricchiti con omofoni, che consentivano di sostituire la stessa lettera (o stringa di lettere) anche con quattro o cinque simboli, rendendo così il sistema più sicuro; la prima chiave sopravvissuta, che presenta già degli omofoni di lettere, dà come anno di creazione il 1401 (Kahn 1996: 107). Durante la fase di cifratura, oltre alla sostituzione delle lettere con i criptosimboli, spesso venivano utilizzate altre tecniche integrative per rendere più difficile la decrittazione3 del crittogramma (Senatore 2003: 398, n.147). Era consuetudine scrivere i simboli in modo continuo, senza spazi, tralasciando la punteggiatura e gli altri elementi che potessero potenzialmente riferirsi alla struttura del testo.4 Per scopi analoghi, a volte si cambiava la lingua o si inserivano nel testo simboli privi di significato, menzionati spesso con i termini “nulle” o “vane”. Queste opzioni e il loro utilizzo erano descritti nelle istruzioni o regole di alcune chiavi di codice (si vedano, ad esempio, i suggerimenti citati in (1a) e (1b); cfr. anche W. Somogyi 2020a); qualche raccomandazione simile è sopravvissuta in trattati dell’epoca, come il dettaglio citato in (1c) del trattato di crittazione di Leon Battista Alberti (1467), dal titolo “De Cifris” (Alberti 1568: 208).

    1. “Queste nulle si possono mettere per tutto et anche fra mez(zo) li caratteri doppij pur che sia proporcionatamente si che non si veggano nelinziferato ne troppo frequenti ne troppo radi | Bisogna cominciar sempre et terminar nello scrivere linzifferato con due caratteri a beneplacito, le quali non habbiano alcun significato | […] Li dui punti che sono sopra li caratteri si possono anchor mettere sopra le nulle tal hor per piu inganno” (Cifra del sec. XV, Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 423)
    2. “Non si scriva mai con ortografia, non si duplichino mai lettere, et in cambio della Z usisi la S” (Cifera con lambasciatore Antinoro alla Corte Cesarea data a di V di maggio 1568, Archivio di Stato di Firenze, Cifrari, Serie seconda/X)
    3. “Giovera ancor molto non tener conto della Ortografia, conciosia che io scrivero Arrogans con una R, sola: & oltra di questo non addoppiero mai lettera alcuna: Non aggiugnero al Q, lo V; non mi serviro mai in alcun luogo della H; […] Et giovera similmente, & massimo nei principij dello scrivere, & altrove ancora, scrivere alcune cose, come parole, senza mettervi alcuna vocale”. (Leon Battista Alberti: De Cifris (1467))

La maggior parte delle tecniche indicate nelle regole mirava a occultare i riferimenti alla struttura morfosintattica dei testi codificati: la loro applicazione portava ad ambiguità lessicali o sintattiche nonché a difficoltà interpretative, vale a dire, a conseguenze proficue contro i tentativi di decrittazione del crittogramma, ma svantaggiose nei processi di decodifica.

Va osservato che i documenti della cancelleria dell’epoca costituiscono una preziosa risorsa per molte discipline, tra cui pure la linguistica. Tuttavia, lo studio delle versioni cifrate superstiti dei documenti è stato effettuato solo raramente in passato, soprattutto per scoprire il contenuto degli scritti quando la versione decodificata è andata perduta. Ad eccezione di alcuni rari casi, come quello di Franca Petrucci Nardelli, che avverte nel suo studio degli errori nei testi codificati (Petrucci Nardelli 1986: 396–399), le caratteristiche linguistiche dei testi crittografati, tra cui la segmentazione del testo, sono rimaste quasi del tutto al di fuori dell’interesse degli studiosi,

Di seguito abbozzerò brevemente le principali tappe dello sviluppo della punteggiatura, poi passerò all’esame delle caratteristiche di segmentazione testuale osservate in sei documenti di cancelleria, scelti appositamente per le loro difformità di articolazione, con una particolare attenzione alla presenza e all’uso dei segni di punteggiatura in essi. Per motivi di spazio, riporto solo brevi passi dai testi in esame. Le parti citate saranno trascritte secondo i seguenti criteri: saranno indicati la fine della riga e il numero della riga (quest’ultimo posizionato all’esponente a sinistra dell’indicatore di fine riga); in linea con lo stile di scrittura dell’epoca, il testo sarà riprodotto privo di accenti grafici e apostrofi, ma con minime modifiche (ad es. “v” al posto della “u” consonantica) per facilitare la lettura. Nel caso dei brani citati da documenti redatti in forma mista (alfabetica e codificata), riporterò in grassetto, con l’inserimento degli spazi fra le parole, la versione decifrata del testo, corripondente a quello che nella versione originale è in forma criptata. Nei testi trascritti e nelle analisi di essi, i segni di punteggiatura presi in considerazione saranno evidenziati da parentesi uncinate, in questa forma: 〈:〉.

I documenti presi in esame sono custoditi negli archivi di stato di Milano (ASMi) e di Modena (ASMo); alcuni sono consultabili liberamente in forma digitale nella banca dati del Gruppo di Ricerca Vestigia dell’UCPP (http://vestigia.hu/kereses/) inserendovi i dati cronologici oppure il numero di identificazione del documento indicati. I documenti disponibili anche nella banca dati sono contrassegnati, fra parentesi, con l’etichetta “Vestigia” seguita dal numero di identificazione.

2 Principali tappe nello sviluppo della segmentazione del testo

Gli autori di opere retoriche antiche parlano spesso dei requisiti di articolazione dei testi orali, ovvero che un buon oratore, oltre a pronunciare correttamente i suoni, deve anche preoccuparsi di articolare sufficientemente il suo discorso. Di tali requisiti parla, ad esempio, nel I secolo anche Quintiliano dichiarando in forma riassuntiva che “sit oratio distincta” (Institutio Oratoria, II,3,34; citato in Greymonat 2008: 50).

Un’affermazione simile, incentrata sull’articolazione del testo, veniva fatta anche in relazione alle letture ad alta voce: nel processo di lettura il lettore poteva agevolare il suo pubblico a comprendere il contenuto che stava ascoltando, tenendo presente la struttura semantica del testo quando ritmava il respiro e sceglieva l’accento appropriato. Con altre parole, egli poteva facilitare il concepimento del testo soffermandosi ai confini di unità testuali collegate o scollegate nonché scegliendo l’intonazione in base al vaolre illocutivo degli enunciati. Questo tipo di lettura interpretativa, tuttavia, richiedeva che il lettore preparasse il testo studiandolo in anticipo (nel corso della praelectio), segnando i possibili confini e le relazioni tra i passaggi (Cevolini 2009: 302) secondo la propria interpretazione di essi. Qualora il testo fosse stato scritto in modo continuo, con altre parole in forma di scriptio continua, il lettore doveva confrontarsi con un “testo neutro” (Parkes 1992: 11) perciò doveva iniziare la preparazione alla lettura stabilendo in esso prima i confini delle parole, e solo allora poteva procedere con le unità maggiori.

La delimitazione dei confini di moduli più grandi di una parola è stata risolta nell’antichità con una varietà di metodi grafici. Il più comune di questi era l’apposizione di un punto a diverse altezze dopo la lettera con cui si concludeva una determinata unità di testo, cioè, prendendo come esempio la lettera maiuscola A, ai piedi della lettera: A〈.〉; all’altezza della metà della lettera: A〈ˑ〉; in cima alla lettera: A〈˙〉. È probabile che tale triplice sistema sia alla base dei sistemi di punteggiatura ancora oggi in uso; esso è stato descritto nel modo più dettagliato da Isidoro di Siviglia nella sua opera Etymologiae (I,20) del VII secolo (Greymonat 2008: 52). In seguito, con la diffusione della lettura solitaria (e silenziosa), era il lettore stesso a interpretare il testo – a supporto di ciò, si svilupparono nuove procedure di segmentazione testuale che cercavano di enfatizzare la struttura logico-sintattica degli scritti (Greymonat 2008: 56–62).

Nei secoli XI-XII il metodo di scrittura continua era quasi completamente passato in secondo piano. I testi sono stati suddivisi in unità più grandi (libri e/o capitoli); all’interno dei capitoli, i singoli moduli venivano separati tra loro, ora con la loro collocazione spaziale, ora per mezzo d’un segno apposto a tale funzione, ora inserendo fra essi singoli operatori testuali (item, et) o usati in coppie (pro primo, pro secundo, ecc.). L’inizio di un paragrafo o di un’unità più piccola (ad es. una frase) era di frequente indicato con inchiostro colorato (principalmente rosso). La struttura interna dei paragrafi, la separazione o la connessione di frasi, proposizioni e/o costituenti frasali - era sempre più sovente contrassegnata da segni di punteggiatura. Soprattutto in quest’ultimo campo, tuttavia, l’uso dimostrava grande variabilità: oltre alle soluzioni individuali (cfr. ad esempio l’interpunzione negli scritti autografi di Petrarca e di Boccaccio in latino o in volgare (Coluccia 2008: 83–87) o di Coluccio Salutati (Coluccia 2008: 96–97)), i maggiori centri ecclesiastici, politici o culturali hanno generalmente utilizzato sistemi di propria concezione; inoltre gli autori degli “Ars dictaminis” del Trecento indicarono diverse soluzioni interpuntive nei loro trattati (Coluccia 2008: 94–96).

Nel processo di riproduzione dei manoscritti, le loro caratteristiche testuali potevano essere modificate durante alcune fasi della riscrittura o della copiatura: alcuni elementi di separazione e/o punteggiatura del testo originale potevano essere omessi nella nuova versione oppure, ad esempio, sostituiti con altri in seguito a una eventuale reinterpretazione del testo.

Con l’avvento della stampa dei libri, la situazione divenne ancora più variopinta: nel riprodurre i testi, gli stampatori usavano generalmente sistemi di punteggiatura di loro ideazione; in più, gli autori delle grammatiche stampate proposero nelle loro opere sistemi nuovi e sempre più elaborati in cui il numero, la denominazione e le funzioni dei segni interpuntivi risultavano alquanto dissimili (Richardson 2008: 100–121). Spesso si riscontrava anche una discrepanza tra la formulazione teorica e l’attuazione pratica della punteggiatura – il consolidamento della situazione ebbe inizio solo a partire dalla metà del XVI secolo (Maraschio 2008: 123). Allo stesso tempo, studiando documenti dell’epoca, ci si imbatte anche in numerosi esempi di come i nuovi procedimenti di articolazione testuale utilizzati nei testi a stampa avessero preso sempre più piede anche nei testi manoscritti.

3 Caratteristiche di segmentazione testuale in lettere di cancelleria

3.1 Lettera di Beltrame Costabili

Lettera in cifra di Beltrame Costabili ad Eleonora d’Aragona, Esztergom, 15 giugno 1491. (ASMo, Archivio Segreto Estense, Carteggio Ambasciatori-Ungheria, b.2/20/12 (Vestigia 2955))

Nella lettera di una pagina e mezza si alternano la scrittura convenzionale a quella in cifra; il loro rapporto è circa metà e metà. Le unità codificate inserite nel testo alfabetico sono alcune frasi intere oppure frammenti di frasi o proposizioni. Le parti codificate formano unità non molto estese; la formazione più ampia è costituita da quattro proposizioni (righe 8–10). Nel dettaglio riportato nella figura n. 1 si può osservare che il testo è stato scritto utilizzando spazi e segni di interpunzione, indipendentemente dal metodo di scrittura.

Figura 1: Particolare della lettera di Beltrame Costabili ad Eleonora d’Aragona, Esztergom, 15 giugno 1491. (ASMo, Archivio Segreto Estense, Carteggio Ambasciatori-Ungheria, b.2/20/12 (Vestigia 2955))

Nello scritto ricorrono tre diversi segni di punteggiatura: il punto medio 〈ˑ〉, i due punti 〈:〉 e la virgula 〈/〉. Nel passo trascritto (righe 1–13) e riportato in (2) compaiono tutti e tre i segni; nel testo essi ricorrono complessivamente dodici volte: due volte nelle parti alfabetiche, sei volte nelle parti cifrate, quattro volte al confine delle due forme di scrittura (in questi ultimi casi, alla fine di proposizioni.)

  1. per altre mie […] 1| le cose de la Regina le quale […] 2| no como stavano 〈·〉 mulgiere se del Re de Hungaria ma 3| non la chiamno sua mulriere 〈:〉 & non la teneno per 4| sua mulgiere 〈:〉 Re de Hungaria per dui di he stato qua a visi 5| tare Sua Maesta & del prefato Re de Hungaria epsa ni resta 〈/〉 sa 6| tisfacta 〈/〉 ma de li altri non 〈:〉 Et per che 〈/〉 facendo 7| instantia Sua Maesta che se li dese lo nome suo 〈:〉 li he 8| stato alegato che non he de consuetu 9| dine de questo regno 〈/〉 chiamare mulgie 10| re 〈/〉 nanti che siano copulati 〈/〉 etiam si silgij contra 11| cto matrimonio per verba de presenti 〈·〉 12| Sua Maesta ha spaciato questo […]

Ambedue le occorrenze nel testo alfabetico si possono osservare alla riga 7: i due punti 〈:〉 prima dell’inizio di una nuova frase; la virgula tra le proposizioni.

Nelle parti cifrate, il punto medio 〈ˑ〉 ricorre due volte alla fine di una frase (righe 3, 12); i due punti 〈:〉 appaiono alla fine di una frase (riga 5) e tra le proposizioni (riga 8). Anche la 〈/〉 ricorre due volte nel brano citato: alla riga 6, tra i membri di una struttura copulativa, e alla riga 10 in cui precede una completiva soggettiva implicita. La sua presenza nella riga 6 non può in alcun modo essere intesa come indicazione della struttura sintattica, e presumibilmente anche nella riga 10 (sebbene qui si trovi al confine di un’unità sintattica) essa illustra una funzione anti-sintattica (Ferrari 2021), ossia il suo ruolo è in entrambi i casi di comunicare l’intenzione dell’autore del testo, in questo caso di focalizzare l’unità seguente.

3.2 Testo di Francesco (Cicco) Simonetta (1410–1480)

Post scriptum in cifra d’una lettera scritta da Francesco Simonetta al duca di Milano (senza data). (ASMi, Carteggio Visconteo-Sforzesco, b.1598/143)

La scrittura su ventotto righe comunica il testo quasi interamente in forma codificata (le parti alfabetiche si possono leggere solo all’inizio e alla fine del documento); i criptosimboli si susseguono in modo continuo (come si vede sul dettaglio nella figura n. 2).

Figura 2: Poscripto in cifra d’una lettera di Francesco Simonetta al duca di Milano (senza data). (ASMi, Carteggio Visconteo-Sforzesco, b.1598/143)

Nell’intero testo sono state inserite tre nulle (alle righe 1, 7, 20)5 e due 〈/〉, queste ultime alla riga 26 separano due proposizioni, e l’ultima frase del testo (riga 27) dall’indicazione dei dati cronologici (cfr. sotto (3a)). Il simbolo-nulla osservato nella riga 1 è al confine tra la scrittura convenzionale e quella cifrata; alla riga 7 il simbolo separa due proposizioni, alla riga 20 due frasi. Poiché la loro presenza in questo scritto è sporadica, sembra che la loro funzione abbia motivazione protettiva senza alcun riferimento alla struttura sintattica – sebbene ciò non possa essere del tutto escluso, poiché sono stati inseriti al confine di unità sintattiche.

Tuttavia, il testo cifrato presenta un fenomeno particolare in termini di strutturazione del testo. Tra le tecniche di rafforzamento della sicurezza menzionate in precedenza si nota anche l’inclusione nei crittosistemi dei simboli con la funzione di sostituire sequenze di due (o più) lettere (per maggiori dettagli si veda W. Somogyi 2023). Il sistema utilizzato per codificare la lettera di Simonetta comprende, tra l’altro, simboli che fanno le veci di gruppi di lettere della struttura VC. Il crittogramma è particolare in quanto il codificatore ha utilizzato crittosimboli del genere per sostituire sequenze della struttura VC non solo all’interno delle parole, ma anche al confine di parole seguenti. Di conseguenza, per un potenziale decrittatore (ma anche per il decifratore) poteva essere un compito ancora più arduo determinare i confini delle parole in un testo comunque privo di spazi. Nel dettaglio riportato sotto (3b) (righe 22–23), ciascuna sequenza di due o tre lettere (cfr. per quest’ultimo “che”), sostituita da un unico simbolo nel crittogramma, è separata da quella seguente per un trattino; nell’esempio l’uso dei crittosimboli della struttura VC illustra il collegamento di quattro parole consecutive (siamo certi sapereti fare).

    1. [ac]adesse bene loportunità li monstrasti dicte nos 15| tre litere et ben che in una parte desse ve scri 16| vemo che ve adoperati et afaticati per loro etc tamen 17| intendete sanamente et guardati far quelo 18| ve parera honesto et temperatevi in modo che 19| non ne occoresse inconveniente # governaret 20| i mo questa cosa con quela dilig 21| entia et discretione che li bis 22| ogna et che siamo certi sapereti f 23| are et avisavete subito questo haverete exequito 24| et quello che particularmente havera dicto ciascuno de 25| loro 〈/〉 et quello che credete che fara meser bor 26| ges morendo il [..] et dogni altra cosa sentite digna daviso 〈/〉 27| Datum ut in literis
    2. [bis]| og-n-a-et-che-s-i-am-oc-er-t-is-ap-er-et-if 22| ar-e

3.3 Lettera di Lucrezia Borgia

Lettera in cifra di Lucrezia Borgia al marito Alfonso I d’Este, Ferrara, 8 ottobre 1510. (ASMo, Archivio Segreto Estense, Casa e Stato, b. 141, fasc. 12, n. 79)

(La lettera e la versione decodificata del testo – quest’ultima integrata da lettere maiuscole e punteggiatura – sono pubblicate da Palma et al. 2013)

La scrittura è di 15 righe, la parte inferiore (destra) del foglio è danneggiata. Il testo è interamente cifrato, i simboli si susseguono senza spazi (cfr. figura n. 3); la sequenza dei simboli è interrotta da un unico punto 〈.〉 (riga 14), prima dell’unità dei dati cronologici.

Figura 3: Lettera in cifra di Lucrezia Borgia al marito Alfonso I d’Este, Ferrara, 8 ottobre 1510 (righe 1–10). (ASMo, Archivio Segreto Estense, Casa e Stato, b. 141, fasc. 12, n. 79)

  1. # Questa sira ale vintequatro hore e venuto 1| dal Bodeno qui uno di Ferrar[a] genero del 2| bailo del Cardinale # il quale me ha dicto che la 3| Stelata e persa et lui havere visto et 4| parlato cum il Mancino che era capo de 5| quelli fanti che vi erano dentro # et che 6| lo e passata molta gente et passava 7| tuta via et erano piene quelle case che 8| sono dreto il borgo de la Stelata et che 9| le galee nosure erano desotto dala host 10| [a]ria del Bodeno # mi e parso darne adv[iso] 11| a Vostra Signoria # per questa spazata per stafeta 12| # la Vostra Signoria me advisara se meser Nicolo da Es[te] 13| e venuto a lei # 〈.〉 Ferrarie octavo octob[ris] 14| MDX # Lucretia # Ducissa ##

Nel testo alcuni simboli hanno valore nullo; essi ricorrono in totale undici volte, sempre sul confine della parola (si veda il testo trascritto in (4)). Uno di questi, come simbolo iniziale dello scritto (riga 1), ha presumibilmente il solo scopo di rendere difficile la decrittazione del testo, mentre gli ultimi due elementi della lettera segnano la fine della scrittura (riga 15). La riga precedente (riga 14) contiene un simbolo-nulla alla fine del testo del messaggio; a questo segue il punto menzionato sopra e l’unità dei dati cronologici. Dopo tale unità, il codificatore ha inserito altri simboli-nulla: una che precede e un’altra che segue il nome del mittente, separando in questo modo il nome e il titolo del mittente. Due simboli si trovano poi tra proposizioni (righe 3, 6), uno alla fine di una frase (riga 11). Il simbolo che precede il complemento di mezzo (“per questa spazata per stafeta”) nella riga 12, considerando tale complemento parte del predicato della frase precedente, potrebbe indicare una messa in rilievo del complemento. Una funzione simile può essere attribuita al simbolo all’inizio della riga 13 dato che esso precede la frase contenente una richiesta. Poiché diverse nulle presenti nel testo si trovano al confine di un’unità sintattica, non si può escludere che il cifratore, oltre all’intenzione di rendere il testo più resistente ai tentativi di decrittazione, nella collocazione dei simboli abbia tenuto conto anche della struttura sintattica del testo (ad esempio, per rendere più facile la decodifica).

3.4 Lettera dell’Abate di Forlì

Lettera di Nicolò Bartolini (abate di San Mercuriale di Forlì) a Maffeo di Treviglio, Pécsvárad, 16 settembre 1491. (ASMi, Carteggio Visconteo-Sforzesco, b. 645/1,1,6,3 (Vestigia 2016))

La lettera, di 3,5 pagine, è quasi interamente cifrata e solo le carte 2r–v contengono testo in scrittura alfabetica (in totale 12 righe). Nel testo sono presenti segni di punteggiatura in numero elevato; ho esaminato la loro presenza sulla carta 2r, alle righe 1–23 (citate alla (5)). Nelle parti cifrate si possono osservare alcune nulle; parole in forma alfabetica ricorrono nelle righe 23–25.

Nello scritto, i crittosimboli si susseguono a volte in modo continuo, a volte con uno spazio tra loro (cfr. figura n. 4).

Figura 4: Lettera in cifra di Nicolò Bartolini (abate di San Mercuriale di Forlì) a Maffeo di Treviglio, Pécsvárad, 16 settembre 1491. (ASMi, Carteggio Visconteo-Sforzesco, b. 645/1,1,6,3 (Vestigia 2016)) (2r)

Nelle righe prese in considerazione per l’analisi, simboli-nulla ricorrono in tre occasioni: ogni volta alla fine di una riga e in combinazione con un altro simbolo. Uno alla riga 1 è seguito da un punto 〈.〉, con esso separa elementi di un sintagma nominale; uno alla riga 5 è accompagnato da un altro simbolo dello stesso tipo: si inseriscono a un sintagma preposizionale; alla riga 8, alla fine di una frase si trovano due simboli-nulla seguiti da un punto. Nel brano in esame, inoltre, si osservano cinque segni di punteggiatura di natura diversa: punto 〈.〉, virgula 〈/〉, due punti dopo virgula 〈/:〉, parentesi (tonde) 〈(〉 e 〈)〉, trattino 〈-〉.

  1. rescrivere per che [..] dice che mandara debito modo a sposare la # 〈.〉 1| sposa 〈/〉 tora questa quantita de denaro 〈/〉 et parum parum post la 2| condura ad consumationem matrimonii 〈/〉 et credo sera vero 〈/〉 per ser 〈-〉 3| virse del resto de la summa che li vene per la dota 〈/〉 et honore 〈-〉 4| volmente e da pensare 〈/〉 la vora ponere ad ordine 〈/〉 per gloria de ## 5| luno et altro de li stati loro 〈/〉 si anco li nominati nostri signori 6| non acquiescono a questa ultima resolutione del signor re 〈/〉 ponno pure 7| rescrivere acio che [..] possa tenire qualche altro suo designo ## 〈.〉 8| al Iauriense ho melato el freno 〈/〉 promettendoli secondo el scrivere vostro 〈/〉 mostra 9| non volere apandonare la pratica 〈/〉 pure non ce spenda de lhonore 〈/〉 the 〈-〉 10| sauro incolarabile de la conditione humana 〈/:〉 cum lo Re ne con lo Iauriense 11| ho tractato cosa alcuna per conclusa 〈/〉 in sino non ho altre littere de li 12| superiori et vostre 〈/〉 che dicano essere satisfacti de questa immuta 〈-〉 13| bile sententia del Re el quale e stato uno poco male 〈/〉 et mo e in bona 14| convalescentia 〈/〉 ha mandato el Iauriense [..] et bater Stephano a provedere 15| chel duca Alberto 〈/〉 el quale havea facto certe invasione 〈/〉 resti o vincto 16| o contento 〈/〉 consilio malorum 〈/〉 frater in fratrem instr[u]it 〈/〉 sara foco 17| che per se estinguera 〈/〉 quoniam Albertus prefatus caret auro 〈/〉 instru 〈-〉 18| mentum et ner[u]m bellice 〈(〉 ut scitis 〈)〉 caret etiam favore regis 19| patris 〈/〉 omnia credo Ladislao bene sucedere 〈/〉 ha recuperato Alba 〈-〉 20| regale 〈/〉 res magni ponderis 〈/〉 et loco dove li re hanno principio et 21| fine 〈/〉 stava male in mano del nimico 〈/〉 Zagabria et laltre cose de Scla 〈-〉 22| vonia sonno recuoerati 〈/〉 lo [..] e acordato cum [..] 〈(〉 ut dicitur 〈/)〉 pro certo 23|

Il 〈.〉 ricorre due volte, come già accennato, dopo simboli-nulla (righe 1, 8). Nel brano citato la virgula 〈/〉 si osserva più di 30 volte: nella maggior parte dei casi essa separa proposizioni; qualche volta chiude una frase (ad es. riga 15) oppure separa gli elementi di un elenco (riga 18). Più volte essa è inserita al confine dove nel testo si cambia lingua (tra le parti in volgare e in latino, ad es. righe 18, 20–21) oppure precede e segue un elemento inciso (ad es. riga 17). Le parentesi (usate in coppia) ricorrono due volte nel brano osservato (righe 19, 23): l’elemento di apertura e quello di chiusura inquadrano formule pragmatiche latine (ut scitis; ut dicitur); nella riga 23 l’elemento di chiusura è preceduto da una virgula. Nel testo il separatore 〈/:〉 ricorre una volta alla fine di una frase (riga 11). Il cifratore, inoltre, ha utilizzato il trattino sette volte (ad esempio alla fine delle righe 3, 4, 10) per indicare che la parte mancante della parola è nella riga successiva.

3.5 Lettera dell’Abate di Forlì al Duca di Bari

Lettera di Nicolò Bartolini (abate di San Mercuriale di Forlì) al Duca di Bari (Ludovico Maria Sforza), Pécsvárad, 04 luglio1492 (ASMi, Carteggio Visconteo-Sforzesco, b. 645/2,7,6 (Vestigia 2222))

Nella lettera è cifrata solo una parte del testo alfabetico. Una caratteristica particolare della lettera è che le soluzioni alfabetiche delle parti codificate sono state inserite tra le righe della lettera, come si può vedere nella figura 5, perciò questi passaggi contengono due versioni (codificata e decodificata) dello stesso testo.

Figura 5: Lettera con parti cifrate di Nicolò Bartolini (abate di San Mercuriale di Forlì) al Duca di Bari (Ludovico Maria Sforza), Pécsvárad, 04 luglio1492. (ASMi, Carteggio Visconteo-Sforzesco, b. 645/2,7,6 (Vestigia 2222))

L’intera lettera è stata poi riscritta; la nuova versione non comprende più le parti cifrate (cfr. fig. 6). Durante la riproduzione del testo sono state apportate alcune modifiche lessicali e stilistiche (per maggiori dettagli si veda W. Somogyi 2020b), inoltre è stata alterata anche la punteggiatura del testo originale. Confrontando le caratteristiche interpuntive delle due versioni del testo, è possibile osservare due diverse soluzioni interpuntive adoperate sullo stesso testo. Le due versioni sono esaminate nelle righe 6–24; la trascrizione del testo originale è riportata in (6), mentre quella della versione riscritta (aperta) si legge in (7).

Figura 6: Lettera di Nicolò Bartolini (abate di San Mercuriale di Forlì) al Duca di Bari, Pécsvárad, 04 luglio1492 (versione decifrata) (ASMi, Carteggio Visconteo-Sforzesco, b. 645/2,7,6a (Vestigia 2223))

  1. non ho voluto far parola de tale nova offerta per che non ce seria la laude 6| de epsa 〈;〉 La quale non po havere facto tanta mutatione in si pocho tempo 7| ma dubito non sia stato lo errore del cancellero 〈;〉 pero la Ex.tia v. 8| remandi subito el cavallaro cum la verita 〈;〉 alhora faro movere 9| el Nitriense 〈/〉 Casa Sforcesca non sole essere amica de for 10| tuna 〈./〉 Se bene el turco cerca invadere questo regno non se mancha 11| provisione per resisterli 〈/〉 El Re de Polonia e morto ad questo Re 12| toccha quello Stato como primo genito 〈/〉 Dio per la sua innata bonta 13| et religione lo adiutara 〈/〉 Ad casa vostra non seria stato pocho 14| havere imparentato cum uno tanto Re 〈/〉 fiat voluntas D[eo] V[olente] Ill.me 15| non ho ad dare consilio ala Ex.tia v. ne ho ad patire vergogna 16| de questa pratica 〈/〉 per che Mons. mio R.mo me scrisse 〈/〉 et ho le sue 17| littere 〈/〉 che credesse a messer Mafeo in questa pratica como ale litte 18| re dela Ex.tia v. ala quale me recommando 〈;〉 Et La regratiaro quando me ha 19| vera dato lo honorevolo beneficio che La me promette in cambio [de] 20| tante fatiche et si periculose che manegio 〈/〉 Et Li ma 21| ndo la sua ac[i]o cognosca non ho errato in lo deciferare et retenu 22| tomi la copia Ex castro pechvaradini die quarta Iuly 1492 23|

Nelle parti cifrate del testo originale, i simboli si susseguono ininterrottamente; il simbolo-nulla ricorre una sola volta, seguendo un simbolo che, a sua volta, sostituisce un nome proprio (riga 3).

Lo scrittore della lettera ha utilizzato nel testo i seguenti tre segni interpuntivi:6 il punto e virgula 〈;〉, la virgula 〈/〉, la virgula dopo punto 〈./〉. Quest’ultimo segno ricorre una sola volta (alla riga 11), con la funzione di chiudere una frase; nella frase seguente si ha un cambio di argomento. Degli altri due segni, il punto e virgula 〈;〉 compare due volte alla fine di una frase (righe 7, 19), una volta alla fine di una proposizione (riga 9) e una volta prima dell’inizio di una parte del testo cifrata (riga 8), che è anche la fine di una proposizione. Il simbolo più frequente è la virgula 〈/〉: essa ricorre una volta alla fine di una frase in testo codificato (riga 12), due volte tra proposizioni in testo aperto (righe 17, 18) e sei volte al confine tra i due tipi di scrittura (alla fine d’una proposizione o d’una frase: righe 10, 13, 14, 15, 17, 21). In totale, ci sono nove segni di punteggiatura alla fine di frasi e cinque alla fine di proposizioni, tuttavia i confini di entrambe le unità sintattiche possono essere segnati sia dal 〈;〉 sia dalla 〈/〉.

Anche la versione riscritta (alfabetica) utilizza un sistema di punteggiatura di tre segni il quale però differisce notevolmente da quello utilizzato nel documento originale (contenente le parti cifrate). Inoltre, il testo fu riscritto con la modifica di alcune delle sue proprietà testuali rispetto alla versione originale (cfr. W. Somogyi 2020b). Le aggiunte lessicali nel brano riportato in (7) sono racchiuse tra parentesi quadre (nelle righe 12–15, 18–19, 22).

  1. non ho voluto fare parola de tale nova offerta 〈.〉 per che non ce seria la laude 6| de epsa 〈/〉 La qual non po havere facto tanta mutatione in si poco tempo 〈.〉 7| ma dubito non sia stato lo errore del cancellero pero la Ex.tia v. 8| remandi subito el cavallaro con la verita 〈/〉 alhora faro movere 9| el Nitriense 〈.〉 Casa Sforcesca non sole essere amica de for 10| tuna 〈.〉 Se ben el Turco cerca invadere questo regno non se mancha 11| de provisione per resistere 〈:〉 El [Ser.mo] Re de Polonia e 〈/〉 morto 〈:〉 ad questo Re 12| tocca quello Stato como primo genito 〈/〉 [et cosi li sucedera] Dio per la sua [intima] bonta 13| et religione lo adiutara 〈:〉 Ad casa [de Ex.tia] vostra non seria stato pocco 14| havere imparentato con uno tanto Re 〈.〉 fiat voluntas D[eo] V[olente] Ill.me 15| non ho ad dare consilio ala Ex.tia v. Ne ho ad patire vergogna 16| de questa pratica 〈.〉 per che Mons. mio R.mo me scrisse et ho le sue 17| littere 〈.〉 che credesse a messer Mapheo in questa [cosa] como ale litte 18| re dela Ex.tia v. ala quale me recommando 〈:〉 Et [la regratio de la promessa del beneficio infinite volte 〈:〉 et anchora piu] la regratiaro quando me [lo] ha 19| vera dato 20| 〈:〉 Et ma 21| ndo [ala Ex.tia v.] la sua acio cognosca non ho errato in lo deciferare et retenu 22| tomi la copia 〈:〉 die secunda Iully 1492 〈:〉 Ex castro pechvaradini 23|

La versione aperta è dominata da due segni: i due punti 〈:〉 (otto occorrenze) e il punto 〈.〉 (sette occorrenze in funzione separativa); la virgula 〈/〉, che ricorre di frequente nel testo originale, qui è osservabile quattro volte. A confronto con la versione con le parti cifrate, in tutte le righe si possono notare modifiche al sistema interpuntivo, ad eccezione della riga 13, in cui si mantiene la funzione della 〈/〉 come marcatore di chiusura della frase. Nelle altre parti il riproduttore del testo ha omesso il segno di punteggiatura (in due occasioni) o lo ha sostituito con un altro (undici casi) oppure ha inserito un nuovo segno (sei volte).

Degli undici scambi, sette riguardavano la virgula, tre il punto e virgula e tre il punto.

Il segno 〈./〉 e il punto e virgula 〈;〉 sono stati omessi dal testo e sono stati sostituiti dalla virgula 〈/〉, dai due punti 〈:〉 o dal punto 〈.〉. Per quanto alla loro funzione nel testo, tutti e tre i segni si trovano alla fine delle frasi e tra le proposizioni. Inoltre, i due punti 〈:〉 ricorre tra il testo del messaggio e l’indicazione dei dati cronologici del documentum, e ancora tra gli elementi di quest’ultima (data e luogo; cfr. la riga 23). Una virgula 〈/〉 è stata inserita una volta tra i membri del predicato (tra l’ausiliare e il verbo principale) nella riga 12: qui la sua funzione è antisintattica (cfr. 3.1. ), cioè indica la messa in rilievo della parola successiva (“morto”), secondo l’intenzione di chi riscrive il testo. Il bilancio delle occorrenze dei segni interpuntivi in base alla loro funzione può essere definito nel modo seguente: in nove occorrenze i segni hanno la funzione di chiudere frasi, sette volte ricorrono in ruolo di separatore tra proposizioni, in due casi servono per separare il testo principale dai dati cronologici, infine una volta ricorrono in veste di focalizzatore.

4 Conclusioni

In questo studio ho preso in analisi alcuni mezzi adoperati per l’articolazione del testo in cinque testi cifrati e in un testo alfabetico, concentrandomi sui segni di punteggiatura e sui simboli-nulla comunemente utilizzati nelle procedure di codifica. In alcuni testi cifrati – e particolarmente nella lettera di Beltrame Costabili – nelle fasi di codifica oltre alla sostituzione delle lettere con crittosimboli è stata utilizzata solo una minima parte delle tecniche impiegate nella pratica monoalfabetica per aumentare il livello di sicurezza del testo codificato. Nel testo di Costabili, sono stati impiegati alcuni strumenti di segmentazione dell’ortografia convenzionale (spazi tra le parole, segni di punteggiatura) per delimitare parole, proposizioni e frasi. Le ragioni di questa soluzione possono essere ricondotte, ad esempio, al fatto che il codificatore ritenesse sufficiente la capacità di “travestimento” dei criptosimboli; o che egli volesse controllare (e/o governare) l’interpretazione del messaggio secondo le proprie intenzioni per mezzo dei segni interpuntivi; oppure che semplicemente non fosse in grado di abbandonare le sue abitudini di scrittura convenzionale durante il processo di codifica - soprattutto quando scriveva parole. Le altre due lettere criptate (Cicco Simonetta, Lucrezia Borgia) illustrano una soluzione del tutto divergente: i codificatori di questi due messaggi hanno deliberatamente sfruttato le possibilità della prassi di cifratura dell’epoca per modificare le proprietà strutturanti dei testi (omissione di spazi, segni di punteggiatura). Di conseguenza, la possibilità di riconoscere la struttura morfo-sintattica in questi testi è ridotta al minimo (quasi allo zero); il codificatore della lettera di Simonetta tuttavia è riuscito ad ottenere ulteriori diminuzioni in questo campo. Il numero di nulle degno di nota nelle parti codificate dei testi, soprattutto nella lettera di Borgia, fa pensare che questi simboli, sebbene la loro collocazione a volte sembri poco intenzionata, possano indicare pure la struttura sintattica del testo, visto che tali segni furono inseriti al termine delle unità più ampie.

Per quanto riguarda i sistemi di punteggiatura utilizzati nei testi – ad eccezione delle lettere di Simonetta e di Borgia che mostrano solo una sporadica presenza di un unico segno – in tre scritti (1., 5., 6.) appaiono tre segni di natura diversa, mentre nel testo della prima lettera dell’abate di Forlì ne ricorrono cinque. Tra i brani studiati, il segno più frequentemente utilizzato nella lettera n. 7 è il due punti, nei testi rimanenti la virgula; l’uso di quest’ultimo segno è preminente nella lettera n. 4. Tuttavia, l’uso dei segni di punteggiatura nei testi è generalmente oscillante.

Per quanto riguarda le funzioni dei segni, si può affermare che oltre al ruolo di segnare i confini delle unità sintattiche predicative, a volte si osservano altre loro funzioni: per marcare un cambio di argomento, per delimitare i membri di una lista, per separare parti di parola (alla fine di una riga); e inoltre per indicare incisione e/o per focalizzare parti di frasi ossia proposizioni all’interno di frasi complesse. Nei testi in forma convenzionale e criptica presi in analisi, quindi, i segni ricorrono non solo per indicare la loro struttura logica e morfosintattica, ma anche per specificare intenzioni comunicative dello scrittore, vale a dire per rappresentare gerarchie d’informazione, ordinate dallo scrittore, tra le parti testuali. Riguardo ai rapporti sussistenti tra i segni e le loro funzioni sintattiche, si può affermare che nei casi in cui i segni di punteggiatura delimitano unità sintattiche più grandi (proposizioni, frasi), essi marcano solo il confine di tali unità, indipendentemente dalla funzione sintattica di esse – cioè i segni ricorrono nei testi in veste di “separatore tuttofare” (Ferrari 2021) poiché i ruoli di “separatore-frase” e “separatore-proposizione” non si sono ancora specificati.

In più, il confronto delle principali proprietà di segmentazione testuale dei documenti n. 5 e n. 6 – oltre alle differenze osservate tra i sistemi, i segni e le loro funzioni – ha ribadito di nuovo il peso che l’articolazione testuale può avere negli scritti in relazione al contenuto.

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  1. Il presente articolo è stato realizzato nel quadro del progetto PPKE-BTK-KUT-23-5 con il sostegno della Facoltà di Lettere e Scienze Sociali dell’Università Cattolica Péter Pázmány.↩︎

  2. L’essenza del metodo di sostituzione monoalfabetico è che un dato criptosimbolo sostituisce sempre la stessa unità alfabetica.↩︎

  3. Nella terminologia specifica per il termine “decrittazione” si intende la trasformazione (nemica) di un testo cifrato (ad es. un messaggio intercettato) in assenza della chiave adatta per la decodifica; i termini “decifrazione” e “decodifica” indicano, invece, la stessa operazione eseguita con la chiave.↩︎

  4. Ad esempio un accapo, un segno di paragrafo, una lettera maiuscola che indica un nome proprio o l’inizio di una frase. Tuttavia, nel caso dei crittosimboli, non esisteva un’opposizione tra maiuscolo e minuscolo, poiché nei sistemi qualsiasi lettera maiuscola poteva essere utilizzata come crittosimbolo.↩︎

  5. Per ragioni di spazio riporto solo il testo decifrato delle righe 15–28 al (3a); il simbolo-nulla è indicato con il simbolo #. Per la decifrazione del testo ho adoperato una chiave che ho ricostruito mediante il confronto d’un altro crittogramma di Simonetta con la sua versione decodificata coeva.↩︎

  6. Senza consoderare il punto usato nell’abbreviazione di parole.↩︎